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Il testo a stampa dell’edizione tedesca si basa sull’originale trascrizione in chiaro degli appunti stenografici e sulla prima edizione a stampa, ma tiene anche conto delle edizioni successive.

Testo originale tedesco:

Der freie Mensch und die Macht

(Archiati Verlag e K., Bad Liebenzell 2005)

(Conferenze contenute anche in GA 196)

Traduzione di Silvia Nerini

Revisione di Pietro Archiati

PD

L’editore e il redattore non esercitano diritti

sui testi di Rudolf Steiner qui stampati.

In copertina:

immagine tratta da uno schizzo alla lavagna di R. Steiner

Seconda Edizione

ISBN 978-88-96193-78-5

www.liberaconoscenza.it

Rudolf Steiner

l’uomo

Tra potere e LibertÀ

Nell’era della globalizzazione

e dell’individuo

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Indice

Prima conferenza

tre fasi dellimperialismo: il dio visibile, lunto del signore, la vuota retorica

L’annuncio, rivolto in modo particolare agli amici inglesi, di tre conferenze sull’imperialismo dal punto di vista dell’evoluzione storica

La prima fase dell’imperialismo è quella degli antichi imperi orientali: il sovrano era il dio, non si faceva alcuna distinzione tra il fisico e lo spirituale

Nella seconda fase il sovrano è l’inviato, il consacrato da Dio: nella coscienza dell’uomo fisicità e spiritualità iniziano a separarsi

La separazione – tra l’autorità temporale (imperatore) e quella ecclesiastica (papa) – si è trasformata sempre di più in una scissione fino al Medioevo

Il protestantesimo protesta contro tutto ciò che è inviato da Dio o consacrato – però di ogni stadio passato restano dei residui, come nella Chiesa cattolica, nella modalità di diffusione dell’Islam e nello zarismo

Nella terza fase dell’imperialismo, soprattutto nel mondo di lingua inglese, si afferma la volontà popolare – gli antichi dei e unti del Signore diventano degli stereotipi

Il compito della terza fase è la libera conquista della realtà dello spirito – proprio perché tutta l’esteriorità è diventata stereotipo

Seconda conferenza

lo spirito moderno delluomo libero nella triarticolazione dell’organismo sociale

Solo quando il vecchio diventa retorica vuota può aver luogo la nascita di una nuova vita spirituale

«Per essere uomini abbiamo bisogno di una realtà spirituale oltre a quella fisica della pura economia» – cosa che si capisce meglio in Occidente

Nell’Europa centrale la seconda fase dell’imperialismo si è protratta fino al diciannovesimo secolo – pur essendo già da tempo diventata frase vuota

Le società segrete del mondo anglofono aggiungono alla retorica pubblica quella del rito dei simboli

Le logge occidentali considerano una questione privata la confessione religiosa e il ceto sociale: nella loggia sono tutti fratelli – cosa che conferisce un particolare potere

Whig e tory nel parlamento inglese – in origine erano epiteti ingiuriosi!

Le logge sono al servizio della vita economica – il che rende necessaria una triarticolazione dell’organismo sociale con una vita spirituale-culturale libera

Sorgerà il grande senso di vergogna quando l’uomo si accorgerà di usare la ragione solo per occuparsi del corpo, come fanno gli animali

Terza conferenza

il superamento del materialismo economico con la ricerca della verità

La letargia degli uomini tiene in vita le vecchie istituzioni

La discussione sulle questioni giuridiche comincia quando non si ha più a che fare con le realtà ma solo con i simboli

Nell’imperialismo economico anche il diritto diventa un luogo comune – come possiamo vedere il libro di Wilson Lo Stato: elementi di politica storica e pratica

Quindi anche il nuovo elemento spirituale può sorgere mediante una trasformazione del pensiero e della sensibilità umani, come è richiesto dalla versatilità delle descrizioni della scienza dello spirito

Dopo la Chiesa, l’imperialismo economico trasforma anche l’antico Stato in un’ombra del passato – ma gli uomini sono ancora attaccati allo Stato

È ora di vedere l’organismo sociale – nelle sue tre componenti autonome – come un essere vivente

L’umanità si trova di fronte a un aut aut: o agire a partire dallo spirito nella ricerca della verità o precipitare nella barbarie – la decisione spetta a ogni singolo individuo

Dalla nostra epoca in poi agisce nell’umanità un male radicale – in questo il singolo deve riconoscere la serietà dei tempi

Letture correlate

A proposito di Rudolf Steiner

Prima conferenza

Tre fasi dell’imperialismo:
il Dio visibile, l’unto del Signore,
la vuota retorica

Dornach, 20 febbraio 1920

Miei cari amici!

Oggi la mia conferenza sarà a carattere episodico – un’aggiunta alle nostre riflessioni. Vorrei infatti che i nostri amici inglesi, che presto torneranno nel loro paese, portassero con loro da qui il più possibile. Perciò strutturerò queste conferenze in modo tale che l’uno o l’altro elemento possa servire da sostegno all’attività necessaria.

E oggi desidero esporvi qualcosa sull’imperialismo innanzi tutto dal punto di vista storico – non tanto con riferimento al presente, questo lo potrò fare forse domani –, ma secondo la prospettiva storica della scienza dello spirito.

L’imperialismo è un fenomeno di cui negli ultimi tempi si discute molto e se ne discute in maniera tale che coloro che ne parlano sono più o meno consapevoli del suo rapporto con tutti i fenomeni sociali del presente.

Però quando al giorno d’oggi si discute di queste cose, non si tiene in considerazione, o perlomeno non abbastanza, il fatto che noi viviamo in un divenire continuo della storia umana, che ci troviamo in un’epoca di evoluzione storica ben precisa che si può comprendere soltanto sapendo da dove provengono i fenomeni che oggi ci circondano, all’interno dei quali viviamo.

L’imperialismo si presenta innanzi tutto per come è oggi e per come si proietta nel futuro – che sarà propagato dalla popolazione angloamericana e che in fondo viene definito con un neologismo molto recente –, questo imperialismo si presenta come imperialismo economico.

Tuttavia il punto essenziale è che in tutte le cose di cui si parla in rapporto a questo imperialismo economico non c’è niente di vero: è tutto falso, tutto, oserei dire, campato in aria, e tutto conduce più o meno consapevolmente alla finzione.

Per rendersi conto che nel nostro tempo le realtà sono ben altre rispetto a quanto si dice di esse è necessario osservare più da vicino l’evoluzione storica di queste cose.

Per caratterizzare grossomodo la capacità di giudizio dell’opinione pubblica attuale di fronte ai fatti odierni mi basta citare soltanto una cosa: abbiamo visto come sia stato glorificato Woodrow Wilson,[1] prima in vari paesi europei e ultimamente perfino in Germania.

I nostri amici svizzeri sanno molto bene quanto io, durante la glorificazione di Woodrow Wilson, anche qui in Svizzera, l’abbia sempre aspramente criticato. Infatti quello che Woodrow Wilson è oggi lo era già ovviamente anche nel periodo in cui tutto il mondo lo osannava.

Oggi già corre voce – e con ciò non intendo dire che si tratti di una verità assoluta – che in America si ha intenzione di dichiarare Woodrow Wilson incapace di governare, che si dubita della sua capacità di discernimento. L’opinione pubblica che svolazza oggi da un capo all’altro del mondo è caratterizzata a sufficienza proprio da tali cose, caratterizzata nel suo vero valore.

Basta ricordare un secondo fatto: negli ultimi quattro o cinque anni si è parlato moltissimo di un mucchio di cose belle, di autodeterminazione dei popoli e così via. Tutte queste cose non erano vere, perché dietro si celava qualcosa di molto diverso, dietro c’erano ovviamente questioni di potere.

Chi vuole intendere non deve far altro che risalire alle realtà in merito a ciò che è stato detto, pensato e giudicato.

Quindi, quando si tratta di una parola come imperialismo – la parola ufficiale in Inghilterra dall’inizio del ventesimo secolo è Imperial Federation –, quando si discute di tali cose occorre tener presente che noi abbiamo oggi le loro derivazioni ultime – prodotti tardivi dell’evoluzione – che riconducono a epoche remote e che trovano una spiegazione soltanto attraverso una vera indagine storica.

Non intendiamo retrocedere fino agli albori dell’evoluzione storico-spirituale dell’umanità, ma vogliamo almeno tornare indietro fino ad alcuni millenni prima di Cristo.

Troviamo a quel tempo i primi regni imperialistici in Asia e una loro variante in Egitto. Esempi tipici dell’impulso orientale sono il famoso impero persiano e in particolare quello degli Assiri.

Se però osserviamo questa prima fase dell’imperialismo soltanto negli ultimi stadi del regno assiro descritti dalla storia non ne veniamo a capo, perché senza poter risalire alla precedente situazione in Oriente non comprenderemo l’impulso dominante nel regno assiro.

Perfino in Cina, la cui organizzazione risale a epoche molto lontane nel passato, le cose sono cambiate a un punto tale per cui è impossibile riconoscere in questa organizzazione, esistente fino a poco tempo fa, il carattere vero e proprio di un imperialismo orientale realmente esistito sul modello del regno orientale. Tuttavia attraverso le situazioni storicamente note è possibile almeno intuire cosa vi sia realmente alla base.

Non si comprende l’antico imperialismo orientale se non si sa che tipo di rapporto c’era nella coscienza pubblica della popolazione di un certo territorio, diciamo di un regno, nei confronti di colui che oggi chiameremmo il sovrano o i sovrani di tale regno. Perché ovviamente parole da noi usate come sovrano, re o simili non esprimono più quello che una volta veniva vissuto nei confronti del sovrano o dei sovrani.

Oggi è molto difficile farsi un’idea di tutto l’insieme dei sentimenti vissuti in un imperialismo orientale tre o quattromila anni prima di Cristo, perché non teniamo conto di come l’uomo di quel tempo antico immaginava l’essenza del mondo spirituale in rapporto al mondo fisico.

Oggi la maggior parte delle persone pensa, ammesso che ci pensi, a un mondo spirituale situato da qualche parte in un lontano “aldilà”, o qualcosa del genere. E quando si parla del mondo spirituale, di cui del resto in futuro sarà necessario tornare a parlare, come di un mondo presente tra noi al pari di quello sensibile, allora nell’era moderna si ribella tutto ciò che ha condotto per esempio alla coscienza protestante.

Infatti nei tempi antichi la cosa essenziale era che non si faceva affatto distinzione tra mondo fisico e mondo spirituale.

È talmente vero, che quando si parla di cose che si riferiscono a quei tempi antichi, l’uomo moderno non riesce a farsene un’idea, tanto diverso era l’immaginario dell’uomo antico rispetto a quello dell’uomo moderno. Ciò che esisteva materialmente – dominatori, casta dominante, sudditi, schiavi –, era la realtà, non veniva chiamata realtà fisica, ma era la realtà, era realtà fisica e spirituale a un tempo.

E chi era in realtà il sovrano dei regni orientali? Il sovrano dei regni orientali era il dio dei suoi sudditi!

Nell’intero ambito della popolazione nei tempi antichi – parlo sempre dei tempi antichi – non c’era un dio sopra le nuvole: per la gente non c’era un coro di puri spiriti che a loro volta attorniassero il dio supremo – nel percorso terreno queste sono concezioni venute in seguito – ma quelli che noi oggi chiameremmo ministri o cortigiani, gente degna o forse tra poco indegna di rispetto, erano allora viste come entità di natura divina.

Non si dubitava del fatto che, attraverso l’istruzione ricevuta nei misteri, questi uomini si fossero innalzati di un gradino rispetto agli uomini normali. Si guardava a loro dal basso verso l’alto, così come la coscienza protestante guarda al proprio Dio o come certi ambienti più liberali guardano ai loro angeli invisibili. Per la popolazione dell’antico Oriente non esistevano angeli invisibili o un dio invisibile in una sfera sovrasensibile a parte.

Tutto ciò che era spirituale viveva dentro l’uomo: nell’uomo ordinario viveva un’anima umana ordinaria; in quello che oggi noi chiameremmo un sovrano viveva un’anima divina, un dio.

Oggi non riusciamo più a concepire un regno divino così presente e reale da essere al contempo un regno fisico. Oggi riteniamo ovviamente assurdo che, supponiamo, il re avesse realmente il potere e la dignità di un dio, però una volta nell’imperialismo orientale questo era una realtà. Non si parlava allora di qualcosa immaginato come puro spirito. Come ho già detto, in Egitto esisteva una concezione un po’ diversa, perché lì abbiamo già il passaggio a un’epoca successiva.

Se torniamo alle forme più antiche dell’imperialismo, vediamo che trae origine dal fatto che il re, il sovrano, è il dio in carne e ossa, il vero dio apparso fisicamente sulla Terra, il vero Figlio del cielo o addirittura il Padre del cielo fattosi visibile sulla Terra. Per l’uomo d’oggi la cosa è talmente paradossale da sembrare incredibile, ma è così.

Da ciò deriva anche il modo in cui venivano giustificate le conquiste imperialistiche, cosa che possiamo rilevare dai documenti assiri: si facevano e basta!

Il diritto di fare quelle conquiste deriva dal fatto che il regno del dio visibile doveva essere esteso sempre di più. Una volta conquistato un territorio, i suoi abitanti ora diventati sudditi dovevano adorare il conquistatore come il loro dio.

A quei tempi non si pensava affatto alla diffusione di idee religiose. Che bisogno c’era? Si concepiva tutto come realizzato nel mondo fisico.

Se il vinto, quale appartenente al territorio conquistato, riconosceva esternamente l’altro, il conquistatore, se gli ubbidiva, andava tutto bene, poteva credere a quel che voleva. La fede era vista come un’opinione personale, nei tempi antichi non la si toccava neppure, nessuno se ne preoccupava.

Questa è stata la prima forma in cui si è manifestato l’imperialismo. La seconda forma è stata quella in cui il sovrano – colui che doveva assumere un ruolo dominante, di primo piano – non era più la divinità in carne e ossa, bensì l’inviato da Dio o l’ispirato da Dio, colui che era compenetrato dal divino.

Nel primo tipo di imperialismo si aveva a che fare con delle realtà, questo è il punto essenziale. Prima fase dell’imperialismo: si aveva a che fare con delle realtà. Quando un sovrano orientale delle epoche remote compariva in mezzo al popolo, lo faceva indossando i paramenti sacerdotali, avendo il diritto, in quanto dio, di portare quegli abiti. Erano gli abiti dell’essere divino: così si vestiva un dio. Significava semplicemente che il sovrano appariva abbigliato secondo la moda in uso tra gli dei. E coloro che erano i suoi paladini non erano dei puri funzionari o roba simile, ma erano esseri superiori, che lo attorniavano e che facevano quello che facevano in virtù della loro natura di esseri superiori, divini anchessi.

Poi venne il tempo in cui appunto, come già detto, il sovrano e i suoi paladini erano considerati inviati da Dio, compenetrati dalla divinità, suoi ambasciatori.

Questo emerge ancora con molta evidenza in Dionigi l’Areopagita. Leggete i suoi scritti, come descrive la gerarchia della Chiesa, diaconi, arcidiaconi, vescovi, arcivescovi, insomma tutta la gerarchia del clero. Come se la rappresenta? Dionigi l’Areopagita descrive il tutto in modo che in questa gerarchia ecclesiastica terrena si abbia una riproduzione di ciò che a livello sovrasensibile è Dio insieme ai Principati, agli Arcangeli e agli Angeli.

Ora quindi abbiamo in alto la Gerarchia celeste e in basso il suo riflesso, la gerarchia ecclesiastica secolare. Le persone appartenenti alla gerarchia ecclesiastica – diaconi e arcidiaconi – indossano i loro paramenti o espletano le loro funzioni in quanto queste sono dei segni, dei simboli.

Nella prima fase si ha a che fare con delle realtà; nella seconda fase si ha a che fare con dei segni, con dei simboli.

Naturalmente anche questo è stato più o meno dimenticato. Perché oggigiorno gli uomini sono poco consapevoli, anche i cattolici, che preti, decani, vescovi e arcivescovi sono i rappresentanti delle Gerarchie celesti. È stato appunto dimenticato.

Con il progredire di questo imperialismo è subentrato uno sdoppiamento, direi una scissione vera e propria. Tutto quel che implicava comando, dominio, si esprimeva da un lato come l’inviato di Dio – in forma clericale, dove il sacerdote era contemporaneamente il re – e dall’altro si esprimeva in forma laica, ma pur sempre, e senza essere da meno, “per grazia di Dio”, come investitura per volere divino.

In fondo si tratta soltanto di due varianti della stessa realtà, e abbiamo poi quelle due varianti nell’evoluzione storica: le comunità della Chiesa e le comunità del Regno.

Una cosa del genere non sarebbe stata pensabile durante il primo periodo dell’imperialismo, in cui la fisicità era la realtà intera. Ma nella seconda fase c’è stata appunto una scissione: l’uno era più laico ma pur sempre inviato da Dio, l’altro invece più clericale, ma ugualmente inviato da Dio. Questo è durato fino al Medioevo.

E questa vita nel regno esteriore, nella realtà esteriore dei re inviati da Dio, dei paladini inviati da Dio e così via, come fenomeno storico caratteristico è rimasta, direi, fino al 1806, ma già allora conduceva un’esistenza di qualcosa ridotto all’ombra di sé.

Esteriormente c’era la Chiesa di Roma con la sua espansione a carattere piuttosto clericale, però accanto a essa il cosiddetto Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, scomparso soltanto nel 1806, ha mantenuto fermamente per tutto il Medioevo il carattere dell’inviato da Dio qui sulla Terra fisica.

Così si chiamava quella specie di regno esistito nell’Europa centrale: Sacro Romano Impero della Nazione Germanica. L’appellativo Sacro contiene ancora una traccia di ciò che nei tempi antichi era il divino sulla Terra, Romano indica l’origine da cui proveniva; Nazione Germanica è ciò sul quale era stato messo sopra, l’elemento già più secolare sul quale poggiava.

Quindi nella seconda fase dell’imperialismo non abbiamo più soltanto l’imperialismo della Chiesa dei ministri consacrati del culto, ma l’intreccio nel regno tra il consacrato divino e quello secolare.

Ciò inizia già con l’antico Impero Romano in epoca precristiana e va fino al tardo Medioevo. Ciò che è nato come imperialismo ha sempre un duplice carattere. Basta pensare a questo: il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica si rifà a Carlo Magno. Ma Carlo Magno viene incoronato a Roma dal Papa. Dunque anche esteriormente la dignità regale viene trasformata in un simbolo, per cui ciò che è qui sulla Terra fisica non è più una realtà vera e propria.

Gli uomini del Medioevo, a differenza di quelli di epoche remote, non hanno venerato Carlo Magno e Ottone I come se fossero degli dei, ma hanno visto in loro uomini inviati da Dio, e questo aveva bisogno di una conferma. Naturalmente se ne era sempre meno consapevoli ma, benché esteriorizzato, aveva almeno nel gesto, nel simbolo, pur sempre una realtà simbolica.

Gli imperatori del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica andavano allora a Roma per farsi incoronare dal papa. Anche Stefano I d’Ungheria viene fatto sovrano dal papa nell’anno Mille. L’autorità clericale o spirituale consacra e in tal modo conferisce il potere all’autorità laica.

Però ciò che in tal modo penetra nella coscienza umana ha fatto sì che gli uomini ritenessero legittimo inserire altri uomini in quel regno consacrato dagli dei stessi per mezzo dell’uomo.

Per questo anche Dante[2] è del parere che colui che è imperatore del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica in fondo ha il diritto di governare il mondo intero. Proprio in questo consiste per Dante la formula dell’imperialismo.

Le leggende e le tradizioni che nella coscienza umana cristallizzano eventi storici, esprimono di regola cose che vanno considerate non soltanto da un unico punto di vista, ma dai punti di vista più diversi.

Si può affermare che nell’undicesimo e dodicesimo secolo, in Europa, esisteva ancora una forte convinzione – non più netta, ma simile a una sensazione molto viva – che in tempi molto remoti laggiù, in Oriente, erano vissuti sulla Terra, sulla Terra fisica, degli uomini-dei.

Non si pensava mica che fosse una superstizione, oh no! Si pensava: ora tali dèi purtroppo non possono più vivere sulla Terra perché la Terra è diventata così cattiva. Quello che aveva reso dèi gli uomini è andato perso, il Santo Graal si è perduto.

E nel Medioevo lo si poteva riconquistare soltanto alla maniera di Parsifal: cercando la strada per trovare il dio dentro di sé, mentre prima il dio era una realtà visibile là fuori nel regno. Il regno è soltanto una somma di simboli, di segni, e occorre trovare il dio partendo dai simboli, dai segni.

Di tutte le cose una volta esistite restano dei residui. La realtà iniziale si attenua e restano residui di varia natura. Mentre in genere fino a quando sono realtà le cose sono univoche nel mondo, dopo acquistano significati diversi. Quindi in Europa è nata una molteplicità dall’antica univocità.

Fino a quando nella coscienza degli uomini il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica aveva una certa importanza, fino a quel momento in un certo senso il rappresentante di questo Sacro Romano Impero era anche potente, in grado di tenere a bada i singoli simboli angelici, i sovrani territoriali. Infatti si aveva ancora la convinzione che lui, appunto, ne avesse il diritto. Ma questo diritto poggiava più o meno su qualcosa di ideale che a poco a poco ha perduto il suo significato. Così alla fine sono rimasti solo i sovrani territoriali.

Nel Sacro Romano Impero troviamo qualcosa che in un certo senso a poco a poco spreme fuori la sua sostanza vera e propria finché non rimane che l’involucro esterno. Si perde così la consapevolezza che certi esseri umani sulla Terra sono degli inviati di Dio.

E l’espressione per indicare la perduta consapevolezza che uomini terrestri siano degli inviati di Dio è il protestantesimo: è la protesta contro il valore reale di esseri umani sulla Terra quali inviati di Dio.

Se il principio del protestantesimo si fosse affermato in maniera del tutto coerente, nessun sovrano o principe avrebbe mai più potuto definirsi tale per grazia di Dio. Però le cose di una volta restano sempre sotto forma di residui. I residui si sono conservati fino al 1918 per poi scomparire anche loro. Questi residui, che avevano perso ogni significato interiore, erano ancora presenti come fenomeni esteriori. Quei sovrani territoriali tedeschi esistevano ancora come fenomeni esteriori – avevano un senso soltanto in quei tempi antichi in cui erano i simboli di un regno celeste che forniva ispirazione.

Ci sono anche altri resti che si conservano senza che ce ne rendiamo conto. Non molto tempo fa un vescovo – forse era perfino arcivescovo – dell’Europa centrale ha pubblicato una lettera pastorale in cui spiegava all’incirca che il sacerdote cattolico ha più potere di Gesù Cristo per il semplice motivo che quando il prete cattolico opera la transustanziazione sull’altare il Cristo Gesù è tenuto a rendersi presente nel Santissimo, nell’ostia.

La transustanziazione deve compiersi veramente per potere del sacerdote, vale a dire l’azione eseguita dal prete obbliga Gesù Cristo a essere presente sull’altare. Dunque il più potente non è il Cristo, bensì colui che opera la transustanziazione sull’altare!

Se vogliamo comprendere questa cosa pubblicata, come ripeto, in una pastorale soltanto qualche anno fa, dobbiamo tornare indietro non ai tempi del secondo ma del primo imperialismo, di cui la Chiesa cattolica e le sue istituzioni hanno conservato molteplici elementi. In essa permane un residuo della convinzione che coloro che governano sulla Terra sono veri e propri dei, mentre il Cristo Gesù non è altro che il figlio, l’inviato di Dio.

Per la coscienza protestante il contenuto di quella pastorale naturalmente è una cosa impossibile, come del resto è impossibile per l’uomo moderno credere che migliaia di anni fa il sovrano fosse considerato un dio in carne e ossa.

Però questi sono fattori reali della storia, sono fatti reali che hanno avuto un ruolo nell’evoluzione storica, nella realtà storica, e di cui oggi appunto permangono ancora i residui.

Quindi le realtà del passato si ripercuotono in maniera considerevole sui fenomeni successivi. La concezione non sempre rimane la stessa, ma le usanze esteriori derivanti da quelle concezioni non cambiano.

Andate a vedere come si è diffuso l’islamismo. Certo Maometto stesso non ha detto: «Maometto è il vostro Dio», come avrebbe dovuto fare alcuni millenni prima un sacerdote-sovrano orientale, ma si è limitato a un’affermazione più adeguata ai suoi tempi, vale a dire: «Esiste un solo Dio, Allah, e Maometto è il suo profeta». Quindi per la coscienza degli uomini ha scelto la seconda fase dell’imperialismo, che vede nel sovrano un inviato di Dio.

Tuttavia per la modalità di diffusione dell’islamismo vale ancora la prima fase. Infatti nei confronti delle persone di fede diversa i musulmani non sono mai stati intolleranti come coloro che attribuiscono importanza alla fede soggettiva. I maomettani si sono accontentati di conquistare gli altri e di farli diventare loro sudditi, proprio come nei tempi più antichi, in cui la fede religiosa non era determinante, perché era indifferente in che cosa si credeva, a patto che si riconoscesse il dio. La maniera in cui si è diffuso l’islamismo corrisponde all’usanza della prima fase dell’imperialismo.

Inoltre qualcosa di questa prima fase – fortemente influenzata dalla seconda – si è conservato nel despotismo russo, nello zarismo. Nell’opinione che le persone avevano dello zar, almeno nel loro animo, c’è qualcosa che risale fino alla prima fase dell’imperialismo.

Per questo in Russia aveva così poca importanza il far coincidere le idee e i sentimenti della popolazione con quelli dello zarismo. In effetti la sovranità degli zar si fondava sull’elemento germanico e mongolo e non su quello vero e proprio della civiltà contadina dei russi.

Così si conservano i residui dei tempi passati, e possiamo osservare che ciò avviene anche a intervalli di tempo più brevi.

Esaminiamo ora la terza forma dell’imperialismo, che è stata formulata soltanto a partire dal ventesimo secolo, da quando Chamberlain[3] e i suoi seguaci hanno coniato il termine Imperial Federation.

Tuttavia le sue cause risalgono a un’epoca più lontana, alla seconda metà del diciassettesimo secolo, quando in Inghilterra ebbe luogo quella grande trasformazione per cui in tutti i paesi occidentali abitati dalla popolazione angloamericana la monarchia – ciò che una volta era il dio in persona e più tardi l’inviato di Dio – si è ridotta a condurre un’esistenza fantomatica, a essere – più che una decorazione – qualcosa di puramente tollerato, mentre a partire dal diciassettesimo secolo è l’intera popolazione, se pur inizialmente seguendo le singole classi sociali, è comunque l’intera popolazione a decidere ciò che vuole la collettività.

Ora, rispetto per esempio alla popolazione francese, ai popoli di cultura latina in genere, la popolazione angloamericana possiede dei presupposti diversi, idonei a favorire la realizzazione di questa, chiamiamola volontà popolare, del sistema elettorale.

È vero che i popoli latini e quello francese in particolare hanno fatto la rivoluzione nel diciassettesimo secolo, ma sotto l’influenza di ciò che vi ho caratterizzato qui qualche ora fa. Il popolo francese oggi in realtà è il più monarchico che ci sia. Non si è monarchici solo per il fatto di avere un re a capo del governo. Chiaramente un uomo al quale è stata tagliata la testa non può più andare in giro, però il popolo francese è per natura monarchico-imperialista pur non avendo un re. Ciò dipende dalla disposizione d’animo. Quel compatto sentirsi tutt’uno, quella coscienza di popolo in effetti è un concreto residuo di Luigi quattordicesimo.

La popolazione di lingua inglese possedeva invece ben altre premesse per realizzare ciò che possiamo definire la volontà del popolo. A poco a poco il verdetto reclamato a livello pubblico è diventato veramente il prodotto delle azioni compiute dalle persone elette nei parlamenti. Là si è sviluppata la terza forma dell’imperialismo, formulata poi da Chamberlain e da altri. Noi però questo terzo imperialismo lo vogliamo osservare dal punto di vista animico.

• Il primo imperialismo aveva delle realtà: nella coscienza degli altri uomini un uomo era il dio, i suoi paladini erano gli dei che lo circondavano, dei inferiori.

• Seconda forma dell’imperialismo: ciò che era sulla Terra era un segno, un simbolo, il dio agiva sugli uomini dal di fuori.

• Terza forma dell’imperialismo: ciò che qui sulla Terra proviene in primo luogo dalle anime si spoglia anche del carattere di simbolo, di segno. Come dalla realtà si è passati al segno, al simbolo, così dal segno, dal simbolo si passa al luogo comune, alla frase vuota.

Questa è la realtà presentata sine ira – quindi obiettivamente e senza rancore –, rappresentata in base alle necessità dell’evoluzione terrestre.

A partire dal diciassettesimo secolo ciò che avviene nella vita pubblica della popolazione angloamericana, ciò di cui si parla, che si produce nei codici, è la volontà del popolo – certamente stratificata per classi, della cui caratteristica parleremo forse domani o dopodomani. Ma è vuota retorica. Tra quello di cui si parla e la realtà vera non c’è neppure il tipo di rapporto esistente tra simbolo e realtà.

Quindi il percorso animico è questo: dalle realtà ai simboli e poi alla retorica, alla parola spremuta e svuotata. E le realtà sono quello che avviene al di sotto della parola spremuta e svuotata, realtà di cui nessuno immagina che siano divine, almeno non laddove esse hanno origine.

Pensiamo un po’ alla base di quell’imperialismo che ha come elemento dominante lo stereotipo – nei primi imperialismi i re, nei secondi imperialismi gli unti del Signore, adesso la frase fatta. Dalle delibere della maggioranza ovviamente non viene niente di reale, bensì uno stereotipo dominante. E le realtà fluttuano al di sotto e non sono di certo viste come qualcosa di divino!

Consideriamo infatti un importante fenomeno avvenuto sotto forma di realtà: la colonizzazione. La colonizzazione ha un ruolo importante nella formazione di questo terzo imperialismo.

Il sistema coloniale, l’espansione dell’impero tramite le colonie: in ultima analisi la cosiddetta Imperial Federation non è che l’alleanza delle colonie, la configurazione particolare di tale associazione. Ma in origine come si aggregano all’impero queste colonie?

Ripensate ai casi concreti: avventurieri un po’ sciatti, indesiderati all’interno dell’impero, partono per le colonie, si arricchiscono, investono il loro denaro nel paese d’origine, il che non li rende subito subito persone stimate – continuano a essere degli avventurieri, dei bohémien. Così viene messo insieme il regno coloniale. È la realtà esistente sotto il luogo comune della vuota retorica.

Ma anche qui rimangono dei residui! Come delle realtà originali restano simboli e frasi, oppure simboliche corone principesche o zarismi, così delle imprese avventurose dei malfamati colonizzatori restano le realtà che ci si trova ora di fronte.

Diciamo che qualcuno si è “appropriato” di qualcosa; il figlio non è più poi tanto in odore di malaffare, ha già un odore più gradevole; il nipote ha un odore ancora migliore e poi arriva senz’altro il momento in cui tutto profuma! La retorica si può ora impadronire di ciò che comincia ad avere un buon odore. Poi la retorica si identifica con la vera realtà. Lo Stato spiega le sue ali, ne diventa il protettore, e il tutto viene dichiarato alla fine onesto e probo.

È necessario chiamare le cose con il proprio nome – benché raramente i nomi designino la realtà – ma anche afferrarle per il verso giusto. È necessario, perché soltanto così si arriva a comprendere quali sono i compiti e le responsabilità che l’epoca attuale assegna agli uomini.

Solo così si arriva a capire quanto la cosiddetta storia, cioè quella insegnata nelle scuole e nelle università, sia una “convenzione”. Questa storia non chiama le cose con il loro vero nome, al contrario, fa in modo che a poco a poco i nomi non corrispondano affatto alle cose che designano.

Quello che ho detto adesso è brutto, non è vero? Sì, ma vedete, ora si tratta di guidare un po’ le proprie emozioni, i propri sentimenti verso le responsabilità che incombono su di noi. Consideriamo adesso l’altra faccia della medaglia.

Osserviamo un impero dell’antichità: era qualcosa di reale, reale dal punto di vista della fantasia dell’uomo terreno di allora – il re sacerdote proveniva dai misteri. Il secondo tipo di impero non era più reale dal punto di vista terreno, era un simbolo. Dai monili sacri di cui i sovrani e i loro paladini si ornavano nell’antico regno d’Oriente fino all’aquila rossa o bianca di terza, seconda o prima qualità con cui vengono poi insignite le persone c’è stato un lungo percorso. Comunque questa è l’evoluzione della storia.

Ciò che in ultima analisi non era neppure un segno, ma in fondo soltanto l’espressione di uno stereotipo, si è trasformato da realtà in nullità. Il sistema di frasi vuote che si è diffuso dall’Occidente nel resto del mondo è penetrato nella vita pubblica persino nei suoi aspetti esteriori.

Ho addirittura conosciuto dei consiglieri titolari di corte! Pensate un po’, già i consiglieri di corte hanno avuto straordinariamente poco da consigliare, in ogni caso l’hanno saputo fare poco bene – immaginiamoci allora i consiglieri titolari di corte! Si tratta appunto di un puro stereotipo affibbiato a una persona, anche se il tutto risale a quelle antiche usanze di cui ho parlato.

Nella prima fase di cui ho parlato abbiamo il regno esternamente fisico, la realtà terrena, pensata come qualcosa di interamente spirituale; nella seconda fase invece soltanto come qualcosa di pervaso di sostanza spirituale.

E la terza fase deve liberarsi da quello che vi ho descritto adesso, dal regno delle frasi fatte e da quella realtà sottostante di cui abbiamo appena parlato. Il terzo deve realizzare qui sulla Terra il regno dello spirito.

Mentre nella prima fase la realtà fisica era pensata come spirituale, in futuro non sarà la realtà fisica a dover essere pensata come spirituale, ma in compenso lo spirituale dovrà diventare presente qui nel mondo fisico. Vale a dire, accanto alla realtà fisica deve poter vivere la realtà spirituale.

L’uomo deve sapersi muovere all’interno della realtà fisica e riconoscere una realtà spirituale, parlarne come di qualcosa di reale, sovrasensibile, invisibile e tuttavia presente, che deve venir fondato in mezzo a noi.

Ho parlato di qualcosa di molto brutto, della frase vuota. Ma se il mondo esterno non fosse diventato così “stereotipato”, non ci sarebbe posto per farvi entrare il regno spirituale. Proprio grazie al fatto che alla fine tutto il vecchio non è altro ormai che un vuoto stereotipo, si crea il vuoto necessario nel quale deve entrare il regno dello spirito.

Proprio in Occidente, nel mondo angloamericano, l’umanità si ritroverà a continuare a parlare, diciamo negli idiomi abituali, di svariate cose derivate dal passato. Ripeto, il tutto continuerà a rotolare automaticamente come una sfera. Rotolerà nelle parole vuote. Specialmente in Occidente troverete innumerevoli formule che hanno perso ogni significato ma che vengono straripetute.

Però lo stereotipo vero e proprio non vive soltanto in queste formule vuote, bensì in tutto ciò che si indica con parole vecchie, vive in ciò che è in realtà frase vuota, dalla quale la realtà è stata spremuta. Proprio là c’è spazio affinché la spiritualità, che non coincide con nulla di vecchio, prenda posto!

Il vecchio deve prima diventare frase fatta, poi dev’essere eliminato tutto ciò che continua a rotolare insieme alla lingua e dentro deve entrare qualcosa di completamente nuovo, in grado di diffondersi come mondo spirituale.

Soltanto allora ci potrà essere un regno di Cristo sulla Terra, poiché in questo regno deve diventare realtà il detto: «Il mio regno non è di questo mondo». Nel regno di questo mondo, nel quale si è inizialmente diffuso il regno di Cristo, c’era anche molto di questo mondo che non si era ancora trasformato in frase vuota.

Però nel mondo occidentale tutto ciò che proviene dai tempi trascorsi è destinato a diventare uno stereotipo. Sì, amici miei, in Occidente, nel mondo angloamericano, tutto ciò che è tradizione umana diventerà vuoto stereotipo.

E cresce la responsabilità di immettere in un recipiente svuotato uno spirito del quale si possa dire: «Questo regno non è di questo mondo». Questa è la grande responsabilità dell’Occidente. Non importa come qualcosa sia stato originato, quanto piuttosto l’uso che si continua a farne. Così stanno le cose in realtà.

Domani dovremo parlare di ciò che c’è da fare in futuro, perché proprio nei paesi occidentali sotto la superficie sono molto attive le società segrete, che tradizionalmente portano la seconda fase dell’imperialismo verso la terza. Infatti nella popolazione angloamericana si sono incastrati due imperialismi: quello economico di Chamberlain e quello simbolico delle società segrete, che si è inserito in maniera molto efficace, ma che è tenuto segreto alla maggior parte della popolazione.

Seconda conferenza

Lo spirito moderno

dell’uomo libero nella triarticolazione dell’organismo sociale

Dornach, 21 febbraio 1920

Miei cari amici!

Vi ho parlato dell’origine storica di quello che oggi possiamo chiamare imperialismo. E da quanto vi ho detto ieri avete già notato che in queste considerazioni sull’imperialismo ciò che conta in sostanza è vedere come dei fenomeni attuali, che un tempo nella vita sociale erano fattori assolutamente reali, oggi non sono altro che residui di tempi trascorsi.

Nei tempi antichi le istituzioni, le consuetudini in questione, avevano il loro reale significato, erano per così dire delle vere e proprie realtà. La realtà è poi sparita, è passata attraverso lo stadio del simbolo per diventare infine un puro stereotipo.

Quella in cui viviamo è l’epoca del luogo comune, della frase vuota. E si tratta di rendersi conto di come anche il luogo comune abbia bisogno di un certo terreno su cui crescere e come d’altra parte costituisca la preparazione di qualcosa che deve realizzarsi nell’evoluzione umana.

Se la realtà del passato non si trasformasse in stereotipo, cioè in qualcosa di simile a un’illusione che esiste come tale, non sarebbe possibile che qualcosa di assolutamente nuovo si affermi come realtà.

Per esempio, nella nostra epoca non potrebbe entrare il nuovo se dominasse ancora il dio visibile e sensorialmente percepibile sotto spoglie umane, di cui vediamo ancora le ultime propaggini nell’antico Impero Romano. Gli imperatori romani infatti – pur non sentendolo più pienamente come avveniva in Oriente – sostenevano di essere degli dei. Nerone era, perlomeno per supposizione, quale realtà finta, un vero e proprio dio in sembianze umane.

Nel corso del tempo queste cose hanno perso il loro reale significato, sono passate attraverso lo stadio del segno, del simbolo, e sono diventate vuota retorica.

Il fatto è che più le cose diventano davvero retorica, più si prepara il terreno per una nuova realtà, cioè per una vita spirituale che viene ricavata non dal mondo sensibile, ma da quello sovrasensibile, per una vita spirituale che non vuole trovare le entità divino-spirituali in sembianze umane, ma le vuole trovare come esseri reali che vivono con gli uomini visibili sulla Terra.

Prima deve instaurarsi il luogo comune, ma poi va guardato in faccia. Allora diventa possibile far nascere una vita spirituale nuova. Se si vuole capire il presente bisogna quindi dirigere la propria attenzione, partendo da questi presupposti “spiacevoli”, sulla nascita di una nuova vita spirituale – concomitante alla completa trasformazione in illusione di ciò che prima era realtà nell’evoluzione umana.

È più che naturale che gli uomini vogliano restar aggrappati alle vecchie realtà anche se queste sono già diventate vuota retorica. Rendersi conto che le cose sono diventate dei luoghi comuni suscita infatti una certa insicurezza nell’animo umano.

Si pensa che quando si ammette che le cose di una volta sono diventate luoghi comuni si cessi di avere un terreno sicuro sotto i piedi. Ci si culla volentieri nell’illusione, dato che nel momento in cui si riconosce l’inganno come tale si crede di librarsi nell’aria.

Non si crederà più di fluttuare nell’aria quando si saprà davvero fare l’esperienza della solidità della nuova vita spirituale e culturale. E noi viviamo proprio in un’epoca in cui dobbiamo assistere al declino della retorica e partecipare al sorgere di una vita culturale nuova.

Ciò sarà reso possibile in particolare dal fatto che fra le persone di lingua inglese deve emergere sempre più il fatto che ciò che hanno conservato tradizionalmente dai tempi passati e di cui ancora parlano non è altro che un luogo comune, e come la realtà sottostante ai luoghi comuni è la vita economica, quella che vi ho descritto ieri come unica vera realtà alla base della vuota retorica.

Ma arriverà un momento di decisiva importanza. Quando ci si accorgerà di avere a che fare con quella vita economica che nella terza, quarta generazione diventa “decorosa”, (come ho illustrato ieri), e, per il resto, con retorica pura e semplice – in quel momento ci si renderà conto della nullità dell’uomo che vive solo nella vita fisica come in una realtà.

Questa consapevolezza deve sorgere particolarmente fra i popoli occidentali. Deve giungere il momento in cui nell’anima si fa strada l’ammissione: «Non possiamo più restare aggrappati a tutto ciò di cui parliamo con frasi vuote. La realtà che ci fa da base è ciò che acquisiamo e prepariamo per lo stomaco e per la digestione degli uomini».

Finché non si considera la retorica per quel che è, finché non ci si rende conto che l’unica realtà è l’economia, non si giungerà al necessario ravvedimento. Ma quando si arriverà alla necessaria confessione, allora la natura umana non potrà più far altro che dirsi:

«Per essere uomini abbiamo bisogno di una realtà spirituale oltre a quella fisica della pura economia».

Deve giungere questo momento di riconoscimento. Senza questo momento di conversione interiore l’evoluzione umana non può procedere ulteriormente. Proprio per lo stesso motivo per cui stiamo andando incontro a una nuova vita culturale, nel presente dobbiamo d’altro lato immergerci nell’elemento del luogo comune.

E la disposizione più forte, il talento più spiccato per questa presa di coscienza ce l’hanno i popoli occidentali.

Nei popoli occidentali sono presenti tutti i prerequisiti per il sorgere di una simile consapevolezza, mentre per esempio gli altri popoli europei hanno una minor predisposizione a che una tale conoscenza si manifesti fra loro con l’intensità necessaria. Là infatti sono all’opera altri fattori che impediscono di rendersi conto in modo radicale delle illusioni, che invece possono venir portate a coscienza nella popolazione anglofona. Anche qui basta prendere in considerazione i fatti storici.

Pensate un po’ a come le varie stirpi di origine germanica che vivevano nell’Europa centrale sono state unificate dai tempi dei successori di Carlo Magno – dai regnanti sassoni e svevi – come Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, come vi ho già detto. Questo Sacro Romano Impero della Nazione Germanica era in definitiva una rete di simboli. Tutto rivestiva il carattere di segno, di simbolo.

Per ogni cosa a cui ci si trovava di fronte si aveva bisogno di risalire dal segno, dal simbolo, a una qualche realtà. Ma con questo passare per il segno, per il simbolo, non si arrivava a una realtà spirituale vera e propria: le Chiese lo impedivano. Si giungeva solo per così dire a fluttuare e galleggiare in una vaga realtà spirituale.

Per questo tutto ciò che il Medioevo aveva da dire a proposito di una realtà spirituale – e ciò che gli eredi delle confessioni europee hanno da dire a proposito di una simile realtà spirituale – ha il carattere di qualcosa di compreso a metà, di non pienamente comprensibile. Ha il carattere del riflesso di luce che entrava nelle chiese medievali passando dalle vetrate colorate. Quando a partire dai simboli si trattava di raggiungere lo spirituale, si indietreggiava spaventati, quasi con terrore di fronte a una comprensione chiara e distinta. Al contrario, si voleva caratterizzare la cosa come una realtà semisconosciuta che non poteva essere penetrata dalla conoscenza.

E così è stato anche per le condizioni sociali esteriori. Chi studi davvero profondamente la storia del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica – e la storia svizzera è in fin dei conti intimamente connessa con questa storia del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica – troverà che di epoca in epoca si tramandano elementi oscuri a non finire. Punti oscuri tramite i quali si cerca di far propria l’organizzazione sociale, di vivere in essa, di comprenderla, finché nel 1806 ci si è accorti – se ne sono resi conto persino gli Asburgo – che tutto quel Sacro Romano Impero della Nazione Germanica non aveva più alcun senso.

E allora il particolarmente “dotato” – in senso negativo – imperatore Francesco I rinunciò alla corona di imperatore tedesco dopo essersi procurato due anni prima un indennizzo personale o – come si suol dire in questi casi – un indennizzo di casato per la corona imperiale austriaca. Le cose persero ogni ragione di essere, dato che dietro quel simbolo non si poteva più trovare nessun senso. E a quegli uomini dell’Europa centrale non restò altro che un anelito, una volontà – un anelito e una volontà che si dirigevano verso ogni cosa possibile, ma che avevano poco senso concreto.

Per questo la fondazione del Reich nel 1870/71 divenne una contraddizione in termini: venne creato un impero tedesco da condizioni che non erano reali. Si inventò il titolo di imperatore tedesco. In Francia forse, se vi fosse accaduto qualcosa di simile, si sarebbe capito il titolo di empereur, lo si sarebbe compreso almeno a metà, poiché nel popolo c’era ancora un po’ di sostanza. Ma all’interno della natura tedesca era sorto un titolo che avrebbe presupposto un talento per pure nomenclature che non significano nulla – un talento per coltivare da un lato la vuota retorica e dall’altro una realtà sottostante che non avesse niente a che fare con essa, la realtà della vita economica o qualcosa di simile. Ma nell’Europa centrale non c’era questo talento.

Per comprendere che cosa si è sviluppato in questa Europa centrale, bisogna aver ben chiaro che la storia non andrebbe studiata in concetti astratti, ma secondo la realtà. Si può sollevare una domanda mirando alla realtà: che cosa si è effettivamente sviluppato sotto l’impero tedesco dal 1871 al 1914? Quello che c’era, quello che la gente ha visto all’esterno era solo un’illusione. Qual era la realtà?

Vedete, nei fenomeni storici una qualsiasi cosa che si manifesta ne contiene sotto la superficie un’altra. Quando la prima cosa svanisce come illusione, compare l’altra nella sua realtà come proseguimento.

Non basta analizzare superficialmente, ma si deve richiamare l’attenzione sulla realtà, sul concreto. Ciò che si è sviluppato sotto l’impero tedesco dal 1871 al 1914 non si è mostrato mentre questo esisteva, perché quella era l’illusione. La realtà spunta dopo, è ciò che si sviluppa a partire dal novembre 1918: sono coloro che attualmente detengono il potere.

Il vero volto dell’epoca guglielmina è Noske![4] Il carattere fondamentale di ciò che si stava sviluppando da decenni è emerso solo quando sono comparsi gli attuali detentori del potere. L’ex imperatore tedesco viene definito nella sua realtà dai cosiddetti detentori rivoluzionari del potere attuale. Le realtà che allora vivevano sotto la superficie, nei decenni precedenti in cui ci si abbandonava alle illusioni, sono le condizioni che si manifestano nella realtà odierna.

E così potete studiare realmente la storia cercando l’involuzione nell’evoluzione, andando in cerca di ciò che si sviluppa sotto la superficie.

Come si chiama infatti quello che nel diciannovesimo secolo era lo zarismo russo? Oggi, che è comparso nella sua verità, quello che era lo zarismo russo si chiamano Lenin e Trotskij – è il bolscevismo. Questa è la verità concreta di quella che allora era semplicemente un’illusione. Lo zarismo era solo una menzogna che galleggiava in superficie. Ma ciò che questo zarismo ha davvero creato è apparso nella sua vera realtà non appena lo zarismo stesso è stato spazzato via. Lenin non è altro che lo zar: dopo che gli è stata tolta la pelle è rimasta la sua realtà – che oggi si chiama Lenin o Trotskij.

Proseguendo con questa immagine, se togliete la maschera a persone come Caprivi o Hohenlohe o Bethmann-Hollweg, rimangono Noske, Scheidemann ecc. Questi sono i veri personaggi, gli altri erano semplicemente delle illusioni sovrapposte.

Si tratta di smettere di illustrare un fenomeno storico solo mediante concetti e idee astratti, e di farlo per mezzo di ciò che diventa reale nella storia. Nella storia reale la definizione vera di un fatto sarà sempre un altro fatto, non un concetto astratto. Si tratta quindi di studiare le realtà, di rivolgere la propria attenzione a quelli che sono i fatti reali.

Oggi viviamo infatti nell’epoca in cui vanno capite le realtà, in cui le realtà devono essere svelate completamente.

Questo fenomeno si manifesta particolarmente se studiate la costituzione, ciò che è il contenuto di quelle società segrete che hanno molto potere all’interno della popolazione di lingua inglese, un potere di cui il grande pubblico non ha idea.

Sono società che si costituiscono sotto regole esterne straordinariamente “simpatiche”, società che hanno acquisito un potere sempre più grande proprio nel quinto periodo postatlantideo.[5] Se infatti riandate con lo sguardo al 1720, in Inghilterra troverete ancora pochi seguaci di queste associazioni. In genere i seguaci sono semplicemente gli strumenti, i poteri trainanti restano nell’ombra, ma anche i seguaci a quei tempi erano proprio pochi.

Se oggi guardiamo le statistiche vediamo che per quanto riguarda le società massoniche – quelle che sono un utile strumento nelle mani delle società segrete – abbiamo: 488 logge a Londra, 1.354 logge in tutta la Gran Bretagna, 486 logge inglesi nelle colonie e all’estero. E a queste si collega la cosiddetta Royal Arch Cap. – quella che tiene già un po’ segrete le usanze esteriori della massoneria –: 836 in tutto il mondo.

Si tratta di considerare in primo luogo ciò che a livello di contenuto dottrinale esiste all’interno di queste logge come uno strumento dei poteri effettivamente trainanti.

Dopo di che si tratterà di cercare i motivi per cui questi poteri hanno avuto fino a oggi una straordinaria importanza.

Il contenuto veramente sostanziale risale a un passato molto remoto. E coloro che sottolineano in continuazione come il contenuto della massoneria risalga a tempi di un lontano passato non sono del tutto nel torto, nonostante le cose vengano spesso presentate in modo nebuloso, se non addirittura truffaldino. Il risalire a tempi molto lontani però ha un certo fondo di verità.

La cosa risale a tempi così lontani che possiamo dire: questi tempi passati sono quelli dell’antico stadio, il primo, dell’imperialismo, in cui Dio si aggirava ancora tra gli uomini sotto sembianze umane. Allora quello di cui oggi si parla, ma soprattutto si mostra, nelle logge aveva ancora un senso. Poi è diventato un mero simbolo, e il suo significato è scomparso da tempo.

Si può dire che all’interno delle logge che esistono oggi non ci sia quasi più conoscenza del contenuto di ciò che viene detto o fatto, ma la simbologia è rimasta.

La simbologia si è protratta anche nello stadio del luogo comune, così che – soprattutto nelle zone di lingua inglese e in quelle che da esse dipendono – abbiamo la coesistenza di due strati culturali: la retorica esteriore (assolutamente vuota, che domina la vita pubblica), e il simbolo (che viene tramandato solo a livello di tradizione) nelle società segrete; non c’è l’aspirazione a riportare il simbolo alla sua vera origine, ma viene conservato in quanto tale. In questo modo il simbolo diventa uno stereotipo in forma simbolica o un simbolo che diventa anch’esso stereotipo, pur manifestandosi sotto altre forme.

Abbiamo quindi la retorica esteriore della vita pubblica che si esprime nel linguaggio umano corrente (per esempio nei parlamenti), e nelle società segrete abbiamo il vivere col simbolismo, di cui di solito non capiscono niente neanche quelli a cui è stato tramandato – quindi è retorica vuota in forma di simbolo.

È importante il fatto che oltre alla retorica esteriore, puramente laica, si abbia anche quella rituale, cerimoniale: questa retorica cerimoniale contiene pur sempre un elemento spirituale.

E nelle società segrete, che hanno vere e proprie forme cerimoniali, cioè in quelle che si rifanno alle usanze autentiche, può succedere che persone particolarmente dotate per via del loro karma riescano a capire il vero significato di questi simboli. A volte anche un inesperto fa una bella scoperta!

Quindi può senz’altro capitare che persone particolarmente dotate giungano a capire il senso delle cerimonie – ma allora vengono allontanate dalle società segrete in questione, si fa in modo che non possano più nuocere a queste società segrete! Quello che più di tutto conta per queste società segrete è infatti il potere e non la conoscenza. Si tratta assolutamente di custodire i segreti solo in forma tradizionale. E in questa forma tradizionale hanno un certo potere. Come mai?

Finora vi ho in un certo senso illustrato il contenuto sostanziale. Ma il contenuto sostanziale è legato agli uomini che vengono riuniti in queste società segrete. Pensate a quante persone fanno parte di queste diverse logge in tutto il mondo! Nel momento in cui entrano nelle logge, le persone vengono poste di fronte al cerimoniale, che è strutturato così come vi ho appena descritto.

Ma chi entra nelle logge lo fa in base a criteri di cernita ben precisi. Fra i punti di vista in base ai quali le persone sono state originariamente conquistate alla causa delle logge, uno dei più importanti criteri – anche se, oggi in particolare, si pecca da diversi lati e nei modi più svariati contro questi criteri, non ha importanza per l’efficacia operativa di queste logge – è quello dell’assoluta neutralità rispetto alla confessione religiosa.

Certo, spesso si pecca contro questo principio: vi sono oggi nel mondo per esempio delle logge massoniche che non accettano ebrei. Senza dubbio ciò succede, ma costoro non hanno capito niente del principio fondamentale, che dice: accogliere uomini di tutte le confessioni religiose. Questo è uno dei principi fondamentali: non dare alcuna importanza al contenuto della fede di un individuo.

L’altro è: all’interno delle logge non tener conto delle differenze sociali, di classe o di altro genere. Gli uomini all’interno delle vere logge sono tutti “fratelli” fra loro, indipendentemente dal fatto che uno sia un lord e l’altro un operaio. Ma si pecca anche contro questo principio: nella maggior parte delle logge non vengono accettati operai ma solo lord e persone a loro sottomesse. Ma anche questo non ha niente a che vedere con il principio in quanto tale. Quelli che vi sono dentro sono uniti in base al motto: tutti sono fratelli.

Esistono i gradi, che però non hanno niente a che vedere con la stratificazione esteriore, con la stratificazione sociale degli uomini, che quindi vengono messi insieme in base a criteri che non hanno niente a che fare con l’ordine sociale esteriore.

Infatti nel nostro ordine sociale esteriore abbiamo operato una stratificazione degli uomini: in primo luogo in base alla loro confessione religiosa, che nella società gioca ancora un certo ruolo – mentre le confessioni non rivestono alcun ruolo nelle vere logge –, in secondo luogo non si potrà sostenere che nell’ordine sociale esteriore gli uomini siano fratelli. I membri delle logge invece perlomeno si ritengono fratelli.

Tutte queste cose hanno un risvolto reale. Non è indifferente in base a quali punti di vista gli uomini vengono raggruppati in comunità.

Se degli uomini vengono raggruppati in una comunità sulla base della confessione comune, allora nella vita reale questa sarà una comunità che dipende dal potere secolare, da un potere morto. Se degli uomini vengono invece radunati in base al punto di vista per cui la confessione, il credo religioso, è indifferente, allora ne risulterà una comunità con un potere spirituale particolarmente forte.

La Chiesa cattolica ha perciò sempre dovuto puntellare il proprio potere mediante strumenti politici, dal momento che, perlomeno tendenzialmente, vuole riunire gli uomini sotto una certa confessione comune. Meno alle persone importava della confessione, meno importava della confessione anche alla gerarchia, anche a Roma, e più la Chiesa acquisiva potere.

Infatti rendere la confessione determinante nella vita esteriore, nell’ordine sociale fisico, equivale a rendersi impotenti. Può diventare potente solo una comunità che non attribuisce nessuna importanza alla confessione in quanto tale.

Questo è particolarmente importante nell’epoca della vuota retorica, poiché, vedete, la retorica pubblica viene affiancata da quella esoterica, quella del cerimoniale, del culto. E in realtà è da queste basi che si è prodotto il disordine sociale del presente.

Si possono citare testimonianze molto curiose a riprova del carattere retorico di quest’epoca! Come sapete, fino alla metà del diciannovesimo secolo nel parlamento inglese si fronteggiavano un partito liberale, i whig, e un partito conservatore, i tory. Whig e tory erano rivali. Ma che nomi erano questi?

Nella prima metà del diciannovesimo secolo queste definizioni venivano prese molto sul serio. I liberali venivano chiamati whig, senza per questo metterli in imbarazzo; gli altri venivano chiamati tory, senza per questo mettere in imbarazzo neppure loro. Ma quando questi nomi erano sorti, agli albori del parlamento, che significato avevano?

Il nome whig era un epiteto ingiurioso, è nato come insulto! Quando si è formata una lega scozzese contro la malvista direttiva inglese che imponeva una certa disciplina ecclesiastica, si erano messi insieme degli scozzesi che in Inghilterra venivano vituperati come whig. E il luogo comune è arrivato al punto che si è ottenuto un nome ufficiale trasformando un epiteto ingiurioso in un nome ufficiale.

Pensate un po’ a come tutto questo si svolge al di sopra della realtà! La realtà era che i membri di questa lega scozzese venivano chiamati whig in Inghilterra. Dopo di che il termine whig è stato usato per designare, non per insultare, i rispettabili liberali.

E i tory? Era un nome originario dell’Irlanda con cui nel diciassettesimo e diciottesimo secolo si designavano i seguaci del papismo. Poi questo nome, che era all’inizio un epiteto spregevole coniato per i papisti irlandesi, è diventato il nome dei conservatori inglesi. Tutto questo si è svolto nel regno dei nomi, delle definizioni, della vuota retorica, senza aver nulla a che fare con la realtà.

Si tratta di un esempio tratto, se così si può dire, dalla superficie, ma potete riscontrare ovunque gli stessi fenomeni, dapprima nel mondo anglofono e poi in tutto il resto del mondo, nella misura in cui è stato ed è contagiato dal mondo di lingua inglese.

Ma com’è che così tanti individui si riuniscono sotto punti di vista senz’altro encomiabili come coloro che si sono affiliati alle logge?

Non conta tanto il fatto che all’interno delle logge ci sia un certo numero di personalità ambigue. Quello che conta è il principio. Ha un grande significato il fatto che degli uomini si riuniscano sotto i punti di vista più efficaci – e che si riuniscano nel cerimoniale stereotipato, nel culto stereotipato che permette la coesione a partire da un retroscena spirituale reale.

C’è quindi una bella differenza quando qualcuno è, diciamo, un potente ministro e ha bisogno di un sottosegretario di Stato: preferirà ovviamente conferire l’incarico a un “fratello” franco muratore piuttosto che a uno qualsiasi. E a ragione, dato che lo conosce meglio e può lavorare meglio con lui. Viene così creata un’appartenenza che per le condizioni in cui è inserita non è affatto sfavorevole, ma che d’ora in poi deve smettere di operare in questo modo.

Che cosa succede nelle logge in effetti? È significativo come proprio nell’epoca della retorica che regna nella vita pubblica, come in quest’epoca del luogo comune emerga una corrente spirituale, una comunità spirituale con principi decisamente efficaci! Sì, questa comunità spirituale si mantiene davvero segreta, non tanto in base alla sua esistenza, quanto alla sua effettiva impulsività interiore. Come mai?

Perché viviamo nell’epoca della retorica e alla retorica è concesso contraffare le realtà! Che cosa viene infatti a crearsi? Che cosa c’è già in sostanza?

C’è la vita economica, in un primo momento fondata su se stessa, dove la retorica non calza: ci sono la vita culturale, esercitata a livello sotterraneo, e la vita giuridica che incede anch’essa come retorica seppur togata – all’incirca con lo stesso significato per il mondo esterno come quello del giudice inglese che troneggia avvolto nelle sue vesti rituali; come la giurisprudenza sta alla realtà nascosta dietro, così stanno alla realtà le vesti rituali del giudice.

È una triarticolazione nel regno della vuota retorica, una triarticolazione nella menzogna! Ma è proprio la prova della necessità della triarticolazione.

Come vedete, volere la triarticolazione significa in sostanza mettere la verità al posto della menzogna, della retorica. Ma mettere la verità in quanto realtà – mentre attualmente è iniziata l’epoca in cui non è la verità a essere reale, bensì la retorica e tutto ciò che da essa dipende.

Si può senz’altro instaurare la retorica sia nel mondo intellettuale-culturale, sia in quello giuridico-statale, ma nel mondo economico la cosa non è così facile!

Perché, vedete, là vale ciò che mi è stato obiettato in continuazione in varie conferenze pubbliche. Quando ho spiegato come l’uomo – mediante il perseguimento di quanto viene esposto nel mio libro L’iniziazione: come si consegue la conoscenza dei mondi superiori? – giunga a sviluppare una visione del mondo spirituale, della realtà spirituale, ogni tre conferenze c’era qualcuno che nel corso della discussione si alzava e diceva: «Sì, ma come si può sapere che quello che si vede a livello interiore è una realtà? Esiste l’autosuggestione, tutto questo mondo spirituale potrebbe non essere altro che una suggestione!».

Per esempio, la suggestione può addirittura far sì che basti pensare alla limonata per sentirne il sapore in bocca. Allora si evoca a se stessi il gusto della limonata, la limonata non c’è, ma basta pensarla per sentirne il sapore.

Ho sempre risposto: «È importante restare ancorati alla realtà. Certo, ci si può suggestionare con il sapore della limonata, ma non al punto da placare la propria sete per mezzo dei pensieri. La sete non viene placata». Se non ci si ferma a metà strada col pensiero, questo porta alla realtà.

Possiamo avere i luoghi comuni nel regno dell’intellettualità, e perfino in quello giuridico e statale, ma non possiamo vivere di luoghi comuni nella vita economica, poiché le frasi vuote non si possono mangiare o perlomeno non saziano.

E così, nell’epoca dei luoghi comuni, ciò che è rimasto della realtà è la realtà economica proprio nei punti più caratteristici. E nel momento – lo devo ripetere – in cui ci si renderà conto che l’illusione è un’illusione, che il luogo comune è un luogo comune, sorgerà il grande senso di vergogna.

Noi esseri umani siamo dotati di ragione. Ma con questa ragione non facciamo altro che procurarci le basi economiche della vita fisica – cosa che gli animali sanno fare anche senza bisogno della ragione.

Se mediante la ragione noi esseri umani non facciamo altro che procurarci la vita economica, il nutrimento e tutto ciò che è collegato all’esistenza fisica, allora prostituiamo la ragione, la usiamo per procurarci qualcosa che l’animale si procura benissimo pur senza il lusso della ragione.

Nel momento in cui sopraggiungerà questa conoscenza di sé (vale a dire, quando il luogo comune verrà smascherato come tale), allora sorgerà il grande senso di vergogna, e poi ci sarà l’inversione di marcia. Subentrerà la convinzione della necessità di un rinnovamento della vita intellettuale-culturale.

Questo evento dovrà però essere preparato in maniera adeguata: un numero abbastanza cospicuo di persone dovrà essere in grado di capire la situazione del presente.

A che serve infatti che oggi gli uomini si creino delle illusioni sulla realtà? A che serve credere a Lloyd George[6] quando si può capire che ogni espressione che gli esce dalla bocca è inevitabilmente una frase vuota? A che serve che il mondo intero abbia idolatrato Wilson (il presidente degli Stati Uniti) quando si può capire che tutta la sua politica è una politica del luogo comune?

A che serve oggi riflettere delle condizioni europee sulla base di quei principi che per secoli sono stati ereditati (dalle società segrete) dai tempi antichi, ma che per le situazioni odierne non possono più avere alcuna forza propulsiva?

Si dovrebbero vedere dei “simboli” anche nei fenomeni storici! Bisognerebbe rendersi conto che già nei fenomeni esteriori si esprimono cose particolari.

Prendiamo gli Asburgo: sono partiti dall’Alsazia, attraversando la Svizzera si sono spostati a est, sempre più a est. Hanno raggiunto il massimo punto di espansione verso Oriente quando sono diventati re apostolici d’Ungheria. Ma in questo cammino da ovest verso est la cosa peculiare è che le realtà occidentali in Oriente svaniscono. Gli Hohenzollern non hanno avuto bisogno di fare così tanta strada, gli è bastato andare da Norimberga a Berlino, ma anche in questo caso da ovest verso est.

Questi eventi storici sono anche simboli reali che vanno presi in considerazione. E si deve tener presente qual è la realtà che sta sotto la retorica. Per questo oggi risulta impossibile ricavare una realtà da ciò che vive nel giudizio pubblico.

Chi oggi ha il senso delle realtà scopre cose molto singolari. Per esempio si cerca di vagliare quanto si manifesta nella vita pubblica e che trova imitazione ed emulazione in tutto il mondo – i whig e i tory. Se ne cerca l’origine – erano epiteti ingiuriosi! Ed è stato necessario prenderli sul serio, perché dei nomi seri per le realtà che esistevano allora non si trovavano.

È questo che succede oggi con molte cose, con un’enormità di cose! Nella vita pubblica cerchiamo di avvolgere le parole in una certa nebbia mistica, e non ce ne accorgiamo. Non ci rendiamo conto di vivere nell’epoca della vuota retorica.

Conosco per esempio un codice molto interessante, fatto tutto di luoghi comuni. Se si apre questo codice, si trovano frasi molto curiose, del tipo: «Che cos’è il diritto? Il diritto è la volontà di un popolo!», e via dicendo.

Sì, cari amici: il diritto è la volontà di un popolo! Per gli uomini d’oggi popolo è solo una somma di singoli individui. Ma ecco che ora questa somma deve avere una sua propria volontà! Sono tutte di questo genere le proclamazioni fornite in questo Codice dei luoghi comuni. Si ha la sensazione che un bel giorno qualcuno si sia concesso il gran lusso di tradurre nel linguaggio dei luoghi comuni tutto ciò che esiste attualmente nella vita pubblica e che l’abbia poi pubblicato come codice!

Sapete come si chiama questo codice dei luoghi comuni? Lo Stato: elementi di politica storica e pratica, e il suo autore è Woodrow Wilson! E questo codice dei luoghi comuni è uscito negli anni novanta del secolo scorso. In quegli anni Woodrow Wilson non ha inteso coscientemente di “concedersi il lusso” di mettere insieme tutti i luoghi comuni pubblici – ma il risultato è stato questo.

Ciò che la gente pensa e dice nei suoi stereotipi ha davvero poco a che fare con quello che si verifica realmente: Woodrow Wilson ritiene di aver pubblicato la sostanza dell’odierna saggezza statale, mentre in realtà ha dato alle stampe un codice di vuoti luoghi comuni.

Qualche anno fa un tedesco si è talmente esaltato per il luogo comune che ha tradotto nella sua lingua questo grosso libro, così che ora è disponibile anche in tedesco. Suppongo che sia stato tradotto anche in altre lingue, ma non ne sono certo.

Vedete, oggi non andiamo avanti se non guardiamo in faccia queste cose, se non prendiamo in considerazione le realtà in tutte queste cose. Oggi non si va avanti con pensieri piccoli. È necessario stimolare l’animo a grandi pensieri. Continueremo a parlarne domani.

Terza conferenza

Il superamento
del materialismo economico
con la ricerca della verità

Dornach, 22 febbraio 1920

Miei cari amici!

Se ripensate alle considerazioni che abbiamo fatto ieri e l’altro ieri vedrete che è parte della natura dell’imperialismo il fatto che in una comunità che lo rappresenta si trascini oltre, direi con un certo automatismo, qualcosa che dapprima era una specie di compito – un compito ben spiegabile, anche se non sempre giustificato.

Nei fenomeni storici che fanno parte dell’evoluzione dell’umanità avviene che, per via di una certa inerzia, si tengano in vigore delle cose che un tempo hanno avuto una legittimità o che erano ragionevoli, che hanno avuto delle cause, e che poi hanno perduto quello slancio.

Se, per esempio, una collettività ha bisogno di difendersi per un certo periodo di tempo, è senz’altro legittimo che a questo scopo vengano create delle professioni di tipo poliziesco, militare. Ma quando il pericolo contro cui ci si doveva difendere viene meno, quella categoria professionale continua a esistere, bisogna continuare ad avere persone che esercitino quel mestiere. Costoro vogliono continuare a esercitare la loro professione, ragion per cui si forma qualcosa che non ha più delle cause spiegabili nelle condizioni reali. Forse da ciò che esisteva a scopo di difesa si forma addirittura qualcosa che presenta un carattere aggressivo.

E così avviene in effetti con tutti gli imperialismi, a eccezione dell’imperialismo originario del primo stadio evolutivo dell’umanità di cui vi ho parlato l’altro ieri. Lì, poiché nella coscienza degli uomini che gli appartengono il sovrano è il dio, l’imperialismo può far derivare il suo diritto a estendere il più possibile il proprio dominio.

In tutti gli imperialismi successivi è già evidente come non possa esserci un impulso interiore a espandere il dominio.

Consideriamo ancora da certi punti di vista ben precisi ciò che esiste nell’evoluzione dell’umanità. Troveremo allora che nei tempi più antichi – a cui non riusciamo neanche più a risalire storicamente ma in cui c’è ancora un barlume di quei fatti che possono essere studiati storicamente – l’indiscutibile fattore di potere è la volontà di colui che viene considerato un essere divino.

Nella vita pubblica, di questi imperialismi non c’è in pratica niente da discutere, ma questa impossibilità di discutere deve basarsi sul fatto che nel dominatore si manifesta sulla Terra un dio in sembianze umane. Se mi è consentita questa espressione, c’è un fondamento sicuro e solido per l’ordine delle questioni pubbliche, sociali.

Bene, a poco a poco quello che era così saldo, fondato su qualcosa di reale, su una volontà divino-umana, passa al secondo stadio, in cui tutto ciò che può essere osservato qui nella vita fisica – sia che si tratti di persone, sia di insegne di persone o delle azioni delle persone che comandano – è un simbolo, è un segno.

Quindi, mentre nel primo stadio dell’imperialismo qui nel mondo fisico si pensa che lo spirito sia direttamente presente, nel secondo stadio ciò che esiste fisicamente viene considerato un riflesso, un’immagine di quello che non è presente nel mondo fisico ma che in esso si raffigura solo mediante le persone, le azioni e altre cose.

I tempi in cui si sviluppa questo secondo stadio sono quelli in cui acquista senso il discutere – fin nel mondo umano delle idee, nella misura in cui si tratta di questioni pubbliche.

Nel primo stadio dell’imperialismo non si può ancora parlare di quello che oggi chiamiamo diritto. Non si può neanche parlare di istituzioni statali di nessun genere. Si può solo parlare delle manifestazioni della potenza divina tramite uomini fisici. Si può solo parlare di come nelle questioni sociali la volontà concreta e reale degli uomini fisici agisca come volontà divina.

Allora il chiedersi se questa volontà sia legittima o meno non ha nessun senso. È lì e dev’essere seguita. Non ha senso discutere se il dio in forma di uomo debba fare o meno quello che fa. In quei tempi antichi, in cui c’erano davvero le condizioni che vi ho descritto, il problema non si poneva neppure.

Ma quando nelle situazioni fisiche si vede solo l’immagine del mondo spirituale, quando si parla di quello che Sant’Agostino definiva la città divina – vale a dire lo Stato che è qui sulla Terra ma che è una copia delle realtà divine, dei personaggi divini – allora uno può pensare: «Quello che succede per mezzo della persona che rappresenta il divino è giusto, è un’immagine giusta». Un altro può obiettare dicendo: «No, non è un genuino riflesso». Ecco che nasce la possibilità della discussione.

L’uomo d’oggi, in quanto abituato a criticare tutto, a discutere su tutto, crede che la critica e la discussione siano sempre esistite nell’evoluzione umana, ma le cose non stanno così. La critica e la discussione sono solo una caratteristica del secondo stadio che vi ho descritto.

Solo allora comincia a emergere la possibilità di giudicare anche interiormente, cioè di aggiungere un predicato a un soggetto. Nelle forme espressive più antiche degli esseri umani non esisteva affatto questo giudizio personale sulle questioni pubbliche.

È solo nel secondo stadio che si prepara lentamente l’avvento di quello che oggi chiamiamo parlamento. Il parlamento ha infatti senso solo se vi si può discutere di questioni pubbliche. Quindi perfino le forme più primitive della discussione pubblica sono un elemento caratteristico del secondo stadio.

Ma oggi, nella misura in cui si diffonde nel mondo la forma caratteristica dei paesi occidentali, viviamo nel terzo stadio, in quel terzo stadio che per quanto concerne la vita animica ho definito stadio della vuota retorica.

Questo stadio della retorica è appunto quello in cui, come vi ho spiegato ieri, è scomparsa dalla discussione la sostanza intrinseca e chiunque può aver ragione o perlomeno crede di poter avere ragione, dato che non gli si può dimostrare che ha torto, poiché in fin dei conti nel mondo della retorica si può affermare tutto e il contrario di tutto.

Gli stadi anteriori si protraggono sempre in quelli successivi. Ed è così che in sostanza sorgono gli impulsi più recenti agli imperialismi.

Gli uomini osservano le cose solo in modo molto superficiale. Quando l’imperatore tedesco scriveva – cosa che ha fatto davvero – come espressione delle sue convinzioni nell’albo degli ospiti: «La volontà del re è la legge suprema» – che cosa vuol dire? Vuol dire che nell’epoca della retorica egli si esprime in un modo che ha significato solo per il primo stadio. Nel primo stadio la volontà del sovrano era effettivamente la legge suprema.

Il concetto di diritto, che implica sempre la discussione, che comporta sempre l’elemento avvocatesco, è essenzialmente una caratteristica del secondo stadio, appartiene al secondo stadio e può essere compreso nella sua realtà solo tenendo conto che è tipico del secondo stadio.

Chi ha osservato quanto è stato discusso sull’origine e sul carattere del diritto ha già potuto desumere da queste discussioni che nei concetti di diritto in quanto tali c’è qualcosa di mutevole, poiché si ha appunto a che fare con l’epoca simbolica, in cui lo spirituale traspare – traluce, risplende – attraverso il materiale. Così se si ha davanti agli occhi solo il segno esteriore, che può essere anche nella parola, nelle usanze giuridiche, allora si può litigare sui diritti, anche nella vita pubblica si può discutere legalmente sui diritti.

Ma nell’epoca della retorica si perde del tutto la comprensione (necessaria per la fondazione del concetto di diritto) del fatto che nei rapporti sociali dominava la convinzione che il regno spirituale si riflette in quello fisico. E si danno definizioni di diritto come quella che vi ho citato ieri con l’esempio di Woodrow Wilson.

Voglio ora leggervi la testuale definizione del diritto data da Woodrow Wilson, e vedrete che questa definizione si contraddistingue per il fatto di non contenere altro che luoghi comuni. L’ho già menzionata ieri, ma oggi la voglio citare più precisamente. Wilson dice: «Il diritto è la volontà dello Stato per quanto riguarda la conduzione civica di quelli che sono sotto la sua autorità».[7]

Ciò vuol dire che lo Stato sviluppa una sua propria “volontà”! Ci si immagini qualcuno ben inserito in un idealismo astratto, per non dire nel materialismo – perché idealismo astratto e materialismo sono più o meno la stessa cosa – che dica: «Il diritto è la volontà dello Stato». Quindi lo Stato deve avere una sua volontà!

Bisogna aver perso ogni ben dell’intelletto, ogni visione concreta delle cose se si viene indotti a dire o scrivere cose del genere. Questo è appunto contenuto nell’opera di cui vi ho già parlato ieri, nel codice della fraseologia: Lo Stato: elementi di politica storica e pratica, di Woodrow Wilson.

Contiene certamente anche altre cose interessanti. Tra parentesi desidero dirigere la vostra attenzione su un punto in cui in questo libro Woodrow Wilson parla del Reich tedesco dopo aver descritto come si sono svolti i graduali tentativi di fondare questo Reich tedesco – finché nel 1870/71 si è giunti a una certa conclusione.

Lo sintetizza con le seguenti frasi: «L’impulso definitivo al conseguimento della completa unità nazionale venne fornito dalla guerra franco-prussiana del 1870-71. I brillanti successi prussiani in questa battaglia condotta, da quanto emerse, nell’interesse del patriottismo tedesco contro l’insolenza francese, misero fine alla freddezza degli Stati centrali nei confronti del loro grande vicino del nord; essi si allearono con il resto della Germania e il 18 gennaio 1871, nel palazzo di Versailles, fu fondato l’impero tedesco».[8]

L’autore di queste frasi è lo stesso uomo che poco tempo dopo si è alleato con quelli che allora con la loro “insolenza” avevano dato motivo di fondare l’impero tedesco. Sì, gran parte dell’odierna opinione pubblica trae appunto origine dal fatto che l’umanità è così terribilmente superficiale e non vuole andare a fondo delle cose!

Quando si decide di giudicare in base a fondamenti oggettivi, le cose sono sempre diverse da come galleggiano oggi nell’opinione pubblica e vengono ripetute pappagallescamente da migliaia e migliaia di persone.

Allora, quando Woodrow Wilson è arrivato a Parigi in pompa magna, acclamato da tutte le parti, non sarebbe stato un male ricordargli questa affermazione. È a questo che bisogna mirare, per motivi davvero interiori: che venga veramente richiamata l’attenzione sui fatti, e cioè sulla verità.

Nel secondo stadio abbiamo dunque a che fare con ciò che porta alla discussione, che rende possibile il concetto di diritto pubblico. Nel terzo stadio abbiamo a che fare, come abbiamo visto, con la vita economica in quanto realtà sostanziale.

E ieri abbiamo dimostrato come nel corso dell’evoluzione storica quest’epoca della vuota retorica sia assolutamente necessaria affinché il linguaggio svuotato di contenuto faccia sì che gli uomini aprano gli occhi e si rendano conto di vivere in una realtà puramente economica – e di quanto sia necessario diffondere nel mondo lo spirituale, il nuovo elemento spirituale.

Di questo nuovo elemento spirituale gli uomini hanno per ora solo un’idea molto vaga. È quindi comprensibile che proprio su questo nuovo elemento spirituale vi siano ancor oggi i più aspri malintesi, dato che esso deve affermarsi fin nelle fondamenta della vita umana.

Per quanto le società segrete di cui ho parlato ieri conservino l’antico (riguardo al contenuto), fosse anche solo per tradizione, il motto di “essere fratelli” – cioè di non trasportare all’interno della loggia gli strati sociali esteriori e di non dare peso alla religiosità personale – preparerà, quando sopraggiungerà qualcosa di diverso che ancora vi voglio descrivere, il futuro nel modo giusto.

Oggi – vi prego di fare particolare attenzione, prendiamo qualcosa di banale, di comune – diciamo: «L’albero è verde». È una locuzione che fa parte del secondo stadio dell’evoluzione umana: l’albero è verde.

Forse mi capirete meglio se vi prego di immaginarvi di dover dipingere quello che si esprime con la considerazione: «L’albero è verde». Lo si vorrebbe dipingere ma non si può! Non si può dipingere L’albero è verde.

Si avrà una superficie bianca o di altro colore, vi si stenderà sopra il colore verde, ma non si dipinge niente dell’albero. E se dell’albero si dipinge qualcosa oltre a ciò che è verde sarà qualcosa che non calza con la realtà oggettiva. Se si vuole dipingere L’albero è verde in realtà si dipinge qualcosa di morto.

Il modo in cui uniamo soggetto e predicato nel linguaggio è in definitiva utilizzabile solo per la nostra concezione di ciò che è morto, inanimato.

Dato che non abbiamo ancora idea di come tutto sia vivo nel mondo e di come ci dobbiamo esprimere rispetto a tutto ciò che vive e vegeta, formiamo giudizi del tipo: «L’albero è verde», il che presuppone che vi sia un rapporto fra qualcosa e il colore verde – mentre il colore verde stesso è l’elemento creativo, la forza in azione.

Fin nel più intimo dell’animo – ma ci vorrà molto tempo dovrà avvenire la trasformazione del pensare e del sentire umani. E questa trasformazione si trasmetterà ai rapporti sociali esteriori, al modo in cui gli uomini entrano in relazione fra loro.

Oggi siamo solo agli inizi di questa trasformazione, ma bisogna capire quali sono le strade che portano alla luce a questo proposito.

Ho detto che c’è qualcosa di significativo nel fatto che quando gli uomini si associano fra loro la confessione religiosa soggettiva non ha alcuna importanza. E provate a osservare da questo punto di vista – provate davvero a farlo nei vostri pensieri! – il modo di “descrivere” usato nella scienza dello spirito antroposofica.

Non si descrive in modo da dare definizioni, giudizi consueti. Si cerca – naturalmente bisogna tener conto che gli uomini non lo colgono ancora come qualcosa di unico –, ma sostanzialmente si cerca di fornire delle immagini che rappresentino le cose dai lati più diversi.

La cosa più assurda è voler inchiodare al semplice giudizio del sì o del no ciò che viene in realtà inteso in senso scientifico-spirituale. Certamente gli uomini del presente lo vogliono ancora, ma non è possibile.

Capita continuamente – poiché stiamo uscendo dal secondo stadio per entrare nel terzo – che qualcuno ponga la domanda: «Che cosa è bene per me, che nella vita devo combattere contro queste o quelle difficoltà?». Al che gli si dà un consiglio e l’interessato proclama: «Ah, ecco! Quindi in questa o in quella situazione di vita bisogna fare questa o quella cosa». Subito si generalizza!

Ma la cosa ha solo un significato molto limitato, poiché i giudizi emessi a partire dal mondo spirituale hanno sempre e solo un significato individuale, sono applicabili sempre e soltanto al singolo caso.

Questo modo di generalizzare a cui ci siamo abituati durante il secondo stadio dell’evoluzione umana non deve protrarsi verso il futuro. Oggi gli uomini sono così abituati a far perdurare nel futuro le cose del passato. Rendendosi conto pienamente delle cose ci si può disabituare a ciò che vive negli animi in modo da guastarli.

Ieri vi ho fatto notare che sotto molti aspetti la Chiesa cattolica rimanda al primo stadio. Essa contiene per così dire una specie di riflesso o di ombra del primo stadio dell’evoluzione umana – un riflesso o un’ombra che a volte si è condensata in una sorta di imperialismo delle anime, come per esempio nell’undicesimo secolo, quando i monaci di Cluny regnavano sull’Europa molto più di quanto si pensi. Papa Gregorio VIII, il papa potente e imperialista, proveniva dal loro ordine.

Per il fatto che in base al dogmatismo cattolico-romano il sacerdote deve sentirsi superiore al Cristo dato che lo può obbligare a farsi presente sull’altare, è chiaramente provato che l’istituzione della Chiesa cattolica è sostanzialmente il riflesso e l’ombra di ciò che esisteva nell’imperialismo più antico come primo stadio dell’evoluzione dell’umanità.

Come sapete, nelle regioni occidentali vige una grande ostilità fra la Chiesa cattolica e tutte le società che hanno come strumento la massoneria, o perlomeno un certo tipo di massoneria. Ci porterebbe molto lontano, ma in questa conferenza non mi è possibile farlo, il mostrarvi nel dettaglio come in tempi recenti questa inimicizia sia diventata a poco a poco sempre più profonda.

Ma si può richiamare l’attenzione su una cosa che vive davvero intensamente in queste società segrete, e precisamente l’opinione che la Chiesa cattolica non sia altro che l’ombra dello scomparso imperialismo del primo stadio. Per le società segrete il fatto che la Chiesa cattolica sia l’ombra, il residuo, dell’imperialismo del primo stadio è una dottrina fondamentale.

Il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica ha utilizzato ancora questa cornice: Carlo Magno e gli Ottoni si sono fatti incoronare dal Papa, hanno usato l’imperialismo delle anime come strumento di unzione per l’imperialismo del mondo profano. Si prendeva quanto era rimasto dei tempi antichi e vi si versava dentro il nuovo, così che nelle cornici dei primi imperialismi sono stati riversati gli imperialismi del secondo stadio.

Ora siamo giunti al terzo stadio, che si manifesta soprattutto nelle regioni occidentali: siamo giunti all’imperialismo economico. Questo imperialismo economico ha sullo sfondo, come abbiamo detto, un mondo spirituale delle società segrete che si nutre di un vuoto simbolismo.

Ma anche se ci si rende chiaramente conto che la costituzione esteriore, la costituzione sociale della Chiesa è solo un’ombra di quello che era un tempo e che ora non ha più alcun significato, non lo si nota per quanto riguarda il secondo stadio, e in questo consiste la grande illusione in cui vivono ancora soprattutto gli statisti degli Stati occidentali.

È comunque significativo che Woodrow Wilson possa parlare della volontà dello Stato! Non gli verrebbe più di parlare della volontà della Chiesa, ma parla della volontà dello Stato come di qualcosa di ovvio.

Solo che lo Stato in quanto portatore del diritto, preso come una totalità, ha avuto soltanto nel secondo stadio dell’evoluzione dell’umanità il significato che gli viene attribuito. Mentre nei tempi più antichi la Chiesa era tutto – o meglio, ciò da cui ha poi avuto origine la Chiesa era tutto –, nel secondo stadio il tutto era quello da cui in seguito ha avuto origine lo Stato.

Per quanto riguarda la Chiesa lo si nota soprattutto nelle società segrete. Per quanto concerne lo Stato non lo si nota, non lo si vuole notare. Nello Stato viene per ora riversato – come nel Medioevo si riversava nella Chiesa ciò che era nuovo – quello che si è unificato in un certo concetto di libertà. Nello Stato si è riversato tutto l’imperialismo economico della Gran Bretagna. E coloro che in Gran Bretagna sono persone allevate per bene vedono nello Stato qualcosa di ovvio, qualcosa a cui possono senz’altro attribuire una volontà.

Ma proprio di questo è necessario prendere coscienza: del fatto che questo concetto di Stato deve fare la stessa fine del concetto di Chiesa.

Bisogna rendersi conto che se si mantiene questo concetto di Stato, che è una pura istituzione giuridica, riguardo all’organismo sociale nel suo insieme, e se si pigia tutto il resto in questa istituzione giuridica, si propagano di nuovo delle ombre, proprio come è avvenuto alla Chiesa – cosa di cui hanno ben coscienza le società segrete.

Ma di questo c’è ancora poca coscienza. Pensate solamente che quasi tutto ciò che oggi entusiasma gli uomini nelle faccende pubbliche viene inserito nel concetto di Stato. Ci sono uomini che sono nazionalisti, sciovinisti ecc. – tutto quello che viene chiamato nazione, nazionale, è inglobato nella cornice dello Stato! Gli si rifila dentro perfino il nazionalismo e si costruisce il concetto di Stato nazionale.

Oppure si hanno determinate opinioni, diciamo sul socialismo, sia pure su un socialismo assolutamente radicale: ci si serve anche qui della cornice dello Stato! Invece di infilarci dentro il nazionalismo vi si infila il socialismo. Ma non si ha idea che questo è destinato a diventare una larva, come lo è diventata la costituzione della Chiesa.

In alcune cerchie protestanti ci si è resi conto che la Chiesa è solo un’istituzione esteriore, che l’essenza della religione deve avere il suo fondamento nel cuore dell’uomo. Questo stadio dell’evoluzione umana non è ancora stato raggiunto riguardo al concetto di Stato, altrimenti non si vorrebbe infilare tutti i nazionalismi possibili nelle delimitazioni statali europee prodotte dagli ultimi eventi bellici.

Tutto questo non tiene conto del fatto che quanto si verifica nell’evoluzione storica dell’umanità è vita e non meccanismo. E ogni vita ha un inizio e una fine.

La concezione intellettualistica però è diversa: lì si usa non darsi pensiero per il futuro. È tipico della visione delle questioni pubbliche da parte degli uomini d’oggi il non porsi pensieri viventi sul futuro, ma solo pensieri morti. Gli uomini del giorno d’oggi pensano: fondiamo qualcosa, qualcosa di giusto e di buono, che dovrà poi durare in eterno.

Così la pensa il movimento femminista, così la pensa il socialismo, così il nazionalismo: fondiamo qualcosa che comincia con noi. La storia ha atteso finché noi non fossimo diventati così in gamba, però adesso abbiamo scoperto per tutta l’eternità le cose più sagge, e queste dureranno in eterno.

Il pensiero è più o meno questo, come se avessi allevato un ragazzo fino a diciott’anni e dicessi: «Adesso l’ho allevato per bene, ora deve rimanere così com’è per tutta l’eternità». Lui invece invecchierà, e morirà anche! E così avviene con tutto ciò che sorge nell’evoluzione umana.

Ora vengo a quello a cui avevo accennato prima, che deve subentrare al principio dell’indifferenza rispetto alla confessione religiosa del singolo e all’amore fraterno per tutti gli uomini.

Deve subentrare un modo di pensare vivente che in questa vita terrena tenga conto anche della morte, prenda coscienza del fatto che noi creiamo nel presente delle istituzioni le quali necessariamente dovranno poi scomparire in quanto contengono il germe della morte, perché non vogliono esistere in eterno, non si sognano affatto di essere qualcosa di duraturo.

Ma come si fa a realizzare una cosa simile? Sotto l’influsso della mentalità del secondo stadio non sarà mai possibile. Ma quando subentrerà quel senso di vergogna di cui ho parlato ieri, quando ci si renderà conto di vivere nel regno della vuota retorica, sotto cui cova la nuda vita economica, il puro imperialismo economico, allora si invocherà lo spirito che, pur essendo invisibile, opera nella realtà visibile.

Si ricercherà una tale conoscenza dello spirituale che ne parli come di un regno invisibile, un regno che «non è di questo mondo», e in cui pertanto l’impulso cristico può davvero instaurarsi. Si desidererà la conoscenza di un simile regno.

E questo potrà avvenire solo in un sistema dallordine sociale triarticolato, nel quale:

• la vita economica viene amministrata per conto proprio;

• la vita giuridica non si fonda più sul concetto di Stato assoluto e onnicomprensivo, ma Stato è solo ciò che è veramente soggetto al diritto;

• la vita culturale è davvero libera, cioè può svilupparsi veramente a modo suo come vita culturale.

Lo spirito può regnare fra gli uomini solo se non dipende che da se stesso e se tutte le istituzioni che lo devono coltivare non dipendono che da se stesse.

Ma che cosa abbiamo se viviamo in questo organismo sociale triarticolato?

Abbiamo una vita economica: è della stessa natura dell’imperialismo originario: tutto ciò che vi opera agisce anche all’interno della vita della Terra fisica. Le forze amministrative dell’economia devono essere prese da questa componente economica dell’organismo, dalla vita economica stessa.

Perlomeno non credo che qualcuno sarà dell’opinione che, se l’organismo economico è organizzato come descritto nei miei Punti essenziali, ci sia un che di “sovrasensibile” che interviene nella vita economica vera e propria. Quando mangiamo, quando cuciniamo, quando confezioniamo degli abiti, tutto questo è realtà fisica. Il lato estetico magari può aver carattere di simbolo, ma il vestito è una realtà.

Se poi osserviamo la seconda componente dell’organismo sociale, la vita giuridico-statale, per il futuro non abbiamo certo una simbologia come quella del secondo stadio dell’evoluzione dell’umanità, in cui lo Stato, il diritto personificato, era una totalità. Ma in tutto ciò che emerge in un dato uomo abbiamo un’immagine di quello che vive nell’altro uomo. Abbiamo ricreato la simbologia a partire dal presente: ciò che un uomo fa sarà sempre un segno di com’è la costituzione giuridica sociale che si va creando.

E la terza, la vita culturale, non sarà puro segno o vuoto stereotipo, ma realtà spirituale. Lo spirito avrà la possibilità di vivere davvero fra gli uomini.

L’assetto sociale esterno potrà instaurarsi solo nella misura in cui si diventa autentici all’interno.

Questo è particolarmente difficile nell’epoca della vana retorica, poiché in quest’epoca gli uomini si abituano a una raffinata saccenteria, che in realtà altro non è che un gioco di parole, parole che hanno preso il posto dei vecchi pensieri.

Pensate solo a questo esempio tipico: all’improvviso dall’imperialismo della retorica è emersa la bella trovata che sarebbe bene se il re o la regina d’Inghilterra portasse anche il titolo di imperatore delle Indie. Non è cambiato assolutamente niente! Naturalmente si possono trovare i più bei motivi per questo titolo di imperatore o imperatrice delle Indie. Ma pensate un po’ se non fosse stato introdotto – tutto sarebbe andato allo stesso modo!

L’imperatore d’Austria, ora nel novero degli scacciati, fino al momento della sua cacciata aveva fra i molti altri un titolo davvero buffo. Si chiamava: Francesco Giuseppe I, imperatore d’Austria, re apostolico d’Ungheria, re di Boemia, Dalmazia, Croazia, Slavonia, Galizia, Lodomiria, Illiria ecc. E fra questi titoli c’era anche re di Gerusalemme. L’imperatore d’Austria, finché è stato imperatore, aveva il titolo di re di Gerusalemme che risaliva ancora ai tempi delle crociate. Non c’è modo più convincente per dimostrare il ruolo di ciò che è vuoto di significato. E ciò che è privo di significato ha un ruolo molto più grande di quanto pensiate.

Si tratta quindi di guardare in faccia il mondo della vuota retorica nel presente. E questo è reso più difficile dal fatto che chi vive nella vuota retorica fa semplicemente volteggiare nel suo cervello parole che rappresentano antichi concetti – e crede di pensare.

Ma si può davvero tornare a pensare soltanto se si permea di sostanza la vita dell’anima, sostanza che può provenire solo dalla conoscenza del mondo spirituale, dalla vita spirituale. Solo permeandosi di vita spirituale l’uomo può recuperare pienamente il suo contenuto, dopo essere diventato una pellicola di vuota retorica, che si accontenta di baccelli di parole.

L’appello allo spirituale nascerà da quella sensazione di vergogna a cui ho già accennato ieri. E la possibilità che lo spirituale si diffonda potrà essere garantita solo da uno sviluppo autonomo della vita culturale.

Altrimenti bisognerà sempre introdursi a fatica in piccole nicchie, come abbiamo fatto con la scuola Waldorf a Stoccarda, grazie al fatto che la legge scolastica del Württemberg aveva un piccolo “buco” per cui è stato possibile fondare una scuola Waldorf unicamente in base a leggi e principi spirituali, cosa attualmente pressoché impossibile in ogni altro angolo della Terra.

Ma si può fondare a partire dallo spirito ciò che è connesso alla vita culturale solo se le altre due componenti dell’organismo sociale non vi si intromettono, se le misure vengono prese davvero soltanto dallo spirito.

Per il momento la tendenza dell’epoca va nella direzione opposta. Questa tendenza dell’epoca non saprà tener conto del fatto che a ogni nuova generazione farà sempre più la sua comparsa sulla Terra una nuova vita culturale.

Indipendentemente dal fatto che oggi venga fondato uno Stato assolutista o una repubblica dei soviet: se si andasse avanti con queste istituzioni senza rendersi conto che tutto ciò che nasce è soggetto alla vita e deve continuamente trasformarsi – deve anche attraversare la morte, deve assumere nuove forme, subire delle metamorfosi –, allora non si farebbe altro che preparare il terreno affinché ogni nuova generazione faccia rivoluzioni. E ciò perché si annetterebbe all’organismo sociale solo quello che si ritiene buono per il presente.

A quei principi che il mondo occidentale tende a dissimulare dietro alla retorica, ai luoghi comuni, va aggiunto quello che vede l’organismo sociale come un organismo vivente. E lo si considera vivente solo portandone a coscienza la triarticolazione.

Prendere coscienza della necessità di inserire in questo imperialismo la gestione di una vera vita culturale dipende dalla forte, terribile responsabilità di coloro i quali, grazie ai loro vantaggi economici, estendono l’imperialismo quasi sul mondo intero.

Si può vivere come beffa il fatto che nelle isole britanniche venga fondato un impero economico che domina tutto il mondo e che poi, quando si vuole una spiritualità mistica particolarmente profonda, la si vada a prendere proprio da quelli che si sono soggiogati economicamente. Si ha la responsabilità di far fluire di propria iniziativa la sostanza spirituale nella forma esteriore dell’organismo sociale.

È questa la coscienza che secondo me i nostri amici inglesi dovrebbero portare con sé da qui: la coscienza che adesso, in questo grande momento storico, tutti quelli che appartengono all’organismo mondiale in cui si parla la lingua inglese dovrebbero sentire la responsabilità di introdurre una vera spiritualità nell’impero economico esteriore.

C’è infatti una sola alternativa: o gli sforzi continuano a limitarsi al solo impero economico – e allora la conseguenza inevitabile sarà il declino della civiltà terrestre, oppure in questo impero economico verrà riversato lo spirito – e allora si raggiungerà quanto era stato inteso per l’evoluzione della Terra.

Ogni mattina bisognerebbe proporselo in tutta serietà e poi organizzare ogni singola azione in base a questo impulso. L’ora cosmica suona con estrema serietà nel presente, in modo terribilmente serio.

In un certo senso abbiamo raggiunto il culmine della vuota retorica. Nel momento in cui dalla retorica è stato spremuto fuori ogni contenuto – che una volta è entrato negli uomini in un altro modo e che non ha più nessun significato per oggi – dobbiamo accogliere ciò che può riportare un contenuto vero e sostanziale nella nostra vita animica e sociale.

Dobbiamo aver ben chiaro che in definitiva ognuno deve decidere per se stesso e prender parte a questa decisione con le sue più intime forze animiche, altrimenti non si condividono le sorti dell’umanità.

Ma la nostalgia di illusione è enorme, soprattutto oggi, nell’epoca della vana retorica. Piacerebbe tanto illudersi sulla serietà della vita e si preferirebbe distogliere lo sguardo dalla verità che è all’opera nella nostra evoluzione.

Altrimenti, se avesse davvero l’intima tensione a spiegarsi le cose per mezzo della verità, come avrebbe potuto l’umanità farsi ingannare dal “wilsonianismo”? È ora che negli esseri umani cresca l’anelito alla verità. Negli uomini deve crescere prima di tutto il desiderio di emancipare la vita culturale e la consapevolezza che nessuno ha il diritto di dirsi cristiano se non capisce il detto: «Il mio regno non è di questo mondo».

Vuol dire che il regno del Cristo deve diventare un regno invisibile, un regno veramente invisibile, un regno di cui si parla come si parla delle cose invisibili.

Si parlerà di questo regno solo se regnerà la scienza dello spirito. Questo regno non potrà essere realizzato né da una Chiesa esteriore, né da uno Stato esteriore, né da un impero economico, ma solo dalla volontà del singolo individuo che vive in una vita culturale resa libera.

Oggi si fa fatica a credere che in quelle zone in cui vivono uomini calpestati si possa far molto per questa liberazione della vita culturale. Per questo occorre farlo proprio nelle zone che oggi non fanno parte di quelle calpestate politicamente, economicamente e presto anche culturalmente.

Bisogna soprattutto rendersi conto che non siamo giunti al giorno in cui possiamo dire: «Finora tutto è andato per il peggio, adesso riprenderà ad andare per il meglio!». No, se gli uomini non faranno qualcosa a partire dallo spirito le cose non miglioreranno, ma peggioreranno ulteriormente!

Oggi l’umanità non vive di qualcosa da lei prodotto – poiché ciò che è produttivo parte sempre dall’impulso dello spirito –, ma vive di riserve, di vecchie riserve che prima o poi si esauriranno. È infantile, è ingenuo credere che un bel giorno, toccato il fondo, si ricomincerà a salire – anche se si incrociano le braccia. Non è affatto così.

E soprattutto si vorrebbe che parole come quelle appena pronunciate accendessero davvero un fuoco nelle anime che si uniscono al movimento scientifico-spirituale. Si vorrebbe che lo spirito che si aggirava così intensamente forse proprio in coloro che si sono avvicinati a questo movimento antroposofico venisse vinto dallo spirito di cui si parla qui.

Certo, spesso capita che quando il singolo si accosta a un movimento come questo voglia ricevere qualcosa per sé, per la propria anima. E lo può senz’altro ricevere, per poter poi mettere la sua anima al servizio di tutti. Certo, deve progredire prima di tutto lui, ma ciò dev’essere affinché tramite lui progredisca anche l’umanità intera! Non lo ripeteremo mai abbastanza. Lo si dovrebbe aggiungere all’altra cosa che ci si dovrebbe proporre ogni mattina.

Se si fosse preso davvero sul serio l’impulso più intimo di questo movimento, oggi dovremmo trovarci più avanti. Ma spesso ciò che viene fatto nelle nostre cerchie non è tanto un incentivo per il futuro, quanto un ostacolo. A questo proposito molto importante sarebbe farci un esame di coscienza. E soprattutto non dovremmo credere che oggi le potenze avverse più aggressive non si stiano muovendo da tutte le parti contro quello che si persegue per la salvezza dell’umanità.[9]

Con queste cose si richiama l’attenzione su ciò che la maggior parte degli uomini d’oggi non vuole vedere, su cui vuole sempre più farsi illusioni. Oggi le cose sono molto più gravi di quanto si voglia credere.

Si tratta di non sottovalutare la gravità del momento storico, ma di aver ben chiaro che siamo solo agli inizi di ciò che agisce contro tutto ciò che ci si propone per il progresso dell’umanità e che non bisognerebbe mai, senza mancare di responsabilità, distogliere l’attenzione da tutto ciò che sta sorgendo a partire da questo momento come male radicale all’interno dell’umanità, ciò che si realizza come male radicale nell’umanità.

Il peggio che può accadere oggi è il prestare ascolto agli slogan e ai luoghi comuni, è il credere che quanto riecheggia vecchi concetti sia ancora radicato nelle realtà umane, è il non ricavare una nuova realtà dalle fonti del mondo spirituale.

Questo, miei cari amici, era un po’ di quello che volevo dire oggi a voi tutti, ma in particolare a quelli che ci hanno fatto il piacere di venirci a trovare – soprattutto ai nostri amici inglesi – così che tornando a casa possano organizzare con cognizione di causa il loro modo di agire là dove è così importante intervenire.

Avrete visto, miei cari amici, che qui non si parla per far piacere o dispiacere a qualcuno. Qui non si parla per adulare qualcuno, ma solo e soltanto per dire la verità.

Ho conosciuto anche dei teosofi che quando si sono rivolti ai membri di una nazione a loro estranea hanno cominciato a dire come si sentissero onorati di poter diffondere anche l’insegnamento della vita spirituale in una nazione così esimia, che si è ricoperta di così tanta gloria.

Miei cari amici, qui non vi si poteva parlare partendo da simili presupposti. Ma io penso che voi siate venuti qui per sentire la verità e credo di avervi serviti al meglio avendo davvero cercato di dirvi la verità pura e semplice. Da queste zone avrete appreso che oggi non è comodo dire la verità, poiché oggi più che mai la verità suscita opposizione.

Non abbiate timore dei nemici! Al giorno d’oggi infatti dire la verità equivale ad avere degli avversari. Bisogna rendersi conto di queste cose.

E ci capiremo nel migliore dei modi ogni volta che alla base di questa comprensione reciproca avremo anche il desiderio di sentire la verità senza fronzoli.

Questo volevo dirvi rivolgendomi a voi per l’ultima volta prima del mio viaggio in Germania. Mi premeva dire queste cose in generale e in particolare anche agli amici inglesi.

[1] T. W. Wilson (1856-1924), fu il ventottesimo presidente degli Stati Uniti per il partito democratico

[2] D. Alighieri, De Monarchia (da Opere Minori) - Rizzoli

[3] J. Chamberlain (1836-1914), fu un influente uomo d’affari, un politico del partito inglese dei conservatori. Promosse un nuovo tipo di imperialismo basato sugli investimenti nelle colonie e sull’idea di una federazione imperiale

[4] G. Noske ( 1868-1946), uomo politico del partito social democratico tedesco

[5] Rudolf Steiner suddivide l’evoluzione culturale dell’umanità in periodi di 2.160 anni, il tempo che il Sole trascorre in un segno zodiacale. Con il Sole nel segno del Cancro, subito dopo il cosiddetto diluvio universale che ha portato via gli esseri umani dal continente atlantico, era dominante la cultura indiana. A essa si sono succedute quella persiana, quella egizio-caldea, quella greco-romana – dal 747 a.C. fino al 1413 d.C. – e poi la nostra, definita il quinto periodo culturale postatlantideo.

[6] D. L. George (1863-1945), politico britannico, figura di passaggio fra il progressismo liberale di tradizione ottocentesca e quello laburista moderno, fu responsabile, insieme a Wilson e Clemenceau, dell’assetto mondiale dopo la Grande Guerra

[7] Nel testo originale: «Law is the will of the State concerning the civic conduct of those under its authority» (da The State, Boston/USA, 1899, revised edition, cap. quattordicesimo, § 1415, p. 587 – nella traduzione tedesca del 1913 a p. 441)

[8] Nel testo originale: «The finishing impulse was given to the new processes of union by the Franco-Prussian war of 1870-1871. Prussia’s brilliant successes in that contest, won, as it seemed, in the interest of German patriotism against French insolence, broke the coldness of the middle states towards their great northern neighbor; they joined the rest of Germany; and the German Empire was formed (Palace of Versailles, January 18, 1871)» (da The State, p. 255)

[9] Nella versione del 1946, come nel vol. dell’O.O. 196, si legge inoltre: «Il relatore parla di una campagna denigratoria scatenata contro di lui da ambienti nazionalisti tedeschi. In una discussione pubblica un razzista aveva ripetuto la menzogna che Rudolf Steiner fosse un ebreo e aveva aggiunto che in Germania stava iniziando una persecuzione contro gli ebrei e che tutti gli appartenenti a questa razza che si fossero trovati sulla lista nera sarebbero stati semplicemente eliminati, messi nell’impossibilità di nuocere»

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A proposito di Rudolf Steiner

Rudolf Steiner (1861-1925) ha integrato le moderne scienze naturali con una indagine scientifica del mondo spirituale. La sua antroposofia rappresenta, nella cultura odierna, una sfida unica al superamento del materialismo.

La scienza dello spirito di Steiner non è solo teoria. La sua fecondità si palesa nella capacità di rinnovare i vari ambiti della vita: l’educazione, la medicina, l’arte, la religione, l’agricoltura, fino a prospettare l’idea di una triarticolazione dell’intero organismo sociale che riserva all’ambito della cultura, a quello della politica e a quello dell’economia una reciproca indipendenza.

Fino a oggi Rudolf Steiner è stato ignorato dalla cultura dominante. Questo forse perché molti uomini indietreggiano impauriti di fronte alla scelta che ogni uomo deve fare tra potere e solidarietà, fra denaro e spirito. In questa scelta si manifesta quell’interiore esperienza della libertà che è stata resa possibile a tutti gli uomini a partire da duemila anni fa, e che porta a un crescente discernimento degli spiriti nell’umanità.

La scienza dello spirito di Rudolf Steiner non può essere né un movimento di massa né un fenomeno elitario: da un lato, infatti, solo il singolo individuo, nella sua libertà, può decidere di farla sua; dall’altro questo singolo individuo può mantenere le sue radici in tutti gli strati della società, in tutti i popoli e in tutte le religioni egli sia nato e cresciuto.

Foto di Steiner
L'uomo tra potere e liberta_cop.pdf