DIRITTI SCADUTI,
ORA E' PATRIMONIO DELL’UMANITà
TUTTA
ROMA – SOCIETÀ ANONIMA POLIGRAFICA ITALIANA - 1920
RUDOLF STEINER
LA SOGLIA DEL
MONDO SPIRITUALE
Traduzione di
EMMELINA DE RENZIS
ROMA
CASA EDITRICE «LUCE E OMBRA»
Via Varese, 4
1920
?
Prefazione del Traduttore.
Per chi non conosca altre due opere di Rudolf Steiner, Una via per l’uomo alla conoscenza di sè stesso, e la Direzione Spirituale dell’Uomo e dell’Umanità e non abbia letto quindi le brevi prefazioni che alle due versioni ha fatto precedere il traduttore – il medesimo al quale si devo la versione del presente volume –, è necessario ripetere, che nel tradurre gli scritti nei quali il dott. Steiner svolge le sue dottrine spiritualistiche e mistiche, non è possibile curare la bellezza della forma letteraria italiana, ma è necessario, por quanto lo consentano naturalmente i ferrei canoni della grammatica, attenersi fedelmente al testo originale.
È, questa, una necessità comune alle traduzioni di qualsiasi opera, in cui l’autore non tenti soltanto una esposizione logica di un pensiero, ma voglia comunicare al lettore il senso, lo spirito di una idea, di una fede o di un’intuizione; sicchè ogni parola, ogni espressione, ogni ripetizione, ogni contrasto, e talora l’ordine stesso in cui le parole son messe, sono tutti elementi che concorrono a determinare nell’anima di chi legge quelle medesime vibrazioni che erano nell’anima di chi scriveva. In questi casi, non è lecito per amor della forma violentare lo spirito, che l’Autore abbia voluto infondere al suo scritto.
Opere dello stesso Autore.
Altre opere dello stesso autore:
La Filosofia della Libertà (Editore Laterza - Bari)
I punti essenziali della questione sociale (Fratelli Bocca - Torino)
Il Cristianesimo come fatto mistico (R. Bemporad - Firenze)
La direzione spirituale dell’umanità
Una via all’uomo verso la conoscenza di sè stesso
La cronaca dell’Akasha
Natale, Pasqua, Pentecoste (Ars Regia - Milano)
La soglia del mondo spirituale (Luce e Ombra - Roma)
La science occulte (Editore Perrin - Parigi)
L’ Initiation
L’ Education de l’Enfant au point de vue de la science spirituelle
Rudolf Steiner e la scuola (Ant. Vallardi - Milano)
In vendita presso la
Baronessa Emmelina de Renzis
Roma 34, Via Po N. 9
Indice
Della fiducia che si può avere nel pensiero e dell’essenza dell’anima pensante. Del meditare.
Dalla conoscenza del mondo spirituale.
Del corpo eterico dell’uomo e del mondo elementare.
Del corpo astrale e delle Entità Luciferiche. Dell’essenza del corpo eterico.
Del «Guardiano della Soglia» e di alcune peculiarità della coscienza chiaroveggente.
Del limite fra il mondo dei sensi e i mondi supersensibili.
Delle entità dei Mondi dello Spirito.
Delle Entità Cosmiche Spirituali.
Del primo germe del corpo fisico umano.
Riassunto di parte di quanto precede.
Osservazioni preliminari
In questo scritto verranno date in forma aforistica, alcune descrizioni di quelle parti del mondo e dell’essere umano elle vengono osservate quando la conoscenza spirituale varca il confine che separa il mondo dei sensi dal mondo dello Spirito. Non si è voluto fare qui un’esposizione sistematica nè si è mirato in alcun modo alla perfezione, ma si è cercato di rendere in forma libera alcune descrizioni di esperienze spirituali. Sotto questo rapporto anche questo studio come quello pubblicato lo scorso anno «Una via per l’uomo alla conoscenza di sè stesso» vale a completare e ampliare gli altri miei scritti. Si e cercato però anche qui di esporre in modo che lo scritto potesse venir letto per sè solo, senza previa conoscenza degli altri.
Colui che realmente vuol penetrare nelle cognizioni della Scienza dello Spirito sentirà la necessità di poter osservare la sfera spirituale della vita sotto aspetti sempre nuovi. È ben naturale che ogni descrizione siffatta si risenta di un carattere di unilateralità. E questo deve verificarsi assai più per le descrizioni del campo spirituale che per quelle del mondo materiale. Perciò non può essere veramente serio ricercatore di conoscenze spirituali colui il quale si dichiara soddisfatto della prima spiegazione che gli vien data. Con scritti come il presente vorrei riuscire di aiuto a colui il quale nel modo indicato è serio nella sua ricerca della conoscenza del mondo spirituale. Perciò cerco di tornare a esporre, da punti di vista sempre nuovi, i fatti spirituali che ho già esposti nei miei scritti da alcuni determinati punti di vista. Queste descrizioni si completano a vicenda come le fotografie di una persona o di un processo colte da punti diversi.
In ognuna di queste descrizioni che vien fatta da un determinato punto di vista vi è occasione di esporre delle nozioni che da un altro punto di vista non risultano. A colui che cerca anche la visione spirituale questo scritto offre pure dei punti adatti a soggetto di meditazione. E ciò si osserva, quando si cerchino questi punti per valersene in modo conveniente nella vita dell’anima.
Monaco, nell’agosto 1913. RUDOLF STEINER
Della fiducia che si può avere nel pensiero e dell’essenza dell’anima pensante. Del meditare.
Il pensare umano, per la coscienza allo stato diurno di veglia, è come un’isola in mezzo ai flutti della vita dell’anima, che trascorre in impressioni, sensazioni, sentimenti, ecc. Un’impressione, una sensazione, è da noi fino ad un certo grado superata quando la si è compresa, vale a dire, quando si è concepito un pensiero che illumina quell’impressione, quella sensazione. Perfino nel turbine delle passioni e degli affetti può subentrare una certa calma quando la navicella dell’anima si è conquistata, la via fino all’isola del pensiero.
L’anima nutre una fiducia naturale nel Pensiero. Essa, sento che dovrebbe perdere ogni sicurezza nella vita se non potesse avere questa fiducia. Cessa la vita sana dell’anima, quando comincia il dubbio sul pensiero. Se non si può arrivare col pensiero a mettersi in chiaro sopra un oggetto qualsiasi, si devo però poter sentire il conforto che la chiarezza potrebbe conseguirsi, sol che ci si potesse innalzare a sufficiente forza e precisione di pensiero. Sull’incapacità propria di mettere qualcosa in chiaro col pensiero è possibile di rassegnarsi, ma non si può invece sopportare l’idea che il Pensiero stesso non sarebbe capace di dare soddisfazione, se in una determinata situazione della vita ci si inoltrasse nel suo campo quanto occorre per raggiungere la piena luce.
Questo atteggiamento dell’anima riguardo al Pensiero risiede a base di tutte le aspirazioni dell’umanità verso la conoscenza. Talune determinate disposizioni dell’anima possono affievolirlo; nell’oscuro sentimento delle anime però se ne potrà sempre constatare la presenza. Quei pensatori, che dubitano del valore e della forza, del Pensiero stesso s’ingannano sull’atteggiamento fondamentale della loro anima. Poiché spesso è in fondo la loro acutezza di Pensiero che per una certa qual soverchia tensione determina in loro dubbi ed enimmi. Se realmente non riponessero fiducia nel pensare non si tormenterebbero con questi dubbi ed enimmi, i quali non sono alla fin fine che risultati del pensare stesso.
Chi sviluppa in sè riguardo al pensare il sentimento suddescritto, sente in esso non soltanto qualcosa che egli forma in sè stesso come forza dell’anima umana, ma anche qualcosa che, affatto indipendentemente da lui e dall’anima sua, porta in sè un’Entità cosmica. Un’Entità cosmica fino alla quale egli deve sforzarsi di giungere se vuol vivere in qualcosa che in pari tempo appartenga a lui ed al mondo che da lui indipendente.
Potersi dedicare alla vita del pensiero è cosa che ispira profonda, calma. L’anima sente che in questa vita può liberarsi di sè stessa. Questo sentimento però è altrettanto necessario per l’anima quanto quello opposto cioè, di potere essere pienamente in sè stessa. Questi due sentimenti rappresentano la necessaria oscillazione del pendolo della vita sana dell’anima. In ultima analisi veglia e sonno non sono che le espressioni estreme di questa oscillazione. Nella veglia l’anima è in sè, vive vita propria; nel sonno si perde nelle esperienze generali del mondo, è dunque in certo modo liberata da sè stessa. Entrambe le oscillazioni del pendolo dell’anima si palesano per mezzo di varie altre condizioni dell’esperienza interiore. E il vivere dei pensieri è un liberarsi dell’anima da sè stessa, come sensazioni, sentimenti, emozioni, ecc. sono uno stato di essere dell’anima in sè stessa.
Così considerato il pensiero offre all’anima il conforto che le è necessario di fronte al senso di essere abbandonata dal mondo. Si può giustificatamente arrivare a sentire: «nella corrente delle vicende generali del mondo, che scorre da Eternità ad Eternità, che cosa sono io col mio sentire, col mio desiderare e volere, che tuttavia per me soltanto hanno importanza?» Appena si è ben sentita la vita nei pensieri a questo sentimento si oppone l’altro: «il pensare che è collegato con queste vicende del mondo accoglie te con l’anima tua; tu vivi in questi eventi del mondo quando pensando ne lasci scorrere l’essenza in te». Ci si può allora sentire accolti dal mondo, sentirsi giustificatamente in esso. Da questa disposizione dell’anima nasce per essa un rafforzamento, che essa percepisce come se in conformità di savie leggi le fosse provenuto dalle potenze stesse dell’Universo.
Da questo sentimento non è allora più lontano il passo, dopo il quale l’anima dice: «non io soltanto penso, sibbene si pensa in me; il divenire del mondo si manifesta in me; la mia anima offre soltanto il campo d’azione, nel quale il mondo esplica la propria vita come pensiero».
Questo sentimento può venire respinto da questa e da quella filosofia. Con le ragioni più svariate può in apparenza luminosamente dimostrarsi che il pensiero testé espresso del «mondo che esplica il proprio pensiero nell’anima umana» sia del tutto sbagliato. Di riscontro deve riconoscersi che questo è uno di quei pensieri che si elaborano per mezzo di esperienza interiore. Soltanto colui che così lo ha elaborato ne comprende appieno il valore e sa che nessuna confutazione potrà scuotere questo valore. Chi se lo è elaborato vede in esso appunto con piena chiarezza quanto valgano in realtà molte «confutazioni» e «dimostrazioni». Finché si conserva un’idea errata della forza dimostrativa del loro contenuto esse sembrano davvero infallibili. È difficile allora intendersi con uomini, i quali accettino tali «dimostrazioni» come decisive. Questi devono credere gli altri in errore, perchè ancora in sè stessi non hanno compiuto il lavoro interiore che li porta al riconoscimento di ciò che ad essi appare errato, magari anche sciocco.
Per colui che si vuole orientare nella Scienza dello Spirito sono utili delle meditazioni come quella testé citata sul pensiero. Per un uomo siffatto si tratta appunto di condurre l’anima ad una disposizione che le apra l’adito al mondo spirituale. Questo adito può rimanere chiuso al Pensiero più perspicace, alla scientificità più completa, se l’anima non porta nulla di suo nel muover incontro ai fatti spirituali – o alle comunicazioni dei medesimi che vogliono penetrare in lei. Può essere una buona preparazione per la comprensione della conoscenza spirituale aver sentito spesso quale rafforzamento risieda nella seguente disposizione dell’anima: «io mi sento, pensando, tutt’uno con la corrente degli eventi del mondo». Non si tratta tanto dell’astratto valore cognitivo di questo pensiero, quanto piuttosto di avere ripetutamente sentito nell’anima l’effetto rinforzante che si sperimenta, allorchè un pensiero siffatto scorre pieno di forza attraverso la vita interiore, quando si spande come aria vitale spirituale nella vita dell’anima. Non si tratta soltanto della conoscenza, ma dell’esperienza di ciò che risiede in un pensiero siffatto. Il contenuto del pensiero si conosce se anche una sola volta lo si è avuto presente nell’anima con sufficiente forza di convinzione; se deve maturare frutti per la comprensione del mondo spirituale, delle sue Entità e dei suoi fatti, allora dopo essere stato compreso deve sempre nuovamente essere riavvivato nell’anima. L’anima deve sempre ritornare a riempirsi completamente di esso, tenere esso solo presente in sè, ad esclusione di ogni altro pensiero, sentimento, ricordo, ecc. Una siffatta ripetuta autoconcentrazione sopra un pensiero in cui si sia completamente penetrati raccoglie nell’anima forze, che nella vita abituale sono in certo qual modo disperse; le rinforza in sè stessa. Queste forze raccolte diventano organi di percezione per il mondo spirituale e per le sue verità.
Da quanto è stato accennato si può riconoscere il giusto processo della meditazione. Prima si penetra in un pensiero, che si può esaminare coi mezzi forniti dalla vita e dalla conoscenza abituale. Poi ci si immerge ripetutamente in quel pensiero e ci si fa tutt’uno con esso. Il rafforzamento dell’anima proviene dal vivere in questo modo con uno di questi pensieri conosciuti. Come esempio è stato qui scelto un pensiero tratto dalla natura stessa del pensare. Ed è stato prescelto come esempio, perchè per il meditare è particolarmente fecondo. Però agli effetti della meditazione ciò che qui si è detto ha valore per qualsiasi pensiero acquistato nel modo descritto. – Per colui che medita non è però particolarmente fecondo altro che se egli conosce la disposizione dell’anima che risulta dalla sopra descritta oscillazione del pendolo della vita dell’anima stessa. È per mezzo di essa che egli arriva con maggior sicurezza al sentimento di essere stato nella sua meditazione direttamente toccato dal mondo spirituale.
E questo sentimento è un risultato sano della meditazione. Questo sentimento dovrebbe irradiare la sua forza sul contenuto di tutto il resto della vita diurna di veglia; e non così, come se un’impressione della disposizione d’animo della meditazione fosse sempre presente, sibbene in modo, che si possa sempre dire a sè stessi, che per virtù dell’esperienza della meditazione un rafforzamento scorre in tutta la vita. Se la disposizione d’animo della meditazione persiste nella vita diurna, come un’impressione sempre presente, allora riversa su questa vita qualcosa, che ne disturba la serenità. Allora non potrà, durante il tempo della meditazione stessa, essere sufficientemente forte nè sufficientemente pura. La meditazione matura veri frutti appunto per il fatto che con la sua disposizione d’animo si solleva al di sopra del resto della vita. Anche su quest’ultima essa esercita allora migliore azione quando viene sentita come qualcosa di speciale e di elevato.
Dalla conoscenza del mondo spirituale.
L’intelligenza dei risultati della Scienza dello Spirito ci si rende più facile, se nella vita abituale dell’anima teniamo presente ciò che dà dei concetti che siano suscettibili di tale ampliamento e trasformazione da arrivare gradatamente fino ai processi e alle Entità del mondo spirituale. Se non si sceglie pazientemente questa via, si sarà facilmente tentati di rappresentarsi il mondo spirituale troppo simile a quello fisico o sensibile. Anzi, senza questa via, non si arriverà nemmeno a portare ad effetto questo: di formarsi, cioè, un’esatta rappresentazione della spiritualità stessa e del suo rapporto con l’uomo.
Gli avvenimenti e le Entità spirituali fanno ressa intorno all’uomo quando egli ha preparato la sua anima a percepirli. Il modo come essi si presentano è affatto diverso da quello come si affacciano i fatti e le Entità fisiche. Si può però acquistare un’idea di questo modo affatto diverso di presentarsi, quando ci si richiama davanti all’anima lo svolgersi del processo della memoria. In epoca più o meno lontana si è avuta una data esperienza. In un determinato momento – per una qualsiasi causa – essa risorge dai sostrati dell’esperienza dell’anima. Si sa che ciò che così è risorto corrisponde ad un’esperienza; e lo si riferisce a questa esperienza. Nel momento però del ricordare non si ha dell’esperienza altro di presente che l’immagine ritenuta dalla memoria. Ci si figuri ora il sorgere nell’anima di un’immagine, a mo’ di una immagine ricordata, però tale che questa immagine non esprima qualcosa di precedentemente sperimentato, ma rappresenti qualcosa di sconosciuto per l’anima. Con ciò ci si è formata una rappresentazione di come il mondo spirituale cominci ad affacciarsi nell’anima, quando quest’anima si sia a ciò sufficientemente preparata.
E perchè così è, colui che non ha sufficiente familiarità con le condizioni del mondo spirituale, opporrà sempre l’obiezione, che tutte le «pretese» esperienze spirituali non siano altro che immagini più o meno confuse di ricordi, che però l’anima non riconosce come tali e può perciò scambiare per manifestazioni di un mondo spirituale. Non si può certo negare la difficoltà di distinguere in questo campo fra illusioni e realtà. Molti uomini, i quali credono di avere visioni da un mondo supersensibile, si trovano soltanto di fronte ad immagini dei loro ricordi, che non riconoscono però come tali. Per vederci proprio chiaro, si deve aver cognizione di molte cose che possono divenire sorgente di illusioni. Basta, per esempio, aver veduto qualcosa una sola volta alla sfuggita, tanto alla sfuggita che l’impressione non sia penetrata pienamente nella coscienza; o più tardi – forse anche del tutto alterata – essa può riemergere come immagine piena di vita. Si sosterrà di non aver mai avuto che fare con la cosa, di aver avuto una vera ispirazione.
Questo e molto altro ancora fa pienamente comprendere che le testimonianze della visione supersensibile appaiono sommamente discutibili a coloro che non hanno familiarità colla natura peculiare della Scienza dello Spirito. Chi osserva con cura tutto ciò che nel mio scritto «Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori» vien detto sull???educazione della vista spirituale, si trova nella possibilità di discernere in questo campo fra illusioni e realtà.
A questo proposito si può dire anche quanto segue: Le esperienze spirituali, indubbiamente, si presentano dapprima come immagini. E come immagini sorgono dai sostrati dell’anima a ciò preparata. Si tratta ora di stabilire il giusto rapporto con queste immagini. Esse hanno valore per la visione supersensibile soltanto allorchè, per il complesso del modo come esse si presentano, non vogliano affatto essere accolte per sè stesse. Appena vengano così accolte hanno poco più valore dei sogni abituali. Devono farsi conoscere come lettere che si abbiano davanti a sè. Non si prende in considerazione la forma di queste lettere, ma si legge in quei segni ciò che per il loro tramite viene espresso. Come una cosa scritta non richiede che si descriva la forma delle lettere, così le immagini che costituiscono il contenuto della visione supersensibile non richiedono di essere intese come tali; sibbene determinano di per sè stesse la necessità di fare completa astrazione dal loro valore figurativo e di dirigere l’anima su ciò che per mezzo loro giunge ad espressione come processo e come Entità supersensibile.
Come nessuno può negare che una lettera possa farci apprendere una notizia a noi prima del tutto sconosciuta, sebbene sia composta da segni dell’alfabeto che da tempo ci sono ben noti, così pure a proposito delle immagini della coscienza chiaroveggente non si potrà affermare che esse contengano soltanto ciò che è tratto dalla vita ordinaria. Certamente fino a un certo punto questo è esatto. Ma alla vera coscienza chiaroveggente non importa ciò che viene tratto così dalla vita ordinaria, ma bensì ciò che nelle immagini trova espressione.
Certamente l’anima deve anzitutto prepararsi a vedere sorgere tali immagini nel campo visivo spirituale; ma per questo deve pure sviluppare con cura il sentimento di non arrestarsi a queste immagini, ma di riferirle nel modo giusto al mondo spirituale. Si può assolutamente dire che alla vera chiaroveggenza spetti non soltanto la capacità di vedere in sè un mondo di immagini, ma anche l’altra, che si può paragonare a quella che nel mondo sensibile è la lettura.
Bisogna rappresentarsi anzitutto il mondo supersensibile come qualcosa che risiede del tutto al di fuori della coscienza ordinaria. Questa coscienza non ha niente per mezzo di cui possa penetrare in quel mondo supersensibile. Con le forze della vita dell’anima, rinvigorite nella meditazione, si determina in primo luogo un contatto dell’anima con il mondo supersensibile. Per mezzo di questo le immagini suddescritte emergono dai flutti della vita dell’anima. Esse, come tali, sono un quadro che viene effettivamente tessuto completamente dall’anima stessa. Essa lo tesse invero dalle forze che si è acquistata nel mondo sensibile. Come contesto d’immagini il quadro non contiene veramente nulla di diverso da ciò che si può ravvisare come reminiscenza. Quanto più ci si rende conto di ciò per la comprensione della coscienza chiaroveggente, tanto meglio sarà. Non ci si abbandonerà allora a nessuna illusione sulla natura delle immagini. E si svilupperà così anche il senso giusto sul modo come si debbano riferire le immagini al mondo supersensibile. Per mezzo delle immagini s’imparerà a leggere nel mondo supersensibile. Per mezzo delle impressioni del mondo sensibile si sta naturalmente molto più vicino agli esseri e ai processi di questo mondo, di quello che non si sia al mondo supersensibile per mezzo delle immagini guardate supersensibilmente. Si potrebbe perfino dire, che queste immagini sono piuttosto come una tenda che l’anima, si pone davanti al mondo supersensibile, quando si sente da questo toccata.
Si tratta di familiarizzarsi gradatamente col modo di sperimentare le cose supersensibili. Con lo sperimentare sorge a poco a poco il significato corretto, la lettura giusta. Nelle esperienze supersensibili più importanti risulta dalla visione stessa che non può trattarsi di reminiscenza dell’esperienza abituale. Coloro che si sono acquistata, o credono per lo meno di essersi acquistata una convinzione su certe cognizioni supersensibili, sosterranno certamente in tal campo molte assurdità. Quanti uomini riferiscono talune immagini che sorgono nella loro anima ad esperienze di passate esistenze terrene, quando sono convinti del rinnovarsi della vita sulla Terra. Bisognerebbe sempre essere diffidenti quando queste immagini sembrano riferirsi a vite terrene antecedenti tali, che somiglino sotto questo o quel rapporto all’attuale, o che si presentino in modo che la vita attuale possa razionalmente e con facilità venir dedotta dalle presunte vite passate. Quando nella vera esperienza supersensibile sorge l’impressione vera della vita o delle vite terrene passate, avviene il più delle volte che quella o quelle vite antecedenti erano tali, quali con tutto lo studio della vita attuale, con tutto il desiderare ed aspirare, non ce le saremmo mai nè potute, nè volute mentalmente figurare. Per esempio: si riceverà un’impressione della propria passata esistenza terrena in un momento della vita attuale, in cui sia del tutto impossibile acquistarsi capacità o simili possedute in quella vita passata. Per siffatte esperienze più importanti dello Spirito, ben lungi dal presentarsi immagini che potrebbero essere reminiscenze della vita ordinaria, sorgono invece per lo più immagini tali, che nell’esperienza abituale non ci sarebbero affatto potute venire in mente. E questo è ancora più il caso per le impressioni reali dai mondi del tutto supersensibili. Non vi è, per esempio, spesso nessuna possibilità di formarci dalla vita ordinaria delle immagini che si riferiscano all’esistenza fra le vite terrene, cioè, alla vita fra l’ultima morte dell’uomo nella vita terrena antecedente e la sua nascita nella vita attuale. In essa si può venire a sapere, che nella vita spirituale si sono sviluppate tendenze verso uomini e cose, che stanno in completa contraddizione con ciò che si è sviluppato in fatto di disposizioni corrispondenti nella vita terrena. Si riconosce che spesso nella vita terrena siamo stati spinti ad occuparci con amore di qualcosa, che nella vita anteriore spirituale (fra morte e nascita) abbiamo respinto ed evitato. Tutto ciò che potrebbe sorgere dall’esperienza ordinaria, come reminiscenza di questa cosa, dovrebbe essere differente dall’impressione che se ne riceve dall’osservazione reale nel mondo spirituale.
Chi non ha familiarità con la Scienza dello Spirito avrà invero ancora delle obiezioni da sollevare anche quando le cose stieno come appunto sono state descritte. Egli potrà dire: «orbene, tu ami una cosa. La natura dell’uomo è complicata. A ogni simpatia è mescolata una segreta antipatia. Questa in uno speciale momento sorge in te per quella data cosa. Tu la prendi per un’esperienza prenatale, mentre essa si spiega forse naturalissimamente per condizioni di fatto subcoscienti dell’anima». Contro un’obiezione siffatta non si può in genere dire altro se non che per molti casi – può essere certamente giusta. Le cognizioni della coscienza chiaroveggente non si possono acquistare facilmente senza offrire il campo ad obiezioni. Per quanto però è vero che un «sedicente» chiaroveggente può errare e riferire una condizione di fatto subcosciente ad un’esperienza della vita spirituale prenatale, è altrettanto pure vero che l’educazione scientifico-spirituale conduce ad una autoconoscenza tale, che abbraccia anche la costituzione subcosciente dell’anima e diventa capace anche da questo lato di liberarsi da illusioni. Qui però viene unicamente affermato, che sono vere quelle sole cognizioni supersensibili che nell’atto di conoscere sanno discernere ciò che proviene dai mondi supersensibili, da ciò che soltanto la propria immaginazione ha formato. Ma col familiarizzarsi coi mondi spirituali questa capacità di discernimento si acquista a tale punto, che si distingue in questo campo la percezione dalla fantasia con altrettanta sicurezza, quanto nel mondo sensibile si distingue un ferro rovente che si tocca con mano da un ferro rovente semplicemente immaginato.
Del corpo eterico dell’uomo e del mondo elementare.
L’uomo arriva ad ammettere l’esistenza di un mondo spirituale supersensibile e si acquista la conoscenza di esso superando determinati ostacoli che nell’anima si oppongono da principio a quel riconoscimento. La difficoltà che qui si presenta consiste nel fatto, che questi ostacoli gravano bensì sull’attività sperimentatrice dell’anima, ma nella vita abituale non giungono come tali alla coscienza. Havvi infatti nell’anima dell’uomo molto di vivente, di cui l’anima stessa da principio non sa nulla, di cui gradatamente ancora deve acquistarsi la conoscenza così come degli esseri e dei processi del mondo esteriore.
Il mondo spirituale, prima che l’anima lo abbia riconosciuto, è per essa qualcosa di affatto estraneo, qualcosa che nelle sue proprietà non ha niente di ciò, che l’anima possa imparare a conoscere per mezzo delle sue esperienze nel mondo sensibile. Ne segue che l’anima potrebbe trovarsi di fronte a questo mondo spirituale e vedere in esso un «nulla» assoluto. L’anima potrebbe sentirsi come fisa ad un abisso infinito, vuoto, deserto. Un sentimento siffatto esiste ora effettivamente nelle profondità dapprima incoscienti dell’anima. L’anima ha questo sentimento, che è affine all’orrore, alla paura, e vive in esso senza esserne consapevole. Per la vita dell’anima ha valore determinante non soltanto ciò di cui essa è consapevole, ma anche ciò che, a sua insaputa, esiste effettivamente in lei. – Orbene, quando l’anima cerca nell’ambito del suo pensare degli «argomenti di confutazione», delle «prove» contro il mondo spirituale, ciò non succede perchè questi «argomenti» siano per valore proprio stringenti, ma perchè l’anima cerca una specie di anestetico contro il sentimento suddescritto. Non si arriva già a negare il mondo spirituale o la possibilità delle sue conoscenze perchè se ne può «dimostrare» la «non esistenza», ma perchè si vuol riempire l’anima di pensieri che, ingannandoci, ci distolgano dal «terrore del mondo dello Spirito». Una liberazione da questo ardente desiderio di un anestetico materialistico contro il «terrore del mondo dello Spirito» può presentarsi soltanto quando si esamini l’intiera qui descritta condizione della vita dell’anima. Il «materialismo» come «fenomeno psichico della paura» è un capitolo importante della Scienza dell’Anima.
Questo «terrore della Spiritualità» si arriva a comprendere, quando ci si è aperto il varco fino alla conoscenza di questa Spiritualità; quando si è acquistata la cognizione che i processi e le Entità del mondo dei sensi sono l’espressione esteriore di processi ed Entità supersensibili. Questa comprensione sorge già allorchè s’intravede che il corpo, che nell’uomo è sensibilmente visibile, e col quale soltanto la scienza esteriore ha da fare, è l’espressione di un corpo tenue, supersensibile (corpo eterico) in cui, come entro una nube sta contenuto, come un nucleo più denso, quello sensibile (o fisico). Questo corpo eterico è un secondo membro dell’entità umana. In esso risiede la base della vita del corpo fisico. Orbene, riguardo a questo corpo eterico, l’uomo non è separato dal mondo esteriore nello stesso grado come nel suo corpo fisico è separato dal mondo fisico esteriore. Quando in ordine al corpo eterico si parla di un mondo esteriore, non s’intende con questo il mondo esteriore fisico, che viene percepito per mezzo dei sensi, ma un mondo spirituale circostante, che è supersensibile riguardo al mondo fisico, così come il corpo eterico dell’uomo rispetto al suo corpo fisico. L’uomo, come essere eterico, sta in un mondo eterico (elementare).
Quando dunque di ciò che l’uomo costantemente sperimenta, ma di cui nello sperimentare abituale è inconsapevole, cioè, che come essere eterico egli si trova in un mondo elementare – quando di questo stato di fatto egli diventa cosciente, allora questa coscienza è affatto diversa da quella dello sperimentare abituale. È alla chiaroveggenza che si presenta questa coscienza. La chiaroveggenza allora sa di ciò, che nella vita è sempre presente, ma che si nasconde alla coscienza abituale.
Orbene, l’uomo, nello stato ordinario di coscienza, dice «Io» a sè stesso, in quanto intende alludere all’essere che si palesa nel suo corpo fisico. Nel mondo sensibile la vita sana della sua anima dipende dal fatto, che egli così si riconosce come un essere separato dal resto del mondo. Questa vita sana dell’anima verrebbe spezzata, se l’uomo indicasse qualsiasi processo o essere del mondo esteriore come facente parte del suo «Io». – Quando l’uomo sperimenta sè stesso come essere eterico nel mondo elementare, il caso è diverso. Ivi la propria Entità – (Io) si confonde con certi processi ed Entità dell’ambiente. L’Entità eterica umana deve trovare sè stessa anche in ciò, che non è interiorità sua così come essa si è abituata a considerare questa «interiorità» nel mondo dei sensi. Nel mondo elementare vi sono forze, processi ed Entità, colle quali, malgrado siano in certo qual modo «mondo esteriore», pure ci si deve contenere, come se facessero parte del proprio «Io». Come essere umano eterico si è intessuti nell’Entità cosmica elementare. Nel mondo fisico sensibile si hanno i proprii pensieri; si è con essi uniti in modo, che si possono considerare come facienti parte della consistenza dell’«Io». Nell’essere umano eterico delle forze, dei processi ecc esercitano un’azione altrettanto intima nella sua «interiorità», quanto i pensieri nel mondo dei sensi; ma non si comportano come i pensieri, sibbene sono come esseri che vivono con e dentro l??anima. La chiaroveggenza ha bisogno perciò di una forza interiore maggiore di quella che non abbia l’anima per giudicarsi indipendente di fronte ai proprii pensieri. E la preparazione alla vera chiaroveggenza consiste essenzialmente anche in questo: di rafforzare, di rinvigorire interiormente l’anima in modo, che possa sentirsi come essere a sè, non solo quando siano in lei dei pensieri, ma anche quando sorgano nel campo della sua coscienza le forze ed entità del mondo elementare come parte del suo proprio essere.
La forza dell’anima per mezzo della quale questa si considera come un essere del mondo elementare è presente nella vita ordinaria dell’uomo. L’anima dapprima non sa nulla di questa forza, ma la possiede. A poterla avere anche scientemente, a ciò deve ancora prepararsi. A tal fine deve acquistare quella forza interiore dell’anima, che viene acquistata durante la preparazione alla chiaroveggenza. Finché l’uomo non si può risolvere ad acquistare questa forza interiore dell’anima, egli prova naturale terrore di fronte al riconoscimento del mondo spirituale che lo circonda, e si appiglia – incoscientemente – all’illusione, che questo mondo spirituale non esista o non possa conoscersi. Questa illusione lo aiuta a superare il suo terrore istintivo di fronte al confondersi o dissolversi del suo proprio essere (Io) in un mondo spirituale esteriore reale.
Chi approfondisca lo stato di fatto descritto, arriva a riconoscere l’esistenza di un essere eterico dell’uomo «dietro» all’uomo fisico sensibile e, di un mondo supersensibile eterico (elementare) dietro a quello fisicamente percepibile.
Nel mondo elementare la coscienza chiaroveggente trova dell’«essere» che ha indipendenza propria fino a un certo grado, così come la coscienza fisica nel mondo dei sensi trova pensieri, che non hanno indipendenza o esistenza propria. Il familiarizzarsi con questo mondo elementare, conduce poi a vedere queste entità parzialmente indipendenti in una maggiore reciproca connessione. Allo stesso modo come se gli arti di un corpo fisico umano venissero osservati prima nella loro parziale indipendenza e si riconoscesse poi che nel complesso del corpo essi esistono come parti dell’assieme; così per la coscienza chiaroveggente i singoli esseri del mondo elementare si raccolgono come arti vitali di un grande corpo spirituale, il quale poi, nell’ulteriore svolgersi dello sperimentare chiaroveggente, viene riconosciuto come corpo vitale elementare (supersensibile) della Terra. Ed entro questo corpo vitale della Terra l’essere eterico umano percepisce sè stesso come un arto di esso.
Questo progredire nella chiaroveggenza è un familiarizzarsi con l’essere di un mondo elementare. Questo mondo è animato da entità delle più svariate specie. A volere esprimere l’attività di questi esseri-forza lo si può fare soltanto raffigurando in immagini le loro svariate caratteristiche. Vi sono entità che si trovano congiunte a tutto ciò che tenda a durata, a solidità, a gravità. Si possono indicare come anime della terra. (E purché non ci si creda troppo intelligenti e non ci si spaventi di un’immagine che deve soltanto suggerire la realtà, senza essere la realtà stessa, possiamo in questo caso parlare di «Gnomi»). Si trovano esseri che per la loro natura si possono designare come anime di aria, di acqua, di fuoco.
Dopo però si palesano anche altri esseri. Questi, a dir vero, si presentano in modo, che appaiono come esseri elementari (eterici); di essi però si riconosce che nella loro essenza eterica, v’ha qualcosa, che è di natura superiore all’esistenzialità del mondo elementare. S’impara a comprendere che con il grado di chiaroveggenza che arriva soltanto al mondo elementare, ci si può accostare altrettanto poco al vero essere di queste Entità quanto, con la semplice coscienza fisica, ci si può accostare alla vera Entità dell’uomo.
Le Entità sopra citate che figurativamente possono chiamarsi anime di terra, di acqua, di aria e di fuoco stanno sotto un certo rapporto, con la loro attività, entro il corpo vitale elementare della Terra. Hanno in esso le loro mansioni. Le suddescritte Entità di natura più elevata hanno un’attività che si estende oltre la cerchia della Terra. Se nello sperimentare chiaroveggente s’imparano meglio a conoscere, allora si vien condotti spiritualmente con la propria coscienza oltre la sfera della Terra. Si vede come questa sfera terrestre si sia sviluppata da un’altra, e come sviluppi in sè i germi spirituali, perchè nell’avvenire una nuova sfera, per così dire, «una nuova Terra» possa nascere da essa. Nella mia «Scienza occulta» sta detto, perchè ciò da cui la Terra si è sviluppata, possa designarsi come un vecchio «pianeta lunare» , e perchè il mondo verso cui la Terra tenderà nell’avvenire possa designarsi come «Giove». L’essenziale è di vedere nell’«antica Luna» un mondo da lungo tempo trascorso dal quale, per via di trasformazione, si è sviluppato il mondo terrestre, e d’intendere nel senso spirituale per «Giove» un mondo avvenire verso il quale il mondo terrestre aspira.
Riassunto di quanto precede.
A base dell’uomo fisico sta una tenue entità umana eterica. Questa vive in un mondo circostante elementare come l’uomo fisico vive in un mondo circostante fisico. Il mondo esteriore elementare si organizza a corpo vitale supersensibile della Terra. Questo si palesa come l’essere trasformato di un mondo antico (Mondo Lunare) e come stato di preparazione per un mondo avvenire (Mondo di Giove). Schematicamente, secondo quanto precede, si può considerare l’uomo così:
1. – Il corpo fisico nell’ambito del mondo fisico sensibile circostante.
Per mezzo di esso l’uomo si riconosce come essere indipendente a sè (Io).
2. – Il corpo tenue (eterico) nel mondo elementare circostante.
Per mezzo di esso l’uomo si riconosce come arto del corpo vitale della Terra e per ciò indirettamente come arto di tre stati planetari che si susseguono.
Delle ripetute vite terrene e del Karma. Del corpo astrale dell’uomo e del mondo spirituale. Delle Entità Arimaniche.
Riconoscere che nella vita dell’anima domina qualcosa, che per la coscienza dell’anima è mondo esteriore così come, nel significato ordinario, lo è il cosidetto mondo esteriore, riesce all’anima specialmente difficile. Essa si oppone – incoscientemente – a ciò, perchè da questo stato di cose crede venga compromesso il suo stesso essere. Essa distoglie istintivamente lo sguardo spirituale da questa condizione di fatto. Che la nuova scienza teoricamente ammetta la cosa come tale, non equivale ancora allo sperimentarla completamente con tutte le conseguenze che derivano dal comprenderla interiormente e dal compenetrarsi di essa. Se la coscienza può giungere a sentire vitalmente questo fatto, allora impara a conoscere nell’essere dell’anima un nucleo interiore, che è essenzialmente indipendente rispetto a tutto ciò che si può evolvere nell’ambito della vita cosciente dell’anima fra nascita e morte. La coscienza impara a conoscere nei suoi sostrati un essere, del quale essa stessa deve sentirsi creatura. E creatura di esso deve sentire anche il corpo con tutte le sue forze e proprietà, il corpo che è il veicolo di questa coscienza. L’anima nel corso di un’esperienza siffatta impara a sentire il maturarsi di un essere spirituale che in lei ha sede, il quale si sottrae alle influenze della vita cosciente. Arriva a sentire come questa Entità interiore nel corso della vita fra nascita e morte diventi sempre più forte, ma anche più indipendente. Impara a conoscere che questa Entità, in questa vita fra nascita e morte, si pone, rispetto al resto dell’esperienza, come il germe che si evolve nell’essere vegetale rispetto all’assieme della pianta in cui si evolve. Il germe vegetale però è un essere fisico, mentre il germe psichico è un essere spirituale. – Perseverando in siffatte esperienze si arriva ad accettare l’idea delle ripetute vite terrene dell’uomo. L’anima, nel nucleo del suo essere che fino a un determinato grado è da lei indipendente, può percepire il germe per una nuova vita umana, in quanto questo germe vi trasporterà i frutti della vita presente, quando in un mondo spirituale dopo la morte avrà sperimentato, in un modo puramente spirituale quelle condizioni di vita, alle quali non può partecipare quando fra nascita e morte esso è avvolto da un corpo fisico terreno.
Da questo pensiero risulta necessariamente l’altro, che l’attuale vita sensibile fra nascita e morte sia la conseguenza di altra vita da lungo trascorsa in cui l’anima ha sviluppato un germe, che dopo la morte ha continuato a vivere in un mondo puramente spirituale, finché era maturo ad entrare in una nuova vita terrena per mezzo di una nuova nascita, così come il germe della pianta diviene una nuova pianta, dopo che, liberato dalla pianta vecchia in cui si è formato, è andato soggetto per qualche tempo ad altre condizioni di vita.
La coscienza chiaroveggente, per mezzo delle opportune preparazioni dell’anima, impara a immergersi in un processo che consiste nello sviluppo, nella vita di un uomo, di un nucleo in certo modo indipendente, il quale trasporta i frutti di questa vita nelle seguenti vite terrene. – In forma di immagine, di essere, come se si volesse manifestare come essere a sè, sorge dai flutti dell’anima un secondo Sè, che all’essere, al quale prima ci si è rivolti come al proprio Sè, appare indipendente, sovrapposto. Comparisce come un Ispiratore di questo primo Sè. L’uomo con questo suo primo Sè si fonde con l’altro, col Sè Ispiratore, sovrapposto.
In questa condizione di fatto, in cui la coscienza chiaroveggente penetra con lo sguardo, vive la coscienza abituale senza esserne consapevole. Occorre qui di nuovo il rafforzamento dell’anima perchè ci si mantenga saldi, non solo di fronte ad un mondo esteriore spirituale con il quale ci si fonde, ma perfino con un’Entità spirituale, che in senso più elevato siamo noi stessi e che nondimeno sta al di fuori di ciò che nel mondo dei sensi necessariamente dobbiamo sentire come il nostro Sè. (Il modo come questo secondo Sè sorge a mo’ d’immagine, di essere, dai flutti dell’anima, varia per le diverse individualità umane. Nei miei quadri scenici dell’anima «La Porta dell’Iniziazione», «Il Cimento dell’anima», «Il Guardiano della Soglia» e «Il Risveglio dell’anima» cercai di descrivere come delle individualità umane diverse giungano con il loro lavoro a sperimentare questo «altro Sè».
Se pur l’anima nella coscienza abituale è inconsapevole dell’ispirazione che le viene dall’«altro Sè» nondimeno questa ispirazione esiste nelle profondità dell’anima. Questa ispirazione però non è ispirazione per via di pensieri o di parole interiori; essa influisce per mezzo di azioni, di processi, di un divenire. È questo «altro Sè» che conduce l’anima ai singoli particolari del destino della sua vita e che desta in lei le capacità, le tendenze, le disposizioni, ecc. Questo «altro Sè» vive nel complesso del destino di una vita umana. Procede accanto al primo Sè, che ha i suoi limiti fra la nascita e la morte e forma la vita umana, con tutto ciò che in essa penetra di rallegrante, di elevato, di doloroso. La coscienza chiaroveggente nel trovarsi insieme con questo «altro Sè» impara a dire: «Io» al complesso del destino della vita, così come l’uomo fisico dice «Io» al proprio essere individuale. Ciò che con una parola orientale si dice «Karma», cresce nel modo suindicato, insieme con «l’altro Sè», con «l’Entità-Io spirituale». Il corso della vita di un uomo appare ispirato dalla sua propria entità permanente, che prosegue di vita in vita; e l??ispirazione avviene in modo, che i destini della vita di un’esistenza terrena risultano come conseguenza della vita terrena precedente.
L’uomo impara così a conoscere sè stesso come un’«altra Entità», un’Entità che nell’esistenza sensibile egli non è, e che in questa esistenza sensibile giunge ad esprimersi soltanto per mezzo dell’influenza che esercita. Quando la coscienza entra nel mondo suddescritto, allora è in un campo che rispetto a quello elementare può essere indicato come sfera spirituale.
Finché ci si sente in questo campo ci si trova completamente fuori della cerchia, in cui si svolgono tutti gli avvenimenti e le esperienze del mondo sensibile. Da un altro mondo si guarda indietro sul mondo che in certo modo si è abbandonato. Si arriva però alla conoscenza che, come uomo, si appartiene a entrambi i mondi. Si sente il mondo sensibile come una specie di immagine riflessa del mondo dello spirito. Però come un’immagine riflessa, nella quale i processi e le Entità del mondo dello Spirito non vengono soltanto rispecchiate, ma che, sebbene sia un’immagine riflessa, conduce in sè stessa vita indipendente. Cosi come se un uomo si mirasse in uno specchio e, mentre vede sè stesso, l’immagine riflessa acquistasse vita indipendente. – E s’imparano a conoscere Entità spirituali che effettuano questa vita indipendente dell’immagine riflessa del mondo dello Spirito. Queste Entità spirituali si sente che appartengono, per la loro origine, al mondo dello Spirito, ma che hanno abbandonato il campo di quel mondo e spiegano la loro cerchia d’azione nel mondo sensibile. Ci si vede così di fronte a due mondi, i quali influiscono uno sull’altro. Il mondo dello Spirito verrà qui indicato come superiore e quello sensibile come mondo inferiore.
Nel mondo inferiore s’imparano a conoscere le Entità spirituali suddescritte per il fatto di avere, in certo modo, trasferito il proprio punto di vista nel mondo superiore. Una specie di queste Entità spirituali si presenta in modo, che si trova in essa la causa per la quale l’uomo sperimenta il mondo sensibile come mondo concreto, materiale. Si riconosce che tutto ciò che è sostanza in realtà è spirituale, e che l’azione di quelle Entità solidifica, condensa la spiritualità del mondo sensibile in materialità. Per quanto all’epoca presente certi nomi possano riuscire sgraditi, sono tuttavia necessari per ciò che nel mondo dello Spirito vediamo come realtà. – Perciò le Entità che effettuano questo materializzarsi del mondo dei sensi saranno qui chiamate Entità Arimaniche. Riguardo a queste Entità arimaniche riesce pure palese che il loro campo speciale originario sta nel regno del minerale. Nel regno minerale queste Entità dominano in modo, che possono manifestare in esso pienamente ciò che per loro natura esse sono. – Nel regno vegetale e nei regni superiori della natura esse operano qualcosa di diverso. Questa altra cosa si può comprendere soltanto se si prende in considerazione la sfera del mondo elementare. Anche questo mondo, elementare, osservato dal campo dello spirito, appare Come un’immagine riflessa di questo campo dello Spirito. Però l’indipendenza dell’immagine riflessa nel mondo elementare non è così grande, come quella del mondo fisico sensibile. Nel primo le Entità spirituali del genere di quelle arimaniche dominano meno che non nel mondo dei sensi. Nondimeno queste Entità arimaniche dal mondo elementare sviluppano fra le altre quell’azione che si esprime nella distruzione o nella morte dell’esistenza. Si può dire in proposito che per i regni superiori della natura le Entità arimaniche hanno il compito di provocare la morte. In quanto la morte appartiene all’ordinamento necessario dell’esistenza, la missione delle Entità arimaniche è fondata in questo ordinamento.
Quando dal campo dello Spirito si osserva l’opera delle Entità arimaniche si viene a conoscere che un’altra cosa pure è collegata con la loro azione nel mondo inferiore. In quanto hanno il loro campo di azione in questo mondo, non si sentono legate all’ordinamento che spetterebbe alle loro forze se agissero nel mondo superiore, in cui hanno la loro origine. Esse tendono nel mondo inferiore verso un’indipendenza, che non potrebbero mai avere in quello superiore. Questo si palesa specialmente nell’influenza delle Entità arimaniche sugli uomini, in quanto l’uomo rappresenta il regno naturale più elevato del mondo materiale. Esse si sforzano di rendere indipendente la vita dell’anima, in quanto questa è legata all’esistenza dei sensi dell’uomo, di distaccarla dal mondo superiore e di incorporarla completamente nel loro proprio mondo. L’uomo, come anima pensante, ha la sua origine nel mondo superiore. L’anima pensante divenuta chiaroveggente penetra pure in questo mondo superiore. Il pensiero che si svolge nel mondo dei sensi e che a questo è collegato ha in sè ciò che si può indicare come influenza delle Entità arimaniche. Queste Entità vogliono dare, in certo modo, al pensiero dei sensi una specie di esistenza durevole nel mondo dei sensi. Mentre le loro forze portano la morte, esse vogliono sottrarre l’anima pensante alla morte, e lasciar scorrere nell’annientamento soltanto il rimanente dell’essenza dell’uomo. La forza pensante umana però, secondo le loro intenzioni, deve rimanere indietro nel campo dei sensi e assumere un’esistenza, che vieppiù vada assomigliando alla natura dell’arimanica.
Nel mondo inferiore ciò che appunto è stato descritto si esprime soltanto per mezzo del suo effetto. L’uomo può tendere a lasciarsi impregnare nella sua anima pensante dalle forze che conoscono il mondo spirituale, che sanno di vivere o di operare in esso. Egli può però anche allontanarsi con la sua anima pensante da siffatte forze, può adoperare il suo pensiero soltanto per afferrare il mondo dei sensi. Le seduzioni in questa direzione provengono dalle forze arimaniche.
Del corpo astrale e delle Entità Luciferiche. Dell’essenza del corpo eterico.
Un altro genere di Entità Spirituali le quali, dal campo dello Spirito, possono venir osservate nel mondo dei sensi (e anche nel mondo elementare), nel quale operano come in campo d’azione da loro adottato, sono quelle le quali vogliono liberare completamente l’anima senziente dal mondo dei sensi; la vogliono per così dire spiritualizzare. La vita nel mondo dei sensi appartiene all’ordinamento dei mondi. Mentre l’anima umana vive nel mondo dei sensi attraversa in esso un’evoluzione che rientra nel campo delle sue condizioni di esistenza. Si trova intessuta in questo campo dei sensi per effetto dell’azione di Entità, che s’imparano a conoscere nel mondo superiore. In opposizione a questa azione lavorano le Entità, le quali vogliono distaccare l’anima senziente dalle condizioni dell’attività dei sensi. Queste Entità sono qui chiamate Entità Luciferiche.
Così queste Entità Luciferiche stanno nel mondo sensibile cercando, per così dire, di scoprirvi tutto ciò che è psichico (senziente) per attirarlo fuori di questo mondo dei sensi ed incorporarlo in una sfera propria del mondo, affine alla loro natura. Se contemplata dal mondo superiore, l’azione di queste Entità Luciferiche si può osservare anche nel mondo elementare. Nella cerchia di questo esse tendono a determinare un campo di forze che secondo le loro intenzioni, non deve venir toccato dalla gravità del mondo sensibile, malgrado che dalle Entità del mondo superiore, esso sia predestinato a essere intessuto in questo mondo dei sensi. Come le Entità Arimaniche rimasero nel loro campo quando procuravano soltanto la distruzione temporanea dell’esistenza che è basata sull’ordinamento dei mondi, così le Entità luciferiche non oltrepassarono la sfera del proprio regno quando impregnavano l’anima senziente di forze, nelle quali questa sente sempre di bel nuovo lo stimolo ad elevarsi nel mondo sensibile al di sopra delle limitazioni e a sentirsi di fronte a queste limitazioni un essere libero e indipendente. Però le Entità luciferiche oltrepassano il loro campo, in quanto vogliono creare di fronte all’ordinamento generale del mondo superiore un regno speciale dello spirito, per il quale vogliono trasformare le Entità psichiche nel mondo sensibile.
Si può vedere come l’azione delle Entità luciferiche tenda nel mondo sensibile verso due direzioni. Da una parte, è per virtù di queste Entità che l’uomo è capace di elevarsi al di sopra della semplice esperienza della realtà materiale. Egli non trae la sua gioia, la sua elevatezza soltanto dal mondo sensibile. Può rallegrarsi, elevarsi con ciò che vive solo in parvenza, che come bella parvenza oltrepassa ciò che è materiale. In questa direzione l’influenza luciferica ha contribuito ai più importanti frutti della civiltà, precipuamente a quelli artistici. L’uomo può vivere anche nel pensiero libero, non ha bisogno di descrivere soltanto le cose materiali e di riprodurle nei pensieri a mo’ di ritratto; egli può sviluppare pensiero creativo anche oltre il mondo sensibile; può filosofare sulle cose. – D’altra parte l’esagerazione delle forze luciferiche nelle anime diviene sorgente di molte esaltazioni e confusioni, che si vogliono esplicare in attività psichiche, senza attenersi alle condizioni dell’ordinamento superiore dei mondi. Il filosofare senza le basi di una sicura penetrazione nelle leggi che reggono l’Universo, l’ostinato impigliarsi in concetti arbitrari, l’esagerato vantarsi dell’opinione personale adottata e preferita: questi sono gli svantaggi dell’azione luciferica.
L’anima umana appartiene con il suo «altro Sè» al mondo superiore. Essa appartiene però pure all’essere nel mondo inferiore. La coscienza chiaroveggente, quando è passata per la giusta preparazione percepisce sè stessa coscientemente nel mondo superiore. Per la coscienza chiaroveggente però non si verifica nessun cambiamento dello stato di fatto, soltanto a quello che è lo stato di fatto, per ogni anima umana, viene aggiunta la conoscenza di questo stato di fatto. – Ogni anima umana appartiene al mondo superiore, e quando l’uomo viene nel mondo materiale è associata ad un corpo materiale, che è soggetto ai processi di questo mondo materiale: è associata pure a un corpo eterico tenue, che vive nei processi del mondo elementare. Nel corpo materiale e nel corpo eterico le forze della Entità arimanica e luciferica esercitano la loro azione. Queste forze sono di natura spirituale, supersensibile.
Per quel tanto che l’anima umana vive nel mondo superiore (dello Spirito) essa è – per usare questo termine – un’Entità astrale. Fra le varie ragioni che giustificano questo termine vi è pure quella che l’Entità astrale dell’uomo non è come tale soggetta alle condizioni che sono in attività nell’ambito della Terra. La Scienza dello Spirito conosce che nell’essere astrale dell’uomo non agiscono le leggi naturali della Terra, ma agiscono quelle leggi delle quali si tien conto per i processi del mondo stellare. Perciò la scelta di quel nome può apparire giustificata. Alla conoscenza del corpo fisico sensibile dell’uomo e del corpo tenue eterico viene così ad aggiungersi quella del terzo corpo, il corpo astrale. Bisogna tuttavia tenere pur sempre conto di quanto segue. Riguardo alla propria Entità originaria il corpo astrale dell’uomo è radicato nel mondo superiore, nel vero campo dello spirito. Nella cerchia di questo campo esso è un essere del medesimo genere delle altre Entità, che hanno la loro sfera di azione in questo mondo dello Spirito. Per quel tanto che il mondo elementare e quello sensibile sono immagini riflesse del mondo dello Spirito, anche il corpo umano eterico e quello fisico sensibile dell’uomo devono essere considerati come immagini riflesse dell’Entità astrale dell’uomo. In questo corpo eterico e in quello fisico sensibile dominano però delle forze che provengono dalle Entità Luciferiche ed Arimaniche. Poiché queste Entità sono di origine spirituale è naturale che anche nella sfera del corpo fisico sensibile e di quello eterico si trovi una specie di entità astrale dell’uomo. A una chiaroveggenza che accolga soltanto le immagini della coscienza chiaroveggente e non sia capace di comprendere correttamente il loro significato può facilmente succedere di scambiare l’involucro astrale del corpo fisico e di quello eterico dell’uomo per il vero suo corpo astrale. Però è proprio questo «Corpo astrale» l’organo dell’essere umano che con la sua azione si oppone all’andamento normale che nell’ordinamento del mondo è veramente assegnato all’uomo. – In questo campo sono tanto più possibili errori e confusioni per il fatto che alla conoscenza ordinaria umana riesce a tutta prima assolutamente impossibile avere conoscenza dell’entità astrale dell’anima. Ma anche nei primi gradi della coscienza chiaroveggente non può ancora raggiungersi questa conoscenza. Questa coscienza viene conseguita quando l’uomo si sperimenta nel suo corpo eterico. In questo egli vede però le immagini riflesse del suo «altro Sè» e del mondo superiore al quale appartiene. Egli vede così l??immagine riflessa eterica del suo corpo astrale e la vede con le Entità luciferiche e arimaniche che essa contiene. – Dagli aforismi che seguiranno in questo scritto risulterà che anche l’Io, che nella sua vita abituale l’uomo considera come l’essere suo, non è il «vero Io», sibbene l’immagine riflessa nel mondo fisico sensibile del «vero Io». Così per la chiaroveggenza eterica il riflesso eterico del corpo astrale può dare l’illusione di essere il «vero corpo astrale».
Nell’ulteriore corso della sua penetrazione nel mondo superiore la coscienza chiaroveggente arriva anche ad acquistare una chiara visione sulla natura della riflessione del mondo superiore in quello inferiore nei riguardi dell’essere umano. Viene così a palesarsi anzitutto che il corpo tenue eterico così come l’uomo lo porta seco nell’attuale sua esistenza terrena non è in verità un’immagine riflessa di quello che corrisponde ad esso nel mondo superiore. È un’immagine riflessa modificata dall’azione delle Entità luciferiche ed arimaniche. L’immagine spirituale primordiale del corpo eterico, per la natura dell’essere terreno in cui le suddette Entità esercitano la loro azione, non può perfettamente rispecchiarsi nell’uomo terreno. Se la coscienza chiaroveggente spinge le sue ricerche oltre la Terra fino ad un campo sul quale un riflesso perfetto dell’immagine originaria del corpo eterico sia possibile, si trova trasportata indietro prima dell’attuale condizione terrestre, anzi prima ancora della precedente condizione lunare, in un remoto passato. Giunge ad acquistare la cognizione di come la Terra attuale si sia evoluta da una condizione solare. Nel mio libro «Scienza Occulta» sta detto perchè sia giustificato questo nome di condizione solare. La Terra era dunque una volta in una condizione solare; da questa si è evoluta ad una condizione lunare, ed è poi divenuta «Terra». Durante la condizione solare il corpo eterico dell’uomo era un puro riflesso dei processi spirituali e delle Entità spirituali del mondo nel quale egli ha la sua origine. Alla coscienza chiaroveggente risulta che queste Entità sono costituite di pura saggezza. Si può dunque dire, che durante l’epoca solare della Terra, in un remotissimo passato, l’uomo ha accolto in sè il suo corpo eterico come puro riflesso delle Entità cosmiche della Saggezza. Durante la seguente epoca lunare e quella terrestre questo corpo eterico si è poi modificato ed è divenuto quello che attualmente è nell’essere umano.
Riassunto di quanto precede.
L’uomo porta in sè un nucleo di essenza psichica, che appartiene ad un mondo spirituale. Questo nucleo di essenza psichica è l’essere umano che perdura e che in ripetute vite terrene si esplica in modo che, in ciascuna vita terrena si forma, nella coscienza ordinaria, come essere indipendente di fronte a questa coscienza, dopo la morte fisica dell’uomo vive le sue esperienze in un mondo spirituale, e dopo un tempo adeguato rappresenta in una nuova vita i risultati della vita precedente. Questo essere duraturo influisce in modo che diviene ispiratore della sorte dell’uomo. Ispira questa sorte in modo che ogni vita terrena è la conseguenza che dall’ordinamento dell’Universo risulta da quella precedente.
L’uomo è questo essere duraturo stesso; vive in esso come nel suo «altro Sè». Per quel tanto che, come essere egli è questo «altro Sè», egli vive in un corpo astrale, così come vive in un corpo fisico e in un corpo eterico. Come l’ambiente del corpo fisico è nel fisico, quello del corpo eterico nel mondo elementare, così il corpo astrale ha per ambiente il campo dello Spirito.
Degli Esseri, della stessa specie e della medesima origine dell’«altro Sè» dell’uomo, operano nel mondo fisico e in quello elementare come forze arimaniche e luciferiche. Dal modo come queste agiscono è dato comprendere il rapporto del corpo astrale dell’uomo con quello eterico e quello fisico.
L’origine primordiale del corpo eterico va cercata in una remotissima condizione della Terra, nella sua cosiddetta epoca solare.
Da quanto è stato detto si può schematicamente considerare l’uomo nel modo seguente:
l. – Il corpo fisico nel mondo fisico materiale circostante. Per mezzo di esso l’uomo riconosce sè stesso come essere individuale indipendente (Io).
2. – Il corpo tenue (eterico) nel mondo circostante elementare. Per mezzo di esso l’uomo riconosce sè stesso come arto del corpo vitale della Terra e per ciò indirettamente come arto di tre stati planetari consecutivi.
3. – Il corpo astrale in un mondo circostante puramente spirituale. Per mezzo di esso l’uomo è un arto di un mondo spirituale, del quale il mondo elementare e quello fisico sono immagini riflesse. In esso risiede «l’altro Sè» dell’uomo, che si esprime in ripetute vite terrene.
Del «Guardiano della Soglia» e di alcune peculiarità della coscienza chiaroveggente.
Con il suo sperimentare nel mondo sensibile l’uomo si trova posto fuori del mondo spirituale, in cui giusta le precedenti considerazioni è radicata la sua entità. Riesce palese quale parte questo sperimentare eserciti sull’essere umano, quando si rifletta come la coscienza chiaroveggente, che penetra nei mondi supersensibili, abbia bisogno di un rinvigorimento proprio di quelle forze dell’anima, le quali vengono acquistate nel mondo dei sensi. Se questo rinvigorimento non esiste allora l’anima sente una certa avversione a penetrare nel mondo supersensibile. Cerca perfino di esimersi dal penetrarvi adducendo delle «prove» della impossibilità di riuscirvi.
Ma se l’anima si trova abbastanza forte per penetrarvi, se riconosce in sè le forze che le permettono, dopo di esservi penetrata, di considerare la propria entità come indipendente e di sperimentare non solo pensieri, ma anche entità nel campo della sua coscienza come deve fare nel mondo elementare, e in quello spirituale, allora essa sente pure di aver potuto riunire queste forze soltanto durante la vita nel mondo dei sensi. Comprende la necessità che, nel corso del suo passaggio per i mondi, essa debba venir condotta attraverso al mondo dei sensi.
Questa comprensione risulta soprattutto dalle esperienze che la coscienza chiaroveggente ha col pensiero. Nel penetrare nel mondo elementare la coscienza si riempie di entità che vengono percepite in forma di immagini. Essa non si trova affatto al caso di sviluppare entro questo mondo elementare rispetto alle entità di esso un’attività interiore dell’anima, simile a quella che entro il mondo dei sensi si sviluppa nella vita del pensiero. – Nondimeno sarebbe impossibile di trovarsi bene come essere umano in quel mondo elementare se non si penetrasse in esso col pensiero. Senza la contemplazione pensante si potrebbero bensì vedere le entità del mondo elementare; ma di nessuna in realtà si potrebbe sapere ciò che essa è. Si somiglierebbe ad un uomo che avesse dinanzi a sè uno scritto che non può leggere; un uomo siffatto vede con i suoi occhi precisamente lo stesso di ciò che vede colui che può leggere lo scritto; ma soltanto per quest’ultimo lo scritto ha significato ed esistenza.
Nondimeno la coscienza chiaroveggente durante la sua permanenza nel mondo elementare non esercita affatto quell’attività pensante che esplica nel mondo dei sensi. Avviene piuttosto che un essere pensante – come l’uomo – con la giusta visione del mondo elementare percepisce al contempo anche il significato degli esseri e delle forze di quel mondo mentre un essere non pensante vedrebbe delle immagini senza percepirne il significato e l’essenza.
Quando si penetra nel mondo spirituale le Entità, per esempio le arimaniche, verrebbero scambiate per tutt’altro di ciò che sono, se l’anima non le guardasse da entità pensante. Lo stesso avverrebbe per le entità luciferiche e per le altre entità del mondo spirituale. Le Entità arimaniche e luciferiche vengono dall’uomo vedute per quel che sono quando egli le osserva dal mondo spirituale con lo sguardo chiaroveggente per mezzo del pensiero.
Se l’anima non si armasse di forze pensanti sufficienti, allora le entità luciferiche, quando vengono contemplate dal mondo spirituale, s’impadronirebbero del mondo immaginativo chiaroveggente e provocherebbero nell’anima che contempla l’illusione di penetrare sempre più profondamente nel mondo spirituale che veramente cercava, mentre in realtà essa sprofonda sempre maggiormente nel mondo che le forze luciferiche vogliono apprestare a somiglianza del loro essere. L’anima si sentirebbe, è vero, sempre pi?? indipendente; ma essa si familiarizzerebbe con un mondo spirituale che non corrisponde alla sua essenza ed alla sua origine. Essa entrerebbe in un ambiente spirituale che le è estraneo. – Il mondo dei sensi nasconde le Entità luciferiche. Perciò nel mondo dei sensi queste non possono indurre la coscienza in errore. Per essa semplicemente non esistono. E la coscienza ha la possibilità, senza essere tratta in errore da esse, di rafforzarsi sufficientemente nel pensiero. – Fra le proprietà istintive della coscienza sana vi è quella di voler penetrare nel mondo spirituale solo fino al grado di visione di esso per il quale si è sufficientemente rafforzata nel mondo dei sensi. La coscienza dipende dal modo come essa può sperimentare sè stessa nel mondo sensibile. Essa si sente nel suo elemento quando si può sperimentare in sè stessa coi pensieri, coi sentimenti, con gli affetti, ecc. di cui va debitrice al mondo sensibile. Quanto la coscienza dipenda da questa esperienza si palesa specialmente nel momento in cui si effettua realmente l’entrata nei mondi supersensibili. Come ci si aggrappa a cari ricordi in momenti speciali della propria vita, così all’entrata noi mondi supersensibili sorgono necessariamente dalle profondità dell’anima tutte quelle tendenze delle quali si può essere anche soltanto capaci. Ci si avvede allora quanto si sia in fondo attaccati alla vita che lega l’uomo al mondo dei sensi. Questo attaccamento si palesa allora nella sua piena verità, senza tutte le illusioni che siamo soliti di farci nella vita su questo fatto. Con l’entrata nel mondo supersensibile – in certo modo come primo progresso supersensibile – viene a realizzarsi una parte di autoconoscenza, della quale prima appena si poteva aver sentore. E si palesa tutto ciò che si deve abbandonare se si vuol veramente entrare scientemente nel mondo, dentro al quale però di fatto si sta tutto il tempo. Ciò che coscientemente o incoscientemente come uomini abbiamo fatto di noi nel mondo dei sensi sorge allora davanti allo sguardo dell’anima con massima chiarezza. – Questa esperienza può spesso avere come conseguenza che si abbandoni ogni ulteriore tentativo di penetrare nei mondi supersensibili. Perchè da essa ci si rende chiaramente conto come si debba sentire diversamente perchè la dimora nel mondo spirituale possa essere efficace. Bisogna arrivare alla determinazione di sviluppare un atteggiamento interiore dell’anima affatto diverso da quello che prima si è avuto – o, detto altrimenti – bisogna all’atteggiamento già acquistato aggiungerne ancora uno affatto nuovo.
Ma – effettivamente – che cosa succede in tal momento, in cui si entra nel mondo spirituale? Vediamo l’Entità, che si è sempre stati; ma non la si guarda ora, dal mondo sensibile dal quale finora la si era sempre guardata; la si guarda dal mondo spirituale senza illusione, nella sua realtà. La si guarda in modo da sentirsi completamente permeati dalle forze cognitive capaci di apprezzarla nel suo valore spirituale. Quando la si contempla in questo modo, ci si palesa pure perchè è con timore che si penetra coscientemente nel mondo supersensibile; ci si palesa il grado di forza che si possiede per questa entrata. Si vede quanto come esseri coscienti ci teniamo lontani da quel Mondo. E quanto più ci si esamina attentamente in questo modo, tanto più forti sorgono anche le tendenze per le quali si desidera rimanere con la propria coscienza nel mondo dei sensi. La conoscenza, crescendo, trae fuori queste tendenze come dai nascondigli delle profondità dell’anima. È necessario riconoscerle; poiché soltanto così possono venir superate. Ma nell’atto che si riconoscono esse manifestano ancora in modo speciale la loro forza. Esse vogliono soggiogare l’anima; questa si sente tratta da esse come in profondità infinite. Il momento della conoscenza di sè stessi è un momento grave. Nel mondo si filosofeggia e si teorizza anche troppo sull’autoconoscenza. Con ciò lo sguardo dell’anima viene piuttosto distolto che non diretto verso un senso della serietà che all’autoconoscenza è connessa. E malgrado tutta questa serietà, quale soddisfazione non ci procura il pensiero, che la natura umana è costituita in modo che viene determinata dai suoi istinti a non penetrare nel mondo spirituale prima di potere sviluppare in sè come auto-esperienza il proprio grado di maturazione. Quale soddisfazione che il primo più importante incontro con un’Entità del mondo supersensibile sia quello che si fa con la propria entità nella sua realtà, entità che si deve condurre innanzi nell’evoluzione dell’umanità.
Si può dire, che nell’uomo si annida un essere il quale vigila attentamente il confine che si deve varcare per entrare nel mondo supersensibile. Questa entità spirituale, annidata nell’uomo, che siamo noi stessi, ma che possiamo conoscere altrettanto poco con la coscienza abituale quanto è impossibile all’occhio di veder sè stesso, è il «Guardiano della Soglia» del mondo dello Spirito, Lo impariamo a conoscere nel momento in cui, non solo lo si è effettivamente noi stessi, ma in cui, stando come al di fuori di lui, ci si pone di fronte ad esso come fossimo un’altra persona.
Le capacità dell’anima rafforzate, rinvigorite in sè stesse, rendono visibile anche il «Guardiano della Soglia» al pari delle altre esperienze dei mondi supersensibili. Perchè, a prescindere dal fatto che per lo sguardo spirituale chiaroveggente l’incontro col «Guardiano» sale al grado di conoscenza, un tale incontro non è affatto un avvenimento che si presenti soltanto all’uomo divenuto chiaroveggente. La stessa precisa condizione di fatto che costituisce questo incontro si verifica per ogni uomo ogniqualvolta egli si addormenta, e questo stato di contrapposizione a sè stesso che è del tutto uguale a quello che si verifica di fronte al «Guardiano della Soglia» dura tanto quanto dura il sonno. Nel sonno l’anima si inalza alla sua Entità supersensibile. Le sue forze interiori non sono però allora abbastanza forti da provocare una coscienza del suo Sè.
Per la comprensione dello sperimentare chiaroveggente, specialmente nei suoi tenori principii, è anche di particolare importanza fissare l’attenzione dell’anima sul fatto, che l’anima può appunto aver cominciato a sperimentare il supersensibile senza essere in grado di formarsene una sufficiente conoscenza. La chiaroveggenza comincia col presentarsi in modo molto tenue. Così che spesso, nell’attesa di vedere qualcosa di tangibile, non si osservano le fugaci impressioni chiaroveggenti. Non si vogliono affatto riconoscere come tali. Sorgono in modo che nell’atto stesso di presentarsi preparano già l’oblio di sè medesime; entrano allora così debolmente nel campo della coscienza che rimangono inosservate come leggiere nuvolette dell’anima. E perchè questo è così e perchè di solito ci si aspetta dalla chiaroveggenza qualcosa di assai diverso da quello che questa dapprima non sia, essa non viene trovata da molti che cercano seriamente il mondo spirituale. Anche a questo riguardo l’incontro con il «Guardiano della Soglia» è importante. Se si è appunto rafforzata l’anima nella direzione della autoconoscenza allora l’incontro stesso può essere come il passaggio di una prima, tenue, e fugace visione spirituale; non la si consegnerà però così facilmente all’oblio come altre impressioni supersensibili, perchè si è maggiormente interessati al proprio essere che al resto. Non è però affatto necessario che l’incontro col «Guardiano» spetti alle prime esperienze chiaroveggenti. Il rafforzamento dell’anima può esplicarsi in svariate direzioni. Le prime direzioni prese dall’anima possono anche condurre altre entità o processi, prima di questo incontro, nel suo campo visivo spirituale. Però questo incontro avrà luogo relativamente presto dopo l’entrata nel mondo dello Spirito.
Del sentimento dell’Io e della capacità di amare dell’anima umana e dei loro rapporti con il mondo elementare.
Quando l’anima umana penetra coscientemente nel mondo elementare si trova costretta a modificare varie idee che ha acquistato nel mondo dei sensi. Se l’anima rinvigorisce adeguatamente le sue forze diventa allora anche capace di questo cambiamento. Sol quando si spaventi di conseguire questo rafforzamento, può darsi che all’atto di entrare nel mondo elementare essa venga colta dal senso che le viene meno la base sicura sulla quale deve edificare la sua vita interiore. Le idee che vengono acquistate nel mondo fisico dei sensi sono di ostacolo all’entrata nel mondo elementare solo fintantoché si vogliano conservare inalterate, quali si sono acquistate nel mondo dei sensi. Non vi è però altra ragione per conservarle così inalterate se non l’abito dell’anima. Ed è del resto anche del tutto naturale che la coscienza che convive dapprima soltanto con il mondo dei sensi si abitui a considerare la forma delle rappresentazioni che essa trae da questo mondo dei sensi come l’unica possibile. Ed è anzi più che naturale; è necessario. La vita dell’anima non arriverebbe mai alla sua clausura interiore, alla necessaria sua stabilità, se non sviluppasse nel mondo dei sensi una coscienza che sotto un dato rapporto vive in rappresentazioni rigide strettamente obbligate. Per mezzo di tutto ciò che la convivenza con il mondo dei sensi può dare all’anima, questa si trova poi in grado di entrare nel mondo elementare in modo da non perdere in questo la sua indipendenza, la chiusa intimità del suo essere. Occorre acquistarsi il rafforzamento, il concentramento della vita dell’anima perchè all’entrata nel mondo elementare questa indipendenza non sussista soltanto come proprietà incosciente dell’anima, ma possa venire nettamente conservata anche nella coscienza. Se l’anima è troppo debole per lo sperimentare cosciente del mondo elementare, allora all’atto della sua entrata in quest’ultimo l’indipendenza sua svanisce, come svanisce un pensiero troppo debolmente impresso nell’anima per continuare a vivere come preciso ricordo. In verità l’anima allora non può comunque entrare con la sua coscienza nel mondo supersensibile. Da quell’entità che vive in lei e che si può indicare come «Guardiano della Soglia» essa viene sempre ricacciata nel mondo dei sensi, quando tenta di entrare nel mondo supersensibile. E se nondimeno ha, per così dire, assaggiato di quel mondo in modo, che dopo la sua ricaduta nel mondo dei sensi, essa conservi nella coscienza qualcosa dei mondi supersensibili, un bottino siffatto, portato da altra sfera, determina allora spesso confusione della vita immaginativa. È assolutamente impossibile cadere in tale confusione se si coltiva in modo adeguato con speciale cura il sano discernimento, così come lo si può acquistare nel mondo dei sensi. Per mezzo di siffatto rinvigorimento del discernimento viene sviluppato il giusto rapporto dell’anima con i processi e gli esseri dei mondi supersensibili. Per vivere infatti coscientemente in questi mondi occorre una tendenza dell’anima che non può svilupparsi nel mondo dei sensi con quella forza con cui si presenta nei mondi supersensibili. È la tendenza a darsi a ciò che si sperimenta. Bisogna sommergersi nell’esperienza, bisogna unificarsi con essa; bisogna poter far ciò fino a tale grado da vedere sè stessi fuori della propria entità e sentirsi dentro all’altro essere. Si compie una trasformazione della propria entità in quella dell’altra, con la quale si ha l’esperienza. Se non si ha questa capacità di trasformazione non si può sperimentare niente di vero nei mondi supersensibili. Perchè ogni sperimentare consiste nel rendersi coscienti del seguente sentimento: «ora sei trasformato in «questo speciale modo», sei dunque in piena vita unito a un essere che per mezzo della sua natura trasforma la tua in «questo modo». Questo autotrasformarsi, questo sentire sè stessi in altro entità, è vivere nei mondi supersensibili. Con questo vivere in loro s’imparano a conoscere le entità e i processi di questi mondi. In questa guisa si osserva, come con un’entità, ci si trovi in questo o in quel modo affini, e come da un’altra ci si trovi invece per la propria natura più lontani. Si presentano gradazioni di esperienze dell’anima le quali – specialmente per il mondo elementare – si devono indicare come simpatie e antipatie. L’incontro, per esempio, con una entità o con un processo del mondo elementare ci fa sentire in modo, che sorge nell’anima un’esperienza, che si può indicare come simpatia. In questa esperienza di simpatia si riconosce la natura dell’entità o del processo elementare. Ma non ci si deve immaginare che vada tenuto conto delle esperienze di simpatia o di antipatia soltanto nei riguardi della loro forza, del loro grado. Nelle esperienze di simpatia o di antipatia nel mondo fisico dei sensi succede, infatti, in certo modo, che si parli soltanto di una simpatia o di una antipatia più forte o più debole. Nel mondo elementare le simpatie e le antipatie non vanno distinte solo per la loro forza, ma piuttosto così come, per esempio, nel mondo dei sensi si distinguono i colori fra di loro. Come si ha un mondo sensibile multicolore così si può avere un mondo elementare svariatamente simpatico o antipatico.
Anche di questo va tenuto conto, che «l’antipatico» nel regno elementare non dà nessun sapore di ripugnanza interiore; si può ivi soltanto indicare come antipatica una qualità dell’entità o del processo elementare, che sta a un dipresso nello stesso rapporto con una qualità simpatica di un altro processo o essere, come nel mondo dei sensi il colore turchino sta a quello rosso.
Si potrebbe parlare di un «senso» che l’uomo è capace di destare nel suo corpo eterico per il mondo elementare. Questo senso è capace di percepire simpatie e antipatie nel mondo elementare come l’occhio nel mondo dei sensi percepisce i colori e l’orecchio i suoni. E come nel mondo dei sensi un oggetto è rosso e l’altro è turchino, così le entità del mondo elementare sono tali, che una irradia nella visuale spirituale questo genere di simpatia, e l’altra quel genere di antipatia.
Questo sperimentare del mondo elementare per mezzo di simpatie non è, a sua volta, cosa che sussista solo per l’anima destata alla chiaroveggenza; sussiste sempre per ogni anima umana; appartiene all’essenza dell’anima umana. Ma nella vita ordinaria dell’anima la conoscenza di questa essenza dell’uomo non è elaborata. L’uomo porta in sè il suo corpo eterico e per mezzo di questo è collegato in cento modi con esseri e processi del mondo elementare. In un momento della sua vita si trova intessuto in un dato modo con simpatie o antipatie nel mondo elementare; in un altro momento in un modo diverso.
Ma l’anima non può vivere sempre come essere eterico in guisa che in esso simpatie e antipatie operino in modo chiaramente manifesto. Come nel mondo dei sensi lo stato di veglia deve alternarsi con quello di sonno, così nel mondo elementare allo sperimentare delle simpatie e delle antipatie deve contrapporsi un’altra condizione. L’anima può sottrarsi a tutte le simpatie e antipatie e sperimentare in sè solo sè stessa, osservare e sentire soltanto il proprio essere. Questo sentimento anzi può raggiungere tale intensità che si può parlare di una «Volizione» della propria entità. Si tratta allora di uno stato della vita dell’anima che non si può facilmente descrivere, perchè nella sua natura pura e primitiva è di tale specie che nel mondo dei sensi non vi è altro che vi assomigli se non il forte, netto, sentimento dell’Io o di sè dell’anima. Per il mondo elementare si può descrivere questo stato dicendo che l’anima, di fronte alla necessaria sua dedizione alle esperienze di simpatia e di antipatia, sentiva la spinta di dire a sè stessa: «io voglio essere anche soltanto per me, soltanto in me». E per mezzo di una specie di sviluppo di volontà l’anima si sottrae allo stato di dedizione alle esperienze elementari di simpatia ed antipatia. Per il mondo elementare questo vivere in sè stesso è in certo modo lo stato di sonno: mentre l’abbandonarsi ai processi e alle entità è lo stato di veglia. – Quando l’anima umana è desta nel mondo elementare e sviluppa la volontà di sperimentar sè stessa, ossia sente il bisogno del «sonno elementare», questo le può venire col suo ritirarsi con sentimento di sè completamente sviluppato nello stato di veglia dello sperimentare dei sensi. Perchè questo sperimentare nel mondo dei sensi impregnato dal sentimento di sè è appunto il sonno elementare. Esso consiste nel distaccarsi dell’anima dalle esperienze elementari. È letteralmente vero che per la coscienza chiaroveggente la vita dell’anima nel mondo materiale è un sonno spirituale.
Quando il risveglio nel mondo supersensibile si verifica in una chiaroveggenza umana giustamente sviluppata, il ricordo delle esperienze dell’anima nel mondo dei sensi perdura. E questo ricordo deve perdurare, altrimenti nella coscienza chiaroveggente si troverebbero bensì gli altri esseri e processi, ma non la propria entità. Non avremmo allora alcuna conoscenza di noi; noi stessi non vivremmo spiritualmente; nell’anima nostra vivrebbero gli altri esseri e processi. Se si riflette a ciò si comprenderà, che la chiaroveggenza giustamente evoluta debba dare gran valore all’educazione di un forte «sentimento dell’Io». In questo sentimento dell’Io non si sviluppa con la chiaroveggenza nulla che per mezzo di essa penetri per la prima volta nell’anima; s’impara invece soltanto a conoscere ciò che sempre sussiste nelle profondità dell’anima, ma di cui la vita ordinaria di essa, che scorre nel mondo dei sensi, rimane incosciente.
Il forte «sentimento dell’Io» non sussiste per mezzo del corpo eterico come tale, bensì per mezzo dell’anima, che sperimenta sè stessa nel corpo fisico materiale. Se dal suo sperimentare nel mondo dei sensi l’anima non lo porta seco nello stato chiaroveggente, allora essa si accorgerà di non essere sufficientemente equipaggiata per lo sperimentare nel mondo elementare.
Per la coscienza umana, nel mondo dei sensi, è essenziale che il sentimento di sè dell’anima (il suo sperimentare dell’Io) sebbene necessario sia tuttavia smorzato. L’anima ha così la possibilità di sperimentare nel mondo dei sensi l’educazione alla più nobile delle forze morali, alla compassione. Se il forte sentimento dell’Io s’intromettesse nelle esperienze coscienti dell’anima nel mondo dei sensi, allora le tendenze e le rappresentazioni morali non si potrebbero evolvere in giusto modo. Non potrebbero fruttare l’amore. La tendenza a darsi, propria del mondo elementare, non deve giudicarsi uguale a ciò che nello sperimentare umano si indica come amore. Nel mondo elementare la dedizione di sè stessi consiste nello sperimentare sè stessi nell’altro essere o processo; l’amore invece, è uno sperimentare dell’altro nella anima propria. Per arrivare a sviluppare questa esperienza occorre che nell’anima sia in certo qual modo teso un velo sopra il sentimento di sè (esperienza dell’Io) che esiste nelle suo profondità; e l’anima che è smorzata nelle sue proprie forze sente sorgere in sè così i dolori e le gioie dell’altro essere; germina l’amore dal quale la vera moralità nasce nella vita dell’uomo. L’amore è per l’uomo il frutto più importante dello sperimentare nel mondo dei sensi. Se si approfondisce l’essenza dell’amore, della compassione, si palesa in questi il modo come lo Spirito si esplica nella sua realtà nel mondo dei sensi. È stato detto qui che il trasfondersi è proprio della natura del supersensibile. Quando lo Spirito si trasforma nell’uomo materiale fisico vivente, in modo da smorzare il sentimento dell’Io e rivivere come amore, allora questo elemento spirituale rimane fedele alle sue proprie leggi elementari. Si può dire che con la coscienza chiaroveggente l’anima umana si risveglia nel mondo dello Spirito; si deve però dire pure, che nell’amore lo Spirito si risveglia nel mondo dei sensi. Dove l’amore, la compassione, si agitano nella vita, si sente il soffio magico dello Spirito che compenetra il mondo dei sensi. – Perciò la chiaroveggenza giustamente evoluta non può mai attutire la compassione, l’amore. E quanto più l’anima si familiarizza giustamente nei mondi spirituali, tanto più essa sente che la mancanza di amore, di compassione, è un rinnegamento dello Spirito stesso.
Le esperienze della coscienza che diviene chiaroveggente presentano, in ordine al già detto, delle peculiarità affatto speciali. Mentre il sentimento dell’Io – che però è necessario per lo sperimentare nei mondi supersensibili – si smorza facilmente, e spesso si mantiene come un debole ed evanescente ricordo, i sentimenti dell’odio, della indifferenza invece, si pongono davanti all’anima come rimproveri viventi, diventano immagini orribilmente efficaci; diventano stimoli immorali a forti esperienze nell’anima; proprio dopo l’entrata nel mondo supersensibile. Per non essere da esse tormentata, la coscienza chiaroveggente ricorre allora spesso al partito di cercare forze spirituali attorno a sè, che diminuiscano le impressioni di queste immagini. Così però l’anima si compenetra di queste forze, le quali esercitano azione dannosa sulla chiaroveggenza acquistata. Esse scacciano questa dalle regioni buone del mondo dello Spirito e la dirigono verso quelle cattive.
D’altra parte il vero amore, la giusta benevolenza dell’anima sono anche esperienze dell’anima tali, che rinvigoriscono le forze della coscienza nella direzione necessaria per l’entrata nella chiaroveggenza. Quando vien detto che l’anima ha bisogno di una preparazione prima di poter fare esperienze nel mondo supersensibile, si deve aggiungere che, fra i varii mezzi di preparazione, vanno annoverate anche la vera capacità dell’amore, la disposizione alla vera benevolenza umana e alla compassione.
Un sentimento dell’Io oltremodo sviluppato agisce nel mondo dei sensi in opposizione alla moralità. Un sentimento dell’Io troppo debolmente sviluppato fa sì che l’anima, che viene effettivamente assalita dalle tempeste delle simpatie e antipatie elementari, rimane priva della sicurezza e dell’intimità interiore.
Queste possono sussistere soltanto se un sentimento dell’Io sufficientemente forte esercita dalle esperienze sensibili materiali la sua azione nel corpo eterico, di cui la vita ordinaria non è cosciente. All’evoluzione di una disposizione dell’anima realmente morale è tuttavia necessario che questo sentimento dell’Io, che pur deve esistere, sia nondimeno temperato dalle tendenze alla compassione e all’amore.
Del limite fra il mondo dei sensi e i mondi supersensibili.
Per la conoscenza dei rapporti fra i vani mondi va tenuto conto che una forza, che deve sviluppare in un mondo un’azione conforme allo spirito dell’ordinamento dell’Universo, può, quando venga a svilupparsi in un altro mondo, rivolgersi poi contro questo ordinamento stesso. È dunque necessario all’essere dell’uomo che sussistano nel suo corpo eterico le due forze opposte: la capacità di trasformarsi in altre Entità e il forte sentimento dell’Io, o di Sè. Entrambe queste forze dell’anima umana non possono venire sviluppate dall’anima nell’esistenza sensibile senza rimanere attutite. Nel mondo elementare esse esistono in modo, che per mezzo del loro reciproco compenso, rendono possibile l’entità umana, così come nel mondo dei sensi sonno e veglia rendono possibile la vita umana. Il rapporto fra due forze opposte siffatte non può mai essere tale, che una estingua l’altra, ma invece deve essere tale, che arrivino ambedue ad evolversi e esercitino una scambievole azione compensatrice. Orbene, il sentimento dell’Io e la capacità trasformatrice possono scambievolmente esercitare la loro azione nel suaccennato modo soltanto nel mondo elementare; nel mondo materiale, nel senso dell’ordinamento dell’Universo può agire soltanto la risultante del reciproco rapporto e concorso delle due forze. Se il grado di capacità trasformatrice che l’uomo deve avere nel suo corpo eterico esercitasse azione nel mondo dei sensi, l’uomo si sentirebbe psichicamente qualcosa, che giusta al suo corpo fisico non è.
Il corpo fisico imprime all’uomo nel mondo materiale un conio fisso per il quale si trova posto in questo mondo come un essere di determinata personalità. Non così si trova egli collocato col suo corpo eterico nel mondo elementare. In questo, per poter essere uomo in tutto il senso della parola, egli deve potere assumere le forme più svariate. Se ciò gli riuscisse impossibile sarebbe condannato nel mondo elementare al completo isolamento; non potrebbe avere cognizione di altro che di sè; non si sentirebbe affine a nessun essere e a nessun processo. Questo però in quel mondo equivarrebbe al fatto, che i suoi esseri e i suoi processi non esisterebbero per un cotal uomo. – Se l’anima umana però sviluppasse nel mondo dei sensi la capacità trasformatrice che le è necessaria pel mondo elementare verrebbe a perdere la personalità del suo essere. Un’anima tale vivrebbe in contradizione con sè stessa. Nel mondo fisico la capacità di trasformazione deve essere una forza latente nelle profondità dell’anima; una forza che dà all’anima la sua disposizione fondamentale che però non arriva a svilupparsi nel mondo dei sensi. La coscienza chiaroveggente deve familiarizzarsi con la capacità trasformatrice; se non fosse capace di farlo non potrebbe compiere nessuna osservazione nel mondo elementare. Così la coscienza chiaroveggente viene ad acquistare una capacità che deve esplicare soltanto finché sa di essere nel mondo elementare, ma che deve reprimere non appena ritorni nel mondo dei sensi. La coscienza chiaroveggente deve sempre rispettare il confine fra i due mondi. Non deve operare nel mondo dei sensi con le facoltà adatte a un mondo supersensibile. Se l’anima, quando sa di essere nel mondo dei sensi, permettesse alla capacità trasformatrice del suo corpo eterico di continuare ad agire, la coscienza ordinaria si riempirebbe di rappresentazioni che nel mondo dei sensi non corrispondono ad alcuna entità. Ne deriverebbe confusione nella vita delle rappresentazioni dell’anima. Il rispetto del confine fra i mondi è premessa necessaria alla giusta attività della coscienza chiaroveggente. – Chi vuole acquistare la coscienza chiaroveggente deve aver cura, che, per mezzo della conoscenza di mondi supersensibili, non s’insinui nella sua coscienza ordinaria nulla che la turbi. Quando si impara a conoscere il «Guardiano della Soglia» si viene con ciò a sapere lo stato dell’anima nel mondo dei sensi, quanta forza abbia per scacciare dalla coscienza fisico-materiale quelle forze e capacità dei mondi supersensibili che in essa coscienza non devono agire. Se si penetra nel mondo supersensibile senza l’autoconoscenza acquistata per mezzo del «Guardiano della Soglia» si può rimanere sopraffatti dalle esperienze di quel mondo. Queste esperienze possono penetrare nella coscienza fisico-materiale come immagini illusorie. Assumono allora il carattere di percezioni sensorie; e la conseguenza naturale è che l’anima le prende per reali, mentre non lo sono. La chiaroveggenza giustamente evoluta non considererà mai le immagini del mondo elementare come realtà, nello stesso senso come la coscienza fisico-sensibile deve considerare realtà le esperienze del mondo dei sensi. Le immagini del mondo elementare vengono collocate nel loro giusto rapporto con la realtà a cui corrispondono soltanto per mezzo della capacità trasformatrice dell’anima.
Anche la seconda forza necessaria al corpo eterico – il forte sentimento dell’Io – non deve nel mondo materiale intromettersi nella vita dell’anima nel modo, che le è proprio nel mondo elementare. Se nondimeno così s’intromette diventa allora la sorgente nel mondo materiale delle tendenze immorali, in quanto queste dipendano dall’egoismo. La Scienza dello Spirito a questo punto della sua osservazione del mondo trova l’origine del «Male» nell’agire umano. Sarebbe disconoscere l’ordinamento del Mondo, se ci si abbandonasse all’idea che questo ordinamento possa ugualmente sussistere senza le forze che sono la sorgente del male. Se queste forze non vi fossero, l’entità eterica dell’uomo non potrebbe arrivare ad evolversi nel mondo elementare. Queste forze sono assolutamente forze buone, quando sono operose soltanto nel mondo elementare; fanno nascere il male per il fatto, che esse non rimangono tranquille nelle profondità dell’anima, da lì regolando il rapporto dell’uomo con il mondo elementare, ma vengono invece trapiantate nello sperimentare dell’anima nel mondo sensibile e si trasformano così in impulsi d’egoismo. Agiscono allora contro alla capacità di amore e diventano perciò appunto origini di azioni immorali.
Se il forte sentimento dell’Io passa dal corpo eterico in quello fisico produce, non solo un rafforzamento dell’egoismo, ma anche un indebolimento del corpo eterico. La coscienza chiaroveggente deve faro la scoperta che, all’atto di entrare nel mondo supersensibile, il necessario sentimento dell’Io è di tanto più debole, di quanto nella vita del mondo sensibile l’egoismo è più forte. L’egoismo non rende l’uomo forte nelle profondità della sua anima, ma lo rende debole. – E quando l’uomo varca la porta della morte, allora l’azione dell’egoismo sviluppato nella vita fra nascita e morte si presenta in modo, che rende l’anima debole per le esperienze del mondo supersensibile.
Delle entità dei Mondi dello Spirito.
Se l’anima penetra con coscienza chiaroveggente nel mondo supersensibile impara in questo a conoscere sè stessa in un modo, di cui nel mondo dei sensi non può avere idea. Essa trova che per mezzo della sua capacità di trasformazione impara a conoscere degli esseri, i quali hanno con lei un grado più o meno grande di affinità; ma si avvede pure che nel mondo supersensibile incontra degli esseri con i quali non soltanto è affine, ma con cui deve anche paragonarsi per imparare a conoscere sè stessa. E fa inoltre l’osservazione che questi esseri nei mondi supersensibili sono divenuti ciò che essa stessa è divenuta per mezzo delle sue esperienze e delle sue vicende nel mondo dei sensi. Nel mondo elementare si presentano davanti all’anima umana degli esseri i quali hanno evoluto dentro a quel mondo forze e capacità che l’uomo stesso può sviluppare soltanto se, oltre al suo corpo eterico e agli altri arti del suo essere, porta seco anche il corpo fisico. Gli esseri dei quali si fa qui cenno non hanno un corpo fisico materiale siffatto. Si sono evoluti in modo che per mezzo del loro corpo eterico hanno una entità psichica che l’uomo ha per mezzo del corpo fisico. Sebbene fino a un certo grado siano esseri simili all’uomo si differenziano tuttavia da lui per il fatto, che non sono soggetti alle condizioni del mondo dei sensi. Essi non hanno i sensi come li ha l’uomo. La loro sapienza è simile a quella degli uomini; però non l’hanno acquistata per mezzo dei sensi, ma come da un ascendere delle loro rappresentazioni e delle altre esperienze della loro anima dalle profondità del loro essere. La loro vita interiore giace come riposta in essi, ed essi la traggono fuori dalle profondità delle loro anime, come l’uomo trae le rappresentazioni della memoria dalle profondità della sua anima.
L’uomo impara così a conoscere degli esseri, i quali sono diventati nel mondo supersensibile ciò che egli può diventare nel mondo dei sensi. A questo riguardo questi esseri stanno un gradino al di sopra dell’uomo nell’ordinamento dei mondi, sebbene essi possano nel senso suaccennato essere detti simili a lui. Formano un regno di esseri al di sopra dell’uomo, una gerarchia che nella graduatoria degli esseri sta al di sopra di lui. Il loro corpo eterico, non ostante l’affinità, è differente dal corpo eterico dell’uomo. Mentre l’uomo, per le simpatie e antipatie del suo corpo eterico, si trova contessuto nel corpo vitale supersensibile della Terra, queste Entità non sono legate alla Terra con la vita della loro anima.
Se l’uomo osserva ciò che queste Entità sperimentano per mezzo del loro corpo eterico trova che non hanno esperienze simili a quelle che egli ha nella propria anima. Esse hanno il pensiero; hanno sentimenti e una volontà. Ma per mezzo del corpo eterico esse sviluppano qualcosa, che l’uomo può sviluppare soltanto per mezzo del corpo fisico. Per mezzo del loro corpo eterico esse arrivano ad avere una coscienza del loro proprio essere. L’uomo nulla potrebbe sapere delle Entità supersensibili se non portasse seco nei mondi supersensibili ciò che di forze egli ha acquistato nel corpo fisico sensibile. – La coscienza chiaroveggente impara a conoscere queste Entità perchè acquista la capacità di osservare con l???aiuto del corpo eterico umano. Questa coscienza chiaroveggente solleva l’anima umana nel mondo nel quale queste Entità hanno la loro dimora e il loro campo di azione. Soltanto quando l’anima sperimenta sè stessa in quel mondo sorgono nella sua coscienza delle immagini (rappresentazioni), le quali le procurano la conoscenza di questi esseri. Perchè queste Entità non hanno presa diretta nel mondo fisico e neppure nel corpo fisico materiale umano. Esse non esistono per le esperienze che possono, venir fatto per mezzo di questo corpo. Sono esseri spirituali (supersensibili) i quali, in certo modo, non fanno parte del mondo dei sensi. Se l’uomo non osserva il limite fra il mondo sensibile e quello supersensibile può succedere che egli faccia penetrare nella sua coscienza fisico-materiale delle immagini supersensibili, che non sono la vera espressione per questi esseri. Queste immagini sorgono perchè l’uomo sperimenta le entità luciferiche e arimaniche, le quali, invero, sono affini alle entità supersensibili appunto descritte, ma, contrariamente ad esse, hanno trasferito la loro dimora e il loro campo di azione nel mondo che l’uomo percepisce come mondo dei sensi.
Quando l’uomo, per mezzo della coscienza chiaroveggente, contempla dai mondi supersensibili le entità luciferiche e arimaniche, dopo che egli ha imparato con l’esperienza del «Guardiano della Soglia» a rispettare giustamente il limite fra quel mondo e l’esistenza materiale, allora egli impara a conoscere questi esseri nella loro realtà. Impara a distinguerli dagli altri esseri spirituali, i quali sono rimasti nel campo d’azione rispondente alla loro natura. La Scienza dello Spirito deve descrivere le Entità luciferiche e arimaniche da questo punto di vista. Si palesa allora che il campo di azione rispondente alle entità luciferiche non è quello fisico materiale, ma, sotto un certo rapporto, è il mondo elementare. Quando penetra nell’anima umana ciò che nel mondo elementare emerge come immagini dalle maree del medesimo e queste immagini esercitano azione vivificante nel corpo eterico dell’uomo senza assumere nell’anima esistenza illusoria, l’essere luciferico può allora essere presente in queste immagini senza che le sue azioni cozzino con l’ordinamento del mondo. Questa Entità luciferica esercita allora azione liberatrice sull’anima umana; solleva questa al di sopra della sua condizione impigliata nel mondo dei sensi. Quando però l’anima umana introduce nel mondo fisico materiale la vita che soltanto nel mondo elementare essa dovrebbe sviluppare; quando nel corpo fisico lascia soggiacere il suo sentimento all’influenza di simpatie e antipatie che dovrebbero dominare soltanto nel corpo eterico, allora la natura luciferica, per mezzo di quest’anima, acquista un’influenza che si oppone all’ordinamento generale dell’Universo. Questa influenza si trova ovunque agisca, nelle simpatie ed antipatie del mondo dei sensi, una forza diversa da quell’amore, che è partecipazione col sentimento alla vita di altro essere esistente nel mondo materiale. Questo essere può venire amato perchè si palesa a chi l’ama con una o con un’altra qualità; in questo caso nulla dell’elemento luciferico potrà intromettersi nell’amore. L’amore che si basa su quelle qualità dell’essere amato che si manifestano nell’esistenza materiale, si mantiene libero dall’impronta luciferica. L’amore che ha la sua base, non come si è detto nell’essere amato, bensì in colui che ama, tende verso l’influenza luciferica. Un essere che si ama, perchè dotato di qualità verso le quali le nostre inclinazioni tendono per natura, viene amato con quella parte dell’anima che è accessibile all’elemento luciferico. – Non si dovrebbe dunque mai dire che l’elemento luciferico sia in qualsiasi circostanza un male. Perchè i processi o le Entità dei mondi supersensibili vanno amati dall’anima umana nel senso dell’elemento luciferico; mentre è soltanto quando si volgo verso l’elemento materiale quella specie di amore con la quale ci si dovrebbe sentire attratti al supersensibile, che si cozza contro l’ordinamento dell’Universo. L’amore per il supersensibile provoca con ragione in colui che ama un accresciuto sentimento di sè; l’amore che si cerca nel mondo dei sensi per ottenere un siffatto accresciuto sentimento di sè corrisponde ad una tentazione luciferica. L’amore per la spiritualità, se cercato per volontà propria, ha effetto liberatore; l’amore per ciò che è materiale, se ricercato a pro’ del proprio Sè, non ha effetto liberatore, anzi, la soddisfazione che per mezzo di esso si consegue, produce dei vincoli per il Sè.
Le entità arimaniche operano nei riguardi dell’anima pensante come le luciferiche nei riguardi dell’anima senziente. Vincolano il pensiero al mondo dei sensi. Lo distolgono dal fatto che tutti i pensieri hanno significato soltanto quando si presentano come parte del grande ordinamento mentale del mondo che non può venir trovato nell’esistenza materiale. Nel mondo nel quale la vita dell’anima umana è intessuta l’elemento arimanico deve esistere come necessario contrappeso a quello luciferico. Senza l’elemento luciferico, l’anima passerebbe trasognata la sua vita nelle osservazioni dell’esistenza materiale e non sentirebbe nessuno stimolo a sollevarsi al di sopra di essa. Senza la contraria azione dell’elemento arimanico, l’anima cadrebbe sotto l’influenza luciferica; apprezzerebbe poco l’importanza del mondo materiale, sebbene abbia in quello una parte delle condizioni a lei necessarie di esistenza. Non vorrebbe saper nulla del mondo materiale. L’elemento arimanico ha nell’anima umana giusta importanza quando conduce ad una familiarità con il mondo materiale ad esso adeguata, cioè, quando si accetta questo mondo per quello che è, e se ne può anche fare a meno in tutto ciò che conformemente alla sua natura deve in esso essere transitorio. È affatto impossibile dire che si può evitare di soccombere all’elemento luciferico e arimanico, estirpandoli da noi. Se si estirpasse, per esempio, l’elemento luciferico da noi, non potremmo più aspirare con la nostra anima al supersensibile; se si estirpasse l’elemento arimanico non potremmo più valutare il mondo materiale nel suo pieno significato. Ci si pone nel corretto rapporto con uno di questi elementi se ad esso si procura il giusto contrappeso nell’altro.
Tutti gli effetti dannosi di queste entità cosmiche derivano dal solo fatto, che a volte si palesano senza trovar limite alla loro azione e non vengono dalle forze opposte ricondotte a giusta armonia.
Delle Entità Cosmiche Spirituali.
Quando la coscienza chiaroveggente rivive nel mondo elementare vi trova degli esseri, i quali possono in esso sviluppare una vita, che l’uomo si acquista soltanto nel mondo dei sensi. Questi esseri non percepiscono il loro Sè – il loro Io – come l’uomo lo percepisce nel mondo dei sensi; essi, assai più di quel che non faccia l’uomo, compenetrano questo Sè della loro volontà; essi vogliono sè stessi. Essi sentono la loro esistenza come cosa che per loro volontà danno a sè stessi. In ordine al pensare invece essi non hanno il senso di produrre i loro pensieri come li produce l’uomo; sentono tutti i loro pensieri come ispirazioni, come cosa che non è in loro, ma che è nel mondo e dal mondo irradia nel loro essere. Per questi esseri perci?? non può mai nascere dubbio che i loro pensieri non siano il riflesso dell’ordinamento mentale versato sul mondo. Essi non pensano pensieri proprii; essi pensano i pensieri cosmici. Con il loro pensiero queste Entità vivono nei pensieri dell’Universo, ma vogliono sè stesse. La loro vita senziente è conformata in corrispondenza a questo loro volere e pensare. Esse si sentono arti dell’insieme dell’Universo; e sentono la necessità di volere sè stesse in modo da corrispondere a questo assieme del Cosmo.
Se l’anima chiaroveggente si familiarizza con il mondo di queste Entità arriva a formarsi la rappresentazione naturale del proprio pensare, sentire e volere. Queste facoltà dell’anima umana non potrebbero, nel mondo elementare, svilupparsi nel corpo eterico dell’uomo. Il volere umano resterebbe nel mondo elementare una debole forza come di sogno, il pensiero umano un mondo evanescente e fugace di rappresentazioni. Un sentimento dell’Io, insomma, non vi potrebbe nascere. Per tutto ciò occorre all’uomo essere rivestito di corpo fisico.
Quando l’anima umana chiaroveggente ascende dal mondo elementare al vero mondo dello Spirito sperimenta sè stessa in condizioni che distano da quelle del mondo materiale ancora più di quelle elementari. Nel mondo elementare vi è molto ancora che ricorda il mondo materiale. Nel mondo spirituale ci si trova di fronte a condizioni completamente nuove. In esso non si riesce a nulla se si hanno soltanto le rappresentazioni che si possono acquistare nel mondo dei sensi. Nondimeno come anima umana bisogna rafforzare nel mondo sensibile la vita interiore in modo da trasportare seco da questo mondo in quello spirituale ciò che renda possibile la dimora in quest’ultimo. Se non portassimo questa vita rafforzata dell’anima con noi nel mondo dello spirito vi perderemmo senz’altro la coscienza. Vi potremmo stare soltanto a un dipresso come una pianta sta nel mondo materiale. Come anima umana bisogna portare seco nel mondo spirituale tutto ciò che nel mondo materiale non esiste, ma dà nondimeno prova di esistere. Bisogna potersi formare nel mondo materiale delle rappresentazioni alle quali bensì esso mondo è stimolo, ma che non corrispondono direttamente a nessuna cosa o processo del medesimo. Tutto ciò che ritrae una qualsiasi cosa del mondo sensibile, o che rappresenta un qualsiasi processo materiale, non ha importanza nel mondo spirituale. Ciò che si potrebbe percepire coi sensi, che si potrebbe illustrare con i concetti che s’impiegano nel mondo materiale non esiste nel mondo dello Spirito. All’atto di entrare nel mondo dello Spirito bisogna in certo modo abbandonare tutto ciò a cui rappresentazioni materiali possano applicarsi. Le rappresentazioni invece che nel mondo materiale si sono formate in modo, da non corrispondere a nessuna cosa o processo materiale, rimangono presenti nell’anima quando essa penetra nel mondo spirituale. Fra queste rappresentazioni ve ne possono naturalmente essere di quelle formate sull’errore. Quando queste ultime si trovano nella coscienza all’atto di entrare nel mondo spirituale si rivelano per la loro stessa natura come non pertinenti ad esso. Agiscono in modo che imprimono nell’anima lo stimolo di ritornare nel mondo materiale o in quello elementare a rimpiazzarvi le rappresentazioni errate con quelle giuste. A ciò invece che in fatto di rappresentazioni giuste l’anima introduce seco nel mondo spirituale muove incontro da questo mondo un qualcosa di affine; l’anima, nel mondo spirituale, sente che ivi sono Entità, le quali in tutto l’intimo loro essere sono così come soltanto i pensieri sono nel proprio Sè. Queste Entità hanno un corpo, che si può chiamare corpo mentale. In questo corpo mentale queste Entità sperimentano sè stesse come indipendenti, come l’uomo si sperimenta indipendente nel mondo materiale. Delle rappresentazioni che l’uomo si acquista alcuni pensieri impregnati da sentimenti sono specialmente adatti a rinforzare la vita dell’anima in modo, che essa possa ricevere l’impressione delle Entità del mondo spirituale. Quando il senso della devozione, come deve essere sviluppata per la capacità trasformatrice nel mondo elementare, diviene così intensificato che in questa devozione l’essere estraneo in cui ci si trasforma non viene percepito soltanto come simpatico o antipatico, ma viene percepito in modo, che esso possa rivivere con le sue caratteristiche nell’anima che a lui si abbandona, allora si affaccia la facoltà di percezione per il mondo spirituale. Allora un essere spirituale parla, in certa qual guisa, all’anima in un modo, un altro, in altro modo. E nasce una corrispondenza spirituale costituita da un linguaggio mentale. Si sperimentano pensieri; ma si sa, che nei pensieri si sperimentano delle Entità. Vivere in Entità, le quali non si esprimono soltanto in pensieri, ma che con il proprio essere sono presenti nei pensieri, significa vivere coll’anima nel mondo spirituale.
Di fronte alle Entità del mondo elementare l’anima ha il senso, che queste Entità ricevono l’irradiazione dei pensieri cosmici nel proprio essere e che vogliono sè stesse in conformità di questo pensiero cosmico che in esse irradia.
Di fronte alle Entità che non hanno bisogno di scendere nel mondo elementare per arrivare a ciò a cui l’uomo arriva soltanto nel mondo dei sensi, ma che raggiungono già questo gradino di esistenza nel mondo spirituale, l’anima umana ha il senso, che queste Entità sono costituite completamente di sostanza mentale, che i pensieri cosmici non solo irradiano in esse, bensì che le Entità stesse col proprio essere vivono in questo tessuto mentale. Esse permettono completamente ai pensieri cosmici di pensare viventemente in esse. La loro vita scorre nella percezione del linguaggio mentale cosmico. E il loro volere consiste nel fatto, che possono manifestare sè stesse in pensieri. E questa loro esistenza mentale reagisce essenzialmente sul mondo. Pensieri che sono Entità parlano con altri pensieri che sono pure Entità.
La vita mentale umana è il riflesso di questa vita di esseri mentali spirituali. Nel tempo che trascorre per l’anima umana fra la morte e una nuova nascita essa anima è intessuta in questa vita di esseri mentali come nel mondo materiale è intessuta nell’esistenza fisica. Quando l’anima con la nascita (o per mezzo della concezione) entra nell’esistenza materiale, l’Entità mentale permanente dell’anima agisce in modo che forma, ispira il destino di quest’anima. Nel destino umano ciò che dell’anima è rimasto dalle vite terrene che hanno preceduto la vita attuale esercita azione uguale a quella che i puri esseri mentali viventi esercitano nel mondo.
Quando la coscienza chiaroveggente entra in questo mondo – spirituale – degli esseri mentali viventi, si sente rispetto al mondo materiale in rapporti completamente nuovi. Nel mondo spirituale questo mondo materiale le sta di fronte come un «altro mondo», nello stesso modo come il mondo spirituale le sta di fronte in quello materiale come un altro mondo. Ma per la visione spirituale questo mondo materiale ha perduto tutto ciò che di esso può essere percepito nell’esistenza dei sensi. Tutte le qualità che possono venire comprese coi sensi o con l’intelligenza collegata ai sensi sono come sparite. Al contrario, dal punto di vista del mondo spirituale, riesce palese che la natura vera, originaria del mondo materiale è essa stessa spirituale. Davanti allo sguardo dell’anima che osserva dal mondo spirituale, al posto del mondo materiale che essa prima vedeva, si presentano delle Entità spirituali, che svolgono la loro attività, e precisamente in modo, che dal confluire di queste attività nasce il mondo, il quale, considerato per il tramite dei sensi, diventa appunto quel mondo, che l’uomo ha davanti a sè durante la sua propria esistenza materiale. Osservate dal mondo spirituale, le qualità, le forze e le sostanze ecc. del mondo materiale spariscono; si rivelano come semplice parvenza. Guardando da quel mondo non si hanno più davanti a sè che delle Entità. In queste Entità risiede la vera realtà.
Parimenti succede col mondo elementare. Anche da questo, quando lo si osserva dal mondo spirituale, sparisce ciò che non sia Entità. E l’anima sente che anche in quel mondo ha da fare con Entità le quali, facendo confluire le loro attività, determinano l’apparire di un’esistenza, che vista per mezzo degli organi della simpatia e dell’antipatia appare appunto come esistenza elementare.
Una parte essenziale del familiarizzarsi coi mondi supersensibili è costituita dal fatto, che al posto delle condizioni e qualità che la coscienza ha intorno a sè nel mondo dei sensi, subentrano delle Entità. Il mondo supersensibile si manifesta in ultima analisi come un mondo di Entità, e ciò che esiste oltre a queste Entità si manifesta come espressione delle azioni di queste Entità. Ma anche il mondo materiale e il mondo elementare appaiono come azioni delle Entità spirituali.
Del primo germe del corpo fisico umano.
In un passo di questo scritto già è stato parlato di un’esistenza lunare e di un’esistenza solare che hanno preceduto l’esistenza terrestre. È soltanto nell’esistenza lunare che la coscienza chiaroveggente trova ancora delle impressioni che ricordano le impressioni della vita terrestre. Ma impressioni siffatte non si possono più avere quando lo sguardo chiaroveggente si volge indietro alla remotissima esistenza solare della Terra. Questa esistenza solare già si manifesta completamente come un mondo di Esseri, e di attività di questi Esseri. Per ottenere un’impressione di questa esistenza solare occorre tener da sè lontano tutto ciò che in fatto di rappresentazioni si è acquistato nel campo della vita minerale e vegetale della Terra. Perchè tali rappresentazioni possono aver ancora importanza soltanto per la conoscenza delle passate condizioni della Terra stessa e – quelle acquistate dal regno della vita vegetale – per l’esistenza lunare già da lungo trascorsa. Conducono all’antichissima primitiva esistenza solare della Terra le rappresentazioni che possono venire determinate dal regno animale e umano della natura, ma che non riproducono proprio nulla di ciò che si appalesa soltanto ai sensi negli esseri di questi regni.
Orbene, la coscienza chiaroveggente dell’uomo trova nel corpo eterico forze efficaci che prendono forma d’immagini di genere tale, che queste immagini esprimono come il corpo eterico nel corso del divenire del Cosmo abbia avuto il suo primo germe durante l’antica epoca solare per virtù delle attività di Entità spirituali. Si può poi seguire questo germe nella sua ulteriore evoluzione attraverso l’epoca lunare e quella terrestre. Si trova che esso si è allora trasformato e per mezzo della trasformazione è divenuto ciò che attualmente si dimostra attivo come corpo eterico dell’uomo.
Il corpo fisico dell’uomo, per essere compreso, richiede ancora un’altra manifestazione della coscienza umana. Dapprima appare come una riproduzione esteriore del corpo eterico. Però un esame più accurato rivela che l’uomo nell’esistenza materiale non potrebbe mai arrivare a un completo sviluppo del suo essere, se il corpo fisico non fosse altro che la manifestazione fisico-materiale del corpo eterico. Se così fosse si formerebbe nell’uomo una certa volontà, un sentimento e un pensiero, ma pensiero, sentimento e volontà non potrebbero sintetizzarsi in modo da far nascere nell’anima dell’uomo la coscienza che si esprime nell’«esperienza dell’Io». Questo riesce chiaramente evidente quando la coscienza si sviluppa al punto da conseguire la facoltà della chiaroveggenza. Per l’uomo questa esperienza dell’Io può dapprima presentarsi soltanto nel mondo dei sensi, quando è rivestito dal suo corpo fisico materiale. Da questo mondo può poi trasportarla nel mondo elementare e in quello spirituale e compenetrarne il suo corpo eterico e quello astrale. L’uomo ha appunto un corpo eterico e un corpo astrale nei quali l’esperienza dell’Io a tutta prima non si forma. Egli ha un corpo fisico sensibile in cui questa esperienza può presentarsi. Orbene, quando il corpo fisico sensibile umano viene osservato dal mondo spirituale riesce palese che vi è in esso qualcosa di essenziale, che non si manifesta appieno nella sua realtà, neppure da questo mondo spirituale stesso. Se la coscienza penetra chiaroveggente nel mondo spirituale allora l’anima prende familiarità con il mondo dell’essenzialità mentale; l’esperienza dell’Io però, così come può venir trasportata in questo mondo per virtù di forza dell’anima all’uopo rinvigorita, non è contessuta di soli pensieri cosmici; nel mondo dei pensieri cosmici non sente ancora ciò che nell’ambiente circostante v’ha di simile al proprio essere. L’anima, per sentire ciò, deve procedere oltre sulla via del supersensibile. Devo arrivare ad esperienze in cui viene abbandonata anche dai pensieri, in modo che tutte le esperienze dei sensi e anche tutte le esperienze del pensare, sentire e volere vengono, in certo modo, da essa lasciate addietro sul suo cammino nel supersensibile. Allora finalmente essa si sente tutt’uno con un’essenzialità, che sta a tal segno a base del mondo da anteporsi a tutto ciò che l’uomo può osservare come essere materiale, eterico o astrale. L’uomo si sente allora in una sfera ancora più elevata di quella del mondo spirituale da lui prima conosciuto. Questo mondo, in cui l’Io soltanto può sperimentare sè stesso, va chiamato il mondo superspirituale. Da questo mondo anche la sfera dell’esistenza mentale appare ancora come un mondo esteriore. Se la coscienza chiaroveggente vien trasferita in questo mondo attraversa un’esperienza che si può descrivere a un dipresso nel modo seguente. Si arriva a tanto se si segue la via della coscienza chiaroveggente per i varii suoi gradini. Se l’anima sente sè stessa nel suo corpo eterico, e i processi e gli esseri elementari costituiscono l’ambiente a lei circostante, allora sa di essere fuori del corpo fisico; ma questo corpo fisico rimane presente come entità, per quanto, guardato dal di fuori, appaia trasformato. Dinanzi allo sguardo spirituale esso si scompone, in certo modo, in una parte, che si presenta come l’espressione di attività di Entità spirituali, le quali sono state operose dal principio dell’esistenza terrestre fino all’epoca attuale, e in un’altra parte, che è l’espressione di qualcosa che già esisteva durante l’antica condizione lunare della Terra. E così avviene fintantoché la coscienza sperimenta sè stessa soltanto nel mondo elementare. La coscienza in quel mondo può rendersi conto come l’uomo, quale essere fisico, fosse formato durante l’antica condizione lunare. Se la coscienza penetra nel mondo spirituale viene di nuovo a sciogliersi dal corpo fisico una parte. È quella parte, che è stata formata durante la condizione lunare, per opera di Entità spirituali. Ma un’altra parte rimane indietro, quella cioè che durante la condizione solare della Terra già esisteva allora come essere fisico dell’uomo. Ma anche di questo essere fisico qualcosa rimane ancora indietro, se dal punto di vista del mondo spirituale si prende in considerazione tutto ciò che è avvenuto durante l’epoca solare per opera di Entità spirituali. Quello che allora ancora rimane indietro si manifesta finalmente come opera di Entità spirituali dal mondo superspirituale. Si manifesta come già esistente al principio dell’epoca solare. Bisogna risalire ad una condizione della Terra anteriore alla sua epoca solare. Nella mia «Scienza Occulta» ho provato di dimostrare perchè questa condizione dell’esistenza terrestre può chiamarsi la «condizione Saturnea della Terra». La Terra in questo senso era «Saturno» prima di divenire Sole. E durante questa condizione Saturnea del processo cosmico generale è nato il primo germe del corpo fisico umano per opera di Entità spirituali. Questo germe, per la sopravvenuta operosità di altre Entità spirituali si è poi così trasformato, durante le susseguenti epoche solare, lunare e terrestre, che è divenuto l’attuale corpo fisico umano.
Del «vero Io» dell’uomo.
Se l’anima sperimenta sè stessa nel suo corpo astrale e gli esseri viventi mentali costituiscono l’ambiente che la circonda, allora sa di essere fuori del corpo fisico e anche fuori di quello eterico. Essa sente però pure come il suo pensare, sentire e volere appartengano ad un campo ristretto del mondo, mentre secondo la sua natura originaria essa potrebbe abbracciare ancora più di quanto in quel campo le è assegnato. L’anima divenuta chiaroveggente può dire a sè stessa nel mondo spirituale: nel mondo dei sensi sono limitata a ciò che il corpo fisico mi permette di osservare; nel mondo elementare sono limitata dal corpo elementare; nel mondo spirituale sono circoscritta per il fatto che mi trovo, per così dire, sopra un’isola dei mondi, e che percepisco la mia esistenza spirituale soltanto fino alle sponde di essa; al di fuori di queste sponde vi è un mondo che potrei vedere, se io mi facessi strada attraverso il velo che mi viene tessuto davanti allo sguardo spirituale per opera degli esseri viventi mentali. L’anima può squarciare questo velo se continua a sviluppare sempre più la capacità della dedizione di sè stessa che già le è necessaria per la vita nel mondo elementare. A misura che le sue forze vanno crescendo per mezzo dell’esperienza nel mondo fisico sensibile occorre che essa sempre più le intensifichi per trovarsi al riparo nei mondi supersensibili dall’indebolimento, oscuramento perfino dall’annientamento della coscienza. Nel mondo fisico sensibile l’anima, per poter sperimentare in sè dei pensieri, abbisogna soltanto delle forze che, senza il suo lavoro psichico, per natura le sono assegnate. Nel mondo elementare i pensieri si smorzano, diventano come esperienze fatte in sogno, che già nel nascere sono destinate all’oblio, che insomma non divengono coscienti se l’anima, prima della sua entrata in quel mondo, non ha lavorato al rafforzamento della sua vita interiore. Occorre per questo che essa rinvigorisca in modo speciale la forza volitiva, perchè nel mondo elementare un pensiero non è proprio semplicemente pensiero; ha attività interiore, vita propria. Esso deve essere trattenuto dalla volontà perchè non sfugga alla cerchia della coscienza. Nel mondo spirituale i pensieri sono esseri viventi del tutto indipendenti. Perchè essi possano permanere nella coscienza l’anima deve essere talmente rinvigorita, da sviluppare da sè nella propria interiorità quella forza, che il corpo fisico le sviluppa nel mondo dei sensi e che in quello elementare le sviluppano le simpatie e antipatie del corpo eterico. A tutto questo deve rinunziare nel mondo spirituale. In questo le esperienze del mondo materiale e del mondo elementare non sussistono che come ricordi. Essa stessa è al di fuori di questi due mondi. Attorno a lei vi è il mondo spirituale. Questo non fa a tutta prima nessuna impressione sul corpo astrale. L’anima deve imparare a vivere per sè stessa dei suoi ricordi. Il contenuto della sua coscienza dapprima è soltanto il seguente: io sono stata, e sto ora dinanzi al Nulla. Ma quando da esperienze siffatte dell’anima sorgono ricordi, che non sono soltanto riproduzioni di processi materiali o elementari, ma rappresentano libere esperienze mentali che quei processi hanno determinate, allora s’inizia nell’anima un discorso mentale fra le memorie e il presunto «Nulla» del mondo spirituale che la circonda. E ciò che nasce come conseguenza di questo discorso diventa mondo di rappresentazioni nella coscienza del corpo astrale. L’anima, a questo punto della sua evoluzione, ha bisogno di una forza che la renda capace di trovarsi alla sponda del mondo cui fino allora si era limitata la sua conoscenza, e di sopportare l’incontro con il presunto Nulla. Per la vita dell’anima questo presunto Nulla è dapprima assolutamente un vero Nulla. L’anima nondimeno ha sempre in certo modo dietro di sè il mondo dei suoi ricordi. Essa riesce come ad aggrapparsi a questi ricordi. Riesce a vivere in essi. E più vive in quelli e tanto più rinvigorisce le forze del corpo astrale. Con questo rafforzamento comincia, però il colloquio fra la sua passata esistenza e le Entità del mondo spirituale. In questo dialogo essa impara a percepirsi come essere astrale. Con un’espressione che corrisponde alle antiche tradizioni si può dire: l’anima umana sperimenta sè stessa come essere astrale nella Parola Cosmica. Per Parola Cosmica s’intendono qui le azioni mentali degli esseri viventi mentali che si svolgono nel mondo spirituale come dialoghi viventi di spiriti. Ma del tutto in modo, che questi dialoghi degli spiriti sono per il mondo spirituale lo stesso di quello che le azioni sono per il mondo materiale.
Se ormai l’anima vuol recarsi nel mondo supersensibile allora, per propria volontà, deve cancellare i suoi ricordi del mondo fisico e di quello elementare. Essa può far ciò soltanto allorchè dal dialogo degli Spiriti ha acquistato la certezza che non perderà completamente la sua esistenza col distruggere in sè tutto ciò che fino ad allora le ha dato la coscienza di questa esistenza. L’anima in realtà deve porsi dinanzi ad un abisso spirituale e davanti a questo deve prendere la determinazione di dimenticare il suo volere, sentire e pensare. Deve rinunziare nella sua coscienza al suo passato. Prendere la determinazione che qui è necessaria equivale al procurarsi il completo sonno della coscienza per propria volontà e non per mezzo di condizioni del corpo fisico o di quello eterico. Bisogna però pensare questa determinazione in modo, che essa non abbia lo scopo di ristabilire dopo una pausa di incoscienza la medesima coscienza di prima, ma che per virtù di essa questa coscienza s’immerga realmente nell’oblio per atto di propria volontà. Bisogna riflettere che questo processo non è possibile nè nel mondo fisico nè in quello elementare, ma soltanto nel mondo spirituale. Nel mondo fisico è possibile l’annientamento che si presenta come morte; nel mondo elementare non vi è nessuna morte. L’uomo in quanto appartiene al mondo elementare non può morire; può soltanto trasformarsi in altro essere. Nel mondo spirituale, nello stretto senso della parola, non è neppure possibile alcuna assoluta trasformazione; perchè comunque l’essere umano possa trasformarsi, il passato sperimentato si manifesta nel mondo spirituale come esistenza cosciente per sè stante. Perchè questa esistenza di ricordi possa sparire nel mondo spirituale occorre che l’anima di propria volontà decida di sommergerla nell’oblio. La coscienza chiaroveggente può arrivare a questo atto di volontà se ha conquistato la forza di anima necessaria. Quando è giunta a tanto allora dall’oblio che essa stessa ha provocato sorge l’entità vera dell’«Io». L’ambiente del mondo supersensibile dà all’anima umana la conoscenza di questo «vero Io». Come la coscienza chiaroveggente può sperimentare sè stessa nel corpo elementare e in quello eterico, così purè si può sperimentare anche nel «vero Io».
Questo «vero Io» non vien creato dalla chiaroveggenza; esiste per ogni anima umana nelle profondità della medesima. La coscienza chiaroveggente sperimenta soltanto scientemente ciò che per ogni anima umana è un fatto incosciente, ma inerente al suo essere.
Dopo la morte fisica l’uomo gradatamente si familiarizza con il mondo spirituale che lo circonda. In questo l’essere suo sorge dapprima con i ricordi del mondo sensibile. Benchè non abbia l’appoggio del corpo fisico sensibile egli può nondimeno vivere coscientemente nel mondo spirituale in questi ricordi, perchè si incorporano in essi i corrispondenti esseri viventi mentali, in modo che i ricordi non hanno più l’esistenza di semplici ombre che è loro propria nel mondo fisico sensibile. E a un determinato momento fra la morte e una nuova nascita gli esseri viventi mentali del mondo spirituale circostante esercitano un’azione di tale forza da procurare anche senza impulso volitivo, l’oblio di cui sopra si è parlato. E con questo oblio la vita si desta nel «vero Io». La coscienza chiaroveggente col rafforzamento della vita dell’anima provoca come libero atto dello spirito ciò che per l’esperienza fra la morte e la nuova nascita è, in certo modo, un avvenimento naturale. Però durante lo sperimentare fisico sensibile non può mai presentarsi il ricordo di vite terrestri antecedenti, se in queste vite terrestri le rappresentazioni non furono rivolte verso il mondo spirituale. Perchè possa sorgere il ricordo chiaramente riconoscibile di una cosa occorre invero sempre che di essa cosa si sia prima già avuto conoscenza. Bisogna dunque pure acquistarsi in una vita terrestre la conoscenza di sè stesso come essere spirituale, se si vuol avere diritto a pretendere che in una prossima vita terrena ci si possa ricordare di quella precedente. Ma non occorre che questa conoscenza venga acquistata con la chiaroveggenza. Nell’anima di colui che si è acquistato una conoscenza diretta del mondo spirituale per mezzo della chiaroveggenza può sorgere, nelle vite terrene che fanno seguito a quella in cui egli si è acquistata questa conoscenza, il ricordo di quella vita procedente, così come nel mondo materiale si presenta il ricordo di cosa da noi stessi vissuta. A colui che penetra con intelligenza, anche senza chiaroveggenza, nella Scienza dello Spirito, questo ricordo si presenta in modo paragonabile al ricordo, che nel mondo materiale ti conserva di un avvenimento che ci è stato soltanto descritto.
Riassunto di parte di quanto precede.
L’uomo porta in sè un «vero Io» che appartiene ad un mondo superspirituale. Questo «vero Io» nel mondo sensibile è come nascosto dalle esperienze del pensiero, del sentimento e della volontà. Nel mondo spirituale stesso l’uomo diventa cosciente di questo «vero Io» soltanto quando distrugge in sè i ricordi di tutto ciò che può sperimentare per mezzo del suo pensiero, del suo sentimento e della sua volontà. Dall’oblio di ciò che si è sperimentato nel mondo dei sensi, in quello elementare e in quello spirituale sorge la conoscenza del «vero Io».
Il corpo fisico sensibile umano si manifesta nella sua vera natura, quando l’anima l’osserva dal mondo superspirituale. Allora diviene palese che esso ha ricevuto il suo primo germe dal processo cosmico generale in una condizione Saturnea della Terra, che ha preceduto quella Solare. Si è poi evoluto attraverso la condizione solare, quella lunare e la terrestre fino a ciò che è attualmente quale corpo fisico dell’uomo.
Da quanto precede si può considerare schematicamente l’assieme dell’essere umano come segue:
1. – Il corpo fisico nell’ambito del mondo fisico materiale. Per mezzo di esso l’uomo riconosce sè stesso come individuo indipendente (Io). – Questo corpo fisico si è formato nel suo primo germe dall’esistenza cosmica generale durante una remotissima condizione Saturnea della Terra, e per mezzo della sua evoluzione, attraverso quattro trasformazioni planetarie della Terra è divenuto quello che è attualmente.
2. – Il corpo tenue eterico nell’ambito del mondo elementare. Per mezzo di questo l’uomo riconosce sè stesso come arto del corpo vitale della Terra. – Si è formato nel suo primo germe dall’esistenza Cosmica generale durante una remotissima condizione Solare della Terra e per mezzo della sua evoluzione attraverso tre trasformazioni della Terra è divenuto ciò che è attualmente.
3. – Il corpo astrale nell’ambito del mondo spirituale. Per mezzo di esso l’uomo è arto del mondo spirituale. In esso risiede «l’altro Sè» dell’uomo, che si manifesta nelle ripetute vite terrene.
4. – Il «Vero Io» nell’ambito di un mondo superspirituale. In questo l’uomo trova sè stesso come essere spirituale anche quando tutte le esperienze del mondo materiale, di quello elementare e di quello spirituale, (dunque tutte le esperienze dei sensi, del pensiero, del sentimento e della volontà) cadono nell’oblio.
Osservazioni sul rapporto di quanto è esposto in questo scritto con i miei libri «Teosofia» e «Scienza Occulta».
(1)
I nomi che devono esprimere le esperienze dell’anima umana nel mondo elementare e in quello spirituale dovranno conformarsi alle peculiarità di queste esperienze. Nell’assegnazione di questi nomi bisognerà tener conto che già nel mondo elementare lo sperimentare si svolge in modo affatto diverso che nel mondo dei sensi. Lo sperimentare si poggia in quel mondo sulla capacità trasformatrice dell’anima e sulla sua osservazione di simpatie e antipatie. L’assegnazione dei nomi dovrà necessariamente adattarsi alla mutabilità di queste esperienze. Non potrà essere così rigida come deve essere per il mondo materiale. Chi non tiene in considerazione questo fatto inerente alla natura delle cose potrà facilmente trovare una contraddizione fra i nomi assegnati in questo scritto e quelli dati nei miei libri «Teosofia» e «Scienza Occulta». La contraddizione scompare, quando si riflette che in questi due scritti i nomi sono scelti in modo da caratterizzare le esperienze che l’anima attraversa nella sua completa evoluzione fra nascita (concezione) e morte da un lato, e fra morte e nascita dall’altro. Qui invece i nomi sono scelti con riguardo alle esperienze della coscienza chiaroveggente quando penetra nel mondo elementare e nelle sfere spirituali.
Da «Teosofia» e da «Scienza Occulta» si può rilevare come, poco dopo che il corpo fisico sensibile si sia distaccato dall’anima con la morte, si distacchi da lei pure quel corpo che in questo scritto è stato chiamato eterico. L’anima vive allora dapprima nell’essere indicato qui come corpo astrale. Il corpo eterico dopo il suo distacco dall’anima compie la sua trasformazione nel mondo elementare. Passa nelle Entità che formano questo mondo elementare. L’anima dell’uomo non è più presente a questa trasformazione del corpo eterico. L’anima però dopo la morte sperimenta i processi di questo mondo elementare come mondo suo esteriore. Questo sperimentare del mondo elementare dal di fuori è descritto in «Teosofia» e in «Scienza Occulta» come il passaggio dell’anima per il mondo delle anime (Seelenwelt). Bisognerà dunque rappresentarsi che questo mondo delle anime è il medesimo di quello che dal punto di vista della coscienza chiaroveggente è qui chiamato il mondo elementare. – Quando poi l’anima nel tempo intercedente fra nascita e morte – nel senso di ciò che è descritto nella mia «Teosofia» – si distacca dal suo corpo astrale, allora prosegue la sua vita nell’essere che qui viene indicato come il «vero Io». Il corpo astrale allora compie da per sè (l’anima dunque non è più presente), ciò che qui è stato espresso con il termine «obliare». Si precipita in certo modo in un mondo, in cui non vi è niente di ciò che possa essere osservato coi sensi, o che venga sperimentato nel modo come sperimentano la volontà, il sentimento, e il pensiero che l’uomo sviluppa nel corpo materiale. Questo mondo allora, da quell’anima che continua a sussistere nel «vero Io», viene vissuto come suo mondo esteriore. Lo sperimentare in questo mondo esteriore può venir descritto come nei miei libri «Teosofia» e «Scienza Occulta» è stato descritto il passaggio attraverso alla sfera dello Spirito (Geistgebiet). L’anima che sperimenta sè stessa nel «vero Io» ha intorno a sè nel mondo spirituale ciò che durante l’esistenza materiale si è formato in essa come esperienze dell’anima. Entro il mondo qui descritto, come mondo degli esseri viventi mentali, l’anima trova, fra la morte e la nuova nascita, tutto ciò che nell’intimo suo essere essa ha sperimentato per mezzo della sua percettività sensibile e del suo pensiero, del suo sentimento e della sua volontà dell’esistenza materiale.
FINE
FINITO DI STAMPARE
IL XXXI DICEMBRE MCMXIX
Opere del dott. R. Steiner
tradotte in italiano
edite dalla «Casa Editrice Luce e Ombra»
Il «Padre Nostro» – Considerazioni esoteriche. (1911).
Il Sangue è un succo affatto peculiare. – Considerazioni esoteriche (1912).
L’Azione del Karma (1912).
Reincarnazione e Karma come conclusioni necessarie dal punto di vista della moderna scienza naturale (1913).
Haeckel, gli Enigmi dell’Universo e la Teosofia (1913).
(1) Per comodo del lettore i nomi con i quali il Dottor Steiner designa i varii mondi nei suoi libri «Teosofia», e «Scienza Occulta» e che in questo capitolo del presente lavoro sono stati letteralmente tradotti: «Seelenwelt» con l’espressione «mondo delle anime»; «Geistgebiet» con «Sfera dello Spirito», sono stati invece dal Prof. Penzig nella sua traduzione del libro «Teosofia» del Dottor Steiner rispettivamente resi come «mondo astrale» e «Mondo mentale».