Rudolf Steiner Il ritorno del Cristo oggi - copertina fronte

IL RITORNO DEL CRISTO OGGI

Nel nostro tempo messo a dura prova

Testo originale tedesco:

Die Wieder der Christus

Traduzione di Giuseppina Graziuso

Revisione di Pietro Archiati

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ISBN 3-938650-00-1

Archiati Verlag - Bad Liebenzell

Rudolf Steiner

Il ritorno
del Cristo oggi

nel nostro tempo messo a dura prova


Una conferenza tenuta a Karlsruhe
il 25 gennaio 1910

Prefazione

In questa conferenza Rudolf Steiner sottolinea che possono verificarsi nel mondo eventi di massima importanza senza che gli uomini se ne accorgano. Nella vita, più im­portante di ciò che un uomo fa, è ciò che egli pensa. Sono i pensieri a decidere delle azioni, non viceversa. Ep­pure i pensieri sono invisibili e in tempi di materialismo per molti non sono una realtà. La loro importanza passa per così dire inosservata.

Il cristianesimo afferma che duemila anni fa si è verificato l’evento più importante di tutta la storia. Se ne sono accorti gli uomini? I pochi che l’hanno notato hanno sottolineato che il caso di Gesù di Nazareth ha una cosa fondamentale in comune con tutti gli altri uomini: le sue azioni erano la manifestazione esterna di un essere invisibile, spirituale – fatto anche lui di pensieri – che chiamavano Christos, traduzione dell’ebraico Mes­sia che vuol dire unto.

Già allora si parlava di una seconda venuta del Cristo in forma di Spirito Santo, cioè in pura forma spirituale. Benché la prima venuta sia passata inosservata per i più, la seconda sarà ancora più difficile da notare. Questa volta infatti non ci sarà più un Gesù in carne e ossa che rende percepibili le parole e le azioni del Cristo. Il suo ritorno puramente spirituale avviene nell’interiorità de­gli uomini.

Se il Cristo è un essere così importante, perché non ci tiene affatto a farsi notare, perché rischia un’altra volta di passare inosservato? È perché la cosa che più gli sta a cuore è la libertà dell’uomo. Se facesse di tutto per farsi notare, l’accorgersi di lui sarebbe opera sua, non lo si potrebbe attribuire alla libertà degli uomini.

Pietro Archiati

Cari amici,

Se l’uomo si occupa per un certo tempo della concezione scientifico-spirituale del mondo e lascia in seguito agire su di sé le diverse idee, i pensieri e le conoscenze che da tale concezione acquisisce, queste conoscenze suscitano in lui sicuramente le più svariate domande. E nel collegare tali domande, che possono in realtà chiamarsi questioni del sentimento e dell’animo, del carattere – in breve, della vi­ta –, alle idee scientifico-spirituali, egli veramente diviene in misura crescente uno scienziato dello spirito.

Si tratta appunto di idee che non appagano solamente la nostra curiosità teorica, scientifica, ma che ci svelano gli enigmi della vita, gli arcani dell’esistenza. E questi pensieri ed idee divengono veramente fecondi per noi quando non solo pensiamo, sentiamo e sperimentiamo il loro contenuto, il loro valore ed il loro significato – quando, per così dire, sotto il loro influsso impariamo a guardare in modo diverso il mondo che ci circonda.

Queste idee ci devono compenetrare di calore, devono diventare impulsi, forze dell’animo in noi. E lo divengo­no sempre più se, per così dire, le risposte che riceviamo a determinate domande ci presentano nuove domande – e se noi veniamo portati da una domanda ad una risposta in modo che la risposta diventi in realtà nuovamente una domanda, la quale poi diventi per noi a sua volta una nuova risposta e così via. In questo modo si avanza nella conoscenza spirituale, come anche nella vita spirituale.

Occorrerà ancora un certo tempo prima che nelle conferenze pubbliche divenga possibile svelare all’umanità del presente gli aspetti più interiori della vita spirituale. Tuttavia nei nostri gruppi di lavoro dovrebbe essere sem­pre più prossimo il tempo in cui si potrà parlare anche di questioni maggiormente profonde.1

Con ciò si evidenzierà sempre il fatto che i membri aggiuntisi per ultimi potranno rimanere sorpresi o scossi a causa di questo o di quello. Ma noi non avanzeremmo nel nostro lavoro se non potessimo spingerci anche alla trattazione di questioni vitali più intime a partire dall’in­dagine e dalla conoscenza scientifico-spirituale. Per que­sto motivo – anche se, forse, ne potrebbero sorgere fraintendimenti da parte di quanti si sono immersi da meno tempo nella vita spirituale – per questo motivo alcuni fatti più intimi della conoscenza spirituale devono oggi tornare innanzi alla nostra anima.

È indubbio che sorga un’importante domanda per la nostra anima se pensiamo all’idea della reincarnazione, delle ripetute vite terrene, in modo non solamente astrat­to, bensì riflettendovi, approfondendo seriamente noi stessi in questo fatto della vita spirituale. Allora nuove domande si collegano a questa risposta che ci viene data nella reincarnazione, a questo importante frutto della vita.

Possiamo, ad esempio, sollevare la domanda: «Ma se l’uomo vive ripetutamente sulla Terra, se egli ritorna in sempre nuove incarnazioni, qual è il senso più profondo del fatto che dobbiamo ripetutamente percorrere tutta la vita?».

Certo, in generale si dice anche: «Sicuramente, in que­sto modo noi saliamo sempre più, sperimentiamo nelle successive vite terrene i risultati, i frutti di vite terrene precedenti, e proprio così ci perfezioniamo.» Ma questa è una formulazione ancora troppo generale, astratta! Solo tramite una conoscenza più precisa dell’intero senso della vita terrena penetriamo anche nel significato delle ripetute vite terrene.

Se infatti la nostra Terra non si modificasse a sua volta, se, per così dire, l’uomo tornasse sempre su una Terra che rimane sostanzialmente uguale a se stessa, non ci sarebbe allora molto da imparare dal susseguirsi delle incarnazioni. Queste incarnazioni hanno senso solo per il fatto che le attraversiamo in modo da poter in realtà imparare, sperimentare qualcosa di nuovo ad ogni incar­nazione sulla nostra Terra.

Entro periodi brevi ciò non si evidenzia in misura particolarmente forte. Ma se gettiamo lo sguardo su periodi lunghi, così come possiamo farlo per mezzo della scienza dello spirito, ci si mostra allora che le epoche della nostra Terra si conformano in vari modi, e che noi sperimentiamo continuamente il nuovo. Ma dobbiamo anche riconoscere un altro fatto: anche i cambiamenti nella vita stessa della Terra vanno consi­derati.

Poiché se in una certa epoca della nostra esistenza ter­rena trascuriamo, per così dire, di sperimentare, di impa­rare quanto è da imparare in quest’epoca dello sviluppo terrestre, noi giungiamo certamente ad una nuova incar­nazione, ma abbiamo, per l’appunto, tralasciato qualcosa, non abbiamo lasciato fluire in noi ciò che nel periodo precedente avremmo dovuto lasciar fluire. E allora, at­traverso il periodo seguente, non possiamo utilizzare nella giusta maniera le nostre forze e capacità.

Parlando ancora in generale, si può dire: ebbene, nel nostro periodo è possibile sulla Terra, su quasi tutto il globo terrestre, qualcosa che, ad esempio, non era possi­bile nella loro precedente incarnazione agli uomini che vivono ora. Appare strano, eppure è così: ciò ha un certo, anzi un grande significato.

Nell’attuale incarnazione è possibile ad un certo nu­mero di esseri umani avere accesso alla scienza dello spi­rito, cioè accogliere in sé quei risultati dell’indagine spi­ri­tuale che proprio oggi possono venire accolti in cam­po scientifico-spirituale.

Sicuramente potrà essere visto come qualcosa di estre­mamente insignificante il fatto che si riuniscano alcune persone che lasciano fluire in sé le conoscenze della ri­cerca spirituale. Ma coloro che trovano ciò insignificante non comprendono, per l’appunto, il significato della re­incarnazione, né il fatto che solo durante una certa incar­nazione si può accogliere qualcosa. Se non lo si fa, allora si sarà tralasciato qualcosa che mancherà per le prossime incarnazioni.

Ciò è proprio quanto dobbiamo più di tutto avere ve­ramente a cuore: quello che oggi impariamo nella scienza dello spirito si unisce alla nostra anima, lo porteremo nuovamente con noi quando nella prossima incarnazione torneremo quaggiù.

E oggi vogliamo capire cosa questo significhi per la nostra anima. Ci dovremo collegare a qualcosa che voi già conoscete da altre conferenze e dalle vostre letture, ad alcuni fatti della vita spirituale che vi sono più o meno nuovi o ancora del tutto sconosciuti.

Dobbiamo dapprima tornare a periodi anteriori dello sviluppo dell’umanità. Già spesso ci siamo volti ad epo­che antiche del nostro sviluppo terrestre. Abbiamo detto: ora viviamo nel quinto periodo seguente alla grande cata­strofe atlantica. Questo quinto fu preceduto da quel pe­riodo nel quale i popoli greci e latini fornirono le idee ed i sentimenti principali per la volontà terrestre – fu prece­duto dal quarto periodo, il periodo greco-latino. Questo fu preceduto dal terzo, il periodo caldeo-babilonese-assiro-egizio, esso da quello antico-persiano, e questo infine dal periodo antico-indiano.

E se poi procediamo verso un’epoca ancora più antica, incontriamo la grande catastrofe atlantica, che ha annien­tato un antico continente, un’antica terraferma, l’antica At­lantide, la quale si estendeva dove oggi si trova l’Oceano Atlantico – quella catastrofe atlantica che a poco a poco ha spazzato via quella terraferma e, d’altro canto, ha dato vol­to alla nostra attuale terraferma, sulla quale oggi viviamo.

Poi, continuando a retrocedere, arriveremmo ad epo­che ancora più primordiali, precedenti la catastrofe at­lantica. Giungeremmo a quelle culture e condizioni di vita che si sono sviluppate su quel continente atlantico e che noi chiamiamo «atlantiche»: le culture delle razze at­lantidee. E ad esse precedono condizioni ancora più antiche.

Se ora si getta uno sguardo su quanto la storia ci rac­conta – essa, in fondo, non va molto indietro –, si può tuttavia facilmente finire per credere, sebbene si tratti di una convinzione già alquanto infondata anche per epo­che brevi, che sulla nostra Terra tutto sia sempre stato come lo vediamo oggi… Ma non è così.

È vero, piuttosto, che le condizioni sulla nostra Terra si sono radicalmente mutate, e in misura più forte si sono modificate le condizioni dell’anima umana.

Le anime di quegli esseri umani che oggi sono seduti qui, erano già incarnate in corpi adeguati in tutte queste epoche della Terra ed hanno a quel tempo assorbito in sé quanto si poteva assorbire proprio in quelle epoche dello sviluppo terrestre. Ogni volta, da un’incarnazione all’altra, l’anima ha poi sviluppato altre facoltà.

Le nostre anime erano completamente diverse da oggi: se potevano non essere ancora così diverse durante il periodo greco-latino, si differenziavano tuttavia molto fortemente da oggi nel periodo antico-persiano, ed ancor più in quello antico-indiano. Le nostre anime erano allora dotate di facoltà completamente diverse, ed anche le condizioni in cui vivevano in quei tempi antichi erano completamente differenti.

Per intenderci bene su quanto seguirà, vogliamo oggi vedere il più chiaramente possibile con l’occhio spirituale com’erano queste nostre anime – per arrivare subito all’essenziale diciamo: dopo la catastrofe atlantica – quan­do erano incarnate in quei corpi che erano possibili sulla Terra solo al tempo della prima cultura indiana.

Non dobbiamo intendere questa prima cultura indiana nel senso che essa si è affermata solo nell’antica India. Questo popolo indiano fu allora solo il predominante, il più importante, ma la cultura di tutta la Terra era diversa e aveva peculiarità che erano, per così dire, improntate da ciò che le guide indicavano per gli antichi Indiani.

Se ora osserviamo le nostre anime, come esse erano allora, dobbiamo innanzitutto dirci: sì, la conoscenza che hanno oggi gli esseri umani allora era ancora completa­mente impossibile. Un’autocoscienza così chiara, una coscienza dell’Io così chiara come quella di oggi, allora non c’era. Difficilmente gli uomini hanno pensato di essere un Io.

Questo Io era già certamente una forza negli uomini, ma la coscienza dell’Io va distinta dalla forza dell’Io, dall’azione dell’Io. Dunque gli uomini non erano ancora muniti di un’interiorità come quella di oggi. Ma in com­penso possedevano tutt’altre facoltà, in compenso pos­sedevano quella che abbiamo spesso chiamato «un’antica, crepuscolare chiaroveggenza».

Se osserviamo l’anima umana durante la vita diurna in quel tempo, troviamo che essa non si sente ancora un vero e proprio Io. L’uomo si sente un appartenente alla sua stirpe, al suo popolo. Il singolo Io era un membro dell’intera comunità della stirpe e del popolo, così come la mano è un membro del corpo. L’uomo non si perce­piva ancora come un Io individuale, così come si sente oggi. L’Io del popolo, l’Io della stirpe era ciò a cui si guardava. Così si viveva durante il giorno: quasi non si sapeva ancora di essere uomini.

Ma quando giungeva la sera e si scivolava nel sonno, la coscienza non si oscurava del tutto, come avviene oggi, ma durante il sonno l’anima era capace di percepire fatti spirituali – ad esempio fatti nell’ambiente circostante di cui il sogno di oggi è solo un’ombra, avvenimenti spi­rituali, fatti spirituali, dei quali il sogno di oggi, in genere, non rappresenta più la piena realtà.

Gli uomini avevano percezioni tali per cui allora sa­pevano che esiste un mondo spirituale. Il mondo spiri­tuale era una realtà per gli uomini, ma non per mezzo di una qualsivoglia logica, di qualcosa che era necessario dimostrare, bensì per il fatto che ogni notte, anche se con una coscienza vaga, sognante, essi erano dentro il mondo spirituale. Ma questa non era ancora la cosa più importante.

Oltre al sonno e allo stato di veglia vi erano anche stati intermedi, durante i quali l’uomo non dormiva del tutto, né era del tutto desto – nei quali l’autocoscienza cessava ancor più che di giorno, ma in compenso anche quella percezione degli avvenimenti spirituali, quella chiaroveg­genza sognante, era ancor più forte di quanto altrimenti fosse di notte. Vi erano dunque stati intermedi, nei quali gli uomini erano certamente senza autocoscienza, ma dotati di chiaroveggenza.

In questi stati l’uomo di allora era come rapito, così che, quasi, non sapeva nulla di sé. Non sapeva: «Io sono un essere umano», ma sapeva certo: «Io sono una parte di un mondo spirituale, in cui posso avere percezioni, io so che esiste un mondo spirituale.» Queste erano le espe­rienze dell’anima umana in quei tempi.

E questa coscienza e questa vita nel mondo spirituale erano ancor più chiare nell’epoca atlantica – molto, molto più chiare... Al punto che, quando riguardiamo a ciò, noi torniamo con lo sguardo ad un’epoca di chiaroveggenza sognante, crepuscolare, delle nostre anime, che sempre più si è affievolita nello sviluppo dell’umanità.

Ora, se le nostre anime fossero rimaste ferme a questa antica chiaroveggenza sognante, non avremmo potuto acquisire quell’autocoscienza individuale che abbiamo oggi. Non avremmo mai potuto sapere che siamo esseri umani. Noi dovevamo, per così dire, perdere quella co­scienza del mondo spirituale per poter ottenere in cam­bio l’autocoscienza.

In futuro avremo entrambe. In futuro tutti di nuovo otterremo ciò che produce la piena chiaroveggenza pur conservando l’autocoscienza – la qual cosa è oggi data solo a colui che percorre la via dell’iniziazione. Ciò sarà possibile, in futuro, a tutti gli uomini: guardare di nuovo al mondo spirituale e tuttavia sentirsi come essere umano, come Io.

Provate a rappresentarvi ciò che è successo. L’anima è passata da un’incarnazione all’altra. Prima era chiaroveg­gente, poi si fece sempre più distinta la coscienza di di­venire un Io, ma anche la possibilità di giudicare auto­nomamente. Infatti, finché si guarda ancora con la chia­roveggenza nel mondo spirituale e non ci si sente un Io, fino ad allora non si può nemmeno giudicare, stabilire relazioni.

Questa divenne una facoltà sempre più presente, ma in compenso ad ogni incarnazione successiva diminuiva l’antica chiaroveggenza. L’uomo viveva sempre meno in quelle condizioni che gli permettevano di guardare den­tro il mondo spirituale. E sempre più egli si abituò al piano fisico, formò il pensiero logico e si sentì un Io. Allo stesso tempo diminuiva la chiaroveggenza. L’uomo ora percepiva il mondo esteriore e ne rimaneva sempre più irretito, mentre sempre più si riduceva il legame con il mondo spirituale.

Si può allora dire: nei tempi primordiali l’uomo era una sorta di essere spirituale, poiché viveva come un’en­ti­tà spirituale in diretto legame «sociale», in compagnia, di altre entità spirituali, sentiva di appartenere ad altri esseri spirituali, ai quali oggi non può più elevare lo sguardo con i sensi ordinari.

Anche oggi, come sappiamo, esistono altri mondi – spirituali – oltre al mondo che ci circonda immediata­mente, ed in essi vivono altre entità – spirituali. Ma l’uomo attuale non vede dentro questi mondi con la coscienza ordinaria.

Un tempo era loro compagno, sia nella coscienza del sonno notturno, sia in quella condizione intermedia della quale abbiamo parlato. A quel tempo egli viveva in quei mondi ed era in relazione con queste altre entità. Ora non può più farlo in condizioni normali. Egli fu, per così dire, portato fuori dalla sua patria, il mondo spirituale, e, ad ogni nuova incarnazione, progressivamente fatto di­scendere in questo mondo terreno.

Nei luoghi in cui si coltivava la vita spirituale e nell’am­bito di quelle conoscenze e scienze in cui ciò era ancora noto, si è sempre tenuto conto del fatto che le nostre incarnazioni hanno attraversato queste diverse epoche terrestri.

Si guardava indietro ad un’epoca assai antica, addirit­tura anteriore alla catastrofe atlantica, nella quale gli uo­mini veramente vivevano a diretto contatto con gli dei o gli spiriti, e naturalmente sentivano e percepivano se stes­si in modo completamente diverso. Potete infatti immagi­nare che l’anima umana doveva avere sensazioni total­mente diverse in un’epoca nella quale sapeva con certezza di potersi elevare con lo sguardo alle entità superiori, ed in cui sapeva di essere parte di quel mondo superiore. Così aveva imparato a percepire e sentire in modo com­pletamente diverso.

Quando guardate a questi fatti, dovete immaginarvi che anche oggi noi possiamo imparare a parlare e a pen­sare solo se cresciamo in mezzo ad esseri umani, poiché queste sono facoltà che possiamo acquistare solamente tra gli uomini. Qualsiasi bambino oggi venisse trasferito su un’isola solitaria e dovesse crescere laggiù senza fre­quentare esseri umani, non acquisirebbe assolutamente le facoltà del pensare e del parlare. Quindi lo sviluppo di un essere dipende in certa misura dal fatto che cresca in mez­zo a questo o a quel genere di esseri e che viva con questi o quegli esseri. Lo sviluppo dipende in parte da ciò.

Potete osservarlo già sugli animali: è noto che i cani trasferiti da contesti in cui si trovano insieme agli uomini ad altri in cui non incontrano mai un essere umano, di­simparano ad abbaiare. La discendenza di tali cani di solito non è più capace di abbaiare. Ha rilevanza il fatto che un essere cresca e viva in mezzo ad un certo o ad un altro tipo di creature.

Potete anche farvi un’immagine del fatto che è un po’ diverso se vivete solamente tra esseri umani di oggi nel piano fisico o se un tempo vivevate – le stesse anime vivevano – tra entità spirituali in un mondo spirituale al cui interno lo sguardo normale oggi non si inoltra. Allora anche l’anima si sviluppò diversamente. L’uomo aveva in sé impulsi diversi quando viveva tra gli dei. Stando tra gli esseri umani, l’uomo ha sviluppato certi impulsi, altri ne aveva sviluppati quando stava in mezzo agli dei.

La conoscenza superiore lo ha sempre saputo. Tale conoscenza ha sempre guardato indietro a quelle epoche antiche, nelle quali gli uomini erano, per così dire, in contatto diretto con entità divino-spirituali. Ed il contatto immediato con gli esseri divino-spirituali agiva in modo che l’anima si sentisse appartenente al mondo divino-spirituale.

Ma questo produsse anche impulsi, forze nell’anima, che erano ancora divino-spirituali in un senso del tutto di­verso da quanto lo siano le forze odierne. Laddove l’a­ni­ma operava in modo da sentirsi appartenente al mondo su­pe­rio­re, da quell’anima parlava anche una volontà provenien­te dal mondo divino-spirituale, della quale si poteva dire che fosse ispirata, poiché l’anima viveva in mezzo agli dei.

Queste conoscenze parlano dell’epoca in cui l’uomo era ancora unito alle entità divino-spirituali come del periodo aureo, l’età dell’oro, o Krita Yuga. Si tratta dun­que di un antico periodo, del quale dobbiamo ricercare il corso essenziale addirittura prima della catastrofe atlan­tica.

Viene poi un’epoca successiva, nella quale gli uomini non sentivano più il loro legame con il mondo divino-spirituale tanto fortemente come nel Krita Yuga, nella quale non sentivano più i loro impulsi così determinati dalla convivenza con gli dei, nella quale anche il loro sguardo già si oscurava maggiormente nei confronti dello spirito e dell’anima. Ma ancora si ricordavano di quando vivevano con gli spiriti e gli dei.

Ciò era particolarmente chiaro nell’antico mondo in­diano. Allora era molto facile parlare di questioni spirituali. Si poteva indicare agli uomini il mondo esteriore della percezione fisica e vedervi ancora una Maya, o un’illusio­ne, poiché gli uomini cominciavano appena ad avere que­ste percezioni fisiche. Così era nell’antica India.

Le anime nell’antica India non vedevano più gli dei in sé, ma ancora i fatti spirituali e le entità spirituali inferiori. Le entità spirituali più alte erano vedute solo da un ri­stret­to numero di uomini, ma anche per costoro quella convivenza con gli dei pienamente viva era già oscurata. Gli impulsi di volontà provenienti dal mondo divino-spirituale erano già svaniti. Ma in compenso vi era ancora la possibilità di ottenere uno sguardo nei fatti spirituali, almeno in particolari condizioni di coscienza – nel sonno e negli stati intermedi che abbiamo citato.

Ma i fatti più importanti di questo mondo spirituale, che prima erano ancora esperienza convissuta, ormai si presentavano come una sorta di conoscenza della verità, come qualcosa che l’anima ancora conosceva bene, ma agiva solo come una conoscenza, come una verità. Cer­tamente gli uomini erano ancora nel mondo spirituale, ma in questa epoca più tarda tale certezza non era più così forte. Essa viene chiamata periodo argenteo, l’età dell’ar­gento, o Treta Yuga.

Ma poi vennero le epoche di quelle incarnazioni in cui lo sguardo dell’uomo si chiuse sempre più di fronte al mondo spirituale, in cui progressivamente egli venne pre­disposto all’immediato mondo esteriore dei sensi – ma in compenso rafforzato in esso –, in cui emerse sempre più l’autocoscienza interiore, la coscienza di essere uomini. Tale epoca viene detta periodo bronzeo, età del bronzo, o Dvapara Yuga.

Ora gli esseri umani non possedevano più, come pri­ma, una conoscenza così alta e diretta del mondo spiri­tuale, ma in tutta l’umanità era rimasto almeno qualcosa del mondo spirituale. Lo si potrebbe caratterizzare si­milmente a quando negli uomini di oggi, una volta in­vecchiati, rimane qualcosa della gioia giovanile… certo, la giovinezza è passata, ma la si è vissuta. La si conosce, si sa cos’è, si può parlare di essa come di qualcosa che è familiare. Così, a quel tempo, le anime avevano ancora un po’ di familiarità con quanto conduce nei mondi spirituali. Questo è l’essenziale del Dvapara Yuga.

Venne poi, però, un’altra epoca, un’epoca nella quale anche questa familiarità con il mondo spirituale cessò e, in un certo senso, le porte verso il mondo spirituale si chiusero.

Lo sguardo degli uomini rimase sempre più circoscritto al mondo sensibile esteriore e all’intelletto, che elabora le impressioni dei sensi, così che gli uomini potevano ormai solo riflettere sul mondo spirituale. Questa è la forma più bassa di conoscenza del mondo spirituale. Ora era il mondo sensibile-fisico ciò che gli uomini veramente co­noscevano a partire dal loro proprio vissuto.

Se volevano sapere qualcosa del mondo spirituale, do­vevano ottenerlo tramite il loro riflettere. Quello è il tempo in cui l’uomo divenne minimamente spirituale, e quindi si ancorò anche massimamente al mondo sensibile.

Ma ciò era necessario perché egli potesse progressi­vamente sviluppare alla massima altezza la sua autoco­scienza. Infatti solo attraverso la forte resistenza del mon­do esteriore l’uomo poté imparare a distinguersi dal mondo e a percepire se stesso come entità a sé stante. Quest’ultima epoca viene anche chiamata Kali Yuga, età caliginosa, o periodo oscuro.

Faccio espressamente notare che questi termini pos­sono essere utilizzati anche per epoche più estese, per esempio, la definizione Krita Yuga si può applicare ad un arco di tempo maggiore. Infatti, prima che ci fosse quell’epoca aurea che è stata descritta, l’uomo partecipava con la sua esperienza a mondi ancora più alti, e per que­sto tutte le epoche ancora più antiche potrebbero rientra­re entro questa denominazione.

Ma se, per così dire, ci si modera nelle pretese, se ci si accontenta di quel grado di esperienza spirituale che è stato descritto, si può allora operare la suddivisione nel modo che abbiamo seguito. Per tutte queste epoche si possono indicare archi temporali ben precisi.

È vero che lo sviluppo procede lentamente e gra­dualmente, ma esistono confini dei quali si può dire: prima erano principalmente dominanti queste, in seguito quelle condizioni di vita e di coscienza. Così dobbiamo calcolare che, nel senso in cui abbiamo dapprima parlato, il Kali Yuga inizia circa nell’anno 3101 prima della nostra cronologia.

Vediamo allora che le nostre anime sono comparse sulla Terra in incarnazioni sempre nuove, nelle quali lo sguardo umano si è progressivamente chiuso di fronte al mondo spirituale, divenendo perciò anche sempre più ristretto al mondo sensibile esteriore.

Vediamo che ad ogni nuova incarnazione davvero le nostre anime entrano in sempre nuove condizioni, in cui si può sempre imparare qualcosa di nuovo. Ciò che noi possiamo acquisire nel Kali Yuga è: consolidarci nella nostra autocoscienza. Prima ciò non era possibile, poiché si doveva ancora accogliere in sé l’Io.

Ora, se delle anime hanno trascurato di accogliere in un’incarnazione quello che proprio quell’epoca può dare, diventa molto difficile recuperarlo in altre epoche. Quelle anime devono allora attendere un lungo tempo prima che divenga possibile recuperare in qualche modo quanto è stato omesso. Ma non dobbiamo assolutamente fare assegnamento su questo fatto.

Vogliamo quindi accostare alla nostra anima il fatto che allora accadde qualcosa di essenziale quando, per così dire, si chiusero le porte al mondo spirituale. Questa fu anche l’epoca nella quale operò Giovanni il Battista e nella quale operò il Cristo.

Per questo tempo, che aveva già visto trascorrere tremilacento anni dall’epoca oscura, era essenziale che tutti gli uomini fossero già esistiti più volte – minimo una-due volte – nell’e­poca oscura. L’autocoscienza si era consolidata, il ricordo del mondo spirituale era svanito e, se non volevano per­dere completamente la relazione con quel mondo, gli uomini dovevano imparare a sperimentare questo spiri­tuale nel loro Io.

Essi dovevano sviluppare a tal punto il loro Io, che es­so nel suo intimo doveva avere almeno la certezza dell’e­­­sistenza del mondo spirituale, del fatto che l’uomo appartiene ad esso – e che esistono entità spirituali supe­riori. L’Io si doveva rendere capace di una interiore pos­sibilità di percepire, di credere al mondo spirituale.

Se, al tempo del Cristo Gesù, qualcuno avesse pro­nunciato ciò che realmente era vero in quel tempo, costui avrebbe potuto dire: «Il regno dei cieli, gli uomini prima lo potevano sperimentare al di fuori del loro Io, in quelle lontananze spirituali che raggiungevano quando uscivano da se stessi. L’uomo doveva sperimentare i regni dei cieli, i regni del mondo spirituale, lontano dall’Io. Ora egli non può sperimentare i regni dei cieli in questo modo, ora l’uomo è diventato così diverso che l’Io deve sperimentare in sé questi regni. Questi regni dei cieli si sono avvicinati così tanto all’uomo da agire dentro l’Io.»

E questo ha detto agli uomini Giovanni il Battista: «I regni dei cieli si sono avvicinati », che significa, si sono avvicinati all’Io. Prima essi stavano al di fuori dell’uomo, ora egli doveva cogliere il regno dei cieli, ora vicino, en­tro la sua natura più prossima, nell’Io.

E poiché l’uomo, in quest’epoca buia, nel Kali Yuga, non poteva più uscire dal mondo dei sensi verso il mon­do spirituale, per questo motivo l’essere divino, il «Cri­sto», dovette discendere fino nel mondo fisico-sen­si­bile…

Questo è il motivo per cui il Cristo dovette discende­re fin dentro un essere umano di carne, nel Gesù di Na­zareth, affinché vedendo la vita e le opere del Cristo sulla Terra fisica gli uomini dotati di corpo fisico potessero acquisire una relazione con i regni dei cieli, con il mondo spirituale.

È così che noi, dunque, nel tempo in cui Cristo attra­versò la Terra, abbiamo, nel mezzo del Kali Yuga, dell’e­poca buia, un’epoca nella quale gli uomini che non vive­vano cupamente ed ottusamente, ma che avevano com­preso il loro tempo, potevano dire a se stessi: «È necessa­rio che il dio discenda verso gli uomini, perché si possa nuovamente ottenere un legame con il mondo spirituale, legame che era andato perduto».

Se a quel tempo non vi fossero stati uomini che aves­sero compreso ciò, che avessero trovato una vivente re­lazione d’animo con il Cristo – allora gli esseri umani avrebbero gradualmente perso proprio la loro relazione con il mondo spirituale, non avrebbero accolto nel loro Io la relazione con i regni dei cieli.

Potrebbe essere assolutamente possibile che, se in un momento tanto significativo, tutti gli uomini fossero ri­mas­­ti nell’oscurità, un simile importante evento sarebbe passato inosservato. Le anime umane sarebbero divenute aride, desolate, degenerate. Certo, anche senza il Cristo gli uomini si sarebbero incarnati ancora per un certo tempo, ma non avrebbero potuto seminare nel loro Io ciò che permetteva loro di trovare una relazione con i regni dei cieli.

Avrebbe potuto accadere che l’evento della comparsa del Cristo sulla Terra rimanesse ovunque inosservata – come avvenne, ad esempio, a Roma. Laggiù si disse che in un certo luogo vi era una strada isolata e sudicia, nella quale viveva una determinata setta – che quelli erano uomini orribili, e che tra loro viveva uno spirito orrendo, di nome Gesù di Nazareth, che predicava alla gente tutto quanto la inducesse a ogni possibile cattiva azione.

In un certo tempo questo era tutto quanto si sapeva del Cristo a Roma! E forse voi sapete anche che fu Tacito, lo storico romano così eminente, a dare una descrizione simile a questa circa cento anni dopo gli eventi di Pale­stina.

Dunque veramente non tutti gli uomini si accorsero che si era compiuto qualcosa di estremamente importante: qualcosa che poteva salvare gli uomini conducendoli oltre il Kali Yuga, qualcosa che è venuto a splendere come luce divina nell’oscurità terrestre. La possibilità che l’umanità potesse continuare ad evolversi era data dalla presenza di alcune anime che comprendessero quel mo­mento, che sapessero cosa significava il vivere del Cristo sulla Terra.

Provate a trasferirvi in quel tempo, e vi sarà facile dire a voi stessi: «Sì, a quel tempo si poteva vivere senza aver bisogno di sapere dell’apparizione del Cristo Gesù sul piano fisico! Era possibile vivere sulla Terra senza acco­gliere nella propria coscienza questo importantissimo evento».

Non potrebbe avvenire anche oggi che qualcosa di in­finitamente importante si compie, ma gli uomini non lo accolgono nella loro coscienza? Non potrebbe essere che i nostri contemporanei non sappiano nulla di quanto ac­cade di estremamente importante – ora – nel mondo?

È proprio così! Infatti ciò che è della massima impor­tanza avviene, ma avviene in modo percepibile solo dallo sguardo spirituale.

Si parla così tanto dei tempi di transizione: noi vivia­mo in uno di essi, e molto importante. E la cosa signifi­cativa è che noi viviamo proprio nel tempo in cui l’epo­ca buia è trascorsa, ed in cui comincia quella nella quale gli uomini sviluppano lentamente e progressivamente nuo­ve facoltà, e le anime umane si trasformano gradual­mente.

Ma non dovete meravigliarvi del fatto che la maggior parte degli uomini non se ne accorga, in quanto la mag­gior parte non si accorse nemmeno dell’evento cristiano all’inizio della nostra cronologia.

Il Kali Yuga è terminato nel 1899, ora dobbiamo abi­tuarci a vivere in una nuova epoca. E questo inizio pre­para lentamente gli uomini a nuove facoltà dell’anima.

I primi segnali di queste nuove facoltà dell’anima si renderanno visibili già abbastanza presto in singole anime. E si mostreranno più chiaramente alla metà degli anni Trenta del nostro secolo, all’incirca tra il 1930 ed il 1940. Gli anni 1933, 1935 e 1937 saranno particolarmente im­portanti.

Allora si mostreranno nell’uomo facoltà molto parti­colari, in termini di disposizioni naturali. In quel tempo avverranno grandi cambiamenti e si compiranno profezie degli scritti biblici.

Allora tutto si modificherà per le anime che soggior­nano sulla Terra, ed anche per quelle che non sono più nel corpo fisico. Indipendentemente da dove si trovino queste anime, esse vanno incontro a facoltà del tutto nuove. Tutto cambia, ma il più importante evento del nostro tempo è un cambiamento profondo ed incisivo all’interno delle facoltà dell’anima umana.

Il Kali Yuga è terminato e le anime umane iniziano a sviluppare nuove facoltà, quelle che – proprio perché è l’epoca giusta – quasi da sé spingeranno fuori dalle anime determinate forze chiaroveggenti, quelle forze chiaroveg­genti che durante il Kali Yuga dovettero sprofondare nell’inconscio.

Ci sarà allora un certo numero di anime che vivranno la strana esperienza di avere l’autocoscienza, ma allo stes­so tempo sembrerà loro di vivere in un mondo che è vera­mente del tutto diverso da quello della loro coscienza abituale. Sarà qualcosa di indistinto, come un presagio, come quando un nato cieco viene operato ... Tramite quella che noi chiamiamo formazione esoterica si conse­guiranno ancora meglio queste facoltà chiaroveggenti. Ma – poiché gli uomini progrediscono – nei primissimi inizi, ai livelli più elementari, ciò comparirà nell’umanità attraverso lo spontaneo sviluppo naturale.

Ma potrebbe ben essere – molto più adesso che mai prima d’ora –, che gli uomini nella nostra epoca non siano assolutamente in grado di comprendere qualcosa del genere, questo che è l’evento più importante per l’umanità. Potrebbe essere che gli uomini non siano asso­lutamente in grado di comprendere che questo è un reale sguardo dentro un mondo spirituale, per quanto ancora indistinto e debole.

Potrebbe ad esempio accadere che la malvagità, il materialismo, siano tanto grandi sulla Terra, per cui la maggior parte degli uomini non mostri la minima com­prensione, e quegli uomini che possiederanno la chiaro­veggenza verranno considerati dei folli e rinchiusi nei manicomi – tra coloro che sviluppano confusamente le loro anime.

Dunque, quest’epoca potrebbe, per così dire, trascor­rere innanzi all’uomo senza lasciare tracce, sebbene noi anche oggi possiamo far risuonare il grido che allora Giovanni il Battista, come precursore del Cristo, ed il Cristo stesso, fecero risuonare: «Una nuova epoca è giun­ta, nella quale le anime umane devono compiere un passo per salire ai regni dei cieli!».

Potrebbe facilmente avvenire che qualcosa di gran­dioso trascorra senza che gli uomini lo comprendano... Se poi negli anni tra il 1930 ed il 1940 trionfassero i ma­terialisti e dicessero: «Ebbene sì, si è certo prodotto un certo numero di folli, ma nulla di quel grandioso che ci si attendeva è accaduto» ... – questa non sarebbe assoluta­mente una prova contro ciò che si è detto. Se costoro trionfassero e se l’umanità ignorasse questi avvenimenti, sarebbe una disgrazia per l’umanità. Se pure essa non dovesse accorgersi del grandioso evento che può avveni­re – esso tuttavia avverrà.

Ciò che può accadere sarà che gli uomini potranno acquisire la nuova facoltà di una percezione nell’eterico2 – inizialmente almeno un certo numero di uomini. E sem­pre più ne seguiranno, poiché l’umanità avrà duemilacinquecento anni di tempo per sviluppare progressivamente tali facoltà.

In questo tempo gli uomini non devono perdere que­sta occasione. Tale omissione sarebbe una grande sven­tura, e l’umanità dovrebbe poi aspettare un tempo suc­cessivo per poter recuperare ciò che ha tralasciato, per sviluppare più tardi la nuova facoltà.

Sarà la facoltà di vedere qualcosa dell’eterico nel mon­do circostante, eterico che finora solitamente non riusci­vano a percepire. Ora l’uomo vede solo il corpo fisico dell’uomo, ma poi sarà in grado di vedere il corpo eterico almeno come immagine sfumata, e di sperimentare nell’e­terico il nesso più profondo di tutti gli avvenimenti.

Si avranno immagini e presagi di avvenimenti del mon­do spirituale e si sperimenterà che tali eventi poi si realizzano sul piano fisico entro tre-cinque giorni. Si vedranno determinate cose in immagini eteriche e si saprà che il giorno seguente od entro pochi giorni accadrà questo o quello.

Simili trasformazioni delle facoltà dell’anima umana avranno luogo. Verrà qualcosa che si può indicare come un «vedere eterico». E cosa vi è connesso?

Ora, quell’entità che noi chiamiamo il Cristo, si incarnò una volta sulla Terra all’inizio della nostra cronologia. Essa non tornerà più in un simile corpo fisico, perché si trattò di un evento unico. Ma nei tempi che abbiamo detto, il Cristo tornerà in figura eterica.

Allora gli uomini impareranno a percepire il Cristo, elevandosi a Lui attraverso questo vedere eterico, in quanto Egli non discenderà più fino al corpo fisico, ma solamente fino al corpo eterico. Gli uomini dovranno dunque elevarsi a una percezione del Cristo.

È infatti vero quanto il Cristo ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine delle epoche terrestri». Egli è qui, è nel nostro mondo spirituale... e quanti sono par­ticolarmente dotati possono sempre percepirlo in questo mondo spirituale-eterico.

Colui che divenne particolarmente sicuro di questa percezione fu Paolo – nell’evento di Damasco. Ma questo vedere eterico si svilupperà come facoltà naturale in singoli uomini. Vivere l’evento di Damasco, l’evento di Paolo, sarà sempre più possibile agli uomini del tempo futuro.

Ora comprendiamo la scienza dello spirito in un senso completamente diverso. Impariamo che è qualcosa che ci carica di un’immensa responsabilità, poiché è una prepa­razione all’evento pienamente concreto della riapparizione del Cristo.

Il Cristo apparirà di nuovo perché gli uomini si eleve­ranno a Lui nella visione eterica. Se comprendiamo ciò, allora la scienza dello spirito ci appare come la prepara­zione degli uomini al ritorno del Cristo, affinché non si avveri la sventura che essi ignorino questo grande evento, ma siano invece maturi per afferrare il grande momento che si può indicare come ritorno del Cristo.

L’uomo diverrà capace di vedere corpi eterici, e tra questi corpi eterici sarà capace di vedere anche il corpo eterico del Cristo, sarà, cioè, in grado di elevarsi ad un mondo nel quale il Cristo gli apparirà in virtù di nuove facoltà che si sono risvegliate.

Allora non sarà più necessario dimostrare l’esistenza del Cristo a partire dai più diversi testi, vi saranno invece «testimoni oculari» della presenza del Cristo vivente, i quali lo conosceranno nel suo corpo eterico.

Ed in questa esperienza impareranno che tale entità è la stessa che all’inizio della nostra cronologia ha compiuto il mistero del Golgota, che si tratta del Cristo. Esatta­mente come allora, presso Damasco, Paolo ebbe la con­vinzione: Questo è il Cristo… così ci saranno uomini che attraverso la loro esperienza nell’eterico si convinceranno del fatto che il Cristo realmente vive.

Il più grande mistero della nostra epoca è questo: il ri­torno del Cristo – questo è il modo in cui avviene. Ma la mentalità materialistica si impossesserà in un certo modo di questo evento.

Naturalmente ciò che ora è stato detto verrà spesso annunciato negli anni a venire: che, cioè, tutte le vere conoscenze spirituali rimandano a quest’epoca. Ma le idee materialistiche oggi inquinano tutto. E si arriverà al punto che tali idee non si sapranno rappresentare che le anime degli uomini dovranno elevarsi al vedere eterico, e con ciò al Cristo nel corpo eterico. Esse si rappresenteranno tale evento pensando che il Cristo discenda nella carne, che si incarnerà.

Vi sarà una quantità di uomini che nella loro smisurata superbia sfrutteranno questo fatto, e si spacceranno in mezzo agli uomini come il Cristo reincarnato. La prossima epoca potrà perciò portarci dei falsi Cristi. Ma gli antro­posofi dovrebbero essere uomini tanto maturi per la vita spirituale da non confondere il ritorno del Cristo in un corpo spirituale, percepibile solo da parte di una vista superiore, con uno dentro una carne fisica.

Questa sarà una delle più terribili tentazioni rivolte all’umanità. Condurre l’umanità oltre questa tentazione sarà compito di quanti dalla scienza dello spirito imparano ad elevarsi veramente ad afferrare lo spirito, che non vogliono far scendere lo spirito nella materia, bensì salgono loro stessi al mondo spirituale.

Così ci è dunque permesso di parlare del ritorno del Cristo e del fatto che ci eleviamo al Cristo nel mondo spirituale acquisendo il vedere eterico.

Il Cristo è sempre presente, ma si trova nel mondo spirituale! E noi lo possiamo raggiungere se ci eleviamo dentro quel mondo.

Tutto l’insegnamento antroposofico deve trasformarsi in noi nel forte desiderio che questo evento non passi dinanzi all’umanità senza lasciare tracce, ma che a poco a poco si formi un’umanità – nel tempo che abbiamo a disposizione – che possa essere matura a sviluppare in sé queste nuove facoltà ed in tal modo a collegarsi nuo­vamente con il Cristo.

Poiché altrimenti l’umanità dovrebbe attendere molto a lungo prima che le possa venire data un’altra volta una tale occasione. Dovrebbe attendere a lungo... fino ad una reincarnazione della Terra.

Se l’umanità ignorasse questo evento del ritorno del Cristo, la visione del Cristo nel corpo eterico resterebbe limitata a coloro che attraverso una preparazione esoterica mostrino di volersi elevare ad una simile esperienza. Ma la grandiosità del fatto che queste facoltà verrebbero conseguite per l’intera umanità, per tutti gli uomini, il fatto che questo grande avvenimento verrebbe compreso tramite le facoltà che tutti gli uomini hanno naturalmente sviluppato... ciò sarebbe impossibile per lungo, lungo tempo.

Vediamo così che nella nostra epoca vi è qualcosa che giustifica l’esistenza e l’azione della scienza dello spirito nel mondo. Ad essa non importa solamente soddisfare esigenze teoriche, curiosità scientifiche. Che la scienza dello spirito prepari gli uomini a questo evento, li prepari a porsi in modo giusto nel loro tempo e a vedere con luminosa chiarezza di intelletto e di giudizio ciò che ve­ramente è presente – ma potrebbe passare davanti agli uomini senza che essi possano farlo fruttificare –: ecco di cosa si tratta!

E sarà di estrema importanza cogliere questo evento dell’apparizione del Cristo, perché ad essa seguiranno altri eventi. Come l’evento palestinese del Cristo è stato preceduto da altri avvenimenti, così anche coloro che lo hanno preannunciato profeticamente – quelli che un tempo lo hanno preannunciato, diventeranno suoi seguaci anche dopo l’epoca che abbiamo caratterizzato, dopo che il Cristo stesso sarà di nuovo divenuto visibile all’umanità nel corpo eterico.

Tutti coloro che lo hanno preparato saranno ricono­scibili in una nuova figura a quanti avranno vissuto il nuovo evento del Cristo. Per gli uomini sarà nuovamente riconoscibile ciò che visse sulla Terra come Mosè, Abra­mo ed i Profeti.

E si saprà che come Abramo precedette Cristo prepa­rando la sua venuta, così egli si assumerà la missione di aiutare anche in seguito l’opera del Cristo.

Così, se l’uomo non ignora il più importante evento del prossimo futuro, entra a poco a poco in comunione con tutti coloro che hanno preceduto l’evento del Cristo come patriarchi, si unisce a loro. E di nuovo apparirà tutto il coro di coloro ai quali ci potremo elevare. Chi ha condotto l’umanità dentro il piano fisico riapparirà dopo il Cristo e ricondurrà anche l’uomo verso l’alto, e lo ricol­legherà ai mondi spirituali.

Se guardiamo molto indietro nello sviluppo dell’uma­nità, scorgiamo quel punto del quale diciamo: da lì l’uma­nità discende sempre più dalla comunità con il mondo spirituale nel mondo materiale.

Benché l’immagine abbia un risvolto materiale, sia concesso di usarla: prima l’uomo era un «socio» di entità spirituali, il suo spirito era dentro il mondo spirituale, e per il fatto di vivere nel mondo spirituale egli era un «fi­glio degli dei». Ma quest’anima che sempre più si incar­nava, sempre più prese parte al mondo esteriore. Allora il figlio degli dei che era nell’uomo si compiacque nelle «figlie della Terra»3, e cioè in quelle anime che avevano simpatia per il mondo fisico.

Questo significa a sua volta: lo spirito umano un tem­po pervaso di spiritualità divina sprofondò nel mondo fisico sensibile. Egli divenne lo «sposo» dell’intelletto, che è legato al cervello e che lo irretì nel mondo sensibile.

E ora egli deve trovare la strada da cui è disceso, risa­lirla di nuovo – e tornare ad essere un figlio degli dei. Il «figlio degli uomini» che egli è divenuto andrebbe in rovina laggiù nel mondo fisico, se come figlio degli uomini non risalisse alle entità divine, alla luce del mondo spirituale – se in futuro non si compiacesse nelle figlie degli dei.

Fu necessario allo sviluppo dell’umanità che i figli de­gli dei si unissero alle figlie degli uomini – alle anime che sono incatenate al mondo fisico –, affinché l’uomo, come figlio dell’uomo, imparasse a dominare il piano fisico.

Ma per l’uomo del futuro è necessario che, in quanto figlio dell’uomo, egli si compiaccia nelle figlie degli dei, nella luce divino-spirituale della saggezza, che egli deve unire a sé per poter di nuovo elevarsi al mondo degli dei.

La volontà si accenderà di saggezza divina, e l’impulso più potente a ciò si avrà se colui che si è preparato per­cepirà la maestosa figura eterica del Cristo Gesù.

Per l’uomo che ha raggiunto naturalmente la chiaro­veggenza sarà come una riapparizione del Cristo Gesù, allo stesso modo di come questo Cristo eterico apparve come entità spirituale a Paolo. Egli riapparirà agli uomini, se essi comprenderanno che devono utilizzare a questo scopo le facoltà che acquisiranno con l’evoluzione dell’a­nima umana.

Utilizziamo allora la scienza dello spirito non solo come appagamento della nostra curiosità, ma in modo che essa diventi per noi una preparazione ai grandi com­piti, alle grandi missioni del genere umano, che dobbia­mo sempre più intimamente fare nostre.

Risposte a domande

Se parliamo di certe cose come abbiamo fatto oggi, se gettiamo luce sui misteri più intimi, non vogliamo farlo osservando tutto ciò distrattamente, come oggi spesso accade quando si ascoltano certe cose, vogliamo invece avere chiaro che la scienza dello spirito deve diventare realmente per noi tutt’altro che una teoria. Certo, la teo­ria ci deve pur essere: come ci si potrebbe mai elevare a simili pensieri, così come oggi sono stati espressi, se non li si potesse accogliere in sé nella forma di pensieri?

Ma qui sta la cosa essenziale: che essa non rimanga una teoria, ma si trasformi nella nostra anima in qualità dell’animo e del carattere, in un atteggiamento interiore del tutto diverso, – e ci renda uomini completamente diversi. Essa ci deve stimolare ad utilizzare le nostre in­carnazioni nel modo adeguato e giusto, così che nel corso delle nostre incarnazioni noi possiamo divenire qualcosa di completamente diverso.

Ho cercato di non dire una parola di più o una di meno. Perciò ho anche cercato di accennare solo brevemente a certe cose importanti. Ma quel che è stato detto non è importante solo per le anime che si incarneranno nel piano fisico tra il 1930 ed il 1940, bensì anche per quanti si troveranno nel mondo spirituale tra la morte ed una nuova nascita. Poiché l’essenziale è che le anime agiscono dal mondo spirituale entro il mondo dei viventi anche se questi ultimi non ne sanno nulla.

Grazie al nuovo evento del Cristo anche la convivenza tra quanti sono incarnati sul piano fisico e le anime che già si trovano nel mondo spirituale diventerà sempre più cosciente. Sarà allora possibile una collaborazione tra gli uomini fisicamente incarnati e le entità spirituali. Ciò dovrebbe già risultare dall’aver fatto cenno all’immagine secondo cui i profeti appariranno di nuovo sulla Terra per gli uomini.

Così voi dovete immaginare che quando, nel futuro dell’umanità, giungeranno tali grandiosi tempi, anche gli uomini collaboreranno – reciprocamente – in modo più consapevole nel mondo fisico e nel mondo spirituale.

Questo oggi non è possibile, poiché manca un lin­guaggio comune. Gli uomini qui presenti nel piano fisico dicono solo parole nelle loro lingue, con le quali vengono indicati oggetti fisici e relazioni fisiche. Gli uomini tra la morte ed una nuova nascita vivono in un mondo dall’a­spetto completamente differente da quello che ci circonda nell’immediato, e parlano un’altra lingua.

Di tutto quanto viene detto nel nostro mondo i morti possono accogliere solo quanto viene detto nella scienza dello spirito. In modo che noi qui, nell’antroposofia, coltiviamo qualcosa che diviene sempre più comprensibile ai morti e con essa parliamo anche per coloro che si tro­vano tra morte e nuova nascita.

Così l’umanità va incontro ad un tempo nel quale gli influssi del mondo spirituale saranno sempre maggiori. I grandi avvenimenti del tempo futuro saranno visibili in tutti i mondi. Anche gli uomini tra morte e nuova nascita avranno nuove esperienze nell’altro mondo, a seguito del nuovo evento del Cristo nel mondo eterico. Ma non le potrebbero minimamente comprendere se non vi si fos­sero preparati sulla Terra, proprio come gli uomini che sono incarnati qui sulla Terra avranno dovuto prepararsi per poter accogliere nel modo giusto questi avvenimenti in quel tempo importante.

È importante per tutte le anime oggi incarnate – non importa se saranno ancora fisicamente incarnate o se non lo sono più – che, accogliendo le verità della scienza dello spirito, esse si siano preparate a questi importanti eventi futuri. Se non lo facessero, dovrebbero aspettare. Se non hanno accolto con la coscienza terrena ciò che l’antroposofia o la scienza dello spirito ha da dare, do­vrebbero attendere fino alla loro successiva incarnazione per avere la possibilità di accogliere qui sulla Terra gli insegnamenti adeguati.

Infatti vi sono cose che possono essere vissute ed ap­prese solo qui sulla Terra. Per questo si dice che, ad esem­pio, nel mondo spirituale non vi è alcuna possibilità di conoscere la morte – e un Dio dovette discendere nel mondo fisico per poter morire. E proprio questo, che è il mistero del Golgota, non può essere conosciuto in nes­sun altro mondo come qui nel mondo fisico. Noi siamo stati portati quaggiù nel mondo fisico per acquisire qual­cosa che si può acquisire soltanto qui.

Ed il Cristo è disceso verso gli uomini poiché solo qui nel mondo fisico poteva mostrare loro, solo nel mistero del Golgota poteva far loro vivere qualcosa che fa poi maturare e portare avanti i suoi frutti nel mondo spirituale. Ma i semi devono essere deposti e sparsi qui nel mondo fisico.


1 Un secolo fa, quando la Scienza dello spirito stava lentamente nascendo ad opera di Rudolf Steiner, era necessaria agli uomini un’istituzione, per esempio la Società Antroposofica e le sue se­zioni. Oggi, dopo un secolo, la situazione dell’umanità è talmente mutata che quanti si riuniscono in piccoli gruppi per trovare reci­proco impulso nell’approfondimento della scienza dello spirito possono anche fare a meno di un contesto istituzionalizzato più ampio.

2 Rifacendosi ad un’antica tradizione, Rudolf Steiner chiama mon­do eterico il mondo delle idee platoniche, le immagini e forze originarie di quanto appare esteriormente nel mondo sensibile. La percezione di tali immagini soprasensibili viene chiamata «immagi­nazione» (dal latino imago = immagine).

3 Genesi 6,1 (traduzione secondo Lutero): «Ma quando gli uomini iniziarono a moltiplicarsi sulla Terra e nacquero loro delle figlie, allora i figli di Dio videro come erano belle le figlie degli uomini, e si presero per mogli quelle che volevano.»

A proposito di Rudolf Steiner

Rudolf Steiner (1861-1925) ha integrato le moderne scienze naturali con una indagine scientifica del mondo spirituale. La sua «antroposofia» rappresenta, nella cultura odierna, una sfida unica al superamento del materialismo, il vicolo cieco disperato nel quale si è infilata l’evoluzione umana.

La scienza dello spirito di Steiner non è solo teoria. La sua fecondità si palesa nella capacità di rinnovare i vari ambiti della vita: l’educazione, la medicina, l’arte, la religione, l’agricoltura, fino a prospettare quella sana triarticolazione dell’intero organismo sociale che riserva all’ambito della cultura, a quello della politica e a quello dell’economia una reciproca indipendenza.

Fino ad oggi Rudolf Steiner è stato ignorato dalla cultura dominante. Questo forse perché molti uomini indietreggiano impauriti di fronte alla scelta che ogni uomo deve fare tra potere e solidarietà, fra denaro e spirito. In questa scelta si manifesta quell’interiore esperienza della libertà che è stata resa possibile a tutti gli uomini a partire da duemila anni fa, e che porta a un crescente discernimento degli spiriti nell’umanità.

La scienza dello spirito di Rudolf Steiner non può essere né un movimento di massa né un fenomeno elitario: da un lato, infatti, solo il singolo individuo, nella sua libertà, può decidere di farla sua; dall’altro questo singolo individuo può mantenere le sue radici in tutti gli strati della società, in tutti i popoli e in tutte le religioni egli sia nato e cresciuto.

Rudolf Steiner Il ritorno del Cristo oggi - copertina retro