Il testo a stampa dell’edizione tedesca si basa sull’originale trascrizione in chiaro degli appunti stenografici e sulla prima edizione a stampa, ma tiene anche conto delle edizioni successive.
Testo originale tedesco: Was ist «Christentum»?
(Archiati Verlag e K., Bad Liebenzell 2007)
Contenute anche in G.A. 349
Traduzione di Silvia Nerini
Revisione di Pietro Archiati
PD
L’editore e il redattore non esercitano diritti
sui testi di Rudolf Steiner qui stampati.
In copertina: immagine tratta da un disegno alla lavagna di Rudolf Steiner (Archiati Verlag Bad Liebenzell)
ISBN 978-88-96193-73-0
www.liberaconoscenza.it
Rudolf Steiner
Ma cos’è questo
“cristianesimo”?
Conferenze a operai
Indice
Tre conferenze tenute a Dornach
il 21 aprile, il 7 e il 9 maggio 1923
l’uomo gesù e lo spirito “cristo”
due storie d’infanzia in contraddizione tra loro?
caratteristica umana e cristiana
• In ogni sfera della vita c’è il rischio di diventare unilaterali in due direzioni:
- nel corpo: infiammazione e sclerosi
- nell’anima: esaltazione e pedanteria
- nello spirito: sonno e veglia
• È cristica la ricerca di equilibrio fra due estremi chiamati “arimanico” e “luciferico”
• Il vero cristianesimo è solo agli inizi, per esempio nella medicina e nell’arte dell’educazione
Sulle conferenze di Rudolf Steiner
A proposito di Rudolf Steiner
Prefazione
Queste conferenze, tenute da Steiner sul finire della sua vita, rappresentano anche per lui qualcosa di speciale. L’uomo che per anni ha sviluppato una scienza dello spirito che abbraccia tutti i campi dello scibile si rivolge ora a delle persone semplici, a degli operai dai quali non si aspetta di trovare una particolare cultura bensì una schietta umanità.
In ciascuna di queste conferenze notiamo che Steiner si sente perfettamente a suo agio fra gli operai: molte volte aveva ripetuto che la sua scienza dello spirito è per tutti, senza alcuna distinzione, e che può risultare convincente per il buonsenso di cui ogni uomo è dotato. Le conferenze sono pervase dalla gioia che prova nel presumere che in quegli operai il buonsenso sia presente in una forma incontaminata.
Nel corso degli anni Steiner aveva ripetutamente espresso l’idea che nella civiltà moderna ci sono due correnti: una in declino e una in ascesa, agli inizi. Si riferiva da un lato alla borghesia e dall’altro alla classe operaia. Nella società borghese aveva riscontrato una scarsa capacità o disponibilità a seguire una scienza dello spirito volta a superare il materialismo. Nello stesso tempo vedeva invece che i lavoratori ne hanno letteralmente sete, pur non avendone sempre piena coscienza. Anche allora, nella cultura intesa come un lusso da coltivare al di fuori della vita normale, l’operaio percepiva qualcosa di estraneo. Poco prima della sua morte a Steiner si presentò per la prima volta dopo tanto tempo l’opportunità di parlare proprio a questo “ceto inferiore”, di trasmettergli la ricchezza della sua scienza dello spirito.
Le Edizioni Archiati ritengono che la pubblicazione di queste conferenze soddisfi un compito particolare. Fin dall’inizio ci siamo prefissi di rendere la scienza dello spirito accessibile a tutti, indipendentemente dal grado di istruzione, dal ceto sociale o dall’estrazione culturale. Da un lato questa scienza dello spirito è universale, appartiene all’umanità intera e si rivolge a tutti in ugual modo; dall’altro parla all’individuo, al raziocinio e al libero arbitrio di ogni singolo uomo. Le conferenze di Rudolf Steiner agli operai rappresentano forse nella forma più pura quello che le Edizioni Archiati desiderano mettere a disposizione di tutti, dal momento che considerano uguali tutti gli uomini e vedono nella pari dignità il valore supremo di ogni individuo.
Queste conferenze furono tenute dopo colazione, dopo le prime ore di lavoro, in un momento in cui gli operai non erano troppo stanchi e la loro ricettività era al massimo. Le conferenze rientravano nel loro orario lavorativo e non fu Rudolf Steiner a scegliere i temi da discutere, ma gli operai stessi. Ogni volta chiedeva loro di fargli le domande che avevano a cuore. Non c’erano argomenti che lui ritenesse importanti per gli operai: per lui erano importanti gli argomenti che interessavano a loro.
Il lettore odierno noterà l’arte che sottende il linguaggio di queste conferenze: è una lingua semplice, effervescente, inventiva, spiritosa, e soprattutto umana. Talvolta le cose più profonde e complesse vengono espresse in tutta semplicità e non si smette di stupirsi di come l’uomo Steiner sia in grado di parlare di argomenti che riguardano i più svariati ambiti della vita. Chiunque legga queste conferenze con attenzione dovrebbe chiedersi da dove gli provengano tutte queste conoscenze. Di sicuro non solo dalla percezione sensibile!
E anche se a livello scientifico ci fosse qualcosa di non convincente o di semplicemente sbagliato, nel corso degli anni i suoi numerosi nemici non l’avrebbero forse strombazzato ai quattro venti? Sostanzialmente fino a oggi hanno trovato un solo modo per salvarsi da Rudolf Steiner: ignorarlo, far finta che non sia mai esistito. Quanto piacerebbe alle Edizioni Archiati che milioni di “operai” rompessero questo silenzio e ponessero fine a questo ignorare. Forse sono gli unici a poterlo fare!
Viktor Stracke, un operaio di quei tempi, racconta le esperienze sue e dei suoi compagni con Rudolf Steiner, con queste parole: «Ed eravamo così grati al dottor Steiner per l’amore che ci mostrava, per la saggezza che schiudeva al nostro sguardo, e anche lui era così contento che avessimo delle domande e di poter parlare con noi. Spesso mi è capitato di notare come un argomento introdotto al mattino venisse da lui trattato anche la sera nelle conferenze per i soci, perché la questione “era nell’aria”. Ma il modo in cui parlava a noi aveva una caratteristica tutta sua: chiaro, diretto, semplice, con esempi quasi rudi e drastici, e tuttavia esprimeva sempre pienamente i contenuti più profondi, senza cercare di impartirci un insegnamento “popolare”. Non lo si può descrivere. Forse si potrebbe dire che parlava con la semplicità di un compagno. Eppure era enorme il rispetto che nutrivamo nei suoi confronti, la maggior parte di noi aveva il batticuore; spesso discutevamo giorni e giorni per decidere chi dovesse fargli una domanda e quale».[1]
Alcuni grandi estimatori della scienza dello spirito hanno espresso alle Edizioni Archiati la loro indignazione per il linguaggio usato da Rudolf Steiner parlando agli operai, perché avevano l’impressione di trovarsi di fronte a una persona completamente diversa. Trovavano che la lingua di queste conferenze fosse “trasandata”, uno di loro l’ha addirittura definita “sciatta”. Non è forse la prova che oggi come allora il “ceto superiore” non conosce quasi per niente quello “inferiore”, e forse non sa neppure che in certe circostanze questo ceto è in grado di imprimere una vivacità del tutto diversa al linguaggio? Perché mai la lingua dovrebbe adeguarsi solo alla borghesia dominante e non ai milioni di lavoratori che hanno lo stesso diritto di usarla a modo loro?
Si può capire che per molti antroposofi dell’epoca le conferenze tenute da Steiner agli operai non abbiano avuto grande importanza e che nei decenni successivi alla sua scomparsa perfino persone di primo piano nel movimento antroposofico abbiano avuto grosse riserve rispetto al linguaggio e ai contenuti di queste conferenze. Ma nelle parole di Viktor Stracke (p. 201-202) vediamo come Rudolf Steiner la pensasse in maniera completamente diversa: «Quando durante un convegno si è discusso su come inserire ancora un colloquio nell’agenda ormai completa del dottor Steiner, qualcuno deve aver proposto un orario in cui era prevista una conferenza per gli operai, dicendo: ‹… in fondo è solo una conferenza per gli operai!›. Al che pare che il dottor Steiner abbia replicato con indignazione: ‹Come sarebbe a dire “solo”? … Le conferenze per gli operai sono importantissime!› ».
Pietro Archiati
Prima conferenza
L’uomo Gesù
E lo spirito “cristo”
due storie d’infanzia
in contraddizione fra loro?
Dornach, 21 aprile 1923
Rudolf Steiner: Buongiorno, miei cari signori.
Avete trovato una domanda?
Un operaio: Il dottor Steiner è stato così gentile da spiegarci come stanno le cose dopo che lo spirito ha abbandonato il corpo. L’ultima conferenza è risultata molto comprensibile a me e ai miei colleghi, ma nella Teosofia c’è una frase che dice che quando lo spirito si è separato dal corpo l’anima conserva ancora dei desideri. Si tratta di qualcosa di ancora difficile da digerire per noi. E poi avrei anche un’altra domanda, del tutto diversa.
Rudolf Steiner: sentiamo anche la seconda domanda.
L’operaio: Per caso mi è capitato in mano un opuscolo di un certo dottor Hauer. Suppongo che anche lei l’abbia letto, che sappia già cosa dice. Secondo questo Hauer il dottor Steiner non direbbe nulla di nuovo e quanto viene affermato nell’antroposofia sarebbe già risaputo. E poi fra l’altro dice che la cosa più incredibile dell’antroposofia è la storia dei due bambini Gesù. Io stesso devo ammettere che pure a me risulta incomprensibile. Se non è una richiesta eccessiva, pregherei il dottor Steiner di raccontarci qualcosa sulla famiglia di Gesù.
Un altro operaio: Nei giorni scorsi i miei colleghi mi hanno fatto delle domande sull’entità cristica; mi farebbe quindi piacere se il dottor Steiner potesse dirci qualcosa in proposito.
Rudolf Steiner: C’è forse ancora una domanda così da trattare gli argomenti in relazione fra loro?
Bene, comincerò a rispondere alla prima domanda sui desideri.
Le cose stanno così: se osservate quello che l’uomo vive a differenza delle pietre e delle piante, noterete che egli sperimenta il mondo dei propri pensieri. La pianta non mostra di avere un mondo concettuale. Nella pianta vivono delle idee, ma sarebbe assurdo cercare pensieri di cui la pianta sia consapevole.
Eppure nel modo in cui oggi la scienza procede esteriormente c’è qualcosa di strano. Ai giorni nostri ci sono studiosi di ogni genere, e dato che ce ne sono anche alcuni che non riescono a credere fino in fondo che i processi siano solo fisici, minerali, inerti, questi presumono perlomeno che ci sia anche una componente animica. Non sapendo però molto dell’anima, dicono che essa si manifesta per il fatto che un essere compie questa o quell’azione.
Ci sono quindi delle piante che si comportano in maniera proprio strana. Ce n’è una per esempio che per via del suo singolare comportamento viene chiamata “Venere acchiappamosche”. Questa Venere acchiappamosche ha grandi petali a forma di calice e quando un insetto le si avvicina e comincia a succhiarne il nettare, la pianta si chiude. Chiude il calice così che l’insetto ci resta intrappolato. È proprio così.
Quelli che parlano dell’anima solo a livello esteriore, senza saperne niente, dicono: proprio come nell’uomo c’è un’anima, così ce n’è una anche nella pianta. A queste persone rispondo sempre come segue: conosco un piccolo aggeggio in cui si mette un po’ di lardo leggermente rosolato: la trappola per topi. E mentre il topo assapora lo speck la trappola scatta automaticamente (V. Dis. sopra).
Chi dunque deduce da queste cose esteriori che ci deve essere un’anima, come nel caso della Venere acchiappamosche, dovrebbe dire che anche la trappola per topi ha un’anima, dato che si chiude da sola.
Dipende sempre dai motivi che stanno alla base delle nostre supposizioni.
Vedete, la caratteristica della scienza dello spirito è quella di partire sempre da motivazioni ben precise, mentre altri, anche se ne ipotizzano l’esistenza, non sanno niente dell’anima e la attribuiscono perfino a una pianta che, quando le si avvicina un insetto, mette in azione un meccanismo analogo a quello della trappola per topi.
Ma nella scienza dello spirito non sono le cose esteriori che portano a credere all’esistenza dell’anima, alla sua base c’è invece un’effettiva conoscenza dell’elemento animico. Di questa conoscenza fa parte anche il fatto che l’uomo sviluppa dei desideri.
Un desiderio sorge per esempio quando l’uomo ha sete. Quando ho sete desidero bere dell’acqua o qualcosa di simile. E l’acqua placa la sete. Siamo in presenza di un desiderio, di una brama, ogni volta che si desidera qualcosa dall’interno del proprio organismo. Questo è sempre un desiderio.
Vedete, c’è una cosa su cui gli uomini non riflettono: non pensano a qual è lo stato psichico dell’uomo quando si sveglia. Al suo risveglio si esamina solo la quantità di acido carbonico nel sangue e così via, viene preso in esame solo lo stato fisico.
Ma in realtà l’uomo si sveglia perché sente desiderio per il suo corpo fisico. Quando la sera vi addormentate non avete più desiderio del vostro corpo fisico, che è talmente pieno di sostanze affaticanti da non aver più voglia di starci dentro. L’anima, vale a dire l’Io e il corpo astrale, vogliono uscire dal corpo fisico per riposarsi.
La mattina, quando il corpo fisico si è ristabilito – e l’anima che si trova al suo esterno se ne accorge dallo stato della pelle, dato che è lì vicino –, l’anima ci rientra perché desidera essere nel corpo fisico finché questo è in grado di vivere.
L’anima quindi per tutta la vita ha il desiderio di vivere nel corpo.
Prendiamo un altro esempio: vi tagliate un dito. Questo è il dito (V. Dis. A, p. 20 ), adesso ve lo tagliate e provate dolore. Che cosa è successo? Si è staccato un pezzetto di corpo fisico. Potete praticare un’incisione nel corpo fisico, ma non in quello astrale.
Ora voglio disegnare il corpo astrale in quello fisico. Se lo disegno in grande (V. Dis. B, p. 20), vedete uno spazio vuoto: lì dentro c’è il corpo astrale che però desidera entrare anche lì dove si è staccato. Vorrebbe essere dentro il corpo, ma non può perché è stato staccato. È questo che provoca il dolore.
E adesso signori miei, immaginate che se l’anima desidera il corpo fisico per tutta la vita, dopo la morte deve necessariamente subentrare qualcosa.
Se da bambini avete voglia di mangiare quanto più zucchero possibile, sviluppate il desiderio dello zucchero. E se a un certo punto della vostra vita qualcuno ritiene che non dobbiate più mangiare così tanto zucchero – per esempio perché vi è venuto il diabete e lo zucchero vi fa male –, ebbene, cari signori, vi occorrerà molto tempo per perdere l’abitudine! Continuerete a desiderare lo zucchero e dovrete abituarvi gradualmente a farne a meno.
Sappiamo tutti che chi beve parecchio ha sviluppato il desiderio di alcolici e ha bisogno di tempo per perdere quest’abitudine. Come vi ho raccontato di recente, se a uno che fa uso di oppio gli viene tolta questa sostanza, impazzirà dalla brama di procurarsela.
L’Io e il corpo astrale sono attraversati per tutta la vita dal desiderio del corpo e dopo la morte l’anima vorrebbe ancora risvegliarsi nel corpo. È qualcosa a cui si deve disabituare.
La perdita di quest’abitudine dura un terzo della vita intera – il sonno occupa infatti un terzo della vita. Il primo giorno dopo la morte si vuole tornare indietro, si vuole fare quello che si è fatto nell’ultimo giorno di vita. Il secondo giorno si vuole fare quel che si era fatto il penultimo giorno e così via. È quindi necessario disabituarsi al desiderio per questo terzo della vita.
Dopo la morte non si prova dunque fame o sete, ma si continua a desiderare tutto ciò che ci si può procurare con il corpo fisico.
Ecco cosa accade dopo la morte: per tutta la vita vi siete affezionati alla zona a voi più vicina del vostro luogo natio, quella che avete sempre visto attraverso il vostro corpo fisico. Solo i turchi credono di trovare dopo la morte prati e fiori più belli di quelli che ci sono sulla Terra.
A tutto questo bisogna dunque disabituarsi, ed è per via di questa perdita delle abitudini che dobbiamo parlare del permanere dei desideri.
Si capisce?
Risposta: Sì!
Allora, dopo la morte rimane il desiderio del corpo fisico e della vita, non si provano più fame e sete perché non si ha più lo stomaco che è sepolto nella bara, e così via. Ma dopo la morte si continua a desiderare di vedere quello che si vedeva in vita.
Ma a questo si aggiunge qualcos’altro. Dopo la morte, prima di essersi ambientati nel mondo spirituale nel quale si è entrati, non si riesce a vedere bene con gli occhi dello spirito, proprio come il neonato non è in grado di vedere subito quello che c’è nel mondo fisico. È una capacità che va prima acquisita, occorre prima familiarizzare con il mondo spirituale.
Ecco quindi che il primo stadio, un terzo della vita, consiste nell’essere ancora ciechi e sordi rispetto al mondo spirituale e nel provare ancora nostalgia per quello fisico. Dopo due o tre giorni, come vi ho detto, il defunto guarda indietro e solo quando ha perso l’abitudine prende confidenza anche con il nuovo mondo in cui si trova e riesce a percepire in maniera spirituale. Allora non desidera più il mondo fisico.
Chi è quindi in grado di osservare la vita dell’anima sa anche vedere cosa rimane della vita fisica. E naturalmente non restano solo le cose piacevoli. Se uno desiderava picchiare di continuo gli altri, gli rimane il desiderio di picchiare, abitudine che deve perdere lentamente. Sono appunto queste le cose di cui ci si può rendere conto.
La scienza dello spirito cerca dappertutto quello che l’anima è davvero in grado di vedere, ciò che quindi è realmente “visibile”. Di questo si tratta.
Oggi ci occuperemo anche dell’altra la domanda, quella relativa al Cristo Gesù, in modo che nessuna delle vostre richieste rimanga insoddisfatta. Devo però premettere un fatto che riguarda la storia della Terra.
Vi ho già descritto tutte le fasi attraversate dalla Terra in tempi antichissimi. Le cose stanno così: attualmente sulla Terra abbiamo delle condizioni che anche in base alle osservazioni scientifiche non sono più vecchie di seimila o otto-novemila anni, condizioni che risalgono quindi a un periodo compreso fra i seimila e i novemila anni fa.
Vi ho già fatto notare che non sareste potuti risalire molto più indietro di quel periodo, dato che sareste arrivati nella cosiddetta regione dei ghiacciai. A quell’epoca la Svizzera, sul cui territorio vi potete muovere oggi, era completamente ricoperta dal ghiaccio. I ghiacciai occupavano le valli in cui oggi scorrono i fiumi. L’Aare, la Reuss e altri sono quel che resta degli antichi fiumi glaciali.
Ma quell’epoca in cui gran parte dell’Europa era ricoperta di ghiacciai era stata preceduta da un’altra completamente diversa. Le superfici della Terra emergono e sprofondano di continuo, solo che bisogna prendere in esame vasti periodi di tempo.
Per esempio, se qui c’è il mare (V. Dis. p. 23) e lassù la terraferma, questa terra galleggia nel mare. Tutta la terra galleggia nel mare. Riuscite a immaginarlo? Tutte le terre galleggiano nel mare, nessuna va giù fino in fondo, anche sotto le terre c’è il mare.
A questo punto vi chiederete: come mai non galleggia avanti e indietro come una nave?
Prima voglio dirvi un’altra cosa ancora. Di fatto le terre galleggiano nel mare, ma immaginate che questa sia la Gran Bretagna, l’Inghilterra. L’Inghilterra è un’isola e galleggia effettivamente nel mare, ma vicino all’Europa, e la distanza non muta.
Ma anche secondo il parere degli scienziati non è sempre stato così. Ci sono state epoche in cui tutto era sommerso dall’acqua. A quei tempi l’Inghilterra era sotto il mare. Ovviamente bastava attraversare quel pezzetto di mare per arrivare sulla terraferma, ma il fatto è che sono esistiti tempi in cui l’Inghilterra si trovava sotto il mare.
La faccenda sta addirittura in questi termini: se esaminate il suolo dell’Inghilterra vi troverete i fossili di certi animali, che però non sono tutti uguali. Se esaminate una parte di terreno dell’Inghilterra e poi un’altra più su, vedrete che i fossili degli animali sono completamente diversi, e man mano che vi spostate in alto ne troverete di altri ancora. Il suolo dell’Inghilterra presenta quattro strati successivi di animali fossilizzati (V. Dis. p. 25).
Da dove vengono questi fossili? Quando una terra viene sommersa dal mare gli animali muoiono, perdono i loro gusci e si fossilizzano. Se in un terreno trovo quattro strati sovrapposti vuol dire che quella terra è stata sommersa quattro volte dal mare. Ogni volta si è aggiunto uno strato.
E così si scopre che in Inghilterra la terra è stata quattro volte sopra e sotto il mare. L’Inghilterra è stata quattro volte sopra l’acqua, è sempre riemersa.
E ora potreste chiedervi: perché un’isola come questa che galleggia nell’acqua non va avanti e indietro come una nave?
Già, non viene tenuta ferma dalla Terra. Se dipendesse solo dalla Terra tutto verrebbe sbatacchiato da una parte all’altra! L’Inghilterra andrebbe a sbattere ora contro la costa della Norvegia, ora verrebbe spinta verso l’America e così via. Tutte le terre si urterebbero fra loro se dipendesse solo dalla Terra.
Ma non dipende solo dalla Terra: la costellazione delle stelle invia dal cielo le forze che tengono ferma una terra in un determinato luogo. Non è quindi dalla Terra che dipende, ma dalla costellazione stellare. E si può sempre dimostrare che ogni volta che la posizione è cambiata è mutata anche la costellazione di stelle – non quella dei pianeti naturalmente, ma quella delle stelle fisse.
Chi non vuole saperne di questo mondo fa come quelli che dicono che le forze necessarie per pensare provengono solo dal cervello.
Se calpesto un terreno morbido lasciandoci le mie impronte e poi viene giù uno da Marte che sostiene che le impronte provengono dalla terra, che a volte solleva la sabbia e altre la depone, ebbene, questo non è affatto vero. Sono stato io a imprimere le mie orme dal di fuori, proprio come le circonvoluzioni del mio cervello provengono dall’esterno, dal pensiero.
Lo stesso vale anche per le terre emerse dal mare: sono le costellazioni stellari a tenerle ferme. Quindi non dobbiamo vedere lo spirito solo nell’uomo che vive sulla Terra e sulla Terra in genere, ma in tutto l’universo.
Pensate un po’, miei cari signori, che stranamente gli antichi erano al corrente di queste cose, solo che le sapevano in maniera diversa da come le sappiamo oggi. Voglio fornirvi una prova di questo.
C’è uno storico greco di nome Erodoto, vissuto secoli prima della nostra era. Costui sapeva molte cose e racconta che uno fra i più saggi dei suoi conterranei, Solone, una volta era stato presso un egiziano. A quei tempi gli egizi erano il popolo più antico e i greci si comportavano con più giudizio di noi.
Come vedremo fra poco, i greci nutrivano una grande venerazione per gli egizi, ma non imparavano la loro lingua. I greci non studiavano l’egiziano, mentre tutti i nostri studiosi devono imparare il greco! I greci erano molto più assennati.
Noi non imitiamo le loro azioni, ma ne imitiamo la lingua. I nostri studiosi sono confusi proprio perché non familiarizzano con quanto c’è di primigenio sulla Terra, ma vengono allontanati dagli elementi peculiari dell’uomo per il fatto di doversi impadronire di una lingua antichissima.
Adesso in Svizzera si lotta contro questa abitudine, che però è stata in voga a lungo. Abbiamo fatto girare la testa ai nostri ragazzi che volevano diventare medici obbligandoli a imparare il greco. Non lo dico perché anch’io sono stato costretto a impararlo, amo molto la lingua greca. Il greco però andrebbe studiato da chi ne vuole ricavare qualcosa, non da chi vuole diventare medico o giurista e finirà per dimenticarlo dopo gli studi.
Allora, Erodoto racconta che Solone si era recato presso un saggio egiziano e che questi gli aveva detto: voi greci siete per un certo verso persone evolute, eppure siete ancora bambini perché non sapete niente del fatto che le terre emergono costantemente dal mare per poi esserne di nuovo sommerse, non sapete che si verificano continui sconvolgimenti.
Quindi gli antichi egizi lo sapevano ancora, mentre i greci non lo sapevano più. Solo Platone era a conoscenza di qualcosa di simile: del fatto che nell’oceano Atlantico, che al giorno d’oggi è solcato dalle navi dirette dall’Europa all’America, c’era una terra e che dunque la costa occidentale europea era collegata alla costa americana per mezzo di questa terra.
Ma le antiche verità sono state dimenticate, perché gli uomini avevano un sapere ancora più inconscio. Noi ci siamo appropriati della conoscenza astratta, di cui abbiamo bisogno per la nostra libertà. Gli uomini infatti a quei tempi non erano liberi, però sapevano più di noi. E Lessing, come vi ho detto, teneva in gran conto il fatto che quegli uomini antichi sapevano più cose di quelli venuti dopo di loro.
Ecco allora che arriviamo a dirci che ci sono stati tempi antichi in cui gli uomini sapevano naturalmente come lo spirito sia diffuso ovunque. Gli uomini hanno mantenuto questa conoscenza molto a lungo.
C’è per esempio un imperatore romano, Giuliano, vissuto nel quarto secolo dopo Cristo. Questo Giuliano, istruito da uomini che conservavano ancora parte del sapere asiatico, diceva che non c’è un unico Sole, bensì tre.
• Il primo Sole è il Sole fisico,
• il secondo è un Sole animico e
• il terzo è un Sole spirituale.
Il primo lo possiamo vedere, mentre gli altri due sono invisibili ai nostri occhi. Questo è quello che affermava Giuliano.
È poi successo qualcosa di molto strano. Giuliano è sempre stato denigrato dalla storia poiché non credeva nel cristianesimo. Lui, però, credeva in ciò che gli uomini sapevano prima dell’avvento del cristianesimo e mentre si accingeva a guidare una campagna militare in Asia fu assassinato all’improvviso. Si è trattato di una specie di attentato compiuto da quelli che lo odiavano perché possedeva ancora l’antico sapere.
Dovete pensare che anche nei tempi antichi la cosa veniva gestita in modo completamente diverso da oggi. Gli egizi erano persone terribilmente intelligenti, come vi ho già detto, ma non avevano una scrittura come la nostra. Avevano una scrittura pittografica. La parola era sempre simile al suo significato e agli scribi egiziani veniva ordinato di riprodurre fedelmente le cose, dato che la scrittura era qualcosa di sacro.
Sapete cosa succedeva a chi per negligenza faceva un errore nel ricopiare i geroglifici? Veniva condannato a morte! Certo, oggi ci si stupirebbe se chi fa un errore di ortografia venisse condannato a morte.
Ma la storia dell’umanità ha uno svolgimento diverso da quello che ci immaginiamo. In realtà gli antichi egizi erano saggi e sotto certi aspetti anche crudeli. E comunque l’umanità ha fatto dei progressi. E il fatto che per loro la scrittura fosse così sacra, non ci autorizza a negare che sotto altri aspetti fossero saggi e sapessero cose che solo oggi stanno gradualmente riaffiorando in maniera completamente diversa nella scienza dello spirito. Loro queste cose le sognavano, mentre noi le sappiamo. Era una conoscenza del tutto diversa.
Ma vedete, Giuliano aveva ragione. È proprio così: anche il Sole ha un’anima e uno spirito, esattamente come il nostro corpo. Sono cose che dice chi conosce l’anima.
Una persona così non racconta che la Venere acchiappamosche ha un’anima, perché è un’assurdità e perché altrimenti bisognerebbe dire che tutto quel che si muove in maniera funzionale possiede un’anima. Invece lui sa che la luce che splende ha un’anima, è mossa dall’anima, perché lo percepisce. Quindi si sapeva che nel Sole c’è un essere vivente.
Così sapete che si racconta che un bel giorno in Palestina nacque Gesù di Nazareth.
Gesù di Nazareth crebbe – oggi si può accertare la veridicità delle affermazioni contenute nei vangeli – come un fanciullo abbastanza semplice. Era il figlio di un falegname, di un carpentiere. È vero, è cresciuto come un bambino semplice.
Eppure possedeva ancora in gran parte l’antica saggezza, per questo corrisponde al vero anche il racconto che a dodici anni ha risposto in maniera molto saggia ai dottori. Ancora oggi capita che un dodicenne dia risposte più ragionevoli di uno studioso “provetto”. Da lì si è capito che il ragazzo era molto dotato.
Poi continuò a crescere e a trent’anni in lui cambiò all’improvviso qualcosa. È un dato di fatto: in lui qualcosa cambiò all’improvviso.
E che cosa cambiò nel Gesù trentenne? Nel Gesù trentenne emerse tutt’a un tratto, anche se preparato dalla sua grande conoscenza anteriore, quello che allora non si sapeva più, quell’antica sapienza che sopravviveva solo in alcuni studiosi, la stessa sapienza che Giuliano riusciva ancora a trovare presso alcuni di loro.
Grazie a un sapere più antico gli si rivelò che l’intero universo e anche il Sole sono dotati di anima e spirito. E nel momento in cui se ne rese conto fu pervaso dallo spirito che vive nell’universo. Quando si è al corrente della sua esistenza lo si possiede anche.
Ma a quei tempi le cose andavano insegnate agli uomini per mezzo di immagini. Quello che vi sto dicendo oggi lo si può esprimere in questo modo solo a partire dal quindicesimo secolo. Prima gli uomini non avevano questi concetti, ragion per cui lo si esprimeva dicendo: «Discese una colomba ed Egli accolse in sé lo Spirito Santo.»
In uno dei vangeli leggiamo: «Dal cielo si fece udire una voce...». Naturalmente chi era in grado di capire sapeva che gli era successo qualcosa e lo espresse con le parole: «Dal cielo si fece udire una voce: ‹Questo è il mio Figlio diletto…›» – tradotto correttamente: «Questo è il mio amatissimo Figlio, oggi l’ho generato».
Significa che quanto è avvenuto nel Gesù trentenne è stato giustamente inteso come una seconda nascita.
Con la nascita di Gesù è nato per l’appunto solo Gesù, che era più dotato degli altri, ma non sentiva ancora lo Spirito dentro di sé. Era un avvenimento ritenuto straordinariamente importante. Questo è il significato del battesimo da parte di Giovanni nel Giordano.
Una volta ho avuto una grande preoccupazione. Nella scienza dello spirito ci sono preoccupazioni di questo tipo, signori miei!
Come sapete, ci sono quattro vangeli: il Vangelo di Matteo, quello di Marco, quello di Luca e quello di Giovanni. Oggi tutti sanno che i quattro vangeli sono in contraddizione fra loro.
Se cominciate a leggere il Vangelo di Matteo vedete qual è l’albero genealogico di Gesù, e se lo paragonate a quello nel Vangelo di Luca, vi accorgete che si contraddicono. La gente dice: «Si contraddicono!», ma non riflette sul motivo per cui questo avviene. Al massimo dice: uno ha inventato una cosa, l’altro ne ha inventata un’altra. Ciascuno ha inventato una cosa diversa, per questo sono fra loro in contraddizione.
Le cose non stanno però in questo modo. Vedete, Goethe per esempio dice di sé:
Dal padre ho la statura,
– vale a dire che assomigliava fisicamente al padre –
la dirittura morale,
dalla mamma l’indole gaia
e il piacere di favoleggiare.
Ma a tre anni Goethe non era ancora in grado di “favoleggiare”, forse ha cominciato a farlo a nove. Ha quindi dovuto dire: dalla mamma ho il piacere di favoleggiare, questo piacere mi è stato trasmesso da lei, è passato da lei a me.
Ve lo dico perché voglio farvi capire come si è risolto il mio problema relativo alle contraddizioni nei vangeli.
Dapprima ho preso questi due vangeli, quello di Matteo e quello di Luca. Nessuno – a meno che non ci si limiti a dire con superficialità che si tratta di un’invenzione – può capire come mai queste due narrazioni si contraddicono. Io allora ho provato a cercare usando la conoscenza che ci si procura quando, come ho sottolineato, si guarda quello che c’è dietro le cose, e ho scoperto che non è nato un bambino solo, ma ne sono nati due.
Entrambi si chiamavano Gesù. E di questo, signori, non c’è da meravigliarsi. Se infatti in Austria un bambino si chiama Joseph (Giuseppe) non ci si stupisce che un altro bambino nato nello stesso periodo si chiami Joseph (Giuseppe) pure lui. Nessuno si meraviglia se due bambini si chiamano Seppel o Franz.
Non c’era quindi da stupirsi se a quei tempi c’erano due bambini di nome “Gesù”. Erano nati davvero due bambini chiamati Gesù, vissuti insieme fino all’età di dodici anni. E poi è successo qualcosa di particolare: per il fatto di essere vissuti insieme, le doti dell’uno sono comparse all’improvviso nell’altro.
Come il figlio può “ereditare” dalla madre, così uno dei due bambini Gesù ha “ereditato” il talento dall’altro. E il bambino da cui l’altro ha ereditato il talento non ha continuato a vivere, bensì è morto poco dopo, a dodici anni. Così ne è rimasto solo uno che, per lo shock procuratogli dalla morte dell’altro, ne ha visto risplendere dentro di sé la saggezza. Solo per questo ha potuto rifulgere nella discussione con i dottori.
I genitori si sono chiesti da dove gli venisse tutta quella saggezza. Ce lo si spiega se si attribuisce all’anima la capacità di esercitare degli influssi. Questi influssi dell’anima esistono.
Fino a dodici anni quel bambino Gesù non ha avuto quella saggezza. Poi l’altro è morto e quella saggezza si è trasmessa al primo – in parte per lo sgomento provato di fronte a quella morte, in parte perché i due erano stati in rapporti di amicizia. Ed è lui che in seguito venne battezzato nel Giordano.
Sono nati per l’appunto due bambini Gesù e non uno solo. Raggiunti i dodici anni, uno è morto e l’altro si è risvegliato all’improvviso per via di questo avvenimento sconvolgente e ha assorbito la saggezza dell’altro.
E allora troviamo che Matteo ha descritto l’infanzia di uno dei due bambini Gesù, e Luca ha descritto quella dell’altro. È quindi ovvio che le due descrizioni non coincidano. Non me lo sono inventato, questo è un risultato delle mie ricerche. Per questo, basandomi su una scienza dello spirito di cui altri non dispongono, parlo dei due bambini Gesù.
Vedete quindi che anche nella scienza dello spirito ci si attiene ai medesimi principi seguiti dalla scienza: l’esistenza di cause che producono effetti.
Non si cerca semplicemente di dire: «Ma sì, si tratta di un’invenzione; il bambino Gesù di Matteo è frutto della sua immaginazione e l’altro è un’invenzione di Luca». Ai tempi in cui sono stati scritti questi due vangeli una simile invenzione era assolutamente fuori discussione.
Le persone parlavano per immagini, ma non hanno inventato un bel niente dato che si prendevano le cose talmente sul serio che solo un paio di secoli prima, in Egitto, chi scriveva qualcosa di sbagliato veniva condannato a morte. Quando ci si occupa dei tempi antichi non si può essere così superficiali da dire che le persone si sono inventate delle cose. Si esprimevano per immagini, ma non si sarebbero mai sognati di inventare qualcosa. Perciò chi sostiene che il Vangelo di Matteo o quello di Luca possa essere un’invenzione parla da ignorante.
Questo però è quanto dicono oggi gli studiosi e i teologi, costretti ad ammettere le contraddizioni, ma incapaci di spiegarsele. Ma proprio sapendo che esistono due bambini Gesù, uno nel Vangelo di Matteo e l’altro nel Vangelo di Luca, la faccenda viene chiarita nel migliore dei modi.
E poi arriva il signor Hauer, che oltre a essere libero docente a Tubinga è anche insegnante itinerante, a manifestare la sua opposizione all’antroposofia. Oggigiorno parlare a favore dell’antroposofia non rende, ma parlarne contro frutta di sicuro qualcosa! Ecco allora che arriva questo signor Hauer e scopre che c’è qualcosa di strano.
Sì, signori, naturalmente è qualcosa di “strano” perché non è mai venuto in mente a nessuno! È ovviamente strano se affermo che non c’è stato un solo bambino Gesù ma che ne sono esistiti due, di cui uno è morto a dodici anni. Certo che è strano, non c’è da meravigliarsi che lo sia.
Ma è strano proprio perché nessuno finora l’ha detto, per questo Hauer lo trova strano. Da un lato lo trova strano, ma dall’altro nel suo libro potete leggere: «Certo, Steiner si limita a ripetere quello che già si sapeva.»
Trova strana la questione dei due bambini Gesù ed è talmente contro quest’affermazione da inveire. E basandosi su informazioni raccolte da qualche parte, dato che l’antica saggezza è registrata ovunque – io non raccolgo queste informazioni, ma lui sì! –, giunge alla conclusione: «Certo, Steiner si limita a ripetere quello che hanno già detto altri.»
Siamo in balia di questa gente, che dove le fa comodo dichiara: quello lì non dice niente di nuovo. Se scrivo un libro di geometria devo necessariamente inserirci anche il teorema di Pitagora, da lui scoperto seicento anni prima della nostra era. Pur essendoci molte cose nuove nel mio libro, esso dovrà contenere anche il teorema di Pitagora. Oggi lo dimostrerò in modo leggermente diverso, ma il mio libro deve comunque riportarlo.
Non si può quindi rimproverare a qualcuno di aver ritrovato qualcosa che era stato dimenticato. Proprio per questo succede che molte affermazioni attuali della scienza dello spirito si trovino anche, benchè in forma diversa, negli antichi gnostici, scrittori di un’epoca remota.
Questi gnostici sono vissuti sia ai tempi di Gesù che in seguito. Hanno messo l’antica sapienza per iscritto basandosi su un antico sapere e non su metodi scientifici come fa la scienza dello spirito. Ora la gente paragona le affermazioni della scienza dello spirito a quelle degli gnostici. Sostanzialmente tali affermazioni non differiscono fra loro perché sono vere. Ecco allora che la gente commenta: «Beh, questo qui non fa che ripetere quello che altri hanno già detto.»
Ma nel caso dei due bambini Gesù il signor Hauer non può dire che Steiner ha scoperto qualcosa che gli altri sapevano già, dal momento che non ha la più pallida idea del fatto che anche prima qualcuno lo sapeva.
Il libro pullula di simili contraddizioni: se confrontate fra loro due pagine vedrete che non hanno né capo né coda. Ma questo è il modo di procedere degli studiosi del giorno d’oggi, che in una pagina scrivono: «Questo l’hanno già detto in molti, non è nulla di nuovo, lo sapevamo già». Ma se lo sapevano già, perché mai gli tuonano contro? E nella pagina successiva, quando trovano qualcosa di cui non erano a conoscenza, dicono che è incredibile.
Ma vedete signori, dopo aver scoperto attraverso la ricerca spirituale l’esistenza dei due bambini Gesù vissuti fianco a fianco fino a dodici anni, anch’io non sapevo nient’altro se non che si tratta di un dato di fatto.
Poi a Milano una volta abbiamo visto un dipinto[2] molto strano: vi è raffigurata la Madonna con due bambini, di cui uno non è Giovanni – quest’ultimo lo conosciamo da tutti i dipinti in cui è rappresentato insieme a Gesù –, sono invece due bambini che si rassomigliano abbastanza, ma non al punto da poter essere fratelli. Risulta con una certa chiarezza che si tratta di due piccoli amici.
Chi prima ha scoperto l’esistenza di due bambini Gesù capisce il significato di quel dipinto che, anche se è stato realizzato in epoca relativamente tarda, porta ancora in sé la consapevolezza che i bambini Gesù erano due. Un pittore italiano ha raffigurato nello stesso dipinto i due bambini Gesù.
Se oggi Hauer sapesse che si tratta di una conoscenza antica direbbe: «Steiner ha visto il dipinto a Milano, ha solo aggiunto che lo sapeva già». Nella stessa pagina poi sosterrebbe: «Steiner non dice assolutamente nulla di nuovo, parla semplicemente di cose che si sapevano già». La gente oggi è fatta così.
Queste obiezioni palesemente stupide con cui gli uomini di oggi combattono contro la scienza dello spirito offrono uno spettacolo davvero triste. Da una parte ciò che dico dovrebbe essere una mia invenzione. Bene, mettiamo pure che lo sia, ma allora lo stesso individuo non può dichiarare nello stesso libro che non dico niente di nuovo! Dopotutto è lui a sostenere che mi sono inventato le cose; mi muove questo rimprovero, e poi dice che era già tutto risaputo. Roba da matti!
Accostandosi davvero all’evento cristico e studiandolo come di solito si esaminano i fatti, ci si rende conto che l’enorme talento di cui il bambino Gesù era dotato doveva la sua origine all’interazione fra i due fanciulli.
Voglio mostrarvi come sia possibile uno scambio simile, di cui gli altri non sospettano niente. Vi farò un esempio, ma ci sono molti altri casi simili a questo.
C’era una volta una bambina con dei fratelli più grandi di lei. Questi fratelli avevano imparato a parlare per bene, la bambina invece all’inizio non imparò a parlare come si deve, e cominciò a farlo un po’ più tardi rispetto agli altri bambini. Solo che non parlava una lingua comprensibile agli adulti: se n’era inventata una tutta sua. Per esempio invece di cane diceva “kapazzo”. Le altre persone usavano la parola cane per indicare quello che per la bambina era il “kapazzo”. E in questo modo inventò un nome per ogni animale. Erano nomi che non si trovavano da nessun’altra parte. È un fatto oggettivo, scientifico.
Poco tempo dopo, alla bimba nacque un fratellino che imparò rapidamente il suo linguaggio, usandolo per comunicare con lei. Il fratellino morì a circa dodici anni e la sorella si disabituò all’uso di quella lingua e apprese quella degli altri. Anni dopo si sposò e divenne una brava donna borghese in tutto e per tutto, che raccontava alla gente quello che le era successo. Era un’esperienza che lei aveva direttamente vissuto.
È così: i due bambini comunicavano fra loro in quella lingua, quando erano insieme si parlavano in quella lingua che nessun altro capiva. Signori miei, questa può essere la più grande saggezza: solo i due capivano quella lingua, e si sono messi d’accordo per usarla.
Vedete dunque come funziona l’influsso esercitato dall’altro. Perché mai il bambino Gesù che è morto a dodici anni non avrebbe potuto sapere qualcosa che nessun altro capiva? È un’esperienza che si ritrova anche oggi quando si conoscono i fatti.
Non sostengo quindi nient’altro di quello che può considerarsi scientifico nel senso più elevato del termine. Solo che quelli che non ne accettano la validità scientifica non sono in grado di mettere insieme i fatti. Chi sa che è possibile che due bambini comunichino fra loro in una lingua che gli adulti non comprendono, che abbiano in comune conoscenze spirituali a cui gli adulti non hanno accesso, capisce anche le mie affermazioni a proposito dei due bambini Gesù fino ai dodici anni.
E non ci stupisce che si tratti di un evento straordinario, ci è ben chiaro che non è qualcosa che capita tutti i giorni. Nella storia della Terra si è verificato una sola volta in quella forma particolare: l’immensa illuminazione di quell’uomo sopraggiunta all’età di trent’anni.
Vedete, così la storia del Cristo si trasforma in vera scienza, in vera conoscenza. E noi non possiamo farci niente, si trasforma da sola in conoscenza.
A questo punto si potrebbe dire: «Va bene, Gesù in un certo senso era già stato illuminato, a dodici anni, dall’altro che poi è morto. Ma a trenta?». Già, a trent’anni è diventato improvvisamente un altro. E l’evangelista esprime questa trasformazione dicendo: «Dal cielo discese sopra di lui una colomba». Sì, signori, è diventato un altro. Ma come è successo?
Vi ho già spiegato che quando nasce un bambino il germe è presente in lui. Sul germe deve agire lo spirito del cosmo, cosa che non ci deve stupire se pensiamo che questo spirito agisce perfino sull’Inghilterra in quanto isola, come abbiamo appena visto.
Quello che è successo a Gesù nel suo trentesimo anno di vita non poteva essere spiegato con le conoscenze relative alla Terra. Proprio come la fecondazione dà origine a un essere umano in cui un elemento influisce sull’altro, sul Gesù trentenne ha agito l’influsso del cosmo intero che l’ha fecondato con l’elemento animico-spirituale, trasformandolo nel Cristo Gesù. Che cosa significa questo nome?
“Cristo” si dice di qualcuno che è illuminato, mentre Gesù era un nome comune nella Palestina di quei tempi, come oggi in Austria si trovano molti Seppel (Beppe [NdR]), che è poi un diminutivo di Joseph (Giuseppe), oppure altri nomi comuni in ogni famiglia svizzera. Quindi molti si chiamavano Gesù. “Cristo” è l’appellativo che gli è stato dato perché in lui si è manifestata l’illuminazione.
Nel mio libro Il cristianesimo come fatto mistico trovate la documentazione di come questa illuminazione avvenisse già prima artificialmente (artificiosamente) in certe persone, ma in misura ridotta. A quei tempi li si chiamava i saggi dei centri misterici.
La differenza fra quelli che sono stati educati alla più sublime saggezza nella remota antichità e il Cristo Gesù consisteva nel fatto che i saggi di allora venivano istruiti nelle cosiddette “scuole misteriche”, mentre nel Cristo si è manifestata da sola. Si è quindi trattato di un processo diverso.
Negli antichi misteri diventava un “Cristo” chiunque fosse asceso alla conoscenza somma – come accadrebbe per esempio al giorno d’oggi a uno che abbia studiato fino a venticinque anni. Prima era un signor tal dei tali qualunque, mentre adesso è all’improvviso “dottore”. Questo accadeva negli antichi misteri, anche se in maniera meno ingenua e semplicistica di adesso, visto che oggi uno può essere un perfetto imbecille e ciononostante a venticinque anni diventare dottore. Una cosa del genere non sarebbe stata possibile negli antichi misteri: lì si acquisiva una saggezza estremamente profonda e si diventava così un Cristo.
Era come un titolo che veniva conferito ai più saggi, come oggi al termine di un determinato ciclo di studi si ottiene il titolo di “dottore”. Solo che quella a cui allora si accedeva era vera saggezza, una saggezza che nel Cristo si è manifestata spontaneamente. Vuol dire che quello che in genere viene dato dalla Terra, dagli uomini, a lui è stato dato dalle vastità cosmiche. Una cosa simile si è verificata una sola volta.
In virtù di questo fatto la storia del mondo ha preso un’altra direzione. Che la storia del mondo abbia assunto una direzione diversa è un mistero che non può essere negato da nessuno, neppure da chi non è cristiano.
I romani non sapevano che in Asia il Cristo Gesù aveva fondato il “cristianesimo”. Nello stesso periodo sono passati dall’antica repubblica all’impero e hanno perseguitato i cristiani.
Questi ultimi dovevano vivere sotto terra, nelle catacombe e lì hanno riflettuto sull’essenza del loro cristianesimo. Cosa si faceva là sopra, in superficie? Si facevano gli spettacoli circensi, dove gli schiavi venivano legati alle colonne e bruciati per il divertimento degli spettatori. Giù nelle catacombe i cristiani hanno coltivato la loro saggezza, praticato la loro religione da gente schiava. “Religione“ significa unicamente legame; e là sotto i cristiani hanno praticato la loro religione.
E cosa succede un paio di secoli dopo? I romani di un tempo non ci sono più. Quelli che si divertivano assistendo ai roghi umani nelle arene sono spariti, perché i cristiani hanno preso il loro posto. Così vanno le cose del mondo.
E così accadrà anche che le persone che oggi parlano come il dottor Hauer, che lei ha citato prima, verranno spazzate via e ciò che oggi deve vivere nelle catacombe, se non fisicamente quantomeno spiritualmente, potrà operare in libertà.
Ma bisogna rendersi conto che si tratta di una vera scienza e che quelli che oggi sono piuttosto ignoranti, sono infastiditi dal fatto che possa emergere qualcosa del genere!
Proseguirò il discorso la prossima volta, ma sostanzialmente potete già vedere che piega prende.
Seconda conferenza
La ricerca dell’equilibrio
caratteristica umana e cristiana
Dornach, 7 maggio 1923
Rudolf Steiner: Buongiorno, cari signori!
Vi è venuto in mente qualcosa di cui discutere oggi?
Operaio: Forse il dottor Steiner potrebbe dirci qualcosa sulle entità che chiama Cristo, Arimane e Lucifero in rapporto all’uomo.
Rudolf Steiner: È necessario esaminare l’essenza dell’uomo da una diversa angolazione, altrimenti potrebbe sembrarvi una specie di superstizione. In base a quanto già trattato, voglio dirvi quanto segue.
Vedete, secondo la coscienza di oggi si ritiene che l’uomo sia un essere completamente omogeneo. Invece non lo è, e sperimenta costantemente la nascita e la morte. Non si vive e si muore solo al momento della nascita e della morte, ma si muore in continuazione e si rinasce ogni volta. Ve l’ho già spiegato diverse volte.
Se osserviamo per esempio la nostra testa, vediamo che al suo interno è interamente costituita da quella che chiamiamo sostanza nervosa. Sapete che di solito i nervi attraversano come fili tutto l’organismo, ma la testa al suo interno è fatta solo di nervi.
Se la disegniamo ci appare così (V. Dis. p. 52) la testa, la fronte. All’interno la testa è tutta nervi, una gran massa di nervi. Parte di questa massa nervosa attraversa anche il midollo spinale, ma poi i nervi si dipartono come fili e percorrono tutto il corpo. Quindi quello che attraversa il corpo sotto forma di fili è presente nella testa come massa omogenea: la massa nervosa.
Se per esempio osservate solo l’interno dell’addome umano vedrete che anche lì ci sono moltissimi nervi. Anche nel cosiddetto plesso solare ci sono molti nervi, ma nelle braccia, nelle mani, nelle gambe e nei piedi i nervi scorrono come fili.
Se adesso prendete in considerazione qualcos’altro, per esempio i vasi sanguigni, noterete che nella testa sono alquanto sottili (V. Dis. p. 52). I vasi sanguigni sono invece particolarmente marcati nella regione del cuore, e negli arti si trovano delle vene spesse. Possiamo quindi dire che da un lato abbiamo il sistema nervoso e dall’altro quello sanguigno.
In pratica rinasciamo continuamente dal sangue, ogni giorno, ogni momento. Il sangue rappresenta sempre un rinnovamento. Se in noi ci fosse solo sangue saremmo degli esseri che continuano a crescere, a espandersi, saremmo sempre rigogliosi e via dicendo.
Ma vedete, signori, se fossimo solo nervi, saremmo costantemente tesi, stanchi e continueremmo a morire.
Perciò in noi coesistono due principi opposti:
• il sistema nervoso che ci fa continuamente invecchiare, consegnandoci addirittura incessantemente alla morte e
• il sistema sanguigno, collegato con l’apparato digerente, che ci fa ringiovanire di continuo.
Quello che vi ho appena spiegato può essere esposto in maniera ancora più dettagliata. Sapete che in vecchiaia certe persone sono affette da arteriosclerosi. Le pareti delle arterie si induriscono e subentra l’arteriosclerosi. È molto facile che queste persone non riescano più a muoversi bene quando le loro arterie, o meglio le pareti dei vasi sanguigni, si calcificano.
E quando la calcificazione è particolarmente marcata si dice che a quella persona è venuto un colpo. Le è venuto un ictus, e il colpo consiste semplicemente nel fatto che i vasi sanguigni di quell’individuo si sono calcificati e non reggono più.
Ma che cosa è successo all’uomo che è diventato arteriosclerotico?
Vedete, è come se le pareti dei suoi vasi sanguigni avessero voluto trasformarsi in nervi. Questa è la cosa singolare: i nervi devono costantemente morire, devono in un certo senso trovarsi per tutta la vita in uno stato completamente diverso da quello dei vasi sanguigni. Mentre questi ultimi devono essere freschi, i nervi devono perennemente tendere alla morte.
Ma se i suoi nervi sono troppo teneri, se non sono abbastanza “calcificati”, se mi consentite questa espressione, allora quella persona impazzisce. Capite quindi che i nervi non possono essere come i vasi sanguigni e i vasi sanguigni non possono essere come i nervi.
È per questo che dobbiamo dire che nell’uomo convivono due principi. Il primo è il principio nervoso che fa sì che l’uomo continui a invecchiare. Dalla mattina alla sera si diventa in effetti sempre un po’ più vecchi, ma di notte il sangue si rigenera. È come il movimento del pendolo dell’orologio: invecchiare, ringiovanire, invecchiare, ringiovanire.
In modo del tutto naturale, stando svegli dalla mattina alla sera invecchiamo e quando dormiamo dalla sera alla mattina ritorniamo giovani, ma qualcosa di vecchio rimane sempre. La notte quindi migliora un po’ la situazione, ma permane comunque un residuo dell’invecchiamento diurno.
E quando questo invecchiamento ha raggiunto una certa dimensione, la persona muore. Così stanno in realtà le cose. Nell’uomo ci sono dunque due fattori che si contrastano a vicenda: l’invecchiamento e il ringiovanimento.
Quando il ringiovanimento prende piede in maniera eccessiva nell’uomo, questi si ammala di pleurite o di polmonite. In pratica quello che è buono o addirittura eccellente se rimane all’interno dei propri confini si trasforma in malattia non appena aumenta a dismisura. Nell’essere umano la malattia non è nient’altro che l’eccedere di qualcosa di cui si ha normalmente bisogno.
La febbre è dovuta a un ringiovanimento troppo intenso che non siamo più in grado di sopportare. Il nostro corpo comincia a diventare troppo fresco, e allora ci viene la febbre o la pleurite, o la polmonite.
Adesso ve l’ho spiegato dal punto di vista fisico, ma il tutto può anche essere visto dalla prospettiva animica. L’uomo può anche sclerotizzarsi nell’anima o diventare a livello animico quello che a livello fisico diventa quando ha la febbre.
Allora emergono determinate caratteristiche dell’uomo, di cui non si sente volentieri parlare perché, soprattutto oggi, sono molto diffuse: si diventa cioè pedanti, dei filistei. Sapete che al giorno d’oggi ci sono filistei ovunque. Si diventa quindi filistei, pedanti.
E proprio in una professione come quella del maestro, che richiederebbe freschezza e vivacità, si tende a inaridire. È la stessa cosa che accade ai nostri vasi sanguigni quando si calcificano e si induriscono. Ci possiamo rinsecchire anche nell’anima.
E, viceversa, la nostra anima si può anche rammollire. È quello che succede quando diventiamo fanatici, mistici o teosofi. Cosa vogliamo in questo caso? Non vogliamo pensare come si deve, ma spingerci con la fantasia in tutti i mondi senza pensare nel modo giusto. È esattamente come quando ci viene la febbre: diventare mistici o teosofi è come avere la febbre a livello dell’anima.
Ma dentro di noi devono coesistere entrambe le caratteristiche. Non potremmo conoscere niente se non usassimo la fantasia, e non potremmo collaborare se non fossimo un po’ pedanti, se non registrassimo tutto e così via. Se si esagera si diventa pedanti, filistei, ma se lo si fa con moderazione si è nel giusto.
È così, signori miei: se quello che nell’uomo deve essere presente nella giusta misura comincia a eccedere, la persona in questione si ammalerà nel corpo o nell’anima.
E lo stesso vale per lo spirito. Non possiamo dormire sempre, ogni tanto ci dobbiamo anche svegliare. Pensate allo shock che si prova quando ci si sveglia!
Immaginatevi quello che avviene nel sonno: siete lì sdraiati e non sapete nulla di ciò che vi circonda. Se il vostro sonno è pesante vi si può perfino fare il solletico senza che vi svegliate. Pensate alla differenza fra i due stati. Quando vi svegliate vedete e sentite tutto ciò che c’è intorno a voi. C’è una bella differenza fra sonno e veglia.
Sì, dobbiamo aver dentro l’energia per svegliarci, ma se quest’energia fosse talmente forte da tenerci svegli in continuazione, da non farci dormire, allora è eccessiva.
E d’altro canto esistono persone che non riescono a svegliarsi del tutto. Ci sono individui sempre semi-addormentati, in uno stato sognante per tutta la vita, che vorrebbero dormire continuamente. Questi non sono in grado di svegliarsi.
Dobbiamo essere capaci di addormentarci nel modo giusto, ma questa capacità non dev’essere eccessivamente sviluppata, altrimenti dormiamo in eterno e non ci svegliamo più.
Possiamo quindi dire che nell’uomo dobbiamo distinguere tre stati ben precisi. In primo luogo quello fisico, dove abbiamo il sistema nervoso, qualcosa che tende sempre all’indurimento, alla calcificazione. Allora, a livello fisico parliamo di irrigidimento, di calcificazione.
Vedete, tutti voi siete abbastanza anziani – a eccezione di quel ragazzo seduto laggiù – da avere ormai il sistema nervoso almeno un po’ calcificato. Se il vostro sistema nervoso fosse ancora quello di quando avevate sei mesi sareste tutti pazzi. Non potete più avere un sistema nervoso così molle.
I pazzi hanno un sistema nervoso infantile. È quindi necessario che in noi ci sia la forza dell’irrigidimento, della calcificazione, e dall’altra parte ci serve la forza dell’ammorbidimento, del ringiovanimento. Queste due forze devono mantenersi in equilibrio fra loro.
A livello fisico: indurimento - ammorbidimento,
calcificazione - ringiovanimento.
Se osserviamo la questione dal punto di vista dell’anima possiamo dire che all’irrigidimento corrispondono la pedanteria, il filisteismo, il materialismo, l’arida ragione. Tutte queste sono caratteristiche che dobbiamo possedere, è necessario essere un po’ filistei, altrimenti si diventerebbe dei “saltamartini”. Dobbiamo essere un po’ pedanti, altrimenti non saremmo in grado di tenere in ordine le nostre cose e invece di appendere la giacca al suo posto nell’armadio, la appenderemmo alla stufa o nel camino.
Quindi un po’ di pedanteria e di filisteismo ci vuole, l’importante è non esagerare, dal momento che nell’anima c’è anche la capacità di fantasticare, c’è l’entusiasmo, la mistica e la teosofia. Ma se queste forze diventano predominanti noi ci trasformiamo in sognatori o in fanatici, e questo non va bene. Ciò non significa però che dobbiamo sbarazzarci completamente della fantasia.
Conoscevo una persona che aveva in odio la fantasia e non andava mai a teatro e tanto meno all’opera perché sosteneva che negli spettacoli non ci fosse nulla di vero. Era per l’appunto priva di fantasia.
Ma senza fantasia si diventa aridi, si passa attraverso la vita come larve senza diventare persone vere. Anche questo non deve degenerare.
A livello animico: pedanteria - fantasticheria,
filisteismo - esaltazione,
materialismo - misticismo,
arida ragione - teosofia.
E se adesso ci esaminiamo dal punto di vista dello spirito, vediamo che nello stato di veglia abbiamo la forza dell’irrigidimento. Da svegli abbiamo il controllo del nostro corpo, usiamo le nostre membra, mentre nel sonno disponiamo di quella forza che nel corpo è presente nell’ammorbidimento e nel ringiovanimento. Allora ci immergiamo nei sogni e non esercitiamo più alcun controllo sul nostro corpo.
A livello spirituale: veglia - sonno
Si può dire che l’uomo è costantemente esposto al pericolo di cadere in un estremo o nell’altro, cioè di essere preda dell’ammorbidimento o dell’irrigidimento.
Pensate alla calamita: sapete che attrae il ferro. Diciamo di avere un duplice magnetismo nelle calamite: uno positivo e uno negativo. L’uno attrae l’ago magnetico e l’altro lo respinge. Sono opposti.
Nell’ambito della fisicità e della corporeità non si prova nessun imbarazzo a dare dei nomi alle cose. Abbiamo bisogno di nomi, una terminologia ci vuole. Vi ho appena descritto qualcosa – a livello fisico, animico e spirituale – che ciascuno di voi è in grado di percepire, vedere e capire.
Ma ci servono dei termini. Dev’esserci ben chiaro che il magnetismo positivo non è il ferro. Nel ferro c’è qualcosa di invisibile.
Chi non ammette che nel ferro ci sia qualcosa di invisibile dirà: «Sei proprio stupido a sostenere che nel ferro ci sia il magnetismo, io lo uso uso per ferrare il mio cavallo». Chi non ammette che nel ferro ci sia qualcosa di invisibile è stupido lui. Se il ferro di cavallo è magnetizzato lo si userà per altri scopi che la ferratura.
Vedete, anche nell’irrigidimento c’è qualcosa di invisibile, di sovrasensibile. E per questo elemento invisibile, sovrasensibile, per quest’essenza che possiamo osservare se ne abbiamo la facoltà, usiamo il termine “arimanica”.
Sono arimaniche le forze che tendono a trasformare l’uomo in una specie di cadavere. Se esistessero solo tali forze noi continueremmo a diventare cadaveri, diventeremmo pedanti, ci fossilizzeremmo. Saremmo sempre svegli e non potremmo mai dormire.
Le forze che ci rendono morbidi, che ci ringiovaniscono, che ci avvicinano alla fantasia sono chiamate “luciferiche”. Sono le forze di cui abbiamo bisogno per non diventare dei cadaveri ambulanti, ma se fossero le uniche resteremmo bambini per tutta la vita. Quindi
• nel mondo è necessaria la presenza delle forze luciferiche per non ritrovarsi vecchi già a tre anni;
• nel mondo è necessaria la presenza delle forze arimaniche per non restare per sempre bambini.
Nell’uomo devono coesistere queste due forze opposte.
L’importante è che queste due forze contrapposte siano in equilibrio. Nessuna delle due deve prendere il sopravvento. Ma dove si trova il punto di equilibrio?
Guardate un po’, adesso scriviamo 1923. Tutto il periodo di tempo compreso fra l’anno 0 e il 1923 è tale per cui l’umanità corre il rischio di diventare succube delle forze arimaniche.
0 – 1923: influsso arimanico
Tenete presente che oggigiorno, laddove la scienza dello spirito non è presente, si riceve un’educazione di tipo arimanico. Pensate solo al fatto che i nostri figli vanno alla scuola elementare dove sono costretti a imparare cose che a loro devono sembrare ben strane – ve l’ho già accennato –, per le quali non possono provare alcun interesse.
Come vi ho spiegato, i bambini conoscono il loro padre, l’hanno sempre visto. Sanno che aspetto ha, che ha capelli, occhi e orecchie. E a scuola devono imparare che la parola “p a d r e” corrisponde al loro papà. È qualcosa di assolutamente estraneo, a loro, per cui non provano il minimo interesse.
E questo vale per tutto quello che i bambini devono apprendere alla scuola elementare. Sono tutte cose che a loro non interessano per niente. È per questo che occorre istituire di nuovo delle scuole dotate di buonsenso nelle quali i bambini possano imparare delle cose a cui sono interessati.
Se l’insegnamento continuasse a svolgersi come adesso, gli uomini invecchierebbero prematuramente, poiché l’elemento arimanico tende a far invecchiare l’uomo. Il modo in cui i bambini di oggi vengono istruiti a scuola è del tutto arimanico.
Nel ventesimo secolo tutta l’evoluzione dell’umanità segue il principio arimanico, ma prima le cose stavano diversamente.
Se andate indietro nel tempo, diciamo dall’anno 8000 all’anno 0, la situazione era diversa: gli uomini di allora erano esposti al pericolo di non poter invecchiare.
8000 – 0: luciferico
In quei tempi antichi non esistevano scuole come quelle del giorno d’oggi. Le scuole erano riservate a chi aveva già raggiunto un’età considerevole e doveva diventare un vero sapiente. Era per simili persone che esistevano le scuole.
I bambini di allora non andavano a scuola, ma imparavano dalla vita. Imparavano ciò che vedevano. Quindi non solo non esistevano le scuole, ma nemmeno ci si prendeva la briga di voler insegnare loro qualcosa di estraneo. A quei tempi gli uomini correvano il rischio di farsi assorbire completamente dall’elemento luciferico, di essere vittime dell’esaltazione.
Come vi ho detto, a quei tempi c’era molta saggezza, ma prima è stato ovviamente necessario imbrigliare l’elemento luciferico, altrimenti la gente avrebbe voluto passare le giornate raccontando storie di fantasmi, cosa che amava particolarmente.
Si può quindi dire che in tempi molto remoti, grossomodo dall’8000 all’anno 0, c’è stata un’era luciferica, alla quale ne è poi subentrata una arimanica.
8000 – 0: era luciferica
0 – 1923: era arimanica
Prendiamo in esame l’era luciferica. Vedete, gli eruditi di quei tempi antichi avevano determinate preoccupazioni. Costoro vivevano in edifici a forma di torre. La torre di Babele di cui narra la Bibbia è appunto uno di questi edifici.
Quegli eruditi dicevano: «Certo, qui ce la passiamo bene, la fantasia ha il sopravvento. Vorremmo sempre immergerci nell’elemento spettrale, luciferico, ma abbiamo degli strumenti con i quali osserviamo gli astri e il loro moto. Questo frena la nostra fantasia.» Infatti non posso osservare una stella e pretendere che si muova come voglio io. Così viene messo un freno alla fantasia.
Gli studiosi sapevano che i fenomeni cosmici tenevano a freno la loro fantasia. Oppure disponevano di strumenti per capire la fisica e sapevano di poter immaginare di ottenere un fuoco enorme bruciando un pezzetto di legno, ma che in realtà da un pezzetto di legno avrebbero ottenuto solo un fuocherello.
Lo scopo di quelle antiche scuole era quindi imbrigliare la fantasia galoppante di quegli uomini. La preoccupazione di quelle persone consisteva nel fatto che secondo loro non tutti potevano diventare eruditi. Per questo impartivano insegnamenti che a volte erano veri e a volte no.
Sono gli antichi insegnamenti religiosi che derivavano completamente dalla scienza, solo che sono degenerati, come talvolta anche i sacerdoti. E così ai posteri sono state tramandate anche cose non vere, mentre quelle vere sono andate in gran parte perdute. In questo modo si è dominato l’elemento luciferico.
E per quanto riguarda la situazione nell’elemento arimanico sapete già come stanno le cose. La scienza odierna tende sempre più verso l’elemento arimanico. In effetti oggi tutta la nostra scienza è qualcosa che ci inaridisce perché conosce solo la fisicità, la calcificazione, ciò che è materiale. È questo l’elemento arimanico presente nella nostra cultura.
Fra questi due estremi c’è l’elemento cristico e “cristiano”.
Cari signori, al mondo si conosce troppo poco ciò che è veramente cristiano. Se chiamiamo cristiano quello che si conosce, allora è ovvio che tutto quello che si dice cristiano debba essere combattuto.
Ma quell’Essere di cui vi ho parlato un po’ anche la volta scorsa, nato nell’anno 0 e vissuto fino a trentatré anni, non era come lo descrive la gente; era invece effettivamente intenzionato a trasmettere a tutti gli insegnamenti per rendere possibile un equilibrio fra le forze arimaniche e quelle luciferiche.
Essere cristiani significa cercare l’equilibrio fra l’elemento arimanico e quello luciferico. L’essere cristiano non ha veramente niente a che vedere con quanto affermano spesso gli uomini del giorno d’oggi.
Per esempio, che cosa vuol dire essere cristiani in senso fisico?
Significa acquisire conoscenze sull’essere umano. L’uomo può anche ammalarsi, può prendersi la pleurite. Cosa vuol dire ammalarsi di pleurite?
Vuol dire avere in sé una preponderanza dell’elemento luciferico. Quando so che in lui l’aspetto luciferico è eccessivo – e lo deduco dal fatto che si è ammalato di pleurite – devo dire: se la mia bilancia (V. Dis. p. 68) sale troppo da una parte, devo togliere del peso dall’altra. Se invece scende troppo devo aggiungere del peso. Ora mi dico: quando una persona ha la pleurite, c’è un eccesso di elemento luciferico e una carenza di quello arimanico. Per ristabilire l’equilibrio devo aggiungere qualcosa di arimanico.
Mettiamo dunque che a ragione ci si dica: questo individuo ha la pleurite. Come posso aiutarlo?
Prendo un pezzo di legno di betulla. Questo legno cresce particolarmente in primavera ed è ottimo soprattutto vicino alla corteccia, perché lì ci sono eccellenti forze di crescita. Io uccido tali forze, cioè brucio questo legno e ottengo carbone di legno di betulla. In cosa ho trasformato il legno fresco e sempre giovane di betulla? In carbone di legno di betulla, vale a dire in qualcosa di arimanico.
E adesso da questo carbone ricavo una polvere e la somministro al soggetto con la pleurite, che ha in sé una prevalenza di luciferico. In questo modo ho aggiunto dell’elemento arimanico a quello luciferico in eccedenza.
Vedete, così ho ristabilito l’equilibrio. Come nel caso della bilancia che sale troppo da una parte ho dovuto aggiungere qualcosa, così ho aggiunto carbone di legno di betulla per compensare l’eccesso di elemento luciferico che si manifesta nella pleurite. Ho mineralizzato il legno di betulla bruciandolo, trasformandolo in polvere. In questo modo l’ho reso arimanico.
Oppure supponete che un uomo abbia un aspetto talmente stanco e rigido da farmi pensare che di lì a poco gli verrà un colpo. In lui prevale l’elemento arimanico; devo quindi introdurvi qualcosa di luciferico per ristabilire l’equilibrio. Che cosa faccio allora?
Vedete, se qui ho una pianta (V. Dis. sotto), questa è la sua radice. La radice è dura e contiene molti sali. Non è luciferica, neppure il fusto e le foglie lo sono.
Ma se continuo a salire trovo un fiore molto profumato. Il fiore, come la fantasia, vuole prendere il volo. Se così non fosse non ne potrei sentire il profumo. Allora dal fiore estraggo il nettare, che è luciferico. Somministrandolo nel modo giusto vado a compensare l’elemento arimanico e posso guarire la persona in questione.
Cosa fa la medicina odierna? Esperimenti! Ecco che un chimico scopre l’acetilfenetidina. Non sto a spiegarvi di cosa si tratta, è una sostanza complessa.
Ora, si porta quella persona in ospedale, dove ci sono, diciamo, trenta pazienti. A tutti si dà la stessa sostanza, si misura loro la febbre e si prende nota delle temperature. E se succede qualcosa, allora quella sostanza è considerata un farmaco. Ma non si ha la più pallida idea di quello che accade nel corpo, non si guarda al suo interno. Si può intervenire nel modo giusto solo sapendo che
• nella pleurite c’è un eccesso di elemento luciferico, per cui bisogna aggiungere qualcosa di arimanico;
• nell’ictus c’è un eccesso di elemento arimanico, per cui bisogna aggiungere qualcosa di luciferico.
È proprio questo che manca all’uomo d’oggi. Se ci è chiaro che il cristianesimo rappresenta l’equilibrio, vediamo che l’umanità è troppo poco “cristiana”. Vi mostro come l’elemento cristico consista addirittura nella guarigione fisica, nella ricerca di equilibrio fino nel fisico.
Lo volevo rappresentare anche nella statua di legno che dev’essere nell’edificio. In alto c’è l’elemento luciferico: tutto ciò che nell’uomo è legato alla febbre, alla fantasia, al sonno e ha origine dalla sua parte superiore. In basso si trova invece tutto ciò che tende all’irrigidimento, vale a dire l’elemento arimanico. E in mezzo c’è il Cristo.
È questo principio che suggerisce i passi da compiere nella medicina, nella scienza, nella sociologia, in ogni ambito. E oggi è compito degli uomini capire come nella natura umana ci sono l’elemento luciferico e quello arimanico.
Ma gli uomini cosa capiscono delle cose? C’è un pastore molto noto non solo a Basilea, ma anche su tutto il territorio, il pastore Frohnmeyer, che non si è nemmeno preso la briga di dare un’occhiata a questa scultura, ma ha letto nello scritto di qualcun altro, che magari la scultura non l’ha vista nemmeno lui ma ha copiato le parole di un altro ancora, che qui si sta realizzando una scultura luciferica nella parte superiore e arimanica nella parte inferiore, con il Cristo nel mezzo.
Sono tre figure sovrapposte, anzi di più: sia Arimane che Lucifero compaiono due volte. Orbene, questo Frohnmeyer è così ben informato da scrivere: Steiner sta facendo qualcosa di terribile a Dornach, una statua di Cristo che in alto presenta tratti luciferici e in basso caratteristiche animali.
Invece la figura del Cristo non ha tratti luciferici, bensì una testa del tutto umana. Ma Frohnmeyer si è confuso, infatti ha scritto: una figura del Cristo con tratti luciferici nella parte superiore e caratteristiche animali in quella inferiore. Solo che in basso il Cristo non è ancora terminato: c’è solo un ceppo!
Questa è la descrizione fornita da un pastore che deve aspirare alla verità, e così tutti dicono: dev’essere pur vero, dato che l’ha scritto un pastore. È difficile spuntarla contro una simile affermazione quando la gente non vuole rendersi conto, non vuol capire e continua a seguire i pastori perché crede a quel che dicono. Ma qui avete un esempio di calunnia bella e buona, meschina al di là di ogni immaginazione.
Tali personaggi hanno opinioni decisamente singolari. Quando il pastore Frohnmeyer ha scritto queste cose il dottor Boos si trovava qui al Goetheanum. Sapete che il dottor Boos ha l’abitudine di non andar tanto per il sottile. Ognuno può scegliere se usare le maniere pesanti o andare per il sottile. La prima soluzione è più dura e quindi più arimanica, la seconda più morbida, più luciferica! Dipende dal modo in cui si vuole agire. Ma quella volta il dottor Boos ha detto la verità a Frohnmeyer, e senza mezzi termini.
E a chi arriva una lettera di Frohnmeyer? A me! Il dottor Frohnmeyer mi manda una lunga lettera in cui mi invita a far sì che il dottor Boos non sia così sgarbato con lui.
Pensate un po’ a cosa passa per la testa della gente. Roba da non credere! Prima ti calunniano nel modo che vi ho raccontato, e poi si rivolgono a te chiedendoti di agire contro uno che confuta la calunnia.
Questo è il problema: la borghesia non si degna affatto di verificare di persona queste cose, ma si lascia trascinare. Dato che le persone in questione hanno una carica superiore alla loro, si ritiene che “abbiano ragione”. Per questo la nostra civiltà è così frivola e degenere in molti ambiti.
La mentalità di oggi deve prendere una direzione tale da rendersi conto che tutto questo cianciare di cristianesimo non serve a niente e che bisogna affrontare la questione in maniera oggettiva.
Occorre sapere che la medicina può diventare cristiana se si sa, se si mostra chiaramente, che una persona che per esempio ha fatto regolare consumo di zucchero, magari fin da bambina, e si ritrova con un tumore al fegato, sta subendo un’arimanizzazione del fegato. Ed è necessario sapere qual è il relativo rimedio luciferico per contrastare questa malattia.
È proprio come quando si sente la differenza fra caldo e freddo: quando a un individuo si irrigidiscono gli arti vuol dire che è diventato arimanico. Allora si combatte contro questo fenomeno applicando impacchi caldi, vale a dire il principio luciferico. Bisogna conoscere la natura dell’uomo in tutti i settori, in ogni circostanza. Solo così la medicina diverrà cristiana.
Anche la pedagogia e il sistema scolastico devono diventare cristiani. Significa che i bambini vanno educati in modo da non diventare vecchi già da piccoli. Per questo è necessario che a scuola possano occuparsi di cose che li riguardano, per le quali provano interesse e via discorrendo.
Vedete, se si intendono le cose in questo modo, i concetti “arimanico”, “luciferico” e “cristiano” non esprimono più una superstizione, ma sono assolutamente scientifici.
Ed è proprio così: che svolgimento ha infatti avuto l’evoluzione storica? C’è stato un periodo che va dagli albori del cristianesimo fino al dodicesimo-tredicesimo secolo, anche fino al quattordicesimo. A quell’epoca i cristiani non potevano leggere la Bibbia, anche la lettura del Nuovo Testamento era proibita. Solo i sacerdoti erano autorizzati a leggere la Bibbia, mentre ai fedeli era vietato. Per quale motivo? Perché i sacerdoti sapevano che la Bibbia va letta nel modo giusto.
La Bibbia è stata scritta in un’epoca in cui gli uomini non pensavano ancora come oggi, ma pensavano per immagini. La Bibbia va quindi letta nel modo giusto. Se gli uomini leggessero la Bibbia senza disporre della giusta preparazione arriverebbero a credere che ci sono quattro testimonianze diverse: il Vangelo di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni.
Ma questi vangeli si contraddicono l’un l’altro. Perché? Basta capirlo nel modo giusto. Già nel quarto o nel quinto secolo chi non era uno stupido poteva rendersi conto della contraddizione. Certo che si contraddicono!
Ma immaginate un po’, signori miei, che io abbia fotografato il signor Burle dal davanti e che mostri la fotografia a tutti voi. Bene, adesso lo conoscete dalla fotografia. Ora mettiamo che venga uno che lo fotografi di lato, così che lo si veda solo di profilo. Se vi mostrassi questa fotografia mi direste: «Questo non è il signor Burle, è uno completamente diverso. Lo si deve guardare di fronte, quello è il suo aspetto. E questo che mi mostri di profilo non è il signor Burle!» Come no, anche quello è il signor Burle, solo visto da una prospettiva diversa! E se lo fotografassi di spalle mi direste: «Ma lui ha anche un naso, mica solo capelli!» È sempre lo stesso, ma fotografato da lati diversi!
Se “fotografiamo” i processi spirituali da angolazioni diverse, anch’essi si presenteranno in modi diversi. Occorre sapere che i vangeli descrivono gli stessi eventi da quattro punti di vista differenti, è quindi logico che si “contraddicano”, come le foto del signor Burle scattate da diverse angolazioni si differenziano fra loro.
Ma ora sono arrivati i tempi in cui la gente dice che non è più necessaria una preparazione per leggere i vangeli, che oggi non ci si deve più preparare per niente, che è la scuola a doverci fornire la preparazione, l’addestramento. E che una volta completato il percorso scolastico, dai quattordici o quindici anni in poi, non occorre più nessuna preparazione, ormai si è in grado di capire tutto. Questa è l’opinione corrente oggigiorno.
Ecco allora che la gente, vedendo che il Goetheanum non è frequentato da bambini, ma da vecchi ormai calvi che vogliono ancora ricevere una “preparazione”, dice che una scuola in cui non vanno bambini ma anziani dev’essere un manicomio! Vedete, la gente dice così perché non riesce a immaginare che si possa ancora voler imparare qualcosa. Così stanno le cose oggi.
Ed è questo che dobbiamo capire: per leggere i vangeli occorre una preparazione adeguata, perché essi si esprimono per immagini. Come per leggere un testo cinese dovremmo prima conoscere l’alfabeto di quella lingua, allo stesso modo pretendere di leggere i vangeli così come sono scritti è un’assurdità, proprio come gli ideogrammi cinesi ci sembrano solo degli scarabocchi se non li esaminiamo con la necessaria preparazione.
Ma se si capiscono le cose nel modo giusto allora ci si rende conto che lo scopo del cristianesimo consiste nel trovare l’equilibrio fra l’elemento arimanico e quello luciferico, senza che l’uno prevalga sull’altro.
Perciò la scienza dello spirito non prova alcun imbarazzo a parlare di cristianesimo in questo senso. Essa sottolinea che essere cristiani non significa continuare a pronunciare il nome del Cristo e cose del genere. Alla scienza dello spirito viene mosso il rimprovero di parlare troppo poco del Cristo.
Al che io ribatto sempre così: certo, la scienza dello spirito non parla molto del Cristo poiché conosce i Dieci Comandamenti. Voi invece continuate a parlare di Lui perché non conoscete il comandamento che dice: «Non nominare il nome di Dio invano». Oggi i sacerdoti cristiani non fanno altro che nominare il nome del Cristo nelle loro prediche.
Invece lo si deve pronunciare solo quando si capisce davvero di che si tratta. È in questo che si distingue la scienza dello spirito, nel suo voler essere cristiana nel vero senso della parola, senza essere superstiziosa o bigotta, ma solo veramente scientifica.
Ed è con questo sguardo scientifico che osserva l’evento che si è verificato a cavallo fra l’era antica, luciferica, e l’era moderna, che è arimanica. Per la scienza dello spirito l’evento della Palestina è stato determinante per la storia universale.
E quando si riprenderà a capire nel modo giusto quello che è veramente successo sulla Terra, si ritornerà in sé. Adesso gli uomini sono proiettati al di fuori di sé per via di questa scienza del tutto esteriore.
Ma di questo, signori, parleremo la prossima volta. Oggi mi interessava rispondere alla domanda, e credo che adesso si possa capire come stanno le cose.
Terza conferenza
Morte, risurrezione
e ascensione del Cristo
Dornach, 9 maggio 1923
Rudolf Steiner: Buongiorno, miei cari signori!
C’è qualche domanda?
Operaio: È possibile avere qualche informazione in più sulla personalità del Cristo Gesù?
Rudolf Steiner: Vedete, signori, si tratta di una questione attuale e per questo oggi ce ne occuperemo. Devo premettere che quanto vi dirò risulterà pienamente comprensibile solo per chi segue le conferenze già da molto tempo, mentre chi è qui oggi per la prima volta dovrà prendere confidenza gradualmente con gli argomenti trattati.
La domanda che mi è stata posta e di cui ci occuperemo oggi riguarda la personalità del Cristo, morto all’età di trentatré anni. La domanda dice:
«Il terzo giorno è uscito dal sepolcro, è risorto. Com’è stato possibile? E da dove ha preso la forza e il potere per farlo? E poi gradiremmo se lei ci parlasse anche dell’ascensione avvenuta dopo quaranta giorni».
Dato che è il momento giusto dell’animo ve ne parlerò, avendo già fatto le premesse necessarie. Ma, come vi ho detto, il mio discorso risulterà pienamente comprensibile solo a chi frequenta già da tempo le mie conferenze. Gli altri ci arriveranno se parteciperanno spesso alle nostre riunioni.
Allora, per cominciare bisogna dire che nel periodo immediatamente successivo all’evento di Palestina si sapeva ben poco della personalità e del destino del Cristo. Oggi si crede che gli eventi di Palestina legati alla personalità del Cristo Gesù siano diventati di colpo noti in tutto il mondo, ma non è così.
In realtà a quei tempi l’impero romano era molto esteso, era un impero potente a livello mondiale e la Palestina faceva parte di quell’impero.
Sapete che l’impero romano ci ha lasciato una sgradevole eredità, il cosiddetto diritto romano. Forse sapete anche che gli studenti della facoltà di giurisprudenza lo devono studiare a lungo.
Ebbene, signori, il diritto romano è stato concepito in un’epoca in cui i rapporti sociali erano completamente diversi, ragion per cui al giorno d’oggi è del tutto inadeguato. Eppure la giustizia viene tuttora amministrata in base al diritto romano.
Dalla romanità abbiamo ereditato varie altre cose, ma il cosiddetto diritto romano è qualcosa che salta facilmente agli occhi di tutti.
Il dominio romano era straordinariamente vasto. Cercherò di darvi un’idea approssimativa della sua estensione.
Immaginate il sud dell’Europa: qui c’è grossomodo la Spagna (V. Dis. p. 85), qui l’Italia, qui la Grecia e qui il Mar Nero. E poi abbiamo una miriade di isolette, lì c’è il confine con l’Asia Minore e laggiù, più o meno nella zona che sto colorando, c’era la Palestina con Gerusalemme, Nazareth e via dicendo.
L’impero romano si estendeva su tutte queste terre, che erano state per l’appunto occupate dai romani. Si trattava quindi di un dominio molto esteso. Roma si trova più o meno qui. Naturalmente le questioni governative si svolgevano tutte a Roma, molto lontano dalla Palestina. E di tutto quello che accadeva in Palestina a Roma si sapeva ben poco.
Per un centinaio di anni gli scrittori di Roma non hanno scritto niente a proposito degli eventi che si sono verificati in Palestina, di cui era stato protagonista il Cristo Gesù. Dovettero trascorrere circa cent’anni prima che a Roma si sapesse cos’era successo in Palestina.
E di fronte a quei fatti nella Roma di allora si è reagito pressappoco dicendo: «Ah sì, là in Palestina hanno crocifisso uno sconosciuto». La crocifissione a quei tempi equivaleva più o meno alla nostra impiccagione, quindi non suscitava particolare scalpore.
Solo in un secondo tempo, dopo che era trascorso un centinaio d’anni e il dominio romano si era fatto sempre più tirannico e dedito al lusso, è emerso che il cristianesimo si era gradualmente diffuso mentre le genti di Roma vivevano negli agi. Solo allora Roma si accorse dell’esistenza dei cristiani e in un primo tempo non ne ha tollerato affatto la presenza.
A Roma i cristiani venivano perseguitati con ferocia. E ora devo spiegarvene il motivo, altrimenti non potreste capire da dove è nata l’idea che a Gerusalemme, in Palestina, sia morto “un dio”. È importante che comprendiate com’era il modo di pensare nel mondo di allora.
Vedete, se nel primo secolo cristiano, in quello che, se fosse stato già in uso il nostro computo del tempo, sarebbe stato l’anno 1 o 10 o 50 (tenete presente che allora il tempo veniva calcolato in base al calendario romano) qualcuno avesse chiesto a un romano chi fosse il suo dio, lui avrebbe risposto: Augusto, o Tiberio, come fanno ancor oggi i cinesi che a questa domanda rispondono: l’imperatore della Cina.
Dovete quindi sapere che per i romani di quei tempi il monarca, il regnante, era anche il loro dio. E la prima caratteristica che i romani hanno notato nei cristiani, era che loro non credevano che un essere umano potesse essere un dio.
I romani sapevano solo che chiunque sedesse sul trono, chiunque fosse un potente dominatore, era il dio supremo da adorare. Quella che i romani tributavano al loro sovrano era anche una sorta di adorazione.
Sì, signori, a quei tempi era così ovunque, anche in Oriente, dove c’erano i grandi imperi come quello persiano, quello assiro-babilonese e altri ancora. Nell’antichità il sovrano era anche il dio. Questo termine indicava semplicemente quello cui ci si rivolge quando si ha bisogno di qualcosa. Era il conducente e quindi lo si vedeva come qualcuno in grado di prestare aiuto, ma non era sempre così!
Vi faccio notare che nel vostro Paese si fa un uso particolare del termine “dio”. Quando si battezzano i bambini ci devono essere i padrini e in certe zone, credo anche della Svizzera, il padrino viene chiamato “Gott” e la madrina “Gottel”.[3] Significa che chi tiene a battesimo un bambino deve fornirgli aiuto, proprio come il “dio”. E a quei tempi il dio era il padrino universale del mondo.
Se vogliamo capire l’antichità dobbiamo risalire al pensiero di quelle epoche. Il dio a quei tempi era il padrino del mondo. Anche Goethe, il nome del poeta tedesco, deriva da Gott.
E la prima informazione sui cristiani era che non credevano che un essere umano potesse essere un dio universale. Era qualcosa di inconcepibile per i romani, quella gente che non credeva nella divinità dell’imperatore doveva essere molto pericolosa.
E i cristiani a loro volta si appellavano alla massima: «Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio.»
Vedete dunque che dalla frase del Cristo Gesù risulta la separazione fra dio e imperatore. Per i cristiani Dio è l’invisibile, qualcosa che non alberga in un uomo terreno. Questa era la grande differenza fra romani e cristiani.
Di conseguenza per i romani i cristiani erano individui estremamente pericolosi che minavano l’autorità statale dato che non offrivano sacrifici all’imperatore. A quell’epoca la gente si recava al tempio per offrire sacrifici all’imperatore.
I cristiani invece offrivano sacrifici a un dio invisibile morto in Palestina. Era qualcosa di assolutamente inconcepibile per i romani, e per questo i cristiani dovevano compiere i loro riti sacrificali di nascosto, sotto terra.
Ai passaggi sotterranei scavati dai cristiani, dove seppellivano i loro morti, si dà il nome di “catacombe”. A Roma, ma anche in altre parti dell’Italia, si trovano sotto terra queste catacombe molto estese, simili a piccole città. Lì i cristiani celebravano i loro riti, mentre in superficie i romani allestivano grandi spettacoli circensi.
E nel corso di quegli spettacoli una delle principali attrazioni consisteva nel legare a un palo o a una colonna qualcuno che disprezzavano per poi spalmarlo di pece e bruciarlo vivo. E gli spettatori nelle arene vi assistevano come oggi si assiste alle corse dei cavalli. Era all’ordine del giorno.
Immaginatevi questa scena: sopra, nelle arene, i selvaggi romani che si divertivano alla grande nel guardare mentre arde vivo l’uomo cosparso di pece legato a una colonna. E sotto, i cristiani che celebravano le loro funzioni religiose nelle catacombe.
Difficile immaginare una differenza più stridente di quella che c’era fra chi stava sottoterra e chi sopra, signori miei. È qualcosa che dobbiamo avere ben chiaro.
È vero che anche l’Inquisizione nel Medioevo ha compiuto delle atrocità, ma i cristiani venuti dopo non si sono comportati così male come i romani nel periodo aureo dell’impero. È una verità che va semplicemente constatata.
Dunque la prima cosa che si sentiva dire a Roma era che i cristiani non volevano riconoscere un dio visibile.
Naturalmente si è venuto a conoscere sempre meglio il significato del “Cristo Gesù”. Vi ho già raccontato qualcosa in proposito. Per esempio vi ho fatto notare che c’erano due bambini Gesù, uno dei quali è prematuramente scomparso. E si trattava di due bambini straordinariamente capaci e dotati.
Vedete, il racconto della Bibbia che tutti voi conoscete su come il Gesù dodicenne abbia impartito i suoi insegnamenti ai dottori della legge nel tempio è assolutamente vero. Ovviamente non dovete replicare che se oggi un dodicenne andasse all’università il collegio dei professori non gli manifesterebbe un grande rispetto. Non è possibile paragonare gli insegnamenti odierni con quelli di quei tempi.
Non dovete credere che io voglia sostenere un’opinione conservatrice o addirittura reazionaria, ma devo raccontarvi come stanno i fatti. Oggi dobbiamo mandare i nostri figli a scuola, dove proprio i più dotati imparano molte cose che non amano affatto.
Bisogna presentare le cose in modo da suscitare l’interesse dei bambini, come facciamo nella scuola Waldorf. Ma in genere i bambini sono costretti a imparare un mucchio di cose che non amano, compito questo in cui gli adulti riescono naturalmente molto meglio. E oggigiorno non si bada affatto a ciò che si fa dimenticare ai bambini nel momento in cui si insegna loro a leggere e scrivere.
A chi li sa ascoltare, i bambini dicono cose estremamente intelligenti. Sono ricordi della vita spirituale che hanno condotto prima di scendere sulla Terra, e quel bambino Gesù aveva portato con sé una quantità straordinaria di conoscenze.
Vedete, essendo compagni di giochi, i due bambini Gesù sapevano le stesse cose, solo che poi uno è morto. E così oggi si parla di uno solo dei due, perché alla gente piace di più. Ma in questo modo non è possibile capire i vangeli.
Basta leggere il Vangelo di Matteo e quello di Luca per vedere che sono in contraddizione fra loro. La genealogia di Gesù descritta da Matteo è diversa da quella che ci presenta Luca. Come mai? Perché si fa riferimento a due bambini Gesù.
Vi ho raccontato che per anni mi sono occupato della questione dal punto di vista scientifico-spirituale, giungendo infine alla conclusione che sono esistiti due bambini Gesù. Quello di cui parla il Vangelo di Matteo non è lo stesso di cui parla il Vangelo di Luca.
Uno è morto all’età di dodici anni, mentre l’altro è sopravvissuto. Quindi quando nel Vangelo si dice che Gesù cresceva in sapienza, in spirito e in forza ci si riferisce a quest’altro.
Quello che vi sto dicendo – che c’erano due bambini Gesù – l’ho scoperto molto tempo fa. Non sapevamo che anche la storia fornisce quest’informazione finché non ci siamo imbattuti in un dipinto nell’Italia del nord.
In esso è rappresentata la scena di Gesù nel tempio che istruisce i dottori della legge. E stranamente c’è il secondo bambino Gesù che se ne va via. Uno è quello che insegna, l’altro che si allontana non è il solito bambino Gesù che conosciamo. Sul dipinto ci sono quindi due fanciulli Gesù, il che ci permette di dire quello che a distanza di secoli certi sapevano ancora: c’era un altro bambino Gesù che poi se n’è andato.
Solo dopo aver trovato quel dipinto ho saputo che l’altro fanciullo raffigurato era il secondo bambino Gesù. Vedete, signori, per secoli lo si è saputo ma la Chiesa non ha mai permesso che queste informazioni autentiche affiorassero.
Vi ho già detto che nella vita dell’uomo ci sono cose per cui si dice che qualcuno ha avuto un’illuminazione.
Naturalmente la gente non lo ammette, ma queste illuminazioni esistono, se ne può parlare. E voglio raccontarvi un caso che mi ha riferito ieri uno dei soci. Potrei farvi centinaia di esempi, ma vi racconterò quello più recente. Signor Pfeiffer, posso raccontarlo, vero?
C’è un chimico molto noto, Kekulé, uno studioso integerrimo, un vero chimico che ha scritto molti libri sulla sua materia. Sue sono due idee scientifiche di notevole importanza, che ora non vi sto a spiegare nei dettagli perché ci porterebbe via troppo tempo.
Queste due importanti idee si riferiscono alla struttura elementare delle sostanze, per esempio del benzolo, e hanno un ruolo di grande rilievo nella chimica. Chi conosce la chimica sa che oggi si parla dappertutto della teoria di Kekulé.
Bene, qual è stata l’esperienza diretta di Kekulé? Lui stesso ci racconta che per un periodo di tempo ha vissuto a Londra – non aveva ancora enunciato le sue teorie – e, dato che abitava piuttosto lontano dal centro, di notte doveva sempre prendere l’omnibus per tornare a casa. All’altro capo della città abitava infatti un conoscente che andava a trovare la sera. Una volta che tornava a casa dopo aver trascorso la serata a discutere di chimica con il suo conoscente, anch’egli chimico, si addormentò cullato dal ronzio dell’omnibus.
E mentre era così assopito gli apparve in sogno questa immagine: lì c’era un atomo, là un altro, poi un terzo – e infine dei piccoli atomi tenuti insieme da quelli grandi (V. Dis. sotto). E sull’omnibus sognò la materia fino al suo arrivo a casa, dopo di che trascrisse accuratamente quel che aveva sognato.
E questa è la prima teoria. Vedete, l’ha sognata, gli è stata ispirata – e si tratta di una teoria in tutto e per tutto materialistica!
La seconda è la cosiddetta teoria del benzene. Anche questa l’ha sognata, non a Londra ma in un altro luogo.
Sì, cari signori. Vedete come un chimico materialista abbia dovuto ammettere che con il suo pensiero, con il suo ragionamento non ci sarebbe mai arrivato, mentre le due teorie gli si sono presentate in sogno. Si è trattato di una vera e propria illuminazione.
Ora, signori, mi piacerebbe sapere perché ci si oppone all’affermazione che a trent’anni il Gesù sopravvissuto abbia subito una trasformazione totale. Certo, Kekulé non è diventato un altro, dato che la sua illuminazione non è stata grande, ma nel Gesù trentenne si è introdotto tutto il sapere cosmico.
Una cosa del genere era del tutto possibile a quei tempi e ancora oggi possono verificarsi fenomeni analoghi.
Dovete sapere che a trent’anni il Gesù di Nazareth che era sopravvissuto ha ricevuto l’illuminazione che l’ha trasformato nel “Cristo”. Il Cristo è entrato in lui come la teoria del benzene è entrata in Kekulé. Per questo è diventato un altro.
E chi se ne intendeva un po’ di queste cose diceva: i romani hanno un dio sul trono che è diventato tale grazie ai normali poteri terreni. In genere queste divinità in trono non hanno ricevuto nessun tipo di illuminazione; non si sono illuminate a trent’anni.
E i cristiani dicevano: «Il nostro dio non è stato designato dagli uomini, ma dalle potenze cosmiche stesse.»
Ma dovevano dire anche qualcos’altro. Quel che si diceva allora a proposito di Gesù non era così vago come ve lo sto dicendo adesso. Ve lo devo comunicare lentamente e gradualmente, per questo all’inizio le cose sembrano vaghe, ma in realtà erano precise.
Vedete, oggi abbiamo le università affinché singoli individui diventino intelligenti secondo l’opinione corrente. Dopo essere stati istruiti al cosiddetto ginnasio o all’istituto tecnico si va all’università, dove all’intelligenza viene data l’ultima rifinitura. Eppure, signori, non sempre troverete che chi esce dall’università diventa un altro. Il più delle volte avrà imparato solo a livello esteriore.
Questo non succedeva nei tempi antichi. Allora non si faceva nessuna differenza fra chiese, teatri e scuole, che erano un tutt’uno, cui si dava il nome di “misteri”. Era lì che la gente veniva istruita, e la cosa più importante che si insegnava nei misteri era la cosiddetta conoscenza della realtà del Sole.
Vedete, vi ho parlato di cose scientifiche. Ho sempre detto qual è l’influsso esercitato dal Sole su tutto ciò che avviene sulla Terra. Le piante mica crescono solo perché vengono spinte fuori dal terreno, ma perché il Sole le fa spuntare. In tutti noi la forza del Sole agisce come quella della Terra.
E vi ho fatto notare che questa forza solare non è un’energia morta, bensì una forza piena di saggezza e vitalità. Vi ho presentato molti esempi dai quali avete potuto vedere come ciò che accade agli animali sia saggio, intelligente, assennato.
Quando alzano gli occhi al cielo, gli eruditi immaginano che il Sole sia una sfera gassosa. Ebbene, signori, è un po’ come se fossimo tutti in un grande aeroplano diretto sulla Luna – non è possibile, ma facciamo finta di poterlo fare alla maniera descritta da Jules Verne –, come se potessimo svolgere il nostro lavoro sulla Luna e io vi dicessi: «Vedete, signori, laggiù c’è la Terra. È solo un corpo su cui non c’è niente.» Non mi credereste, dato che siete saliti sulla Luna insieme a me. Sapreste che sulla Terra ci sono anche esseri umani, uomini dotati di anima e di spirito.
Ed è proprio questo che fanno gli studiosi di oggi con il Sole: se ne stanno seduti sulla Terra osservando il Sole e dicono: «Lassù non c’è nient’altro che gas incandescente.» Ma è un’assurdità bella e buona. Il Sole è abitato da Esseri, anche se non da esseri umani visibili agli occhi.
E ai discepoli degli antichi misteri si trasmetteva principalmente questa conoscenza relativa al Sole, ragion per cui venivano chiamati discepoli del Sole.
Si diceva che sul Sole ci sono le forze della primavera e dell’estate che fanno spuntare ogni cosa dalla Terra. E chi in quei tempi antichi aveva appreso i segreti del Sole veniva chiamato “discepolo del Sole” e diventava “maestro del Sole” una volta completata la propria formazione.
Ed è quella saggezza del Sole che è discesa all’improvviso sul Gesù di Nazareth trentenne.
Orbene, signori miei, forse vi è già capitato di vedere che se si mettono in cantina delle piante che prima erano verdi e lussureggianti, là sotto diventano biancastre e come paralizzate dato che in loro non penetra più la forza del Sole. È questa energia in senso mistico e spirituale che si è introdotta in Gesù. E quelli che l’hanno capito hanno esclamato: «Ora il Cristo è entrato in Gesù.»
Vedete signori, è allora che accadde quel fatto straordinario. Gli ebrei, che vivevano perlopiù qui in Palestina (V Dis. p. 85), avevano sentito annunciare per lungo tempo dai loro profeti che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa per cui la Terra avrebbe potuto ricevere un insegnamento dal cosmo.
Ma potete star certi che se oggi qualcuno scrivesse un Guglielmo Tell come quello scritto da Schiller e quest’opera venisse rappresentata a teatro la gente direbbe: «Sono solo chiacchiere, è una baggianata» Non ne riconoscerebbe il valore. Anche il Guglielmo Tell inizialmente è stato apprezzato soltanto dai pochi che conoscevano Schiller e solo in un secondo tempo ha avuto successo.
Il nostro ordinamento sociale è sempre stato così che la maggioranza delle persone si è sempre fatta guidare da qualcun altro. Lo stesso hanno fatto anche gli ebrei, che quando è arrivato uno che possedeva quella conoscenza del Sole, per cui non era più necessario essere guidati dai misteri, hanno detto: ecco uno che pretende che è tutto vero quello che dice.
Sapete bene cosa succede a quelli che annunciano una verità ancora sconosciuta alla gente. Quella che Gesù di Nazareth, nel quale ora viveva il Cristo, aveva da comunicare era una grande verità e una grande saggezza. Ebbene, lo si è crocifisso e lui ha fatto effettivamente l’esperienza della morte.
E adesso arrivo alla domanda che mi era stata posta direttamente.
Vedete signori, i teologi istruiti di oggi spesso sono ancora peggio di quelli non istruiti. Questi ultimi dicono: «Ebbene, poi hanno deposto il Cristo nel sepolcro e dopo tre giorni Egli è risuscitato in carne e ossa.» Al che quelli istruiti dicono: «Non crediamo che sia vero, perché nessuno esce dalla tomba.» Sarà anche oppugnabile, ma almeno è qualcosa che si può sostenere.
Cosa dicono invece i teologi colti? Vedete, Harnack è uno dei teologi più eruditi, molto noto e citato. E che cosa dice a proposito della risurrezione? Dice: «Non è possibile sapere cosa è successo nell’orto del Getsemani (il luogo in cui si trovava il sepolcro).»
Il teologo istruito dice dunque: «Non è possibile sapere cosa è successo nell’orto del Getsemani, ma a poco a poco molte persone hanno finito per credere che là sia risorto il Cristo. Questa è la fede pasquale alla quale pensiamo ci si debba attenere.»
Vedete signori, una volta, molto tempo fa, ho sollevato questa questione all’associazione Giordano Bruno di Berlino, il cui presidente credeva di saperne molto su queste cose. Quel dotto presidente ha risposto: «Harnack non può aver detto una cosa simile, perché allora sosterrebbe che non bisogna credere a quanto è veramente accaduto ma solo a ciò che crede la gente! Succederebbe come con la veste sacra di Treviri, a proposito della quale la gente dice: non si sa se sia proprio la veste indossata dal Cristo, ma visto che molti credono che lo sia ci crediamo pure noi!»
Questo ha detto un protestante a proposito della fede cattolica nella veste sacra di Treviri. Un altro esempio è quello delle ossa di S. Antonio: da un esame accurato è emerso che si tratta di ossa di vitello! La gente che ci aveva creduto non se l’è presa a male più di tanto, ma ha detto: «Non importa se è vero o no, ma se la gente ci crede o meno.»
Ma quello che conta non è ciò che crede la gente, bensì ciò che è realmente accaduto! In effetti la Bibbia lo narra meravigliosamente, solo che la gente non ci fa caso. Nella Bibbia non si racconta che è successo questo o quello, ma le sue pagine sono ovunque pervase dall’affermazione: «Gli uomini hanno visto questo e quello.» Ecco cosa si racconta nella Bibbia.
Si narra anche che le donne si sono recate al sepolcro e si dice che cosa hanno “visto”. Si racconta che il Cristo è apparso ai discepoli di Emmaus e altro ancora. Si dice che il Cristo è stato visto.
A questo punto vi ricorderete che vi ho detto che l’uomo non è costituito soltanto dal corpo materiale che viene deposto nella tomba, ma anche dal corpo eterico, dal corpo astrale e dall’Io. Ve l’ho spiegato con precisione.
Ebbene, il corpo fisico di Gesù di Nazareth è stato effettivamente deposto nel sepolcro. Mi sono occupato a fondo di questa questione ed è straordinariamente significativo che nel Vangelo stesso si dica che ci fu un terremoto. Ci fu un terremoto che produsse una spaccatura e il corpo venne risucchiato dalla Terra, quindi scomparve davvero.
Gli apostoli non hanno visto il corpo fisico, ma quello eterico, il corpo sovrasensibile. Le donne e gli apostoli hanno visto il corpo eterico del Cristo, non più Gesù di Nazareth, ma il Cristo, l’uomo interiore trasformato.
Ovviamente dovete rendervi conto che quanto è accaduto era qualcosa di assolutamente grandioso per i discepoli. Provate a immaginare di venir privati di qualcuno con cui siete cresciuti in amicizia perché lo si crocifigge o, come si direbbe oggi, lo si manda al patibolo. Il vostro legame intimo con questa persona produce un particolare stato d’animo.
Ed è proprio quello stato d’animo che ha messo i discepoli in condizione di vedere quelle cose, che li ha resi chiaroveggenti. Durante i primi giorni successivi alla risurrezione hanno visto il Cristo diverse volte, più spesso di quanto raccontano i vangeli. Ma quello che vedevano era il Cristo sovrasensibile.
Nelle Lettere di Paolo leggete la descrizione del celebre evento di Damasco, dell’esperienza vissuta da Paolo nei pressi di quella città. Quando cadde in una sorta di sonno il Cristo gli apparve nelle nubi. Prestate attenzione al racconto di Paolo, che dice: nessuno potrà togliermi la fede in Cristo, poiché anch’io l’ho visto come gli apostoli.
Paolo non dice quindi che gli altri apostoli hanno visto il corpo fisico del Cristo, altrimenti dovrebbe sostenere di averlo visto pure lui in quella forma. Afferma invece esplicitamente di aver visto il Cristo nelle nubi, vale a dire il Cristo sovrasensibile.
E dicendo di aver visto il Cristo come l’hanno visto gli altri apostoli, indica che anche loro ne hanno visto il corpo sovrasensibile.
La gente però crede che il fatto che l’incredulo Tommaso abbia dovuto mettere le mani nelle piaghe del Cristo stia a dimostrare che le cose non stavano così. Ma questo significa semplicemente che la presenza del Cristo era talmente forte che lo stesso Tommaso era convinto di toccarlo. Tutto l’episodio è quindi riferito al corpo sovrasensibile.
Certo, le piaghe avevano colpito profondamente i discepoli, e soprattutto gli apostoli. L’episodio sarebbe stato meno suggestivo senza l’accenno alla possibilità di toccare le ferite. Ma perché proprio quelle e non il viso o qualche altra parte del corpo? Anche in quel caso Tommaso avrebbe percepito la presenza del Cristo.
Ha posato le dita sulle piaghe perché queste avevano suscitato in loro una particolare impressione e perché la percezione del Cristo avuta dagli apostoli dipendeva effettivamente dalla visione superiore. Possiamo quindi dire che per quaranta giorni i discepoli hanno avuto la certezza che il Cristo fosse ancora tra loro.
E da lì è sorta la dottrina cristiana originaria che si ricollega a quanto vi ho detto lunedì scorso, la dottrina cristiana che afferma: «Quando si muore, nella tomba rimane solo il cadavere, che poi scompare. Il Cristo ci ha mostrato di persona l’elemento immortale. Ha vagato sulla Terra per quaranta giorni nella sua forma immortale, l’abbiamo visto. E a Paolo è apparso addirittura molto più tardi. Significa allora che Egli è sempre qui.»
Anche oggi possiamo dunque dire che il Cristo è sempre qui, solo che gli apostoli dopo quaranta giorni non l’hanno più visto, poiché avevano perso la facoltà della veggenza. Allora hanno detto che se n’era andato, questa è l’Ascensione!
Si tratta di un evento che naturalmente ha riempito di grande tristezza i discepoli. Si sono detti: malgrado fosse morto, nonostante i nemici l’avessero crocifisso, è rimasto fra noi ancora per quaranta giorni. Ora però non è più qui, è tornato nelle altezze cosmiche.
E a quel punto furono veramente colmi di tristezza, non come quella che si prova di solito, ma una molto più profonda. E i dieci giorni di cui stiamo per parlare sono stati per i discepoli e gli apostoli un periodo in cui sono stati toccati nel profondo, e hanno riflettuto intensamente sulle parole del Cristo.
Quei dieci giorni sono stati sufficienti perché i discepoli potessero dirsi: sì, tutto questo lo possiamo sapere anche noi, questa saggezza alberga dentro di noi. E dopo dieci giorni si sentirono abbastanza forti da poterla insegnare. L’immagine di questa consapevolezza è rappresentata dalle lingue di fuoco sulle loro teste.
È la Pentecoste, il pensiero pentecostale, le lingue di fuoco: la grande tristezza di non poter più rivedere il Cristo li ha spinti a riflettere su tutti i suoi insegnamenti, a penetrare così a fondo dentro di sé, da diventare loro stessi in grado di insegnare.
Ed è bella l’immagine usata laddove si dice che da quel momento cominciarono a “parlare in tutte le lingue”. Ma occorre avere le idee chiare su come si parlava nei tempi antichi. Ovviamente non dovete credere che con ciò si voglia dire che gli apostoli hanno cominciato a parlare in cinese o giapponese, o addirittura in tedesco. In base al modo di esprimersi di quell’epoca, si intendeva dire che grazie alle riflessioni fatte nei dieci giorni fra l’Ascensione e la Pentecoste erano diventati tolleranti.
Per loro non esisteva più nessuna differenza fra le religioni e quella che annunciavano era una religione per tutti gli esseri umani. Il fatto che potessero parlare tutte le lingue significa che annunciavano una religione valida per tutti.
Questo è il pensiero pentecostale più bello, signori: una religione per tutti gli uomini. Vedete, l’aspetto più nocivo per gli uomini è sempre stato il fanatismo insito nella religione, l’esclusivismo della religione, il fatto di avere il cristianesimo, il buddismo, l’ebraismo e quant’altro. Per quale motivo ci sono così tante religioni? Perché si tratta di religioni terrene, vere e proprie religioni terrene.
Che cosa intendo con il termine religioni terrene? Vedete, se da oggi, 1923, risaliamo al periodo di cui vi ho parlato durante il quale il Cristo Gesù è vissuto in Palestina, arriviamo all’anno 0. Da lì andiamo ancora più indietro, fino al 3500 a.C.
Tremila o tremilacinquecento anni prima di Cristo anche in Africa c’erano uomini che parlavano del loro dio, ma con parole antiche. Lo chiamavano “Ra” e parlando di lui dicevano per esempio: il dio della città di Tebe. E nella città di Tebe c’era una specie di edificio la cui struttura era simile a un monumento sepolcrale e al cui interno dimorava il dio. La forma più antica di venerazione del dio consisteva nell’attribuirgli un determinato luogo.
Sì, signori, uno che fosse vissuto dove abitiamo noi oggi probabilmente non avrebbe parlato del dio di Tebe, poiché non solo non ci era mai stato, ma neppure ne conosceva l’esistenza. Qui non si sapeva nulla di Tebe.
Quindi quelli che vivevano in Egitto, dove scorre il Nilo, si riferivano al dio di Tebe. E quelli che vivevano qui nella nostra zona avevano anche loro divinità locali del genere, per esempio nell’odierna Alsazia o a Münster. Gli uomini veneravano il loro dio in un determinato luogo, ed è per questo che ci sono diverse religioni: quella dei Tebani, quella di Münster, quella alsaziana. Per questo le religioni si sono diversificate.
E in seguito, quando gli uomini hanno cominciato a spostarsi con maggior frequenza da un luogo all’altro della Terra, non hanno più potuto scegliere un luogo qualsiasi per il dio, poiché si sarebbero contraddetti a vicenda. Erano emigrati e avevano smesso di venerare il luogo in cui risiedeva il dio per venerare invece l’uomo che aveva assunto la loro guida.
E così a poco a poco principi e imperatori sono assurti alla dignità di dei. Il principe era l’imperatore per questo o quel popolo. Sorsero molti principi. Vedete, a Roma era rimasto ancora qualcosa di quella religione dato che i romani veneravo il loro imperatore come dio.
Ma cos’era il cristianesimo? Il cristianesimo era qualcosa di completamente diverso: il divino non è legato a un luogo o a un uomo sulla Terra, ma all’energia del Sole, alla vitalità del Sole che Gesù Cristo ha accolto in sé. E il Sole è universalmente umano.
Nessuno in Europa può infatti dire che il Sole che risplende allo zenit sia diverso da quello degli egiziani o dei cinesi o degli australiani. Chi davvero riconosce che l’energia cristica proviene dal Sole deve ammettere l’esistenza di una religione comune a tutti gli uomini.
Era la religione comune a tutti gli uomini, anche se la gente non sempre l’ha capito. E ai discepoli è risultato abbastanza chiaro che quella fosse la religione del Sole, lo vediamo espresso nella loro capacità di parlare tutte le lingue. Sono stati in grado di portare una religione della riconciliazione e della tolleranza per tutti gli uomini. Questo è il pensiero della Pentecoste.
Ma vedete anche che questo pensiero non si è ancora realizzato. Occorre rendersi conto che ciò che il Cristo ha portato sulla Terra non dipende da una dottrina ma da un dato di fatto.
Quando oggi i missionari europei vanno in India o in Cina, pretendono che gli abitanti di quei Paesi credano a quello che Roma dice riguardo al Cristo, ma questo è impossibile poiché si tratta di affermazioni che hanno avuto origine in Europa e non è con queste che si converte la gente.
Ma se le cose venissero presentate come ve le ho esposte oggi, le si capirebbero in ogni parte del mondo. Il pensiero pentecostale è infatti valido per tutti gli esseri umani.
In questa conferenza ho cercato di spiegarvi il concetto di Ascensione e di Pentecoste, che è un po’ quello che voleva sapere il signore che mi ha posto la domanda. Mi ha fatto molto piacere potervi parlare di questi argomenti, dato che siamo nel periodo dell’Ascensione e fra dieci giorni sarà Pentecoste.
Adesso devo recarmi in Norvegia. Vi farò sapere la data della prossima conferenza.
Arrivederci!
Sulle conferenze di Rudolf Steiner
Rudolf Steiner ha tenuto alcune migliaia di conferenze, molte delle quali pubbliche, davanti alle platee più diverse. Non erano destinate ad essere stampate, ma molte persone volevano anche leggere queste conferenze. A tal proposito egli scrive nella sua autobiografia Mein Lebensgang (cap. 35): «Si dovrà appunto solo accettare che nelle trascrizioni che io non ho rivisto si trovino degli errori».
In un’epoca in cui non esistevano registratori il percorso della parola pronunciata fino alle lettere stampate non era facile. Diversi uditori hanno stenografato con differente abilità, poi trasposto lo stenogramma in un testo in chiaro e a seconda delle circostanze l’hanno sottoposto ad una redazione. Così nel volume GA 137 (HDD 2004, p. 233): «Questa edizione si è basata sugli appunti stenografici di Franz Seiler, Berlino, che, su incarico di Marie Steiner-von Sivers, è stata corretta ovvero rielaborata per la stampa da Adolf Arenson».
Oggi, un secolo dopo, Rudolf Steiner è divenuto un personaggio storico. Per molte persone non sono più importanti o decisive le disposizioni che lui ha preso o ciò che ha dovuto accettare riguardo alle proprie conferenze quand’era in vita. Oggi conta indagare la “qualità delle fonti” e rendere accessibili i documenti disponibili a tutte le persone che se ne interessano.
Tutte le scelte editoriali relative alla redazione di questo volume sono state fatte nella convinzione che l’intera umanità ha diritto di verificare tutti i documenti che erano a disposizione del redattore. Non è in nessun modo nient’affatto un caso, ma fa invece parte del karma forse più importante dell’umanità quali trascrizioni delle conferenze di Rudolf Steiner si sono conservate. Non poche persone oggi vogliono hanno interesse a sapere nel modo più preciso possibile, cosa abbia detto Rudolf Steiner.
Desiderano perciò sapere, quali dei documenti rimastici sono più vicini alle parole pronunciate da Rudolf Steiner. Per accertare questo, ci vogliono un esame coscienzioso dei documenti ed una grande familiarità col pensiero e col linguaggio di Rudolf Steiner.
L’Archiati Verlag e le Edizioni Archiati si sono proposte di giungere il più vicino possibile alle parole dette da Rudolf Steiner e insieme di rendere accessibile la sua scienza spirituale a tutti gli uomini, poiché è insito nella natura di questa scienza farsi immediatamente vita. Per poter conseguire questo obiettivo è di primaria importanza attingere dagli originali delle trasposizioni in chiaro, ma anche la scelta dei testi, il modo di redigerli, la veste editoriale e, non ultimo, il prezzo.
Come si possa unire precisione scientifica a un’ampia accessibilità, lo si può vedere nel caso di parole che oggi sono in disuso o che hanno assunto un significato diverso. Nella versione tedesca queste vengono sostituite con un termine facilmente comprensibile e segnate con un cerchietto. Nella traduzione italiana si traduce in modo corrispondente, senza tuttavia segnalare la parola sostituita, sia perché bisognerebbe riportare i termini tedeschi, sia perché, traducendo, il problema molto spesso non si pone.
Quando Rudolf Steiner lasciò la Società Teosofica dette disposizioni affinché nelle sue conferenze i termini “teosofia” e “teosofico” venissero sostituiti da “antroposofia” e “antroposofico”. Qualcuno potrebbe sostenere che si tratti di una falsificazione. Per Rudolf Steiner però la scienza spirituale è soprattutto vita e per servire la vita bisogna rimanere flessibili riguardo alla terminologia. Egli ha sottolineato a più riprese che la terminologia è solo un mezzo per un fine.
[1]da: Erinnerungen an Rudolf Steiner, a cura di E. Beltle e K. Vierl, Verlag Freies Geistesleben, 1979, p. 201
[2] L’affresco, che raffigura Gesù nel Tempio, è di Ambrogio da Fossano (1450-1523), detto il Bergognone. Si trova nel Tesoro della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano.
[3] In Svizzera si chiamano Götti e Gotte, da “Gott”, che significa dio.
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Rudolf Steiner (1861-1925) ha integrato le moderne scienze naturali con una indagine scientifica del mondo spirituale. La sua antroposofia rappresenta, nella cultura odierna, una sfida unica al superamento del materialismo.
La scienza dello spirito di Steiner non è solo teoria. La sua fecondità si palesa nella capacità di rinnovare i vari ambiti della vita: l’educazione, la medicina, l’arte, la religione, l’agricoltura, fino a prospettare l’idea di una triarticolazione dell’intero organismo sociale che riserva all’ambito della cultura, a quello della politica e a quello dell’economia una reciproca indipendenza.
Fino a oggi Rudolf Steiner è stato ignorato dalla cultura dominante. Questo forse perché molti uomini indietreggiano impauriti di fronte alla scelta che ogni uomo deve fare tra potere e solidarietà, fra denaro e spirito. In questa scelta si manifesta quell’interiore esperienza della libertà che è stata resa possibile a tutti gli uomini a partire da duemila anni fa, e che porta a un crescente discernimento degli spiriti nell’umanità.
La scienza dello spirito di Rudolf Steiner non può essere né un movimento di massa né un fenomeno elitario: da un lato, infatti, solo il singolo individuo, nella sua libertà, può decidere di farla sua; dall’altro questo singolo individuo può mantenere le sue radici in tutti gli strati della società, in tutti i popoli e in tutte le religioni egli sia nato e cresciuto.