Miei cari amici!
Oggi vogliamo cominciare osservando un po’ lo sviluppo dell’anima attraverso le vite che si susseguono sulla Terra.
I fenomeni esterni che si manifestano li conoscete per esservi già occupati della scienza dello spirito. Oggi però vogliamo parlare di alcune cose che hanno bisogno di essere esaminate più in dettaglio.
Sapete che quando l’uomo attraversa la soglia della morte la prima cosa che fa è abbandonare il suo corpo fisico. Dapprima ha quello che chiamiamo l’Io con tutto il suo contenuto, poi quello che chiamiamo corpo astrale e anche il corpo eterico, seppure per poco tempo.
Questo periodo in cui l’uomo ha ancora il corpo eterico è per lui tempo dedicato allo sguardo retrospettivo sulla sua ultima vita terrena. La vita appena trascorsa appare alla sua anima come in un quadro. Finisce che questo corpo eterico viene sospinto verso l’alto, nello spazio cosmico, come il corpo fisico viene spinto verso il basso, sulla Terra.
Ecco allora che l’uomo è insieme al suo corpo astrale. In questo corpo astrale abbiamo ancora gli effetti del corpo eterico, quindi tutto ciò che il corpo astrale ha vissuto per il fatto di essere insieme al corpo eterico e a quello fisico nell’ultima incarnazione terrena. Sapete che ci vuole più tempo prima che anche il corpo astrale venga abbandonato.
Ho già fatto notare anche nella nostra letteratura che non si deve parlare in maniera radicale di un dissolvimento del corpo eterico e di quello astrale, ma che questo dissolvimento è in realtà un entrare nel cosmo da parte di quelle forze che l’uomo ha dentro di sé. Il corpo eterico in un certo senso porta in sé le impronte di tutto ciò che l’uomo ha vissuto nella vita. Si tratta per così dire di una somma di immagini. Questa somma di forme si diffonde sempre più, imprimendosi effettivamente nel cosmo, così che quanto si è svolto come nostra vita e si imprime nel corpo eterico continui di fatto ad agire con le sue forze nel cosmo. Affidiamo al cosmo il modo in cui ci siamo comportati nei confronti del corpo eterico.
La nostra vita non è priva di significato per l’intero universo. Proprio per questo, grazie alla conoscenza della scienza dello spirito antroposofica, all’uomo è dato un forte senso di responsabilità, per cui deve pensare che ciò che incorpora nel corpo eterico per mezzo della sua vita intellettuale, emozionale e volitiva, quindi mediante la sua moralità, si trasmette assolutamente al cosmo intero.
Il cosmo contiene – se mi è concesso esprimermi in questo modo – le «messe in scena» degli uomini che sono vissuti in epoche passate. In un certo senso, ciò che dalla nostra condotta di vita prende parte alla formazione del corpo eterico si separa e si accumula nel vasto mondo. Sostanzialmente prendiamo parte alla creazione del mondo! E quando sappiamo di contribuire alla creazione del mondo dobbiamo acquisire quel senso di responsabilità che si esprime nel nostro sentirci cocreatori del mondo. Anche quello che portiamo con noi quale corpo astrale non dobbiamo pensare che si disperda nell’universo, come se si sciogliesse nell’universo. Non è così, ma anche questo si trasmette al cosmo, perlomeno alla parte animico-spirituale del cosmo.
E quando l’Io si è staccato da questo corpo astrale, una volta compiuto il passaggio attraverso il mondo delle anime, allora in un certo senso ciò che abbiamo incorporato nel nostro corpo astrale è là fuori nell’universo. Si percorrono due vie separate: il corpo astrale segue il suo cammino separatamente dall’Io, e anche l’Io segue la propria strada.
Ma non si può parlare di annientamento del corpo astrale, al contrario: questo corpo astrale continua ad evolversi, e grazie alla sua interazione col cosmo si trasforma in qualcosa, semplicemente per avergli noi impresso gli effetti di certi impulsi morali. Ed ora, con la forma che ha assunto per effetto di questi impulsi morali, si trasmette all’universo, si inserisce per così dire nell’universo animico-spirituale. In tal modo nasce un’interazione fra il corpo astrale e l’universo animico-spirituale.
Si può dire perfino – pur essendo un’immagine semisimbolica corrisponde ai fatti – che questo corpo astrale si espande sempre più, ma nella sua espansione giunge ad un certo limite oltre il quale non può dilatarsi ulteriormente, per cui comincia a contrarsi di nuovo. E la velocità o la lentezza con cui si espande o si riduce dipende sostanzialmente da ciò che ha assorbito durante la vita. Si può quindi dire: il corpo astrale si trasmette al cosmo, in un certo senso – se mi è consentita questa espressione – va a urtare contro l’estremità del nostro cosmo animico-spirituale e poi viene rilanciato indietro.
L’Io percorre il proprio cammino in un mondo essenzialmente diverso rispetto al corpo astrale. Ma quest’Io sviluppa interiormente una specie di brama, come ho già detto nella conferenza pubblica di ieri. E in sostanza è questa brama a sentirsi attratta da questo corpo astrale che ritorna, e che è diventato qualcosa di diverso.
In effetti si verifica di nuovo una specie di collegamento fra il corpo astrale trasformato, e l’Io. È così che l’uomo riceve tendenze in varie direzioni mentre si avvicina al momento in cui dovrà far ritorno sulla Terra.
Ho accennato al fatto che il corpo astrale si espande nell’universo, poi ritorna e l’Io per così dire lo ritrova. Possiamo osservare questo processo nella forma esteriore dell’uomo se consideriamo quest’ultimo nella totalità del suo essere.
Dobbiamo immaginarci che l’uomo, quando fa la sua comparsa sulla Terra, quando attraversa una nascita, viene formato davvero da due lati diversi.
Quel corpo astrale di cui vi ho appena descritto come si è espanso nell’universo e come ha poi fatto ritorno, si incontra per così dire con l’Io. Espresso in immagine, assomiglia ad una specie di sfera cava che diventa sempre più piccola, è così che si avvicina all’Io. Ha un’affinità con il sistema planetario.
L’Io sviluppa, lungo il suo cammino fra la morte e la nuova nascita, un altro tipo di desiderio. Pur essendo presente anche la nostalgia per il corpo astrale, l’Io sviluppa ancor di più un desiderio nei confronti di un certo punto della Terra – verso un popolo, una famiglia. Ma d’altra parte il corpo astrale trasformato, che viene dall’esterno, si contrae e incontra l’Io, che, dopo aver attraversato il periodo fra la morte e una nuova nascita, prova una forte attrazione nei confronti dell’elemento terreno, nei confronti di popolo, famiglia ecc.
Possiamo vedere di nuovo all’opera le forze del corpo astrale trasformato, quando osserviamo la superficie esteriore della corporeità dell’uomo appena. Ciò che viene organizzato dalla nostra pelle verso l’interno, compresi gli strumenti sensoriali, viene organizzato in noi a partire dal grande cosmo. Ciò che invece viene a formarsi organicamente per il fatto che l’Io si sente unito alla Terra, attratto dalla Terra, viene organizzato dall’interno verso l’esterno, in senso opposto all’altra organizzazione: le forze dell’Io soprattutto l’organizzazione ossea, muscolare ecc. E determinano quindi ciò che in un certo senso viene irradiato dall’interno, e che va incontro a quanto si irradia – a partire dalla pelle e dai sensi – nella direzione opposta.
Per quanto riguarda le dimensioni esterne della nostra fisicità, si può dire che siamo organizzati a partire dal macrocosmo; mentre siamo organizzati a partire dalla Terra per quanto riguarda ciò che scorre attraverso l’Io vero e proprio, ciò che cresce dall’interno verso l’esterno.
Così in effetti l’uomo è generato dall’universo. E la permanenza nel ventre materno costituisce solo l’occasione per cui queste due forze, una macrocosmica e una terrena, possano unirsi fra loro. Dunque l’uomo non è un essere che cresce da un unico punto, dal germe embrionale, bensì una confluenza da un lato di forze extratelluriche, extraterrene, che vengono tenute insieme dal suo corpo astrale trasformato, e dall’altro lato da ciò che, influenzato dalla Terra, va incontro a queste forze extraterrene.
Intimamente connessa con quello che cresce in noi dal cosmo è quella che chiamiamo la nostra mente, il nostro intelletto, la nostra facoltà pensante. Questa nostra facoltà conoscitiva in effetti ci rimanda alla nostra precedente vita terrena. Riceviamo questa immaginativa grazie al fatto che quanto abbiamo intessuto nel nostro corpo astrale nella precedente vita terrena si è espanso nel cosmo ed è ritornato, ed ora sceglie per così dire come organo principale la testa, che è formata principalmente dall’esterno come organo cutaneo-sensoriale. Il resto dell’organizzazione cutaneo-sensoriale è in un certo senso solo un’appendice della testa.
Invece in ciò che è affine alle forze terrene si esprime maggiormente la nostra organizzazione volitiva, dato che in occasione della rinascita l’Io umano si sente attratto verso un certo punto della Terra.
Possiamo allora dire che quando rinasciamo il Cielo ci dà l’intelletto, e la Terra la volontà. Fra queste due istanze c’è il «sentimento», che non ci viene dato né dalla Terra né dal Cielo, ma che è dovuto ad una sorta di oscillazione costante fra Terra e Cielo e ha il proprio organo esteriore nel sistema ritmico dell’uomo, nel sistema respiratorio, nella circolazione sanguigna e via dicendo.
Si trova a metà fra la vera e propria organizzazione della testa, che fondamentalmente è il risultato del macrocosmo lungo la deviazione del corpo astrale precedente, e la nostra organizzazione volitiva, che ci viene dalla Terra. Nel mezzo c’è il nostro sistema ritmico, la nostra vita emotiva che si può sviluppare sul piano di questo sistema ritmico e che noi esprimiamo esteriormente, visibilmente, fra Cielo e Terra.
La nostra testa ci rimanda maggiormente alla nostra origine extraterrena. La nostra volontà è intimamente imparentata con ciò che ci proviene dalla Terra. Fra testa e volontà c’è la nostra vita emotiva, e dal punto di vista fisico, la nostra circolazione, la nostra vita respiratoria.
Una considerazione totale e completa dell’uomo non è né unilateralmente psichica né unilateralmente fisica, ma tiene conto dell’intreccio dell’elemento fisico e di quello psichico.
D’altra parte possiamo anche vedere che, essendo in relazione con l’intero macrocosmo e portando dentro di noi, nell’organizzazione della testa, qualcosa che si è formato dal macrocosmo, col nostro intelletto veniamo rinviati al nostro passato, e che la sola coscienza ordinaria è insufficiente per capire come veniamo rimandati verso le nostre vite precedenti.
Nell’antico impulso sapienziale orientale, i discepoli degli iniziati cercavano dapprima di stabilire un rapporto fra la loro vita ritmica e la vita della testa. Per quei tempi, per l’antica evoluzione sapienziale orientale, era naturale cercare un’evoluzione umana superiore portando a coscienza il processo respiratorio e quello circolatorio, inspirando in modo regolato e portando quindi a coscienza la respirazione e la circolazione.
L’antico orientale lo poteva fare perché il suo elemento animico-spirituale non era ancora legato così intensamente alla sua fisicità, come avviene nell’uomo d’oggi. Se al giorno d’oggi, in una specie di anacronismo pratico, si praticasse questo antico metodo orientale senza innalzarsi a conoscenze superiori, si finirebbe più o meno per rovinare il corpo fisico. Si andrebbe a intervenire troppo profondamente nella salute del corpo fisico, poiché oggi l’uomo è più intimamente e più intensamente connesso con il proprio corpo di quanto non lo fosse per esempio all’epoca dell’antico impulso sapienziale indiano.
Che cosa otteneva chi eseguiva questi esercizi nell’antica India? Trasformava il processo respiratorio in qualcosa di cosciente, inspirava in modo cosciente. In tal modo acquisiva la possibilità di seguire a poco a poco il processo che ha luogo quando l’aria inspirata preme, così che il liquido cerebrospinale preme sempre più verso il cervello passando per il canale del midollo spinale, batte per così dire contro il cervello.
Ma in questo sbattere l’uno contro l’altro di ciò che spinge verso l’alto come liquido cerebrospinale durante l’inspirazione e si abbassa di nuovo nell’espirazione, nell’urtare l’uno contro l’altro del liquido cerebrospinale e delle parti rigide del cervello si formano le rappresentazioni.
La nascita delle rappresentazioni è qualcosa di molto più complesso di quanto non si immagini al giorno d’oggi, in cui tutto viene pensato dal punto di vista materialistico. Oggi ci si immagina – o perlomeno lo si è pensato fino a poco tempo fa, oggi si rinuncia a idee più precise –, ci si immaginano delle evoluzioni, si pensa che certi nervi siano alla base delle rappresentazioni. È un’assurdità, perché invece si verifica un continuo sbattere del liquido cerebrospinale contro il sistema nervoso, e poi nel sistema nervoso si verificano quei processi che ne stanno alla base. È questo che l’antico allievo indiano delle scuole di sapienza portava a coscienza.
Che cosa veniva a sapere mentre seguiva coscientemente questo processo dall’inizio alla fine? Apprendeva che quanto ha formato il suo cervello rimanda effettivamente a vite precedenti. Con il suo sistema ritmico sentiva per così dire la sua incarnazione terrena precedente, che diventava per lui una certezza.
Per un simile discepolo era quindi scontato che aveva avuto una vita terrena precedente: la percepiva nel momento in cui portava a coscienza il processo respiratorio.
Oggi ci si deve arrivare in un altro modo. Oggi ci si può arrivare con una meditazione, come quella che ho descritto anche nella conferenza pubblica, che non parte solo da una configurazione particolare del processo respiratorio – che l’uomo d’oggi non deve eseguire –, ma che parte dal vivere in rappresentazioni, che quindi ha origine dal lato opposto e tiene conto del fatto che oggi l’uomo è connesso più intensamente al suo corpo fisico.
Ma, per il fatto di soffermarsi su delle rappresentazioni, l’uomo impara a conoscere le sfumature del sistema ritmico dall’altro lato, quello animico-spirituale. Impara a conoscere il processo dall’altro lato in modo tale per cui non penetra più a fondo nel proprio corpo, come facevano gli antichi indiani – non lo deve fare, dato che vi è già abbastanza calato –, ma liberandosi dall’elemento corporeo, quindi osservando sul piano animico-spirituale il cosmo intero, che gli spiega come la sua incarnazione precedente è in rapporto a questa vita sulla Terra.
Vedete, miei cari amici, le affermazioni che facciamo nell’antroposofia non sono astrazioni o fantasticherie, ma si basano su una profonda conoscenza dell’organizzazione umana dall’interno: non esaminando l’organismo dall’esterno come un cadavere – o anche non come cadavere, ma comunque dall’esterno –, ma conoscendolo dall’interno, imparando a conoscere davvero questa interazione da un lato fra il sistema ritmico e quello neurosensoriale, e dall’altro fra il sistema ritmico e quello del ricambio, dato che, dall’intimo contatto tra questi due il sistema ritmico agisce anche sul metabolismo in quanto tale .
E quando si impara a conoscere nell’altra direzione questo incontrarsi del sistema ritmico con quello metabolico, si acquisisce la certezza che dentro di noi c’è già il germe per la prossima vita, poiché il metabolismo contiene nel suo elemento spirituale i semi per la prossima incarnazione. Anche se per ora è l’elemento più basso nell’organizzazione umana per questa vita terrena, nel suo risvolto spirituale contiene i germi per la successiva incarnazione. In questo modo si arriva ad osservare l’uomo nel suo insieme.
Vedete, sotto questo aspetto gli uomini inseriti nella civiltà occidentale sono davvero come il cieco davanti ai colori. Forse alcune cose vi risulteranno estranee, ma desidero comunque farvele notare: tutto ciò che assimiliamo dal punto di vista matematico, che quindi ha a che fare con linee, angoli, verticale, orizzontale, e che possiamo anche misurare, tutto quello che assimiliamo dal punto di vista matematico sgorga dal nostro interno, sta alla base della nostra interiorità.
Nel momento in cui si impara a guardare ciò che sta alla base della nostra interiorità non si parla in modo kantiano, esprimendo con una specie di parola incompresa quello che nasce all’interno dell’uomo, dichiarando: la matematica è una conoscenza «a priori».
Bene, a priori è una di queste parole, vero? È lì da prima: a priori. Ma se si impara a guardare all’interno, allora si sa da dove ci arriva questa singolare conoscenza matematica. È il corpo astrale che ha attraversato la matematica di tutto l’universo, e che poi si è di nuovo contratto. Lasciamo semplicemente emergere dalla nostra anima ciò che abbiamo vissuto in un’incarnazione precedente, che ha poi attraversato tutto il cosmo e infine riemerge nella finezza delle linee matematico-geometriche.
Allora vedete che nell’a priori si esprime qualcosa che corrisponde ad una visione del mondo simile a quella che il cieco ha dei colori! Altrimenti si dovrebbe dire: quello che viene definito «a priori» in senso kantiano proviene dalle nostre incarnazioni precedenti e in questa incarnazione riappare in una forma modificata – dopo esser passato attraverso il macrocosmo.
Con questo, miei cari amici, vi ho parlato delle leggi che stanno alla base dell’uomo nel suo insieme e che si rivelano quando si osserva la vita nel suo attraversare le ripetute esistenze.
La nostra epoca prova una forte avversione anche al solo prendere in considerazione queste cose; per questo, oggi, la nostra osservazione del mondo si limita al lato esteriore delle cose, come desidero illustrarvi con un esempio.
Supponiamo di osservare un popolo qualunque in una determinata zona della Terra in base al metodo attualmente in uso.
Ebbene, che cosa facciamo oggi come studiosi di storia? Diciamo: qui vive la generazione odierna, che era stata preceduta da un’altra, a sua volta preceduta da un’altra. Torniamo indietro di secoli, fino al medioevo, e là seguiamo le correnti del sangue attraverso le generazioni, le ereditarietà esterne e diciamo: ciò che vive nel popolo attuale fa risalire la propria esistenza a fasi evolutive precedenti di questo popolo.
È così che si considera la storia al giorno d’oggi. Se oggi un bravo storico intende ripercorrere la storia tedesca o francese o inglese andando il più indietro possibile, la ripercorre attraverso la catena degli antenati, secondo le caratteristiche fisicamente ereditabili. Si dice anche che ciò che vive in una generazione del presente, che appartiene a un popolo, dev’essere capito in base a quello che hanno vissuto le generazioni precedenti di questo popolo, quindi da ciò che è stato ereditato a livello fisico.
Ma questa non è altro che una mentalità materialistica applicata alla storia!
Provate a considerare quanto vi offre la scienza dello spirito antroposofica non come una mera teoria, ma come qualcosa che viene davvero applicato alla vita, da trasportare nell’osservazione della vita. Allora non c’è bisogno di speculare sulle ripetute vite terrene, non dovete per così dire osservare solo isolatamente che la vostra anima ha attraversato vite terrene precedenti e ne attraverserà in futuro, ma occorre osservare da questo punto di vista anche quello che c’è nel mondo.
Consideriamo una qualsiasi generazione che vive attualmente. Certo, per quanto riguarda il sangue – a livello fisico-esteriore, in base a caratteristiche ereditarie – la facciamo risalire a generazioni precedenti che possono anche essere vissute sullo stesso territorio, oppure la possiamo far risalire a degli antenati vissuti in un’altra zona se andiamo più indietro delle grandi migrazioni dei popoli e così via, ma comunque restiamo nell’elemento fisico-materiale.
Ma le cose non stanno così. Attualmente siamo di fronte ad una generazione che deriva dai suoi antenati per quanto riguarda la corporeità fisica. Ma le anime che vivono in ogni singolo individuo possono non aver niente a che fare con gli antenati! L’anima non ha affatto vissuto direttamente sulla Terra quello che hanno attraversato diverse generazioni e che esteriormente rappresenta il destino degli antenati; l’ha vissuto nel mondo animico-spirituale, nella vita compresa fra la morte e la nuova nascita.
Solleviamo lo sguardo verso nostro nonno, bisnonno, trisnonno: ai loro tempi non eravamo ancora nati, la nostra anima era nel mondo spirituale. Il nostro corpo ha ereditato da tutti loro, ma la nostra anima non ha ereditato niente da loro! In quel periodo essa ha vissuto in un mondo completamente diverso e non deve avere nulla a che fare nelle sue esperienze con ciò che il nostro corpo ha ereditato dai nostri antenati.
E se poi si indaga su queste cose nell’ambito della ricerca spirituale, allora risulta qualcosa di molto paradossale per l’osservazione esteriore. Bisogna aver ben chiaro che quando si comincia a speculare, a filosofare sui veri fatti della vita in genere ne risulta un’assurdità.
È solo l’osservazione che ci fornisce ciò che è giusto. E chi è ricercatore spirituale si stupisce molte volte dei suoi stessi risultati. Sì, in questa sorpresa che prova per i propri risultati può perfino ricevere una specie di conferma, poiché se si fosse immaginato la cosa già prima non troverebbe una conferma così forte.
Ma proprio per il fatto che il più delle volte le cose sono diverse da come sarebbero se le si volesse escogitare, si può di regola sapere che se ci si dedica a una vera ricerca spirituale non ci si muove nel soggettivo ma in ciò che è oggettivo.
Emerge allora qualcosa rispetto alla storia dell’umanità. Già prima ho accennato al fatto che la storia non dev’essere corretta ma solo integrata, giacché ci muoviamo in un campo molto complesso.
Abbiamo detto prima, e fino a un certo punto è anche un fatto assolutamente vero, che per esempio nella popolazione europea abbiamo numerose persone che in precedenza sono vissute come anime al sud, nei primi secoli cristiani, ed ora si sono incarnate principalmente al nord o in generale in Europa, ma soprattutto al nord. Questo è assolutamente vero.
Ma non si tratta della maggior parte della popolazione: per questo bisogna cercare altrove se si vuole conoscere la vera realtà. Nella ricerca spirituale, la maggior parte dell’attuale popolazione dell’Europa occidentale, ma anche di quella centrale fino alla Russia, si viene ricondotti ai tempi in cui la popolazione europea dell’epoca ha fatto da conquistatrice nei confronti dei nativi d’America.
La popolazione indiana aveva delle straordinarie qualità animiche. Di solito non si rende giustizia a queste cose quando, ribadendo egoisticamente la propria civiltà «superiore», le si considera un semplice prodotto della barbarie, o quando non si tiene conto della diversità di individui come quelli che sono stati conquistati e sterminati in seguito alla scoperta dell’America, se non li si osserva nella loro peculiarità ma li si guarda solo dall’alto di una civiltà «superiore».
Questa popolazione nativa degli indiani d’America, aveva per esempio dei singolari sentimenti panteistici. Venerava un «Grande Spirito» che pervadeva tutto il divenire. Le anime erano intensamente pervase della fede nel Grande Spirito da cui tutto era intessuto. Per via di tutto ciò che era connesso alla loro vita emotiva, queste anime erano predestinate a condurre un’esistenza relativamente breve fra la morte e la rinascita.
Proprio il rapporto che si era creato fra loro e il loro territorio, il loro ambiente, e il destino di essere sterminati, è stato determinante per la vita fra la morte e una nuova nascita. E ha portato a far sì che – per quanto paradossale possa sembrare, è semplicemente così –, la maggior parte della popolazione dell’Europa Occidentale e Centrale, fino all’est, non tutta, ma la maggior parte, derivi, per quanto riguarda il sangue, dagli antenati fisici del medioevo, ma che le anime siano quelle che sono vissute nei corpi degli antichi indiani d’America.
Per quanto possa sembrare paradossale, le cose stanno così per la maggior parte della popolazione europea! Questa esperienza emotiva nei confronti del Grande Spirito si è congiunta con quello che c’è nel divenire esteriore, storico e lineare e che si assimila con il primo amore infantile, soprattutto quando lo si vive dall’interno verso l’esterno per imitazione. Ciò che assorbiamo con l’amore infantile è in gran parte assimilato dall’esterno, ma interagisce con quello che c’è dentro l’anima e che trae origine da incarnazioni precedenti.
Non si capisce la vita europea se la si osserva solo unilateralmente, in base a quella che non è affatto una realtà – in base alle caratteristiche ereditate dagli avi –, ma solo se si sa da dove vengono le anime che si sono unite a queste caratteristiche ereditarie per interagire con esse. E solo guardando al risultato della sinergia fra quello che sono le anime per via delle loro precedenti vite terrene e quello che esse hanno assorbito tramite l’ereditarietà e anche tramite l’educazione – educazione nel senso più ampio del termine – si è formata quella che oggi è la realtà storica dell’Europa.
Queste popolazioni sono state fortemente mischiate con anime che hanno vissuto al sud nei primi secoli del cristianesimo e che si sono reincarnate nell’Europa occidentale e orientale. Ma tutto quello che si è verificato nella vita sociale e che si verifica sempre più soprattutto nell’attuale periodo catastrofico indica che la realtà di questa vita europea è complessa.
E il ricercatore spirituale si rende conto che la complessità deriva dal fatto che le anime indiane reincarnate si uniscono con le caratteristiche ereditarie, con ciò che si manifesta sotto forma di caratteristiche ereditarie nelle singole nazionalità.
A questa dobbiamo contrapporre una certa popolazione europea che troviamo nei primi secoli cristiani, all’epoca in cui, secondo la storia esteriore, parliamo delle invasioni barbariche: quella popolazione dell’Europa di una volta che, come popolazione barbara, ha assorbito il cristianesimo proveniente dal sud e gli ha dato una forma completamente diversa da quella che questo cristianesimo si era creato nel mondo greco o romano.
Queste anime dei tempi delle invasioni barbariche e dei secoli successivi erano formate in modo da mostrarsi fortemente colpite dal movimento che giungeva da sud verso nord sotto forma di cristianesimo, accanto a quelle che erano le inclinazioni originarie di questa popolazione.
Bisogna aver ben chiaro che questa popolazione dell’Europa che ha assimilato il cristianesimo ai tempi delle invasioni barbariche ha fatto affiorare delle qualità molto particolari. In essa era presente soprattutto una forte tendenza a plasmare l’organizzazione fisica in modo che la coscienza dell’Io si manifestasse con particolare veemenza. E la coscienza dell’Io che appariva allora è stata unita all’altruismo del cristianesimo. Questa commistione ha formato l’anima in un certo modo. Si tratta quindi di anime che per così dire hanno accolto dentro di sé il cristianesimo qualche secolo dopo la sua nascita.
Adesso nella maggior parte della popolazione europea sono incarnate delle anime che conoscono il cristianesimo dall’esterno – per mezzo dell’educazione, e anche dai sentimenti che provengono dall’ereditarietà. Queste anime non avevano assorbito nulla del cristianesimo nella loro vita precedente in America. Provate a immaginarvi quale luce getti sul rapporto dell’attuale popolazione europea con il cristianesimo lo scoprire che la maggior parte delle anime nelle loro incarnazioni passate non avevano saputo nulla del cristianesimo, ma che esso è in loro qualcosa di inculcato mediante l’educazione, una tradizione tramandata nel corso delle generazioni – qualcosa di tramandato, di acquisito per educazione.
Quelli invece che in Europa hanno conosciuto il primo cristianesimo, quello dei primordi, si incarnano attualmente più verso l’Oriente, più verso l’Asia. Così che in effetti queste anime un tempo fattesi cristiane ora tendono verso l’altra parte, assorbono quel che è rimasto all’est delle antiche tradizioni orientali e che là è in declino. I giapponesi, studiati dal punto di vista scientifico-spirituale, sono in molti casi anime caratteristiche, vissute in Europa ai tempi delle invasioni barbariche.
Sì, di fronte a personalità di spicco possiamo sviluppare una comprensione se sappiamo queste cose. Cercate di capire un personaggio singolare come Rabindranath Tagore da questo punto di vista. Ciò che gli è stato inculcato a partire dall’orientalismo, dalla cultura indiana, l’ha ereditato. Ciò che ha preso da queste correnti gli deriva quindi dall’ereditarietà, gli è stato inculcato, gli è arrivato dall’esterno e sta vivendo essenzialmente una decadenza: per questo ha un carattere così civettuolo. Infatti in un certo senso le cose che sentiamo dire da Rabindranath Tagore hanno una forma straordinariamente leziosa.
D’altra parte l’europeo ci sente dentro qualcosa che in Tagore arde intensamente, mentre si manifesta in modo lezioso. E ciò dipende dal fatto che in un’incarnazione precedente quest’anima ha vissuto in un popolo che accoglieva il cristianesimo.
Vedete, si osserva il mondo esterno non meno astrattamente se lo si considera solo dal punto di vista materiale, che quando si sviluppa una concezione della vita avulsa dalla realtà. Che cosa si vede dell’umanità attuale se si conosce solo la sua consanguineità, la sua genealogia legata al sangue, se non si prende in considerazione ciò che le anime hanno portato con sé da un’incarnazione precedente? Questo si unisce a ciò che si manifesta nell’ereditarietà esteriore, nell’educazione esteriore, dando origine a un tutto.
Le anime vissute nell’Europa Centrale ai tempi delle invasioni barbariche avevano una configurazione tale per cui, soprattutto perchè interiormente cristianizzate, erano predestinate ad una permanenza più lunga fra morte e rinascita, così che hanno vissuto più a lungo questo periodo.
Il ricercatore spirituale che esamina il presente viene quindi condotto in quelle epoche contemporanee al mistero del Golgota, o appena successive al mistero. La popolazione dell’Asia non ha recepito nulla del mistero del Golgota. Ma dalla saggezza orientale, da ciò che nella personalità orientale si era sviluppato come sapienza grazie alla dedizione, si è creato quello che nei primi tempi come comprensione andò incontro al cristianesimo.
Il mistero del Golgota in quanto fatto storico è una cosa a sé stante. Può essere compreso nei modi più svariati dalle epoche più diverse.
I primi secoli dell’evoluzione greca e romana hanno compreso questo mistero del Golgota applicandogli la sapienza che era giunta loro dall’Oriente. Per comprendere come il Cristo si fosse incarnato nell’uomo Gesù di Nazareth si erano serviti dei concetti della sapienza orientale.
Ma in Asia gli uomini vissuti prima, durante e dopo il mistero del Golgota erano dotati di una forza creativa un po’ più nebulosa ma sempre molto più vivace di quella che trovate oggi in Oriente. Questi uomini che vivevano in Asia a quei tempi, perlomeno gran parte di loro, sono reincarnati oggi nel popolo americano, nella maggior parte della popolazione americana.
Proprio questa parte di umanità doveva trascorrere, grazie alla sua civiltà orientale particolarmente sviluppata, un lungo periodo di tempo fra la morte e una nuova nascita, per cui si tratta di anime antiche. Nascono in America, in corpi in cui – se mi è concesso esprimermi in questo modo – non si sentono del tutto «nella propria pelle», e che pertanto desiderano guardare al corpo più dal di fuori che dal di dentro. È per questo che oggi in America c’è una particolare tendenza ad un’osservazione esteriore della vita.
Il fatto curioso, paradossale, è che quelle anime vissute a quei tempi in Oriente, che non avevano ancora assorbito il cristianesimo ma che erano dotate di una raffinata cultura spirituale, vivono oggi in corpi americani.
In un fenomeno a parte un certo numero di persone mostra molto chiaramente come stanno le cose. L’orientale era rivolto all’aspetto spirituale del mondo. Oggi, ricomparendo in America, in queste anime si sviluppa una tendenza verso il mondo spirituale – ma divenuta astratta, non più viva a livello interiore. In tempi remoti, in incarnazioni precedenti, questa esperienza del mondo spirituale era legata ad un disinteresse per il mondo fisico, a una mancata presa in considerazione di questo mondo. E questo si manifesta in modo decadente nei seguaci della «Christian Science»: la materia viene negata, non la si vuole prendere in considerazione.
Si ha per così dire la sensazione di venerare l’antica ma allora vivente spiritualità in una forma ora devitalizzata, cadaverica, spiritualmente cadaverica. Ma si tratta solo di una parte isolata della popolazione. Nel complesso si può vedere nella visione americana come le anime non afferrino del tutto il loro corpo, come quindi vogliano indagare il corpo dall’esterno, come perfino la psicologia in America assuma un carattere in cui manca un vero concetto dell’Io.
Dato che l’anima era più abituata a sentirsi nell’elemento ultraterreno, l’incarnazione dell’Io che si verifica oggi in Occidente non avviene in modo completo. Per questo si manifesta il seguente fenomeno: manca ciò che permette di mettere un pensiero insieme a un altro. La si chiama «psicologia associativa». L’uomo si sente in balia dei pensieri che si «associano» per conto loro.
Stranamente appare qualcosa che si potrebbe definire con una parola con cui spesso si definisce la dottrina delle ripetute vite sulla Terra in modo denigratorio nei nostri confronti: si parla di «metempsicosi». Ma per quanto ci riguarda non si può parlare di ripetute vite sulla Terra in termini di metempsicosi, a meno che non ci sia un intento denigratorio.
Un’evoluzione, uno sviluppo dell’anima avviene tramite le ripetute incarnazioni, e non con la trasmigrazione delle anime, come ci viene obiettato. Ma si può parlare di trasmigrazione delle anime in un altro senso, visto che le anime che popolano una parte della Terra in un determinato periodo nell’epoca successiva non abitano lo stesso luogo, ma uno completamente diverso.
Troviamo quindi che
• le anime incarnatesi al sud nei primi secoli del cristianesimo sono adesso nell’Europa Centrale, Occidentale e Orientale, più a nord; si vede questa popolazione dotata di quelle anime che un tempo erano nei corpi degli indiani d’America;
• in Asia ci sono le anime vissute in Europa ai tempi delle invasioni barbariche e anche prima e dopo;
• in America si trovano le anime vissute in Asia proprio all’epoca del mistero del Golgota.
Ci troviamo davanti a un’era in cui si svilupperà la nostalgia per una comprensione della realtà nel suo insieme.
Oggi esiste ancora una forte opposizione contro questa conoscenza della realtà nella sua interezza, non solo in ambito teorico, ma anche nell’ambito della vita esteriore. Pensate solo a come ho dovuto caratterizzare infinite volte e dai lati più svariati questa malattia intellettualistica insorta negli ultimi anni: questo essere incantati dal wilsonismo (pensiero di Wilson).
Ho dovuto indicare più volte con parole aspre, anche nelle conferenze pubbliche, l’abbindolamento del wilsonismo, che ha preso una gran parte dell’umanità. Anche in questo wilsonismo abbiamo – ma in una forma già del tutto astratta – l’inizio di qualcosa che però naturalmente è sorto a poco a poco come conseguenza esteriore del materialismo, conseguenza che si manifesta nel pensiero sociale.
Nel corso del diciannovesimo secolo è sorto lentamente il pensare nazionalistico, il principio delle nazionalità, il vantarsi della nazionalità, il voler vivere solo nella nazionalità. È la controforza dell’animico-spirituale, perché all’elemento animico-spirituale non importa nulla della nazionalità!
Molte delle anime che vivono oggi in Europa sono state prima in America; le anime che oggi vivono per esempio in corpi giapponesi, dal punto di vista psichico non hanno niente in comune coi loro antenati, ma risalgono ai tempi delle invasioni barbariche in Europa.
Sì, gli americani non hanno motivo di andar fieri dei loro antenati, dei loro consanguinei o avi in Europa, ma dovrebbero rivolgere la loro attenzione su come all’epoca del mistero del Golgota hanno vissuto in Asia, in una civiltà non ancora cristianizzata, per cui assorbono ora il cristianesimo per tradizione ed educazione esteriori. Anche da questa parte assistiamo ad una forte opposizione alla visione animico-spirituale del mondo.
Troviamo questo materialismo non solo nella scienza, ma anche nella civiltà esteriore. E quello che oggi si vuol fare dell’Europa, questa nuova carta dell’Europa, deriva completamente da un sentire materialistico, da impulsi materialistici.
L’umanità si desterà solo se agli impulsi nazionalistici – che sono materialistici e si fondano sulla sola osservazione del susseguirsi esteriore delle generazioni – si aggiunge l’osservazione della vita storico-sociale nella sua vera realtà, in modo da prendere in considerazione anche le anime che vivono nei corpi attuali. Per queste anime, ciò che si propaga per ereditarietà fisica nel succedersi delle generazioni o ciò che si propaga nella tradizione come cultura spirituale e viene semplicemente assimilato attraverso l’educazione, ha la sola funzione di involucro esteriore.
Nel profondo degli uomini regnano già tali desideri di andare oltre a quello che può essere fornito da un modo di considerare puramente materialistico.
Naturalmente i risultati della vera ricerca spirituale sembrano paradossali rispetto al modo di pensare a cui si è abituati al giorno d’oggi. Ma chi vuole guardare dentro la vita, specialmente in quella odierna irta di difficoltà, vedrà per esempio che molte cose gli diventano comprensibili non appena fa attenzione a quello che lo scienziato spirituale comunica in base alla sua ricerca coscienziosa e precisa.
L’uomo è abituato a dare una certa importanza a quanto gli viene comunicato dagli osservatori astronomici o simili. Quando da qualche parte viene fatta una scoperta astronomica, gli uomini non dicono che la accettano per autorità. Non sono consapevoli di accettarla eccome per autorità, unendoci però anche il sano buonsenso che si fa un’idea generale del fatto che quello che viene comunicato al resto del mondo da un qualsiasi osservatorio astronomico non è insensato, ma è ragionevolmente fondato per cui si ha motivo di non dubitare che si basi su una verità. Il contesto vitale è tale per cui in effetti non si può dire di accettare qualcosa solo per autorità.
Ma bisognerebbe pensare così anche quando singoli ricercatori dello spirito si presentano come singoli astronomi e annunciano ciò che hanno scoperto con la ricerca spirituale. Se si userà il proprio sano buonsenso se ne vedranno non meno le prove nei vari settori della vita.
La scienza dello spirito antroposofica resterebbe solo qualcosa di teorico, di avulso, se non pervadesse tutti i singoli rami della vita umana.
Non dovete immaginare che per esempio la storia venga influenzata dalla scienza dello spirito in modo che si sviluppi una storia delle epoche, una storia delle generazioni, solo in modo un po’ più profondo, o qualcosa del genere. Le cose non stanno così, ma le ricerche spirituali stesse devono essere collegate al materiale esterno della storia pragmatica o di altro genere, e da questo deve risultare la visione della realtà completa.
Oggi nelle profondità inconsce della vita umana è tanto forte l’aspirazione a una simile visione della vita, consona alla realtà, quanto forte è d’altro lato anche l’opposizione, e precisamente nella parte più cosciente della vita umana.
E l’opposizione va in cerca di tutte le cose possibili per procurarsi almeno la parvenza di una giustificazione; non indietreggia davanti a nessun tipo di diffamazione. Ieri vi ho mostrato con un esempio come questa opposizione diventa menzognera poiché mente semplicemente, afferma la falsità oggettiva. Si può completamente prescindere dal fatto che questi sono attacchi alla scienza dello spirito antroposofica. Non è questo che conta, ma quali qualità umane ci vengono fatte notare!
A maggior ragione, miei cari amici, dobbiamo attingere forza da quelle fonti che ci danno una visione del mondo come quella di cui l’umanità ha bisogno per il presente e soprattutto per il futuro prossimo, come quella di cui avranno specialmente bisogno quelli che oggi sono un po’ più giovani, dato che non potranno più vivere con la vecchia concezione del mondo. Dovremmo ricavare forza proprio da una simile visione del mondo, che per esempio ampli il modo di osservare storico, parlando anche dell’origine delle anime, non solo dell’origine dei corpi.
Ma ovunque ci sia possibile dovremmo trovare la forza di schierarci per l’antroposofia. L’antroposofia, miei cari amici, avrà bisogno di gente che scenda in campo per lei.
Quella che oggi si manifesta come opposizione non diminuirà e in futuro assumerà forme non meno peggiori. Al contrario, assumerà forme sempre peggiori. Chi prenderà coscienza di quel che vuole l’antroposofia sarà anche in grado di individuare il terreno su cui agire in maniera adeguata al proprio posto.
Ciò che infatti viene prodotto a partire dall’antroposofia non agisce davvero per qualche obiettivo personale, ma per la rigenerazione dell’umanità. E non bisogna farsi intimidire dal fatto che l’opposizione diventerà sempre più forte e più brutta, che già oggi contenga molta sporcizia… conterrà ancora molta più sporcizia in seguito. Ma se per questo si perde il coraggio, non si capisce che cosa rappresenta l’antroposofia per l’evoluzione futura dell’umanità.
Con queste ultime parole ho voluto farvi notare ancora una volta a che cosa va prestata attenzione nel nostro movimento. Ho voluto collegare queste ultime parole a riflessioni così importanti come quelle che abbiamo fatto oggi sullo sviluppo delle anime mediante le ripetute vite terrene, sul modo in cui veniamo strutturati nella nostra organizzazione da due lati – dal grande Cosmo e dalla Terra.
È così poco quello che la scienza esteriore sa oggi su queste cose! Questa scienza esteriore si è limitata ad osservare solo quello che in definitiva è l’ultimo riflesso delle forze effettivamente in azione – cotiledone esterno, cotiledone interno ecc. –, senza sapere che senso macrocosmico ha il cotiledone esterno, che senso tellurico ha il cotiledone interno, e come questo a sua volta è in relazione col pensiero e con la volontà.
Senza tener conto di questi grandi nessi, una visione materialistica osserva solo le esteriorità, le esteriorità più superficiali. E lo stesso vale anche per quanto riguarda la storia, dove si prende in considerazione solo ciò che scorre attraverso il sangue delle generazioni e ciò che si può osservare in un certo territorio per via della tradizione nel corso del divenire storico. La realtà totale può essere capita solo se non ci si limita a chiedersi che sangue scorre in queste o in quelle vene, ma ci si chiede da dove viene l’anima che si serve di questo sangue.
È ad un’osservazione completa dell’uomo, ad una vera osservazione della realtà che dobbiamo tendere, perché è questo che il mondo ci richiede e ci richiederà sempre di più. L’antroposofia glielo darà.
Di questo vi volevo parlare oggi. Speriamo di rivederci presto e di poter proseguire queste considerazioni che possono portare alla comprensione del presente e del futuro, alla comprensione della natura umana e dell’universo, nella misura in cui l’uomo ha origine da esso.