Chi getta uno sguardo alla vita spirituale del nostro tempo non potrà negare che il problema sul quale ci concentriamo oggi ha suscitato interesse in moltissime persone, e proprio da un punto di vista che potremmo dire scientifico.
Eppure oggi sembra prendere piede sempre di più una concezione del mondo che non lascia alcuno spazio a ciò che si collega col nome di Cristo.
La conferenza sull’origine dell’uomo, che tenni qui alcune settimane fa, e la sua continuazione dedicata al problema dell’origine degli animali, hanno spero mostrato che in ogni epoca, e quindi anche nella nostra, domande fondamentali come quella sull’origine dell’uomo ― e, quindi, si presume anche quella relativa all’Essere che chiamiamo Cristo ―, vengono poste alla luce delle abitudini di pensiero e di tutto il modo di sentire e di comprendere che sono specifici di ogni epoca.
Abbiamo constatato che proprio sul problema dell’origine dell’uomo le risposte teoretiche, scaturite dalle concezioni del mondo attuali, in fondo contraddicono i risultati oggettivi della ricerca scientifica. Le risposte della scienza dello spirito, invece, che fanno risalire l’origine dell’uomo non a forme fisico-sensibili ma a forme spirituali, concordano e sono in piena armonia con i risultati delle scienze naturali.
Ma forse nessun problema come quello relativo a Cristo ― proprio perché è uno dei più importanti nell’ambito della concezione del mondo ― mostra con chiara evidenza la disarmonia fra ciò che si è formato a partire dalle abitudini di pensiero che dominano oggi fra gli uomini e ciò che la scienza ha determinato con rigorosa necessità.
Di fatto fin dalle origini del cristianesimo la possibilità umana di rappresentarsi l’Essere Cristo ha sempre assunto quella forma che corrispondeva all’epoca o, perfino, alle singole personalità degli uomini che si ponevano quella domanda.
Troviamo così, nei primi secoli dopo l’avvento del cristianesimo, una corrente di idee e di spiritualità denominata «Gnosi» che sviluppa idee grandiose e possenti sull’Essere chiamato Cristo. Queste idee gnostiche poterono sopravvivere solo per un tempo relativamente breve rispetto alla diffusione e al permanere di quelle rappresentazioni di Cristo più popolari, che divennero poi patrimonio della Chiesa.
E’ istruttivo soffermarsi, pur brevemente, sulle grandiose idee gnostiche relative a Cristo sviluppatesi nei primi secoli della nostra era, e non perché i concetti che oggi la scienza dello spirito ha da comunicare sul Cristo coincidano, in qualche modo, con quelle. Questa è un’affermazione che possono fare solo coloro che, a causa della loro immatura conoscenza scientifico spirituale, sono incapaci di distinguere tra le cose che si presentano nella vita spirituale. L’attuale scienza dello spirito, sulla quale, pur brevemente, ci intratterremo questa sera, va ben oltre rispetto a tutto ciò che ha prodotto la Gnosi dei primi secoli cristiani. Ma proprio per questa ragione sarà forse interessante tratteggiarla in due parole.
La Gnosi, in realtà, presenta molti punti di vista e molte sfumature. Qui ci limiteremo alla corrente più importante, quella che ha maggiore attinenza con ciò che oggi ha da dire la scienza dello spirito.
Si può dire che l’antica Gnosi dei primi secoli cristiani aveva il concetto più profondo e significativo dell’Essere Cristo rispetto a quanto emerse, allora, nell’ambito del cristianesimo. Per la Gnosi, infatti, Cristo è un Essere eterno, congiunto non solo con l’intera evoluzione dell’umanità, ma anche con quella di tutto il mondo che circonda l’uomo, e perfino con quella di tutto il cosmo.
Quando ci siamo posti la domanda sull’origine dell’uomo siamo risaliti al momento in cui egli ancora si librava completamente nelle altezze spirituali, e non si era ancora incorporato nella sua veste materiale esteriore. Abbiamo visto come, nel corso della sua evoluzione terrena, l’uomo, a partire da una forma puramente spirituale, a poco a poco sia disceso e sia diventato quell’essere corporeo che è attualmente. Soltanto in virtù delle attuali abitudini di pensiero materialistiche la dottrina dell’evoluzione, quando indaga il passato dell’uomo, perviene alle forme animali esteriori; la scienza dello spirito, invece, perviene a forme sempre più simili a quelle spirituali-animiche le quali, finalmente, rivelano in modo compiuto l’origine spirituale dell’uomo.
In quelle regioni dove l’uomo si librava prima di assumere la forma fisica, quando ancora si sentiva circondato da Esseri ed eventi spirituali, lì l’antica Gnosi già ricercava l’Essere Cristo.
A ben vedere la Gnosi diceva: mentre l’uomo procedeva nella sua evoluzione, e cominciava a rivestire il suo essere spirituale-animico con un involucro corporeo, per entrare nella linea evolutiva fisica, l’Essere Cristo, invece, rimaneva nei mondi puramente spirituali, si potrebbe dire quale «antico compagno dell’uomo», non disceso con lui nel mondo materiale. Secondo l’antica Gnosi l’uomo percorreva un’evoluzione entro il mondo fisico, e lì doveva realizzare i suoi progressi. L’Essere Cristo rimaneva nel regno del puro spirito, mentre l’uomo doveva percorrere la sua evoluzione nell’ambito della materia. Per questo motivo l’uomo che viveva già nei tempi storici non poteva cercare Cristo nel mondo fisico sensibile dove egli viveva in quanto uomo, ma doveva cercarlo nella sfera puramente spirituale.
La Gnosi riconosceva la particolare importanza, per l’evoluzione dell’umanità terrestre, di quello che, per noi, è il punto d’avvio del cristianesimo. Più precisamente si riferiva a quel momento nel quale Cristo era entrato nel mondo fisico-sensibile per operarvi quale impulso, provenendo dai mondi spirituali, nei quali aveva proseguito la sua evoluzione, mentre l’uomo era già sceso nel mondo materiale.
Così la Gnosi vedeva l’uomo che, quale Essere spirituale, durante le fasi primordiali della sua evoluzione era congiunto con il mondo nel quale operava Cristo, e vedeva Cristo discendere, all’inizio della nostra epoca, in quel mondo nel quale l’uomo, già da molto tempo, aveva percorso la sua evoluzione materiale.
Ci si deve chiedere: la Gnosi come si raffigurava questa discesa di un puro Essere spirituale nell’evoluzione umana?
Essa riteneva che un individuo umano particolarmente evoluto, che la storiografia chiama Gesù di Nazareth, avesse raggiunto un tale grado di maturità che, in un dato momento, si presentarono le condizioni affinché la sua anima potesse ricevere direttamente dai mondi spirituali ciò che, prima di allora, mai gli uomini avevano potuto ricevere in modo così diretto. La Gnosi parlava del momento in cui l’anima di un uomo eletto poté sentirsi matura per accogliere in se stessa un Essere che mai prima di allora si era unito con l’evoluzione umana: Cristo.
La Gnosi cercava nella Bibbia la descrizione di questa discesa dell’Essere Cristo nell’evoluzione umana, e la trovava in quell’avvenimento che noi consideriamo, oggi, un «evento simbolico» o chiamiamo con qualsiasi altro nome, e che è conosciuto come Battesimo di Giovanni nel Giordano. Mediante questo battesimo a Gesù di Nazareth era accaduto qualcosa di speciale. Si perviene alla concezione gnostica se si pensa, all’incirca, in questo modo.
Se osserviamo la vita di certi uomini non secondo gli abituali parametri di pensiero, ma con quell’atteggiamento che può condurci nelle profondità dell’anima, vediamo che ci sono degli eventi, dei momenti decisivi, grazie ai quali molti uomini sentono di trovarsi come a una svolta della loro esistenza, e possono dire a se stessi: «Rispetto a quanto avevo sperimentato e imparato finora io mi vedo, ora, come un uomo nuovo». A volte questo è capitato in seguito a qualche dolore profondo o a qualche prova della vita. Non si può negare che un simile momento di svolta c’è nell’esistenza di molti individui, e rappresenta un rinnovamento, un risveglio di forze speciali nella vita dell’anima.
Se si considera un tale evento come gli inizi elementari di ciò che la Gnosi si raffigurava come avvenuto in Gesù di Nazareth al Battesimo di Giovanni nel Giordano, allora ci si può rappresentare il comparire di qualcosa di assolutamente nuovo, non nel senso di ciò che accade alle anime umane in seguito alle prove della vita, ma per l’irrompere di qualcosa che mai fino ad allora si era congiunto con una vita umana durante tutto il corso dell’evoluzione.
Nell’anima di Gesù di Nazareth compare qualcosa di assolutamente nuovo, che vive in Lui come interiorità, qualcosa che getta una nuova luce su tutte le civiltà che, da quel fatto, prendono le mosse: è quella vita nell’interiorità di Gesù di Nazareth che la Gnosi chiamava «Cristo».
Per la Gnosi era evidente che con il «Cristo» ― il quale non può essere semplicemente cercato solo in un uomo esteriore, ma in ciò che era presente come speciale Essere interiore, in un uomo esteriore ― era penetrato nell’umanità un nuovo impulso, mai prima esistito, poiché Colui che Gesù di Nazareth portò in sé per tre anni, a partire dal battesimo di Giovanni, mai prima di allora si era congiunto con l’evoluzione umana.
Questo pensava l’antica Gnosi sul Cristo, e noi possiamo capirlo perché il fenomeno già ci si presenta nei suoi elementi più semplici ogni volta che, in una singola anima umana, avviene una speciale trasformazione.
All’uomo moderno, invece, riuscirà particolarmente difficile capire che, con l’evento ora caratterizzato, sia connesso un fatto che ha un’importanza storica così fondamentale da poter essere considerato il punto centrale di tutta l’evoluzione dell’umanità
La concezione gnostica, anche quando la confrontassimo con le molte cose dette in queste conferenze attinte dalla scienza dello spirito, e prescindessimo da ciò che si pensa sulla realtà, offre tuttavia una possente e grandiosa rappresentazione dell’Essere Cristo, da un lato, e dell’Essere Uomo, dall’altro, perché inserisce l’uomo in una linea evolutiva nella quale un impulso proveniente dai mondi spirituali interviene direttamente nel corso del divenire storico.
Perciò non desta meraviglia il fatto che una simile concezione gnostica non sia potuta diventare popolare. Perché se si conoscono anche in forma elementare le condizioni dell’evoluzione umana a partire dal primo secolo dopo Cristo, lo stato in cui si trovavano le anime umane, nonché le diverse relazioni della vita sociale, si comprende facilmente come una tale concezione, rappresentativa di un punto di vista molto elevato, non potesse diventare popolare.
Basta gettare uno sguardo sulla vita culturale attuale per rendersene conto. Quando una concezione come quella gnostica venisse presentata agli uomini d’oggi, la maggior parte di loro direbbe che si tratta di astrazioni, di sogni arditi, e che noi uomini abbiamo bisogno di qualcosa che sia veramente reale, che ci sia vicino, che possa essere afferrato direttamente nella nostra vita di tutti i giorni.
Ciò che viene presentato come concezione gnostica è ritenuto, dagli uomini di oggi, una pura astrazione. Essi sono ancora molto lontani dal percepire la maggiore consistenza, l’effettiva concretezza di quanto vi è nei concetti spirituali ai quali noi possiamo elevarci, rispetto a tutto ciò che, per la maggioranza delle persone, è, invece, evidente, concreto e reale. Se così non fosse, allora gli uomini non cercherebbero, anche in ambito artistico, ciò che essi possono vedere coi propri occhi o toccare con le proprie mani, rifiutando, perché per loro astratto, tutto ciò a cui ci si deve elevare spiritualmente, con le facoltà dell’anima.
Non è possibile tratteggiare in due parole come si sia sviluppata la rappresentazione dell’Essere Cristo fra la gente, in ambito popolare. Ma si deve dire che, accanto alla rappresentazione di Gesù di Nazareth ― nato in modo miracoloso, che ha portato all’uomo nei modi più diversi il suo amore, come vien detto già nella narrazione della sua infanzia, che si è fatto incontro a tutta l’umanità quale amorevole Salvatore ―, accanto a tutti questi sentimenti ed affetti nutriti per questo Salvatore da parte degli uomini, si è sempre di nuovo mantenuta in vita, nel corso dei secoli, un’eco della rappresentazione del Cristo, cioè di quell’Essere che si era incorporato in Gesù di Nazareth.
Accanto a ciò che si narrava quale storia per così dire esteriore della vita di Gesù di Nazareth, permaneva la possibilità di elevare lo sguardo ad un grande segreto, ad un inenarrabile mistero: quello secondo il quale nel Gesù di Nazareth che camminava sulla terra si era manifestato un Essere soprasensibile chiamato «Cristo».
Tuttavia si potrebbe dire che quanto più si avvicinavano i tempi moderni, tanto meno gli uomini sapevano afferrare il difficile concetto di «Cristo», come se lo rappresentavano gli gnostici. Già nel medioevo vediamo la scienza dedita all’indagine di ciò che è puro mondo esteriore, che si percepisce coi sensi o sta dietro i fenomeni quale realtà delle leggi naturali. Già allora la scienza non si sentiva più chiamata a penetrare in quei fattori, in quegli impulsi altamente spirituali che operano nell’evoluzione umana.
Così il problema dell’origine e dell’evoluzione dell’uomo, nel quale penetra l’impulso-Cristo, diventa per la concezione medievale un argomento di fede, e la fede compare ora accanto alla scienza, alla conoscenza, la quale si deve limitare ad indagare le realtà inferiori del mondo.
Sarebbe interessante descrivere come questa specie di «partita doppia» si sia sempre di più accentuata a partire dal sedicesimo secolo: la conoscenza scientifica doveva occuparsi di cose di ordine inferiore, mentre alla fede erano riservati il problema delle origini spirituali e gli aspetti dell’evoluzione spirituale. Ma questo non è, ora, il nostro compito.
Tuttavia faccio notare come, nel diciannovesimo secolo, l’andamento complessivo dell’evoluzione ha portato alla perdita assoluta di qualsivoglia reale idea del Cristo, almeno fra le grandi masse.
In ambiti più ristretti si conservò una specie di ulteriore sviluppo delle antiche idee gnostiche, e questa può essere considerata una visione più profonda dell’impulso-Cristo. Ma altrove, anche nell’ambito della teologia scientifica, nel corso del diciannovesimo secolo constatiamo una rinuncia al concetto specifico di Cristo, ed un tentativo di limitarsi esclusivamente alla personalità di Gesù di Nazareth, certo eccezionale ed unica, e che sicuramente, portava in sé le più alte condizioni evolutive dell’umanità e dell’elemento interiore divino dell’uomo, ma che, tuttavia, era pur sempre un «uomo» nonostante la sua superiorità rispetto a tutto il resto.
Così nel diciannovesimo secolo al posto dell’antica «cristologia» comparve ciò che si può chiamare una mera «ricerca sulla vita di Gesù di Nazareth», la quale ricerca divenne via via sempre più incredula rispetto a Colui che, quale Entità divina, era vissuto nella personalità di Gesù di Nazareth, e sosteneva che in lui noi dobbiamo riconoscere solo un’eccezionale individualità umana.
Il punto culminante di questa concezione è stato espresso nel libro di Adolf Harnach L’essenza del cristianesimo, nonché in analoghi tentativi, con le più svariate sfumature, di ricostruire in questo modo la vita di Gesù di Nazareth. Basta accennare ai risultati recenti conseguiti con la più scrupolosa ricerca in questo ambito.
Si deve dire, in poche parole, che con questi metodi d’indagine, utilizzati nel diciannovesimo secolo ed applicati alle origini cristiane, non si è pervenuti ad alcun risultato reale.
Avrei bisogno di troppo tempo per documentare questa affermazione. Ma chi penetri in ciò che è stato prodotto in questo ambito in tempi recenti constaterà che coi mezzi esteriori e materialistici della ricerca attuale si è cercato di porre, quale inizio della nostra vita spirituale cristiana, la personalità di Gesù di Nazareth. Ma il tentativo ha portato a concludere che, limitandosi ai metodi storici indicati, si perviene a questo risultato: non è dimostrabile l’esistenza stessa della personalità di Gesù di Nazareth se ci si limita ai mezzi materialistici esteriori d’indagine.
Con ciò non si vuol affermare il contrario, e cioè che Cristo non sia esistito; si vuol soltanto dire che non è possibile provare l’esistenza di Gesù di Nazareth con le stesse prove storiche con le quali viene documentata l’esistenza di Aristotele, Socrate o Alessandro Magno.
Ma non c’è solo questo, perché negli ultimi tempi la ricerca nel nostro ambito è stata costretta a muoversi in tutt’altra direzione. Basta prendere i libri di William Beniamin Smith, pubblicati dall’Editore Diederichs di Lipsia, per vedere come, mediante uno studio approfondito dei testi biblici e dei documenti antichi che parlano di Cristo, si è di nuovo pervenuti ora a concludere che quei testi non dicono ciò che, nel corso del diciannovesimo secolo, per tanto tempo si riteneva che essi dicessero.
Mediante ricerche filologiche sui testi biblici e su altri documenti antichi si è voluto ricostruire la vita di Gesù di Nazareth; ma alla fine essi mostrano tutt’altro. Con la massima accuratezza scientifica, con tutti i mezzi più adeguati si è cercato di ricostruire una «vita di Gesù», e mentre si faceva tutto ciò apparve chiaramente che i documenti biblici e quelli delle origini cristiane, quando erano veramente tali, non parlavano affatto dell’uomo Gesù. L’indagine esteriore era costretta a dire: quei documenti non parlano dell’uomo Gesù, bensì di un Dio.
Si osserva una singolare anomalia nel nostro tempo, quando la ricerca materialistica afferma: avete sbagliato se avete creduto che i documenti originari parlassero di Gesù. Dovete piuttosto convincervi che essi hanno un senso soltanto se poniamo un Dio quale punto di partenza del cristianesimo.
Non è straordinario? Il nostro tempo si è convinto che se si vuol parlare di Gesù si deve parlare di un Dio!
Eppure, nel nostro tempo, le medesime linee di ricerca non hanno più la capacità di ritenere reale un Dio, un puro Essere spirituale.
Cosa diventa, allora, il «Cristo» per la ricerca scientifica attuale? Una pura invenzione poetica dell’umanità, qualcosa che è soltanto un’ «idea», un impulso del sentimento creato dalla fantasia umana e comparso nel corso della storia. Cristo non è una realtà, ma è un dio soltanto escogitato: questo afferma la più recente ricerca storica.
Per dirla in breve: la ricerca storica porta a qualcosa di cui essa stessa non può avvalersi, perché come potrebbe servirle un Dio al quale ritiene di non poter credere? Essa dice che i documenti biblici parlano di un Dio, ma Egli è soltanto fantasia poetica.
Poniamo ora, di fronte a questo stato di fatto, quel che ha da proporre la scienza dello spirito.
Mi sia permesso rimandare al mio libro Il cristianesimo come fatto mistico. L’essenza di questo libro è stata poco capita. Perciò ho cercato di chiarirla ancora una volta nella prefazione alla seconda edizione.
L’essenziale è che la storia dell’umanità, la storia del mondo, non si esaurisce in ciò che vien comunemente narrato dalla storia esteriore, in ciò che ci dicono i documenti, perché nell’evoluzione umana intervengono ovunque impulsi spirituali, fattori spirituali che dobbiamo qualificare come «Esseri» spirituali.
Pensiamo, invece, alla storia come viene narrata da Leopold von Ranke e da altri come lui: per loro ciò che di più elevato si può raggiungere con la scienza storica sono le cosiddette «idee storiche», le quali agirebbero, come idee astratte nel corso dell’evoluzione umana, su popoli e stati. Ciò è quanto di più elevato si sappia pensare. Ma come le concepiscono questi storici, le Idee non sono qualcosa che sviluppi forza, che dispieghi potenza.
Sarebbe priva di senso l’intera evoluzione dell’umanità, indagata storicamente, se le Idee che fluiscono nelle anime non fossero espressione dell’impulso di Esseri invisibili e sovrasensibili che dominano l’intero divenire storico. Perciò dietro a quanto vien narrato dalla ricerca storica esteriore ci sono i fatti che possono essere conosciuti soltanto grazie all’indagine soprasensibile, dei quali ho già parlato in una conferenza e sui quali ritornerò.
Potei così mostrare come si sia inserito storicamente l’impulso cristico nell’evoluzione umana, quale prosecuzione di quel che era già stato conseguito per l’evoluzione spirituale dell’uomo grazie agli antichi Misteri.
Oggi si ha veramente poca comprensione per ciò che furono i Misteri. Il compito che essi svolsero negli antichi tempi precristiani per dare un fondamento spirituale all’evoluzione dei popoli può essere compreso solo da colui che, grazie alla scienza dello spirito, getta uno sguardo in quel processo evolutivo dell’anima che la trasforma in uno strumento per percepire il mondo spirituale posto dietro a quello sensibile.
Sappiamo che oggi l’uomo, nei limiti della sua pura interiorità, totalmente ritirato nell’intimità del suo allenamento animico, può innalzarsi al di sopra di se stesso e pervenire ad una più elevata conformazione del proprio essere che gli permetta di vivere in un mondo spirituale nello stesso modo in cui, col suo corpo incarnato, vive in un mondo fisico.
L’osservazione scientifico-spirituale della storia ci mostra che questa possibilità di elevarsi nel mondo spirituale mediante un’evoluzione animica puramente interiore, profonda, è comparsa soltanto a poco a poco nel corso dell’evoluzione umana e non era affatto presente nei tempi antichi.
Mentre oggi l’anima, pur rimanendo in se stessa, in piena libertà e mediante attività proprie può elevarsi alla visione spirituale, nei tempi precristiani questo non le era fondamentalmente possibile perché la sua ascesa dipendeva da certe misure alle quali veniva sottoposta nei santuari dei Misteri.
Voglio di nuovo riepilogare in breve ciò che ho più ampiamente descritto nel libro Il cristianesimo come fatto mistico circa quello che veniva compiuto nei templi dei Misteri, cioè nelle «scuole spirituali» dell’antichità: mediante procedimenti esteriori le anime venivano liberate dalla loro corporeità, e grazie a questo fatto veniva loro data la possibilità di permanere, per un certo tempo, in una condizione simile a quella del sonno ma, nello stesso tempo, completamente diversa.
Se oggi, grazie ai risultati della scienza dello spirito, osserviamo lo stato di sonno, dobbiamo pensare che la corporeità esterna dell’uomo resta nel letto, mentre il suo vero e proprio nucleo spirituale-animico si stacca dalla parte che rimane nel letto. Ma durante il sonno le forze, la realtà interiore di questo nucleo spirituale-animico è di così tenue consistenza che esso piomba nell’incoscienza, e così le tenebre gli si estendono intorno.
Le attività compiute sull’anima negli antichi Misteri consistevano nel creare, mediante l’influenza di personalità più avanzate e che già avevano sperimentato l’iniziazione, una specie di sonno, durante il quale le forze interiori venivano acuite e rinforzate
L’anima, nel corso del sonno, abbandonava il corpo in uno stato che era molto simile a quello della morte, ma nel suo essere puramente animico poteva, per un certo tempo, percepire il mondo spirituale. Attraversava, così, in modo cosciente una condizione di sonno durante la quale poteva acquisire la consapevolezza di essere cittadina dei mondi spirituali.
Quando poi, dopo un certo tempo, l’anima veniva ricondotta di nuovo in una condizione umana, sorgeva nell’uomo un ricordo di ciò che aveva percepito quando era fuori del corpo. Poteva così comparire davanti al popolo come uno «spirito profetico» e rendere testimonianza dell’esistenza del mondo spirituale e dell’eternità dell’essere umano, perché aveva partecipato alla vita nello spirito. Nei Misteri venivano dati i precetti ai quali dovevano assoggettarsi per lunghi anni le anime che venivano poi guidate dagli Iniziatori all’atto finale di tutto il processo.
Dunque, se ci poniamo la domanda: «Da dove vengono le antiche sapienze, tramandateci nel corso dell’evoluzione umana, che ci parlano dell’eternità dell’anima e della sua origine divina?», la scienza dello spirito risponde che esse provengono dagli iniziati, da coloro che avevano, in quel modo, conseguito l’iniziazione.
Quest’antica saggezza, tuttavia, si presenta a noi in una forma singolare. Viene tramandato come mito, leggenda, narrazione piena di immagini quello che l’iniziato sperimentava, quale sogno vivente, nelle sedi in cui avveniva la sua formazione. Le mitologie, infatti, possono essere davvero comprese solo quando si impara a riconoscere, nelle loro immagini, tutto ciò che gli iniziati vedevano durante l’iniziazione.
Se dunque vogliamo conquistare una relazione con gli antichi insegnamenti delle religioni dobbiamo risalire ai Misteri, vedere in essi ciò che, però, restava nascosto al mondo profano esteriore, che poteva essere raggiunto solo da coloro che si erano preparati all’iniziazione mediante difficili prove e mantenendo un rigoroso silenzio, prescritto per ragioni sulle quali, ora, non ci possiamo soffermare.
Nei tempi precristiani l’evoluzione spirituale umana affiorava dal segreto dei Misteri.
A quei tempi l’anima umana non era ancora matura per potersi elevare nei mondi spirituali da sola, poggiando unicamente sulle proprie intime forze e senza il contributo, limitativo della propria libertà, del sacerdote del tempio.
Quindi qualcosa accadeva, come ho mostrato nel mio libro Il cristianesimo come fatto mistico, accanto allo svolgersi dei fatti esteriori che la storia registra. Volevo in quel libro mostrare che tutto il senso dell’evoluzione umana consiste nel fatto che, a quella svolta dei tempi che coincide con l’inizio del cristianesimo, l’umanità, grazie a ciò che aveva imparato in virtù delle ripetute incarnazioni, oppure ricavato da quello che gli iniziati avevano sperimentato nei mondi spirituali, era ora diventata così matura da potersi elevare nel mondo spirituale senza aver più bisogno degli influssi esterni, dei processi attivati, nei tempi antichi, nelle sedi dei Misteri, ma unicamente in virtù delle forze intime della propria anima.
Quale che possa essere il nostro pensiero sull’evento di Palestina, sta di fatto che il grande balzo compiuto nel corso di secoli, ma comunque nel periodo in cui incominciò il cristianesimo, consiste nel fatto che l’anima umana diventa matura per la sua «autoiniziazione», semplicemente istruita da coloro che sapevano ciò che essa dovesse attraversare, ma senza il concorso di guide esterne che operavano nei templi o nei Misteri.
Con la fondazione del cristianesimo quello che prima, per centinaia e centinaia di volte, era accaduto nei templi dei Misteri, e di cui conservavano memoria le leggende, i miti e le mitologie dei popoli, comparve sulla scena della storia universale.
Per capire i Vangeli è sufficiente chiedersi: cosa doveva attraversare un candidato all’iniziazione dell’antica Persia o del popolo egizio che volesse elevare la sua anima alla visione diretta del mondo spirituale?
Il rituale dell’iniziazione descriveva tutto il processo: l’iniziando doveva attraversare un «battesimo», e poi una «tentazione», ecc., per poter arrivare a far sì che l’anima si aprisse alla percezione del mondo spirituale.
Come ho mostrato nel mio libro, se prendiamo questi rituali e li confrontiamo, stando all’essenziale, coi Vangeli, constatiamo che nei Vangeli si trovano di nuovo le descrizioni delle antiche cerimonie di iniziazione, solo che esse vengono riferite alla grande personalità storica di Gesù di Nazareth.
Si vede che, come prima i candidati all’iniziazione venivano innalzati ai mondi spirituali nella segretezza dei templi dei Misteri ora, mediante un processo svoltosi storicamente, vediamo Gesù di Nazareth che non solo è innalzato fino al punto da ricordare un mondo spirituale e, quindi, annunziarlo, ma che poté unirsi con un Essere che mai prima di allora si era congiunto con un uomo: il Cristo.
Un’evidente concordanza regna fra il racconto della vita di Gesù di Nazareth ― fino a quando il «Cristo» prese possesso della sua anima, che poi mantenne per i tre anni successivi ― e la descrizione degli antichi processi di iniziazione.
Nella narrazione di ciò che ha vissuto Gesù di Nazareth, e con particolare precisione nella versione del Vangelo di Giovanni, ci viene incontro l’iniziazione conferita direttamente tramite le grandi azioni divino-spirituali poste alla base della storia.
Prima di allora innumerevoli candidati erano stati iniziati, ma soltanto per poter rendere la testimonianza: «C’è un mondo spirituale, e l’anima umana appartiene a quel mondo!» Nel caso di Gesù di Nazareth fu il suo essere più intimo a congiungersi con l’Essere Supremo, del quale gli altri iniziati mantenevano solo un vago ricordo, e con Lui l’iniziazione venne così portata sul piano della storia universale. Tutte le iniziazioni antiche erano tese e preordinate verso questa iniziazione.
Così il Mistero del Golgota compare, sul piano della grande storia universale, emergendo dalle oscurità dei Misteri che lo avevano custodito.
Fino a quando non si crede che in un luogo della Terra e in un momento storico preciso è avvenuta l’iniziazione di Gesù di Nazareth, cioè la sua compenetrazione con il «Cristo», così che ora Egli diffonde i suoi potenti raggi di forza e forma un impulso per tutto il divenire dell’umanità, finché non si comprende ciò non si potrà capire il significato dell’impulso-Cristo per l’evoluzione dell’umanità.
Soltanto quando la realtà di un tale evento spirituale, così come è stato descritto ora, potrà essere compreso grazie all’apporto della scienza dello spirito, diventerà chiaro quel che è fluito nell’evoluzione umana grazie all’impulso-Cristo.
Non verrà allora sminuita la dignità dei Vangeli per il fatto che si riconoscano in essi quattro diversi rituali di iniziazione, che contengono quel che si è manifestato nella personalità storica di Gesù di Nazareth. Quando lo si capisce, allora si comprende che l’evento di Palestina ha un profondo significato causale per la futura evoluzione umana.
Mentre, fino a quel momento, era esistito ciò che possiamo indicare come profondo nucleo interiore dell’essere, che non era però penetrato completamente nella coscienza umana, ora, proprio grazie al Mistero del Golgota, doveva iniziare il tempo in cui gli uomini potevano sapere: all’interno di questo Io si manifesta nell’uomo ciò che egli ha in comune con l’intero cosmo.
Se vogliamo rappresentarci come possa un uomo, che parli nel senso della scienza dello spirito, rilevare il grande cambiamento entrato nella storia universale con l’impulsoCristo, dobbiamo dire: l’uomo consiste, nella sua essenza, di un corpo fisico, di un corpo «eterico» o vitale, di un involucro animico e, nel più intimo, è portatore del vero e proprio Io, che va da una vita all’altra.
Ma questo Io individuale è ciò di cui tutti gli uomini hanno preso coscienza soltanto da ultimo. Nei tempi precristiani non avevano alcun sentore che questo nucleo profondamente intimo dell’essere si staccasse dal circostante mondo spirituale, così come il loro corpo fisico restava legato all’intero mondo fisico e il loro essere animico al mondo dell’anima.
Cercare Dio, la vera essenza primordiale divina, non nell’involucro animico ma nel proprio Io: questo era ciò che il cristianesimo, l’impulso-Cristo or ora descritto, ha portato nell’evoluzione umana.
Prima si poteva solo dire: «La mia anima ha le sue radici nel divino, che è il vero fattore creativo e formatore». Ora si diceva: «Se vuoi riconoscere dove può manifestarsi il divino profondo che vivifica tutto il mondo, allora guarda nel tuo proprio Io, perché attraverso di lui il divino parla a te. Se lo comprendi rettamente già ti dice, mediante la coscienza usuale, come attraverso il Mistero del Golgota siano entrate forze divine nell’umanità; te lo dice se ti rendi conto di come allora un’iniziazione si è compiuta quale grandioso evento storico, mentre prima gli iniziati venivano condotti a sperimentare i mondi spirituali nei recessi dei templi dei Misteri. Ora Dio ti parla in modo particolare se ti elevi verso il mondo spirituale facendo sì che la tua anima ne diventi uno strumento percettivo».
In altre parole: l’essenza dell’impulso-Cristo è la comparsa della coscienza divina che parla attraverso l’Io umano.
Questo impulso-Cristo poté entrare nell’umanità grazie al fatto che l’antico principio dell’iniziazione è diventato vicenda storica, come è stato mostrato. Si può dire che quel fatto, il Mistero del Golgota, è la causa.
Nelle anime comparirà sempre più, nel corso dell’evoluzione terrestre e fin nel più lontano futuro il fatto che attraverso l’Io parla una chiara conoscenza dell’elemento divino spirituale che appartiene all’uomo, che lo renderà indipendente da ogni divenire terreno.
Chi, da questo punto di vista, può capire certe profonde parole del Vangelo, riconoscerà come si sia compiuta la grande educazione del genere umano per opera del mondo spirituale.
Vedrà come sia stato preparato, mediante l’evoluzione dell’ebraismo antico, ciò che dovette parlare agli uomini attraverso il nucleo dell’Io, come già aveva parlato al giudaismo, ma nella forma dello spirito di popolo. Questo non era accaduto presso gli altri popoli, nei quali era presente soltanto la coscienza del fatto che il divino spirituale parla all’involucro animico quando l’uomo viene iniziato. Il giudaismo aveva capito che l’evoluzione umana è una progressiva pedagogia, e che nell’Io che abbraccia tutto il popolo sono presenti le forze alle quali l’uomo appartiene nel suo essere più profondo.
Così sentiva il Giudeo: «Quando io guardo, quale singolo membro del popolo ebraico, alla linea evolutiva che risale fino ad Abramo e vengo a conoscere il dio che la regge, che si trasmette attraverso le generazioni, allora posso dire: vive in me e nei miei antenati la divinità che ha configurato il singolo corpo fisico dell’uomo». Il singolo membro del popolo ebraico si sentiva congiunto col capostipite, col padre Abramo.
Invece il cristianesimo sottolinea ora energicamente: tutto quel modo di sentire il divino, anche quando di se stesso dice: Ejeh asher ejeh (Io sono Colui che sono), non è ancora ciò che mostra l’uomo nella sua completa figura. Soltanto quando sente quello che è nello spirito al di là di tutte le generazioni, l’uomo ha colto il divino che opera in lui.
Dunque una corretta traduzione del Vangelo dice: «Prima che Abramo fosse era l’Io sono». Che significa: l’uomo sperimenta l’eterno nel suo Io, che è più originario rispetto a quel divino vissuto nelle generazioni corporee a partire da Abramo. «Guardate non a ciò che si esaurisce nell’uomo fisico, ma a quel divino del tutto spirituale che viene vissuto attraverso le generazioni discese da Abramo. Ma fatelo in modo da riconoscerlo nel singolo uomo, non in ciò che congiunge fratello e sorella, ma in quello che vive nel singolo e che il singolo scopre quando riconosce la sua intima, centrale essenza animica nell’esperienza di essere un Io singolo».
Così dobbiamo comprendere le parole di Cristo: «Se uno viene a me e non lascia il padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e la sua stessa vita, non può essere mio discepolo».
Non dobbiamo interpretarla come se fosse una ribellione nei confronti di quanto è doveroso nella parentela e nell’amore filiale, ma quale espressione del fatto che il «Cristo» porta nel mondo il principio divino-spirituale che ogni singolo uomo, in quanto uomo, può trovare nel suo intimo nucleo essenziale, nel proprio Io.
Gli uomini sentiranno sempre più che l’essenza del cristianesimo, ciò che agisce come intimo mistero cristiano è che, al di là di tutte le differenze esistenti fra loro, c’è qualcosa che li conduce verso l’universale umano, qualcosa che ogni uomo può scoprire in sé.
Gli dei antichi erano divinità di popolo, di razza, legate a questa o a quella stirpe, come osserviamo ancora nell’Induismo o nel Buddismo. Il Dio che venne incontro all’uomo nel cristianesimo lo conduce, al di là di tutte le differenziazioni, a ciò che egli è proprio in quanto uomo.
Per chi voglia afferrare l’essenza propria del cristianesimo sorge la necessità di considerare reali le forze e gli impulsi spirituali che guidano la storia universale, di rompere con quanto era stata considerata, finora, la «storia». Questo perché ciò che gli uomini hanno riconosciuto come storia è soltanto la veste esteriore del divenire storico, mentre nelle sue profondità operano Esseri che, seppur in modo soprasensibile, sono altrettanto reali quanto lo sono i singoli animali oppure gli individui umani nel mondo sensibile.
Il più elevato tra questi Esseri spirituali che reggono il divenire storico dell’umanità è il «Cristo», che per tre anni ha operato nel corpo di Gesù di Nazareth, come già affermava la Gnosi.
La scienza dello spirito si eleva così ad una rappresentazione in grado di dar ragione dei risultati della scienza esteriore. Mentre quest’ultima è costretta a riconoscere che non abbiamo a che fare con un uomo ma con un «Essere divino» che agisce dentro un uomo ― e però da tutto ciò essa non riesce a cavare nulla ― la scienza dello spirito ci porta a riconoscere quella Entità come assolutamente reale, e può così costruire sui risultati conquistati dalla ricerca più recente.
Per l’evoluzione spirituale del ventesimo secolo sarà molto bello riconoscere che il secolo precedente ha battuto una via sbagliata nel ridurre la vita di Gesù Cristo ad una pura e semplice biografia di Gesù di Nazareth; quella scienza, invece, che afferma: tutto comprova che nel Cristo Gesù ci fosse un Dio, comincia ad avviarsi sulla giusta strada.
La scienza dello spirito aggiungerà che si può partire proprio da questa affermazione.
Certo si tratta di una concezione che contraddice la visione del mondo materialistico-monista sviluppatasi negli ultimi tempi. Ma noi potemmo mostrare, sia nella conferenza sull’origine dell’uomo come anche in quella analoga sugli animali, che la scienza dello spirito concorda pienamente coi risultati positivi delle ricerche scientifiche.
Ora possiamo dire che la scienza dello spirito può collegarsi direttamente coi risultati di una coscienziosa ricerca scientifica esteriore. Dove questa poi si ferma davanti a dei punti interrogativi, si deve concludere che essa non può condurre fino a dove giunge la scienza dello spirito.
Durante il ventesimo secolo qualcosa dovrà aggiungersi alle attuali abitudini di pensiero. Oggi l’uomo ritiene che la vita e la conoscenza umana, come si presentano nel mondo fisico, abbiano di fronte il mondo esteriore come immediata verità. Tutt’al più l’«errore» potrebbe sorgere quando l’uomo elabori immagini inadeguate rispetto al mondo, o faccia qualcosa che viene definito come male, cioè non in armonia coi processi esteriori del mondo. Oggi è ancora diffusa la concezione del mondo che cerca le cause originarie soltanto in quello che si presenta immediatamente ed esteriormente.
In virtù di questo modo di pensare gli uomini si sono infilati in un vicolo cieco, dal quale è necessario fare marcia indietro, come può riconoscere colui che guarda in profondità nella vita spirituale dell’umanità.
La scienza esteriore, sia nell’ambito della natura che in quello della storia, è giunta ad una completa incredulità rispetto alle realtà spirituali, e si limita ad abbracciare soltanto la realtà esterna sensibile. Questa scienza nega la realtà spirituale che vuol mostrarsi dietro i fenomeni sensibili. Si può dire, in un certo senso, che il nostro tempo è giunto ad un punto nel quale deve invertire la rotta. Il materialismo, il monismo materialistico più estremo, dovrà condurre l’anima fino al punto che, per reazione interiore, essa abbracci un concetto che, fino a questo momento, in verità ha avuto uno scarso rilievo nell’ambito delle concezioni del mondo.
Un concetto che non ha trovato finora il diritto di esistere deve fare la sua comparsa fra quelli che si riferiscono alla ricerca delle origini delle cose. Nei miei scritti La filosofia della libertà e Verità e scienza viene mostrato che l’uomo deve partire dal presupposto che la sua posizione di partenza nei confronti del mondo non è quella vera, che deve percorrere un’evoluzione della sua vita interiore per poter conoscere la verità di quanto appare nel mondo e per porsi in una relazione di vera moralità con esso.
Al puro sapere fondato sulla causalità deve aggiungersi il concetto di «redenzione». Questo sarà il compito grandioso del ventesimo secolo: permettere la cittadinanza, accanto agli altri concetti scientifici, del concetto di «redenzione», «liberazione», «nuova nascita».
Non corrisponde a verità il modo in cui l’uomo, quale essere che conosce, si pone spontaneamente di fronte al mondo. Tutti i concetti veri si conseguono quando, «redenti» dal punto di vista oggi dominante, ci si innalza ad un punto di vista più alto; quando ci si è liberati dagli ostacoli che impediscono di vedere la vera immagine del mondo. Questa è «redenzione del conoscere».
E la redenzione morale avviene quando l’uomo riconosce che non è nella verità quando si pone in modo spontaneo di fronte al mondo, ma che deve prima percorrere una via che gli permetta di superare gli ostacoli che si frappongono fra lui e la realtà alla quale egli veramente appartiene.
Il concetto di rinascita dell’anima su un piano più alto si svilupperà da ciò che ci viene incontro quale meraviglioso risultato della ricerca scientifico-naturale e della ricerca storica.
L’uomo riconoscerà che nell’immagine, per così dire, fotografica che egli si è fatto del mondo, ed in ciò che gli mostrano le grandi tappe evolutive scientifiche e storiche dell’umanità, non ci sono soltanto elementi che gli fanno conoscere il mondo, ma c’è un potente mezzo educativo. Non crederà più che la scienza naturale gli offra soltanto una descrizione del mondo, ma verrà formato nel suo pensiero dalle leggi naturali.
Quando la scienza naturale non si limiterà a descrivere il mondo ma formerà gli uomini, così che l’anima umana si sciolga dalla condizione naturale nella quale si trova, e lavori per elevarsi, per rinascere a un livello più alto, quando l’uomo riconoscerà che viene «liberato» dagli ostacoli nei quali si trova, allora egli avrà formato in se stesso le condizioni per comprendere l’impulso-Cristo nel mondo.
Poiché allora vedrà che è possibile volgere lo sguardo ai tempi che abbiamo imparato a conoscere grazie alla scienza dello spirito, quando l’uomo era ancora in un puro mondo spirituale, per poi discendere nel mondo dell’esistenza materiale; capirà che deve passare attraverso questo mondo della materia per poter progredire, ma che, ad un certo punto, doveva iniziare quella svolta destinata a liberarlo di nuovo da quanto aveva assunto in sé quaggiù.
L’impulso-Cristo ha liberato l’uomo dallo sprofondare nella pura materialità.
Oggettivamente, nell’evoluzione cosmica il «Cristo» è quell’esperienza che abbiamo allorché diciamo: il rapporto col mondo che nasce quando l’anima è «rinata», «redenta» dal dato di natura, quel che così sorge come sua propria esperienza corrisponde, se visto fuori nel grande processo cosmico dell’umanità, a ciò che fece ingresso nel mondo come «Cristo».
Quando il ventesimo secolo potrà davvero accogliere in modo serio la grande esperienza fatta nell’interiorità dell’uomo, allora si potrà afferrare anche l’evento cristico senza sentirsi urtati quando entra in gioco la «rinascita dell’anima» a un livello più alto.
Allora la scienza dello spirito mostrerà che per il divenire storico valgono le stesse leggi del divenire naturale.
E’ stato accolto, nelle concezioni del mondo esteriori, il detto di Schopenhauer: «Il mondo è una mia rappresentazione». Significa che il mondo dei colori, dei suoni e così via che mi circonda dipende dai miei occhi e dagli altri organi di senso.
Ma non è giusto, considerando il mondo nella sua totalità, dire che i colori esistono solo in virtù della costituzione del mio occhio. I miei occhi, infatti, non ci sarebbero se, prima, la luce non li avesse formati. Se è pur vero, da un lato, che la sensazione della luce dipende dalla costituzione dell’occhio, non è meno vero, dall’altro lato, che l’occhio c’è solo grazie alla luce. Entrambe le verità parziali devono essere congiunte in una verità più completa.
E’ giusto ciò che già Goethe aveva affermato: «L’occhio deve la sua esistenza alla luce. Da organi ausiliari indifferenziati dell’animale, la luce suscita un organo che le diventi affine. Così l’occhio viene formato dalla luce per la luce, affinché la luce interiore vada incontro a quella esterna».
Come l’occhio viene formato dalla luce, e come la luce viene percepita tramite l’occhio, così l’interiore esperienza del Cristo, l’intima rinascita dell’anima, avviene mediante l’esperienza del Cristo da parte dell’umanità grazie al Mistero del Golgota.
La scienza dello spirito mostra che, prima dell’ingresso dell’impulso-Cristo nell’umanità, questa esperienza interiore poteva realizzarsi solo grazie all’esteriore apporto dei Misteri e non, come ora, in forma interiorizzata, mediante una specie di autoiniziazione dell’uomo stesso.
L’intima, mistica esperienza del Cristo è come l’esperienza della luce e dei colori per gli occhi: l’uomo sperimenta il Cristo mediante la sua interiorità. Ma che l’uomo possa elevare la sua propria anima oltre se stessa proviene dal fatto che il Sole spirituale ha fatto il suo ingresso nella storia universale mediante il Mistero del Golgota.
Senza il Mistero del Golgota nella sua oggettività, senza il Cristo oggettivo, non si potrebbe verificare alcuna soggettiva esperienza interiore di tipo mistico, che gli uomini sperimenteranno nel corso del ventesimo secolo, e che potrà essere considerata con assoluto rigore scientifico.
Possiamo allora dire: il ventesimo secolo metterà a disposizione degli uomini le condizioni necessarie per capire realmente l’impulso-Cristo, mostrando la sua profonda verità e realtà quale Sole spirituale, capace di suscitare nell’anima umana l’esperienza interiore alla quale accenna Goethe con queste parole: «Dalla potenza che vincola tutti gli esseri si libera l’uomo che vince se stesso».
Quando ci si ricollega a questo superamento di sé, al Mistero del Golgota, all’evento Cristo, allora si può dire: l’uomo nella «vittoria su di sé» si ritrova davvero; la figura che riceve dalla sua origine terrena deve essere considerata come qualcosa da cui deve venir redento, perché ogni azione morale, ogni conoscenza, può sorgere solo mediante la «redenzione».
Grazie al concetto di redenzione interiore l’uomo imparerà a comprendere il concetto di redenzione nell’evoluzione storica e, proseguendo su questa via, nel ventesimo secolo afferrerà l’avvento di Cristo nella luce che irraggia dalle parole di Goethe così ampliate:
Dalla potenza che vincola tutti gli esseri
si libera l’uomo che vince se stesso.
In questo superamento trova la verità di sé
così come l’umanità intera
in verità può trovar se stessa in Cristo.