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Pietro Archiati

l’apocalisse di giovanni

Presente e futuro dell’umanità

Volume 3

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Gustav Dorè – La caduta di Babilonia

Indice

Prima conferenza
mercoledì 17 novembre 2004, sera
vv. 15,1-2

Seconda conferenza
giovedì 18 novembre 2004, mattina
vv. 15,2-4

Terza conferenza
giovedì, 18 novembre 2005, pomeriggio
vv. 15,4-8; 16,1

Quarta conferenza
giovedì 18 novembre 2004, sera
vv. 16,1-9

Quinta conferenza
venerdì 19 novembre 2004, mattina
vv. 16,9-14

Sesta Conferenza
venerdì 19 novembre 2004, pomeriggio
vv. 16,12-20

Settima conferenza
venerdì 19 novembre 2004, sera
vv. 16,19-21

Ottava conferenza
Sabato 20 novembre 2004, mattina
vv. 17,1-7

Nona Conferenza
sabato 20 novembre 2004, pomeriggio
vv. 17,8-11

Decima Conferenza
sabato 20 novembre 2004, sera
vv. 17,12-15

Undicesima conferenza
domenica 21 novembre 2004, mattina
vv. 17,6-18,3

A proposito di Pietro Archiati

Prima conferenza
mercoledì 17 novembre 2004, sera
vv. 15,1-2

Cari amici dell’Apocalisse di Giovanni!

Benvenuti di cuore a questo terzo incontro, e un benvenuto particolare a quanti hanno resistito per ben tre volte a questo imponente testo sigillato con sette sigilli. Negli ultimi due incontri sono stati creati i fondamenti e ora, mi son detto, cercheremo di proseguire maggiormente sulla scorta del testo. Teniamo presente, però, che il relatore è un balbuziente di fronte a un testo simile – ma questo non c’è nemmeno bisogno di ribadirlo!

Abbiamo alle spalle due millenni di cristianesimo e molte generazioni di cristiani che hanno convissuto intimamente con questo testo, come anche coi Vangeli e le Lettere di Paolo. Queste generazioni non potevano ancora pretendere di impregnare il tutto di pensiero, coscientemente, ma avevano una relazione di fede, un rapporto di sentimento con questo testo; l’hanno letto e meditato quotidianamente perché sapevano che ci sono nascosti i tesori più profondi. Se amo questo testo, pensavano, non c’è bisogno di capire tutto; se lo medito, l’Essere-Cristo avrà sempre più la possibilità di compenetrare anche il mio essere. E noi possiamo ricorrere alla forza di queste molte generazioni di cristiani, perché sono spiriti umani che, in parte, sono ancora nel mondo spirituale, e in parte sono di nuovo sulla Terra e ci accompagnano mentre tentiamo di penetrare questo testo profondamente spirituale. Questo è un aspetto, se consideriamo del tutto realmente i duemila anni di cristianesimo e il cuore degli uomini.

L’altro fatto incommensurabile per l’evoluzione dell’uomo è che a partire da circa un secolo sono stati posti i fondamenti di una scienza dello spirito, presentata da Rudolf Steiner all’Europa centrale per la prima volta, ma che, come offerta per lo spirito umano, è per tutta l’umanità. Significa prendere sul serio la vocazione dell’uomo, che da circa cinque secoli indaga scientificamente il mondo fisico, percepibile, a fare lo stesso con la realtà spirituale, sovrasensibile.

La scienza dello spirito prende la scienza naturale come addestramento del pensare. Quanto ai contenuti, però, la scienza naturale non è poi così significativa, perché essi sono modesti. O meglio, i contenuti in termini di percezione sono infiniti, ma si tratta di un aspetto meramente quantitativo; per quanto riguarda i contenuti qualitativi, invece, quali capacità di penetrare questa somma enorme di percezioni ed esperienze grazie al pensare, la scienza naturale è stata fin adesso molto modesta. Giusta è la sua pretesa di restare all’oggettività delle percezioni, il non intromettere la propria emotività nel pensare per farsi condurre dall’oggettività della realtà tramite l’ampliamento del pensare.

Ora, da cinque secoli a questa parte in cui grazie alla scienza naturale il pensare è stato addestrato all’oggettività e reso senza personalismo, l’uomo porta in sé la nostalgia – conscia o inconscia, è irrilevante – ad affrontare il sovrasensibile, lo spirituale, in modo altrettanto scientifico sulla scorta di percezione e concetto nell’interazione tra realtà esterna e presa di posizione del pensare.

Queste saranno le due colonne che ci accompagneranno in questi giorni. Senza le generazioni cristiane che ci hanno preceduto e senza la scienza dello spirito di Rudolf Steiner, anche per me sarebbe del tutto impossibile stare qui davanti a voi, addirittura con la pretesa di spiegare il testo versetto per versetto. Questo è il motivo per cui all’inizio ho proposto solo una settimana di corso in cui soffermarmi giusto su alcuni passaggi per i quali ho qualcosa da dire, e tutto il resto lo avrei lasciato da parte. Poi è andata come sapete, e io stesso sono grato che grazie agli approfondimenti della scienza dello spirito si possa capire sempre più e meglio ciò che ancora non viene compreso. Quando si è di fronte a questi testi è anche molto importante rendersi conto che in ogni parola, in ogni frase, ci sono profondità immense.

Abbiamo visto i quattro settenari, e ora lo riassumo brevemente.[1] Al primo livello c’erano le sette lettere, questo era l’inizio dell’Apocalisse: sette lettere a sette comunità che coltivano i diversi aspetti dello spirito del Cristo, del cristianesimo.

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Fig. 1,I

Poi compaiono realtà spirituali in base ai sette sigilli. Poi vengono le sette trombe, e le abbiamo già analizzate tutte. E ora, al quindicesimo capitolo – lo vedremo subito – abbiamo le cosiddette coppe dell’ira”. Lo scrivo fra virgolette perché dovremo domandarci: cosa s’intende per ira divina? Cos’è l’ira degli amorevoli Esseri spirituali?

Avevamo visto che tutta la realtà ha quattro livelli. Se guardiamo il mondo, così come lo conosciamo a prima vista, abbiamo:

• il piano del minerale, dell’inanimato;

• il piano del vegetale in cui sono decisive le forze vitali, già sovrasensibili; l’essenza del vegetale – le forze di vita sempre presenti nella crescita delle piante – è già qualcosa che noi non vediamo, quindi sovrasensibile di natura;

• il regno animale in cui compare il fenomeno della sensazione, anch’esso sovrasensibile, tant’è che non possiamo percepire esteriormente le sensazioni, non è possibile fotografarle; e

• il quarto livello, quello umano, dove al minerale inanimato, al vegetale fluido-vivente e all’animale dotato di anima capace di sensazione, si aggiunge lo spirituale, ciò che ha il carattere dell’Io, dell’individualità libera.

La struttura dell’Apocalisse segue pari pari la strutturazione della realtà. Le sette lettere sono un settenario di quel che avviene sul piano fisico, cioè sono i sette fenomeni primigeni del mondo fisico – scrivo qui: mondo fisico. (Fig. 1,I) E i sette sigilli hanno mostrato i sette fenomeni primordiali del mondo eterico o vitale.

Permettetemi ora di utilizzare terminologia e linguaggio della scienza dello spirito. Non vogliamo farne una questione di termini, perché si possono usare anche altre parole e non si tratta di questo, solo che tutto ciò che è scientifico deve avere una terminologia propria. Nell’ambito naturale abbiamo un’infinità di termini specifici per ogni scienza, e così è anche per una scienza dello spirito che ha da essere molto più complessa. La scienza naturale, infatti, si occupa solo del primo mondo, quello fisico; la scienza dello spirito indaga tutti e quattro i livelli, parla di quattro mondi e di come si compenetrano l’un l’altro. Se abbiamo una terminologia infinitamente complessa per il mondo fisico, possiamo immaginarci quanto diventi complicata nel corso del tempo la terminologia di una scienza che abbraccia tutti e quattro i livelli.

Rudolf Steiner, di fatto, ha creato i primi fondamenti di questa scienza e nei prossimi secoli e millenni l’umanità sarà chiamata a renderla sempre più comprensibile, perché il mondo è estremamente complesso. E perché non dovrebbe? Complessità vuol dire interessante!

Nei sette sigilli abbiamo un vedere spirituale, vengono viste immagini. Le trombe vengono udite, questo è il mondo astrale o, se volete, animico, che è la stessa cosa. Infine le coppe dell’ira sono il vero e proprio mondo spirituale, dove si tratta di Esseri spirituali.

Ancora una volta, ma molto in breve, chiariamo la differenza che intercorre fra anima – cioè le trombe –, e coppe dell’ira, il mondo dello spirito. Qual è la differenza tra anima e spirito? Prendiamo l’uomo: l’uomo ha un’anima ma è spirito.

Che significa? In lui sorgono desideri, impulsi, brame, gioie, dolori e così via. Tutto questo è anima. Tutto quel che nell’uomo sorge passivamente, senza la sua partecipazione, quale indole, è anima. Questo significa che l’anima è passività, è ricettività. Anima è tutto quel che succede in me e che di interiore mi attraversa. Spirito è là dove io prendo posizione liberamente e in piena coscienza, è ciò che faccio creativamente, da me stesso, in virtù del pensare. Il modo in cui prendo posizione nei confronti dei miei sentimenti col pensare, la presa di posizione cosciente, è tutt’altro rispetto all’arrabbiarsi, tanto per fare un esempio. Come tratto io la mia rabbia? Questa presa di posizione è libera, è un’attività dello spirito. Oppure, un altro esempio è questo: la persona nella sua situazione karmica si domanda liberamente, che cosa debba fare in un certo contesto e quali siano i suoi compiti, e del tutto liberamente a partire dalla sua consapevolezza, fa quello che ha da fare. Quando l’essere umano grazie al suo pensare, alle sue capacità conoscitive, alla sua coscienza creativa e libera, diventa attivo nel mondo, questo lo chiamiamo spirito, Io.

• Spirito o Io; e

• anima o corpo astrale.

Io è un termine più scientifico-spirituale, e viene preferito nell’uso di questa scienza. Il cristianesimo tradizionale parla più volentieri di spirito, ma è la stessa cosa. La tradizione parla di anima e la scienza dello spirito parla di corpo astrale, ma è la stessa cosa. Solo che dicendo corpo astrale si sottolinea che questo fattore animico non è il nucleo centrale dell’uomo, ma un involucro. Corpo è involucro, quindi, caro uomo, fa’ attenzione che la tua anima – corpo astrale – è pur sempre solo un involucro, e l’essenza è lo spirito.

Già da queste piccole cose si può vedere come la terminologia della scienza dello spirito sia qualcosa di più scientifico, perché l’anima di per sé, paragonata allo spirito, è ancora involucro. Quindi, io ho corpo fisico, corpo eterico e corpo astrale, e ciò sta a significare: caro essere umano, in te c’è un triplice involucro che, per così dire, avvolge lo spirito. Se poi si osservano le cose con più attenzione si scopre che l’anima stessa, a sua volta, è tripartita e porta tre forze fondamentalmente diverse l’una dall’altra[2].

Queste son cose che di sicuro molti di voi conoscono già, però sono esercizi da rifare sempre, perché non si tratta di sapere le cose a memoria, ma di continuare a usare questi strumenti per poter cogliere la profondità dei fenomeni del mondo e anche di un testo come l’Apocalisse.

Vedremo come questa quadruplicità di corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e Io ritorni di continuo nell’Apocalisse. Ve lo posso garantire. Ogni volta che compare una quadruplicità, senza questi strumenti non siamo in grado di orientarci. E l’Apocalisse è ricca di quadruplicità; e anche quando compare una trinità, è perché questa quadruplicità viene semplificata e si afferma: corpo, anima e spirito. Oggi in tedesco si usa molto la parola Körper [corpo] e se non è zuppa è pan bagnato, ma per il mio sentire linguistico – anche se il tedesco non è la mia lingua madre – quando mi chiedo che differenza ci sia fra Körper e Leib ho la sensazione, ma correggetemi se sbaglio, che un Goethe direbbe: Körper va nella direzione del fisico, Leib va nella direzione del sovrasensibile.[3] In tedesco, per esempio, per dire corpo risorto Auferstehungs-körper non suonerebbe giusto e si usa dire Auferstehungs-leib, si usa necessariamente il termine Leib, perché più adatto a esprimere la dimensione sovrasensibile. In latino corpus presuppone comunque qualcosa di materiale.

Con questo voglio dire che se vogliamo semplificare la quadruplicità e farla diventare una trinità, allora abbiamo: corpo, anima e spirito;

• corpo, il mondo esterno;

• anima, il mondo interiore; e

• spirito, la capacità quali esseri pensanti di guardare e conoscere sia il mondo esterno che quello interiore. Lo spirito non è né interno né esterno: è entrambi.

Teosofia di Rudolf Steiner è un libro introduttivo, edificato su questa trinità e non su una quadruplicità che sarebbe più complessa.

Cosa voglio dire con questo? Che solo per il fatto che da circa un secolo, soprattutto nell’Europa centrale, abbiamo i fondamenti di una scienza dello spirito, utilizzando la chiave trinitaria possiamo procedere senza confusioni e in modo scientifico; ma possiamo procedere anche con una chiave quaternaria, e anche con la chiave del sette distinguendo tutti i sette elementi costitutivi con assoluto rigore. La scienza dello spirito di Rudolf Steiner offre veramente dei fondamenti, e per quanto ne sappia io, quel che offre all’umanità di oggi è un’eccezione assoluta e da nessuna parte esiste qualcosa di simile; grazie a essa possiamo usare scientificamente la chiave interpretativa del tre, del quattro, del sette e del dodici.

Alla fine dell’Apocalisse vedremo che nel parlare della Nuova Gerusalemme – le dodici pietre preziose, le dodici porte e così via – il dodici svolge una funzione importante. Questi, dunque, sarebbero i numeri più importanti: l’uno, naturalmente, il due e poi immediatamente il tre, quindi il quattro, il sette e il dodici.

Bene. Ora cominciamo col quindicesimo capitolo, perché il resto verrà dalla sua lettura. L’ultima volta, nella conferenza della domenica mattina, ho concluso con un’immagine centrata sul tredicesimo capitolo, ma ricorderete che abbiamo detto alcune cose anche sul capitolo successivo. Ho quindi pensato che se ripartiamo dal quattordicesimo capitolo non arriveremo alla fine neppure questa volta, quindi leggo il quindicesimo, che è breve, nella traduzione di Martin Lutero. Poi potremo commentare analiticamente.

15,1 «E io vidi un altro segno nel cielo, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; con essi culmina l’ira divina».

15,2 «E vidi come un mare di cristallo, mischiato col fuoco, e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome stavano in piedi sul mare di cristallo e avevano arpe divine»

15,3 «e cantavano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell’Agnello: grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore, Dio onnipotente. Giuste e vere sono le tue vie, tu Re delle genti».

Se un greco di allora ascoltasse questa traduzione avrebbe immediatamente la sensazione che tutto il contenuto sia andato perso. E questa è la versione con cui hanno vissuto molte generazioni. Solo pochissime persone leggevano il testo in greco. Quindi, prendiamola come un collegamento con queste generazioni, un collegamento del cuore. Poi torneremo al testo greco.

15,4 «Chi potrà, o Signore, non temerti e non onorare il Tuo nome? Perché Tu solo sei santo! Sì, tutti i popoli verranno e pregheranno davanti a te, perché i tuoi giudizi giusti si sono manifestati»

15,5 «Poi vidi che il tempio fu aperto, la porta di accesso in cielo»

15,6 «e dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro e splendente e cinti intorno al petto con una cintura d’oro»

15,7 «E uno dei quattro Esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d’oro colme dell’ira di Dio, il quale vive nei secoli dei secoli»

15,8 «E il tempio si riempì di fumo della gloria di Dio e della sua forza; e nessuno poteva entrare nel tempio finché non si compissero i sette flagelli dei sette angeli»

Intervento: (domanda in merito al quattordicesimo capitolo)

Archiati: l’Apocalisse è un testo molto complesso. Per questo motivo ho deciso di partire dal quindicesimo capitolo, altrimenti dovremmo tornare di nuovo al significato del mistero delle trombe.[4] Ora, cominciando col capitolo quindici possiamo occuparci delle coppe dell’ira, l’ultimo gradino dell’Apocalisse, perché lì o si diventa un’individualità oppure ci si annienta. Non è più questione di sviluppo dell’anima, ma di realizzazione dell’Io in modo che l’uomo diventa spirito; oppure di evoluzione nella direzione del male quando l’uomo omette il diventare-Io. E l’evoluzione dell’Io, o l’omissione dell’Io, è definitiva. Di più alto dell’Io, dello spirito, non c’è nulla.

Tutto questo ora viene detto nel testo. Vedremo la differenza tra la traduzione di Lutero – che forse è ancora la più fedele perché Lutero aveva una forte venerazione per il testo sacro; più tardi la cosa è diventata sempre più fioca –, e quanto vien tradotto in base alla scienza dello spirito, il che però non garantisce automaticamente che il traduttore abbia capito tutto. Non è automatica la cosa.

15,1 «E io vidi un altro segno nel cielo, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; con essi culmina l’ira divina».

E vidi un altro segno: c’è qualcosa di nuovo, di diverso, e lo spirito è lì pronto a cogliere queste differenze; in cielo significa che siamo nei mondi spirituali, non sulla Terra. Al lettore viene detto che l’autore dell’Apocalisse è l’uomo che il Cristo stesso ha iniziato, il Lazzaro, Giovanni-Lazzaro, in questo caso Giovanni l’apocalista. Egli conosce i misteri del mondo spirituale meglio degli altri uomini come unico iniziato dal Cristo – e in cielo, nel mondo spirituale, c’è un segno grandioso e che suscita meraviglia: qaumastÒn sta per che suscita meraviglia.

Ecco una dualità. Ho già accennato al fatto che l’Apocalisse è ricca di dualità, di triplicità, di quadruplicità, di settuplicità, e anche di strutture a base cinque o a base sei in casi particolari, e allora qui bisogna cogliere questa duplicità in modo scientifico. Abbiamo subito un caso in cui possiamo esercitare il pensare, la nostra aspirazione scientifico-spirituale.

Dunque, questo segno è qaumastÒn, suscita meraviglia, e mšga, cioè potente. Thaumaston quale compito evolutivo del pensare, della conoscenza, perché questo qauma (qaum£zw), significa la capacità di rendere il pensare capace di stupore. La capacità di stupore del pensare è l’evoluzione del pensare. Un segno manifestò nel cielo tutto quel che si può scoprire. Lo manifestò per il pensare capace di stupore: qaumastÒn; degnamente capace di infinito stupore, perché il meravigliarsi è senza fine. Quindi, thaumaston si riferisce all’evoluzione del pensare; e mega si riferisce all’evoluzione della volontà, del fare, dell’agire. Quindi, capace di stupirsi e dedito con forza all’azione. C’è la polarità del pensare, della conoscenza, della consapevolezza, e la polarità del volere.

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Fig. 2,I

All’uomo viene detto: presta attenzione, perché ora nella visione spirituale sorge qualcosa che ti dà un compito per l’evoluzione del pensare: il compito di stupirti, di meravigliarti; così come ti dà un’occasione di evoluzione del volere, perché in questo segno viene pure indicato qualcosa da fare, da portare a compimento, da mettere in azione. Il testo dice tutto questo semplicemente con due aggettivi.

Se traduciamo: io vidi un altro segno in cielo grande e meraviglioso, cosa ne capisce l’uomo di oggi? Poco o nulla.

Grande e meraviglioso. L’uomo di oggi non capisce che la meraviglia riguarda l’evoluzione del pensare, della coscienza, della conoscenza; e mega tradotto con grande trae in inganno perché in realtà il termine è come il latino magnus. Sono le forze del volere, l’attività delle forze di volontà. Se traduciamo con grande, è totalmente scomparsa questa polarità di pensiero e volontà (e azione), di saggezza e potenza; o, se vogliamo, questa polarità di saggezza e amore, perché l’amore deve essere attivo per essere vero amore. Nella mera teoria non c’è amore. La teoria dell’amore non è ancora amore, deve diventare azione. Ecco perché abbiamo un segno meraviglioso come contenuto di saggezza, e grande come segno della volontà dell’amore che si manifesta nei fatti.

Sette Angeli, ecco il contenuto che suscita stupore e muove la volontà: i sette angeli – essi portano con sé la prove finali dell’evoluzione dell’umanità.

15,1… e avevano gli ultimi sette flagelli. Alla lettera: i sette, gli ultimi e non gli ultimi sette, nel senso che portano queste sette prove definitive, non flagelli. Dio non tormenta, ma offre la prova, che deve esserci, perché la prova è l’offerta della controforza affinché la forza del bene divenga sempre più forte. Vedremo che anche quando si parla di ira divina si cade nel medesimo malinteso, perché in greco ci sono due parole, ma le vedremo più avanti.

Qui viene detto: un segno. È qualcosa da vedere, da guardare; un segno è l’immaginazione – se si vuole – e ora comincia l’interpretazione: aha, in questa immaginazione c’è una duplicità, qualcosa che riguarda lo stupore e qualcos’altro che si riferisce all’azione, al fare, alla forza; c’è l’aspetto conoscitivo e quello volitivo.

In che cosa consiste questa visione? Sono sette Angeli che hanno le sette prove definitive, perché in loro c’è qualcosa che va a completarsi perché con essi culmina l’ira divina. Questa traduzione è veramente fuorviante, devo dirlo subito. Nel testo greco, infatti, ci sono due parole che vengono tradotte con ira: la prima è qumÒj che vuol dire sentimento, indole, non ira; e poi c’è Ñrg» che vuol dire ira, e solo in quel caso è giusto tradurla così, e vedremo cosa significa.

qumoj (Thymos) sentimento, indole

Ñrg» (Orghè) Ira

Qui, però, c’è qumoj. Ora traduco del tutto letteralmente ed è importante farlo, altrimenti veniamo fuorviati. Traduco a spizzichi e bocconi in modo che abbiate esattamente perlomeno l’impressione di quanto c’è in greco.

Verso 1: e io vidi un altro segno nel cielo, che agiva potentemente e suscitava meraviglia, sette Angeli aventi con sé – portanti – le sette prove finali, perché in essi viene portato a compimento il sentimento di dio.

Cos’è il mondo e cos’è l’evoluzione? Il cuore di Dio, l’interiorità di Dio portata all’esterno. Quindi cos’è il mondo? L’auto-espressione, l’auto-manifestazione del Creatore.

Quando noi portiamo fuori il sentimento di Dio – in greco c’è la parola sentimento – cosa si mostra di quel che c’era nello scrigno del cuore di Dio? Amore. Amore, perché Dio è amore.

Ecco perché la traduzione induce in errore, perché qui non c’è Ñrg» che significa ira, ma qumÒj ed è sbagliato confondere i due termini. Qui si parla del sentimento dell’interiorità della divinità.

L’interiorità della divinità non è ancora al termine, non è ancora compiuta quando il mondo fisico è presente, perché Dio ha in mente molto di più; a quel punto viene il mondo eterico, ma anch’esso non porta ancora a compimento ciò che c’è nell’interiorità divina; giunge poi il mondo astrale, o animico, e anche lì non c’è ancora compiutezza. Quand’è che l’interiorità divina, il sentimento divino che si manifesta all’esterno, ha il suo compimento? Quando sorgono Esseri spirituali, cioè quando nella creazione sorge il livello spirituale. Qualcosa di più alto dello spirituale, infatti, non c’è. Spirito è spirito. Nello spirituale possono esserci gradi di intensità dello spirito e l’uomo attualmente è il decimo grado del divino, dello spirituale-creativo; gli Angeli sono il nono, gli Arcangeli l’ottavo e così via, fino ai Troni, ai Cherubini e ai Serafini. Poi c’è la Trinità, il più alto livello del divino. Ma si tratta sempre di gradi del divino, ed essi sono tutti divini perché divino significa: individualmente spirituale, consapevolmente e liberamente attivo-creativo. E l’uomo partecipa già del divino.

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(V. Fig. 3,I)

Cosa contiene il sentimento divino, l’interiorità di Dio? Cosa contiene ciò che Dio ha in seno, nei suoi piani? L’amore che vuole comunicarsi. Ma l’amore può venir condiviso solo attraverso la creazione di Esseri che diventano da se stessi capaci di spirito e di amore. E per essere capaci di amore bisogna anche essere capaci di libertà, perché l’amore è possibile solo nella libertà. Senza amore non c’è libertà, senza libertà non c’è amore.

Ora si tratta di portare avanti un’evoluzione, si tratta di creare un mondo in cui l’interiorità creatrice e spirituale dello spirito divino giunga a compimento nel mondo. E quando avviene? Quando sorgono Esseri spirituali, cioè nell’umanità.

Il verso 1 dice: E io vidi un altro segno in cielo, possente e meraviglioso, degno di meraviglia, sette Angeli aventi, portanti con sé, le sette ultime prove.

Io ho proposto di sostituire la parola flagelli con prove, perché la prova, la tentazione, è la necessaria controforza. Con flagelli pensiamo subito a un castigo o a una punizione, ma Dio non castiga. Una mamma non punisce il figlio! Quando il bambino fa i capricci lei cerca di aiutarlo, magari con qualche correzione, con qualche prova o regole più strette, ma mai con la frusta. La mamma non tormenta il bambino.

Vediamo, quindi, che in quel modo di tradurre c’è l’inesorabilità del Dio dell’Antico Testamento trasferita anche nel Nuovo Testamento. Ma questo non concorda con l’Essere del Cristo, perché in Lui la divinità si manifesta quale puro amore per l’uomo e tutto quello che fa, comprese le cosiddette sette coppe dell’ira, sono dimostrazioni d’amore.

Per capire queste frasi – perché adesso si tratta delle sette coppe dell’ira – anche in questo riepilogo vediamo bene di cosa siamo debitori a un Rudolf Steiner. Una volta – verso la fine della sua vita, nell’ultimo mese in cui faceva ancora conferenze – Steiner scrisse una frase alla lavagna. Era il settembre 1924, quando Steiner comunicava i suoi grandiosi pensieri sull’Apocalisse.[5] Vorrei leggervi l’affermazione che ho già ricordato lo scorso anno,[6] una frase impareggiabile da meditare, e che si potrebbe meditare ogni giorno: «Nella sfera dell’illusione umana l’amore divino compare nella forma dell’ira divina».

Nella sfera dell’illusione umana vuol dire: dell’illusione dell’uomo quando il suo pensare è offuscato dall’egoismo, quando l’uomo vive avversione nei confronti delle prove che ha da affrontare, che sarebbero così buone per lui e che gli vengono offerte piene di amore per andare avanti. Queste prove, che sono dimostrazioni d’amore, nella sua pigrizia l’uomo le prende per ira.

«Nella sfera dell’illusione umana l’amore divino compare nella forma dell’ira divina», perché Dio può soltanto amare, e qualcos’altro è fuori discussione. Il divino consiste del più genuino amore. È evidente. O si capisce cosa vuol dire Dio, perché noi siamo stati fatti a immagine sua, oppure… e chi dice che la forza primigenia dell’uomo è la libido (Sigmund Freud, per esempio) è uno che della natura dell’uomo, della sua più intima essenza, non ha capito niente, ma veramente niente! Perché quella della sessualità è sì una forza, ma affermare che sia la più intima forza dell’essere vuol dire aver perso ogni buon senso. Tra l’altro non è neppure una forza, bensì una controforza, una necessaria controforza.

Una persona dotata di sano sentire sa che la natura più intima dell’uomo è l’amore, perché progrediamo tutti assieme solo nell’amore e senza amore andiamo tutti quanti allo sfascio – e tra l’altro lo verifichiamo in continuazione.

Quindi, Dio consiste in puro amore, e in special modo in amore per l’essere umano. Come può la divinità amare le pietre? Non si può amare ciò che è morto; si può amare l’elemento morto solo per amore al vivente, in quanto condizione necessaria per il vivente. Le pietre di per sé non sono degne dell’amore, altrimenti sarebbe degno di amore quanto è morto, e questo sarebbe un’assurdità. Il mondo vegetale per esempio, la vita è muta, incapace di movimento e di ergersi in piedi, incapace di pensare e di parlare, non può essere amata in quanto a definitività. E lo stesso dicasi per gli animali, che hanno solo sensazione senza coscienza individuale, senza libertà. Voglio dire, la triplice creazione – pietre, piante e animali – può essere amata solo per amore all’uomo, altrimenti non sarebbe degna dell’amore. Dovremmo amare il mutismo degli animali, o l’incapacità di muoversi delle piante, o perfino la morte delle pietre. Dovremmo amare mutismo, inamovibilità, insensibilità!

Degno di amore è l’uomo quale spirito libero e creatore, perché Dio stesso è spirito creatore. L’uomo è capace di amore e l’amore si può amare, perché qualcosa di più alto dell’amore non c’è. Qualcosa di più alto del pensare, della coscienza, della coscienza dell’Io, non c’è.

Se ripensiamo a tutto questo nella prospettiva dell’Apocalisse, e cioè che Dio è realmente puro amore, e che pietre, piante e animali non possono venire amati di per se stessi, arriviamo a un pensiero che Rudolf Steiner ne La scienza occulta[7] ha espresso in termini scientifici parlando dell’evoluzione: pietre, piante e animali non sono esseri separati, ma dimensioni dell’uomo. Sono aspetti dell’essere complessivo dell’uomo, aspetti che un tempo egli ha espulso per avere il compito di integrarli di nuovo nel suo essere. E proprio per il fatto che tutto il regno minerale, vegetale e animale viene umanizzato, risorge nello spirito umano e nell’amore dell’uomo. Si compie la pienezza della loro evoluzione, perché indipendentemente dall’uomo quei tre regni non possono esistere.

L’uomo è il tutto della creazione terrestre e ha il compito pensante e amante di far risorgere in lui i tre regni che solo apparentemente sono fuori di lui; ha il compito di farli risorgere nel suo spirito, nel suo amore e nella sua saggezza.

L’anelito di ogni creatura è l’umanizzazione, è il diventare uomo! Come potrebbero essere felici le pietre, le piante e gli animali senza il divenire-uomo? Dio non crea creature di seconda categoria, tutte le creature che ha creato partecipano del Suo carattere divino e se per le pietre, le piante e gli animali non fosse così, se non avessero parte allo spirito creatore quali dimensioni dell’uomo, allora non sarebbero esseri autonomi. E niente viene fatto in modo erroneo.

«Nella sfera dell’illusione umana» vuol dire: nella nostra illusione, nell’offuscamento del nostro pensare pensiamo che sia ira o punizione – e la viviamo come tale – ciò che in realtà è amore divino, perché vogliamo risparmiarci le prove. Questi sono già principi esoterici dell’evoluzione su cui, proprio nel capire sempre meglio l’Apocalisse, si può meditare per tutta una vita.

«Nella sfera dell’illusione umana l’amore divino compare nella forma dell’ira divina».

15,2 «E vidi come un mare di cristallo, mischiato col fuoco, e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo e avevano arpe divine»

Ed io vidi – per due volte compare kaˆ edon, io vidi, sia nel primo che nel secondo versetto – io vidi come æj, vidi qualcosa come: cioè egli vide qualcosa di spirituale, di sovrasensibile e ora deve prendere dal mondo sensibile un paragone, deve tradurre il percepito sovrasensibile in qualcosa che noi conosciamo, perciò dice æj (os). Os è la metodica: «Tutto l’effimero non è che un simbolo».[8] Significa che ora usa il paragone di qualcosa che è sensibile, che trapassa, e cioè il mare di cristallo come parabola transeunte del sovrasensibile, di ciò che non trapassa. Vidi qualcosa che esteriormente qui sulla Terra appare come un mare di cristallo.

15,2 E io vidi qualcosa come un mare di cristallo, mischiato col fuoco. Il mare di cristallo: se avete tempo di andare a vedere cosa dice Rudolf Steiner nell’opera 346 troverete tutti gli aspetti fondamentali che ora riassumo, e io uso le stesse formulazioni di Steiner perché sono scientifiche.

Il mare di cristallo dell’Apocalisse è una stupefacente allusione al fatto che le leggi di natura, il corso e l’avvicendarsi del tempo, non dureranno in eterno – come pensano alcuni scienziati. Sotto questo aspetto le rappresentazioni della scienza naturale sono veramente molto, molto infantili. Si dà per scontato che all’inizio, chissà quando, ma proprio al primo inizio risalendo indietro il più a lungo possibile, prima del big bang non ci fosse nulla e poi da quel momento, improvvisamente, tutta la materia sia comparsa con tutte le sue leggi di natura; e poi, irrevocabilmente prosegua per alcuni milioni di anni finché alla fine ci sarà la distruzione per morte termica o qualcosa d’altro.

In un mondo concepito in continua e costante evoluzione queste affermazioni sono pensate in modo troppo ingenuo, infantile. Come osserviamo una trasformazione in tutte le cose che ci circondano, così anche nell’ambito delle leggi naturali dobbiamo trovare il coraggio di ammettere che solo a metà dell’evoluzione esse presentano una certa durata, una certa regolarità e calcolabilità. Queste leggi naturali, però, sono sorte gradualmente e gradualmente tramonteranno. Bisogna avere una visione che abbraccia secoli e millenni, perché se guardiamo la durata della vita umana – diciamo di settanta, ottanta o novanta anni – è chiaro che il sorgere e il tramontare del sole è sempre lo stesso. Ma sarà così anche fra diecimila o ventimila anni? Questo è il problema, e non perché abbiamo constatato che per qualche decennio o per dei secoli certe leggi di natura sono costanti, non per questo concludiamo che lo siano sempre state e sempre lo saranno. Diciamolo pure, all’uomo moderno materialistico questo interessa poco, è più occupato con tutto quel che ha qui – se vogliamo essere onesti.

L’Apocalisse ci dice che quando si tratta della definitività delle sette coppe dell’ira siamo di fronte al settenario conclusivo; gli altri non lo erano ancora – le sette lettere, i sette sigilli, le sette trombe erano gradini intermedi –, ma con le sette coppe dell’ira arriviamo alla fine. Questo settenario delle sette coppe dell’ira viene contrassegnato dal fatto che le dimensioni fondamentali dell’esistenza terrestre vengono distrutte – «Cielo e Terra passeranno», con tutte le loro leggi di natura.

Questo è quanto l’apocalista offre con quest’immagine enigmatica, che però è da capire scientificamente; il mare di cristallo è un magnifico esempio del fatto che l’Apocalisse va capita sia in termini scientifico-naturali che scientifico-spirituali. Infatti il mare di cristallo è un’affermazione scientifico-naturale e scientifico-spirituale al tempo stesso.

Le leggi naturali che abbiamo oggi, le stagioni per esempio, così come ce le ritroviamo in questo lasso centrale dell’evoluzione con la loro regolarità, esprimono il momento attuale, ma vedremo subito che cominciamo a vivere nei tempi di cui ci parla l’Apocalisse. Oggi, per esempio, alla radio hanno chiaramente parlato del grado di disumanità e di distruzione in Iraq, e si ha l’impressione che nel giro di pochi anni ogni freno sarà sparito.

Mi sono detto: stiamo andando verso i tempi dell’Apocalisse con un ritmo accelerato. Senza voler seminare panico, perché non si tratta di questo e la situazione è troppo seria, una persona che stia a guardare la nostra situazione deve dirsi che le immagini dell’Apocalisse diventano sempre più attuali, si riferiscono al nostro tempo. Naturalmente solo in modo incipiente, ma è così, è proprio così. Quindi, ci sono molti aspetti che afferrati giustamente ci sono di aiuto per capire le immagini dell’Apocalisse.

Prendiamo l’inverno e l’estate come ciclo di natura – e in mezzo, naturalmente, la primavera e l’autunno, un ciclo che esiste per lo meno da alcuni millenni. Sarà sempre così? L’Apocalisse dice che il mare di cristallo è un’immagine per dire che questa polarità inizia a scomparire, perché la direzione è che il tutto scompaia, che tutta la Terra scompaia. «Cielo e Terra passeranno», quindi anche le stagioni passeranno. E l’inizio dello sparire è che le differenze cominciano a svanire.

Leggi naturali

Steiner scrive: Estate – qual è il fenomeno caratteristico dell’estate? Lo ha scritto alla lavagna:

Estate: mediante il calore “viene sciolto” ciò che è acqueo. Si tratta dello scioglimento dell’umido mediante il calore – lo si può capire.

Inverno: ciò che è liquido “viene irrigidito”

Col caldo viene disciolto e in inverno, col freddo, irrigidito. Ghiaccio e neve (Fig. 4,I).

Negli ultimi anni abbiamo visto che la neve è diventata sempre più scarsa. È un fatto fuori discussione. Se ripenso alla mia prima infanzia – allora vivevo nella pianura padana – ricordo che c’erano almeno tre mesi di neve. Tutto questo è sparito, e lo vediamo bene.

E quel che viene detto qui è che questa polarità, questa caratterizzazione delle stagioni, svanisce. Il mare di cristallo è un’immagine di come svaniscano estate e inverno quando sorge fra loro qualcosa di intermedio. Nei prossimi secoli ci sarà sempre meno un’estate vera e propria in cui il caldo scioglie tutto l’acqueo, e non ci sarà neppure un vero e proprio inverno col ghiaccio e la neve; al loro posto sorgerà qualcosa di intermedio. Si va sempre più in questa direzione come presupposto del fatto che andiamo verso la fine dei tempi dell’evoluzione.

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Fig. 4,I

Parallelamente, dall’altro lato, vediamo che nell’evoluzione spirituale siamo già al punto in cui l’essere umano, se lo vuole, grazie all’evoluzione della coscienza dell’umanità e grazie a una scienza dello spirito che è stata consegnata per la prima volta in millenni di evoluzione, può davvero metter mano alla definitività di un’evoluzione individuale, spirituale, libera. Dal lato dello spirito questo è un segno della definitività dell’evoluzione. È un segno del fatto che l’evoluzione assume sempre più il suo carattere decisivo, perché non c’è nulla di più definitivo dello spirito, dell’individualità, dell’uomo consapevole e libero. E la scienza dello spirito rende possibile all’uomo il fatto che egli viva sempre più come spirito, come individualità.

In parallelo a questo processo spirituale, sul piano della realtà fisica e naturale c’è il fatto che la Terra va verso la sua fine, verso la sua scomparsa e che le leggi di natura vengono meno; le stagioni, che erano quattro, soprattutto in quanto polarità spariscono, e lo sparire è l’inizio dello svanire. In questo sparire, infatti, l’estate e l’inverno sono svaniti, si ha una realtà mediana e questa realtà mediana sparirà con la Terra.

Quello che una scienza naturale capisce a malapena o ancor meno può sopportare, sono i gradini intermedi, cioè il modo in cui del tutto scientificamente, poco a poco, passo dopo passo, la Terra scompare, tutte le leggi di natura scompaiono. Questo non succede di botto, si tratta di processi che costituiscono una grande e complessa scienza che è giusto da avviare. E anche il sorgere consta di innumerevoli e graduali processi.

L’Apocalisse fa parte dei testi più fecondi per capire la seconda metà dell’evoluzione terrestre. Quindi, qui ci sarebbe la Terra (inizio Fig. 5,I). Fino all’evento-Cristo abbiamo la prima metà dell’evoluzione, e l’Apocalisse è la fenomenologia della fine dell’evoluzione – la radicalizzazione del bene e del male.

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Fig. 5,I

Ecco perché questo testo è adatto ad aiutarci anche in termini scientifico-naturali a capire sempre meglio cosa significa l’evoluzione della natura in queste due direzioni: o la natura risorge nell’uomo, oppure l’uomo, assieme a tutto il fattore di natura, precipita nell’abisso della bestia. Lo vedremo nella triplice caduta di Babilonia: la caduta della prostituta Babilonia; la caduta del falso profeta con la bestia; e la terza caduta, quella di Satana. Troveremo tutto questo nel prossimo capitolo dell’Apocalisse e occuperà un posto centrale nei lavori di questo nostro incontro.

Un mare di cristallo: cristallo e acqua, solidità e liquidità in una cosa sola, e penetrabile dallo sguardo. Il solido e il fluido diventano un’unità e diventano trasparenti. Vedete come qui venga espresso che nel tutto scompaiono le differenze: diventa trasparente come il cristallo, come il diamante per così dire, e allora la creazione diventa spirituale – «Cielo e Terra passeranno». Partendo dal basso, se si vuole, abbiamo:

terra, quindi durezza e fluidità, le due realtà del piano di sotto; e poi

• aria e calore, i due del piano superiore.

I due di sotto, riassunti con mare di cristallo, e i due superiori, il fuocopàr – si uniscono, vengono mischiati: Io vidi come un mare di cristallo mischiato col fuoco.

fig_6,1.jpgFig. 6,I

Abbiamo i quattro elementi, perché il fuoco sulla Terra non è possibile senza l’aria. Prendiamo il fuoco che ha dentro di sé quel che ha carattere di aria. I quattro elementi, quelli che nel centro dell’evoluzione hanno reso possibile la nostra evoluzione in quanto separati e distinti, ora diventano un’unità.

Un mare di cristallo mischiato col fuoco è l’inizio della fine dei quattro elementi, perché essi restano quattro finché possiamo distinguerli l’uno dall’altro. Lo stato solido non è fluido e viceversa, c’è un confine fra loro, un salto. Gli antichi hanno sempre sottolineato questo salto perché fluido non equivale ad aereo, a gassoso; e aria non equivale a calore. Ora, invece, il tutto scompare, il tutto si confonde in un mare di cristallo.

Sottolineo ancora una volta che l’apocalista si riferisce non solo a realtà spirituali, ma al modo in cui la natura si evolve! E ora giunge un tempo in cui l’uomo ha omesso una certa evoluzione – possibile solo quando i quattro elementi erano distinti –, giunge un tempo in cui questi quattro elementi vengono riunificati e questa evoluzione non sarà più possibile. Nella nuova Gerusalemme, lo stadio evolutivo che Steiner chiama Giove, ci saranno condizioni del tutto diverse. Su Giove quell’evoluzione che potè avvenire in modo specifico sulla Terra proprio grazie ai quattro elementi ben distinti fra loro, non sarà più possibile. Così come ci è stata possibile sulla Terra, l’evoluzione non lo sarà mai più.

Con l’Apocalisse viene detto all’uomo: «Caro mio, guarda che non avrai a disposizione i quattro elementi all’infinito. Usa il tempo in cui li hai a disposizione nella loro quadruplicità, perché verrà il momento in cui questa quadruplicità scomparirà. L’evoluzione animica e spirituale che tu puoi fare grazie a questo fondamento poi non sarà più possibile».

E noi, cari amici, viviamo agli inizi di tutto questo, proprio all’inizio. Lo vediamo – e non so se sono l’unico, ma intendo sottolinearlo – che le stagioni stanno retrocedendo nella loro caratterizzazione. Quando mai abbiamo avuto, improvvisamente, per quasi tutto dicembre o anche gennaio ben 15 gradi di temperatura, se non di più? Io credo che cinquant’anni addietro sarebbe stato del tutto impossibile. Qualcosa sta cambiando nella natura. E perché no? La realtà fisica non è eterna. Lo spirito è eterno, non il fisico. «Cielo e Terra passeranno».

Voglio solo dire, si resta sbalorditi non solo di quanto sia attuale l’Apocalisse quando la si capisce giustamente, ma anche di come ci sia utile per capire sul serio l’evoluzione. E questo può essere solo confortante.

Il fatto che i quattro elementi scompaiono è forse un flagello? È l’ira di Dio? È brutto da parte sua? Cari amici, cosa sarebbe l’alternativa? Che tutto resti tale e quale in eterno, ma in questo caso non ci sarebbe evoluzione, tutto sarebbe sempre uguale. E questo pensiero l’hanno pensato le religioni e le culture prima di Cristo, proprio perché non era ancora sorta la coscienza di essere indaffarati in un’evoluzione. Evoluzione significa: c’è un inizio e una fine.

Se nell’evoluzione dell’uomo si ripetesse sempre tutto uguale, vivremmo nell’eternità, non nell’evoluzione; non ci sarebbe neanche omissione e non ci sarebbe libertà.

Le leggi fondanti del processo evolutivo si basano sulla libertà. Per rendere possibile la libertà si deve far così, e non ha niente a che vedere l’ira divina, il flagello o la punizione, ma solo l’amore alla libertà. Perché la libertà sia possibile debbono esserci queste leggi. Deve esserci la possibilità di omettere, e non può esserci un recupero eterno. Una recuperabilità in eterno significa che non c’è nessuna libertà. Poter recuperare in eterno vuol dire che le nostre azioni non hanno mai conseguenze, ma se tutto è recuperabile per l’eternità, allora è tutto sempre a posto e niente va storto. La cosa, però, diventerebbe noiosa. Non ci sarebbe libertà!

Quindi, l’evoluzione alla libertà è la chiave per comprendere l’amore divino, perché noi capiamo proprio grazie alle leggi dell’evoluzione. Lo stesso buon Dio non può trattare in modo arbitrario le leggi della libertà. La libertà implica leggi, altrimenti non c’è nessuna libertà. Dio non può decidere che un triangolo abbia quattro angoli. È nella sua libertà averne uno così? No, se ne vuole quattro, deve avere un quadrilatero. Se vuole un triangolo deve anche ammettere che abbia tre angoli, e non quattro.

Se avesse voluto un’umanità senza libertà, bene, era libero di farla, ma ha creato un essere umano secondo il criterio della libertà che ha le sue leggi, e il buon Dio non le soverchia. Le ha volute così, liberamente. E per noi va tutto bene quando le portiamo a coscienza e le confermiano pienamente smettendo di parlare di ira divina, perché questo è illusorio. È un’illusione. A causa dell’illusione degli uomini gli esseri umani vivono il genuino amore di Dio come ira. E noi abbiamo messo in auge un cristianesimo dell’ira divina; questo è vecchio Testamento, non c’entra niente col cristianesimo.

Verso 15,2: ed io vidi qualcosa come un mare di cristallo, mischiato col fuoco, e tutti gli spiriti umani che avevano vinto nella lotta contro la bestia e la sua immagine, ed erano diventati vincitori sul numero del suo nome, che stavano ritti˜stîtaj –, stavano diritti sul mare di cristallo, e avevano le arpe divine. – Capacità di vincere sulla bestia e sulla sua immagine.

Di nuovo: Ed io vidi, ed era come un mare di cristallo, mischiato col fuoco, e coloro che avevano vinto contro la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, essi stavano sopra il mare di cristallo – in greco c’è sopra, ™pˆ t¾n, perché è spirituale – e avevano le arpe di Dio. Ancora una volta, ma ne abbiamo già parlato anche nelle due settimane precedenti, la bestia e l’immagine della bestia sono le controforze dell’uomo. Detto in sintesi: la bestia è il materialismo, le forze di natura che rendono l’uomo non-libero quando questi si vota loro, si abbandona loro, e l’immagine della bestia è lo spiritualismo. (V. inizio Fig. 7,I) Al materialismo è imparentata l’astrazione. Anche lo spiritualismo è astrazione, perché significa avere lo spirito solo in astratto.

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Fig. 7,I

Cosa vuol dire astrazione? Cosa vuol dire il pensare astratto dell’umanità odierna? Avere lo spirito solo come immagine, e nessuna realtà invece della realtà dello spirito, avere soltanto la sua immagine. (Fig. 7,I)

Quindi, mondo della rappresentazione e impulsi, istinti. Bestia e immagine è un uomo che consiste di istinti – questa è l’essenza dell’animale – e di rappresentazioni, senza realtà (solo rappresentazioni, immaginazione, astrazione, razionalità escogitata). E questa razionalità, questo limitarsi alla rappresentazione, questo essere metaforici in cui non c’è nessuna realtà dello spirito viene usata per rendere sempre più forte la misura dell’istintuale. Lo spirito – questo spirito messo al servizio dell’anima – viene usato per soddisfare il corporeo, gli istinti, gli impulsi, le brame.

Si fa una guerra per impadronirsi dei pozzi di petrolio. Cosa vuol dire che si fa una guerra per avere i pozzi di petrolio? Che si usa la metafora dello spirito – quanto si ferma alle rappresentazioni –, si usa quest’intelligenza dell’anima per avere qualcosa di materiale.

Detto in un altro modo, l’abisso della bestia è un uomo che consiste di solo corpo, o di corpo e anima, ma senza spirito. L’immaginazione è l’animico – niente affatto spirito, solo l’animico –, e ciò che è animalesco è la forza del corpo, della natura, degli impulsi naturali; impulsi naturali e immaginario animico. In questo senso ho parlato di materialismo e astrazione, di materialismo e spiritualismo.

Ricorro a un altro esempio che ho fatto spesso: il manager finanziario che uscito dall’ufficio passa nella stanza accanto e sulla sua stuoia fa bellissime meditazioni trascendentali, o zen, o buddiste. Cosa avviene? Immaginazioni, rappresentazioni, goduria animica, immagini. Ha solo immagini senza incidenza nella vita, perché altrimenti sarebbe spirito e non solo immagini. Sono immagini senza forza, e dopo una mezzora il nostro uomo torna nel suo ufficio e lì, coi suoi numeri, saccheggia l’umanità col potere del denaro; ora abbiamo l’animalità, l’istintualità, e le due cose viaggiano in parallelo.

Solo lo spirito afferra creativamente la materia nel mondo, e purifica tutto ciò che è corporeo e animico spiritualizzandolo.

Intervento:

Archiati: sì, ma è un uomo che non vive, non sperimenta lo spirito. Ha soltanto immagini dello spirito, e questo è anima, un mondo di rappresentazioni, non un mondo di concetti, perché i concetti intervengono nella realtà.

Intervento:

Archiati: esatto. E questo è anima; rappresentazione è anima, non spirito.

Quindi, in questo secondo versetto: E vidi come un mare di cristallo mischiato col fuoco, e coloro che avevano vinto, si parla di battaglia, di lotta, di contrapposizione e di vittoria; l’immagine del vincere. Non c’è evoluzione senza lotta, senza scontro, senza forza e controforza. Solo con la comodità non c’è evoluzione, perché l’uomo, soprattutto dove le cose si fanno difficili – e qui sì che c’è il meglio! – ha sempre la tentazione di pensare: «Oh, come sarebbe più bello essere tutti amorevolmente concilianti. I contrasti non vanno bene, sono sempre tinti di egoismo». La poltroneria – e l’abbiamo tutti – porta subito l’essere umano a mettere sotto sospetto ogni contrasto. Molte persone concludono che la contrapposizione non va bene, che sarebbe meglio se si potesse evitare.

Diciamo allora che sono possibili due estremi, entrambi da evitare: un estremo è non volere nessuna contrapposizione – il che sarebbe più comodo – e quindi poca o nessuna evoluzione; l’altro estremo è voler solo contrapposizione nel senso che non si aspira a superarla, c’è solo il gusto del contrasto e nessun amore per l’uomo. In mezzo tra i due ci sarebbe l’affrontare volentieri ogni conflitto previsto dal karma in vista del suo superamento, del suo scioglimento e l’andare avanti.

Si possono affrontare le contrapposizioni con amore, per amore dell’uomo, di ogni uomo. Quindi, né evitare il contrasto e né essere astiosi, sgradevoli nel conflitto; si può serbare la forza dell’amore come forza conducente tutte le volte che la contrapposizione si ripresenta come prova necessaria, come presupposto per il suo superamento, per diventare sempre più forti. Possiamo già ricavare l’impressione che ovunque (in ditta, in famiglia, anche nella vita di coppia) l’arte più importante da imparare sia l’arte del contrasto, come si possa forgiare in un modo pieno di amore. Si tratta di capire che ci sono due estremi da evitare: il fuggir via dalla contrapposizione perché l’impresa viene subito fatta passare come negativa; e dall’altro lato, quel continuare a insistere non tanto per superare il conflitto, quanto per il gusto di competere – perché il lottare è un mezzo, non è fine a se stesso. Trovare sempre l’equilibrio fra i due estremi è una grande arte. È fuori discussione, infatti, che a tutti i livelli dell’esistenza nasca sempre più conflitto.

Torniamo alla nostra immagine: coloro che hanno vinto la bestia, la sua immagine e il suo nome – il nome è l’essere della bestia, lo vedremo domani –, in questo contrapporsi, in questa guerra, in questa lotta contro la bestia e contro la sua immagine sono contenute tutte le lotte.

Quando due persone vanno in bestia cosa succede? Che ognuno è in lotta con la bestia che ha dentro di sé, con l’egoismo che ha in sé. Perché ognuno deve combattere solo con se stesso. La lotta contro gli altri è solo un esternare un conflitto che c’è sempre dentro di sé. E il conflitto dei conflitti, la lotta di tutte le lotte, è la contrapposizione tra l’io inferiore (materialismo e astrazione) e l’Io superiore (spirito e amore, saggezza e amore). Questo è il conflitto che infuria sempre a tutti i livelli della vita.

Vi auguro una buona notte. Domani proseguiremo.

Seconda conferenza
giovedì 18 novembre 2004, mattina
vv. 15,2-4

Cari amici,

vi auguro una buona giornata e spero, ma ne son sicuro, che passeremo insieme delle belle ore con l’Apocalisse, perché il testo è davvero ricco.

Cominciamo con un pensiero introduttivo: l’Apocalisse è un testo che presuppone un forte interesse del cuore per l’evoluzione dell’umanità e per la storia dell’uomo e della Terra, il che oggi non è scontato, perché viviamo in un tempo di indifferenza e di superficialità. Non siamo ancora nel momento evolutivo in cui avviene il peggio, il male – per fortuna, non ancora. Questo è solo il primo livello. Il secondo livello del male è quando gli uomini cominciano a fare il male consapevolmente.

Il primo gradino dell’evoluzione negativa – e ci siamo dentro in pieno – è l’omissione del bene. Questa è una faccenda dell’individuo, perché l’omissione del bene non avviene a livello di gruppo. L’animico viene dato agli uomini in termini di gruppo, ma la realizzazione o l’omissione del bene è un’impresa del singolo. Ognuno può cominciare solo in proprio a esercitare il bene, cioè a esercitare le qualità positive dell’umano, ad amarle e favorirle in ogni uomo, e ognuno può solo in modo individuale omettere quanto viene offerto a ogni essere umano quale potenzialità in divenire.

La realizzazione dell’umano, così come la sua omissione, avviene quotidianamente, ora dopo ora. Di tanto in tanto, ovviamente, si presenta un risultato globale, ma il risultato davvero complessivo nell’evoluzione della libertà è sempre l’integrale delle infinite realizzazioni della libertà o delle omissioni della libertà che avvengono di giorno in giorno, di ora in ora, di minuto in minuto.

Ieri abbiamo visto che la difficoltà della scienza naturale materialistica consiste nel fatto che la totalità evolutiva non viene colta a sufficienza. Mancano gli strumenti di pensiero per comprendere la totalità dell’evoluzione nella sua completezza.

Questi sarebbero i piccoli passi dell’evoluzione (Fig. 1,II). Tutto, lo sprofondare dell’umanità nel mondo della materia come anche il suo risorgere – o la possibilità di sprofondare nell’abisso del male – viene compiuto passo dopo passo. Di tutto questo la scienza naturale conosce ben poco, perché si limita a conoscere questo tratto centrale (Fig. 1,II) dove le leggi naturali sono costanti: questo è ciò che conosce la scienza. E il modo in cui queste leggi naturali sono sorte, il modo in cui agiscono – l’azione nel regno minerale, vegetale e animale –, e come questi modi di operare della natura andranno via via sparendo, non lo conosce affatto e non può conoscerlo, perché nelle sue ricerche ha tagliato fuori tutto quel che non è sensibile. La scienza naturale ricerca solo il sensibilmente percepibile, solo che il sensibilmente percepibile è sempre il riflesso, il risultato di quel che avviene nel mondo della vita, nel mondo animico e nel mondo spirituale. Qui (Fig. 1,II) ci sono le cause, e qui, nel mondo naturale, in ciò che è sensorialmente percepibile, ci sono solo gli effetti.

fig_1,2.jpgFig. 1, II

Perciò la scienza della natura attende di essere completata da una scienza dello spirito che rende possibili all’uomo conoscenze più ampie – si pensi soltanto a La scienza occulta di Rudolf Steiner in cui la scienza naturale viene completata con la descrizione di questo graduale sorgere e divenire dei regni di natura. L’Apocalisse è il testo classico che ne descrive l’accesso, descrive l’evoluzione al suo compimento sia nella direzione del bene sia nella direzione dell’omissione del bene.

Se una persona ha interesse solo per quanto succede qui, diciamo nel mezzo (Fig. 1,II) – storicamente si tratta di due, tre millenni, visto che ci sono i documenti, mentre prima ce ne sono ben pochi –, perché ci si interessa solo a come guadagnare più soldi nei prossimi dieci anni, a dove si passeranno le vacanze e se si hanno più prospettive materiali di altri e via dicendo, sarà difficile che abbia un trasporto per un testo come l’Apocalisse. Questo testo presuppone che ci si interessi non solo a quel che succede adesso, ma che ogni passo venga compreso nel contesto del tutto per capire gli eventi attuali e lavorarci in modo umano.

È esattamente come nell’organismo. L’evoluzione complessiva e totale è un organismo, e questo è un pensiero, è un’unità. È impossibile afferrare un passo nel momento centrale dell’evoluzione senza sapere qual sia lo scopo del tutto. E il tutto è il divenire-Io dell’uomo. Chiamatelo come volete, tanto ci siamo capiti. Questo è il tutto dell’evoluzione. E ogni più piccolo passo ha un senso soltanto come passo nella direzione di un crescente divenire-Io.

Se capisco la totalità del progetto, dell’organismo, allora comprendo il senso di ogni singolo passo. Subito prima di Cristo, per esempio, posso vedere l’impulso di Mosè. Cosa accadde allora? Non capirò mai la legge mosaica, i dieci comandamenti, a meno che io non li prenda nella dinamica complessiva del divenire dell’Io. Mosè deve avere a che fare con questa dinamica, oppure non ha niente a che vedere con l’evoluzione dell’umanità. Questo è il punto, perché tutto quel che ha a che fare con l’evoluzione dell’umanità deve avere a che fare col diventare-Io.

Quindi, la scienza dello spirito ci offre le chiavi per vedere tutti i fenomeni singoli dell’evoluzione nel contesto della totalità. È come nell’organismo: se voglio avere a che fare col fegato o col rene io devo sapere non solo dove sta – il che sarebbe facile, forse –, ma devo sapere qual è la sua funzione e come si rapporta alla totalità dell’organismo. Questo è importante. La povertà dell’umanità attuale consiste nel fatto che non avendo uno sguardo sulla totalità, si guarda in modo frammentario; nell’isolamento si vedono sempre solo i singoli aspetti, e allora l’essere umano perde le speranze perché non coglie il senso.

L’uomo è uno spirito, e lo spirito non può vivere senza senso. Essere uno spirito significa cercare un senso, perché senso è l’illuminazione dello spirito. Per dirlo con altre parole: perfino il senso delle cose più piccole è comprensibile soltanto se, anche solo incipientemente, si ha un’idea del tutto, perché ogni singolarità, anche la più piccola, ha un senso solo nel tutto.

Altra questione sarebbe se qualcuno dicesse che la cosa non gli interessa: «Per me è più importante cosa mangio a pranzo!». C’è qualcosa da dire su questo? Per uno così è difficile, anzi, vorrei dire impossibile vivere il sentimento della felicità umana, perché l’uomo può essere felice solo come spirito. L’uomo può essere felice solo quando ha afferrato il senso del tutto, e quando il tutto diventa sempre più ricco di significato per lui. Solo che non si può obbligare nessun essere umano a interessarsi al tutto.

Che cosa può essere di aiuto? Partiamo dall’ipotesi, e lo auguriamo a ogni uomo, di avere un interesse sempre crescente per il tutto, perché ogni fatto singolo, ogni particolare ha un senso solo nella totalità. Totalità significa anche che tutti gli uomini sono fatti di un corpo, di un’anima e di uno spirito, e che o noi veniamo salvati tutti insieme, oppure andiamo tutti insieme nell’abisso. Da questo deriva, per esempio, che l’umanità è una unità – ora lo presuppongo perché sono tutti aspetti che tratteremo ancora. Ora creo un contesto generale per poi scendere nei dettagli, quindi facciamo questo esercizio: osserviamo una veduta complessiva e poi andiamo nei particolari.

Se è vero che l’umanità è una unità, alla fine dell’evoluzione abbiamo Terra-4 (Fig. 2,II), e poi ancora tre gradi evolutivi della Terra. Perché ce ne devono essere ancora tre? Perché “i buoni” salgono verso l’alto (capite cosa s’intende), e quelli che precipitano nell’abisso della bestia sono i “non-uomini”, quelli che hanno disfatto la loro umanità.

Può essere definitivo tutto questo? Se l’umanità consiste di un corpo, di un’anima e di uno spirito, non può essere definitivo. Se qui ci fossero persone, esseri, che gioiscono – alleluia, lo vedremo – che qualcuno alla fine venga definitivamente gettato nell’abisso, non potrebbero essere buoni uomini. Sarebbe assurdo! Quindi, sarebbero spiriti che non hanno capito che il corpo spirituale del Cristo è indivisibile. Perciò, i “buoni” vivranno un tale sbalordimento – usiamo termini umani, ma ci capiamo –, un tale sbigottimento di fronte a quelli che finiscono nell’abisso, da dirsi: «Non siamo stati abbastanza buoni per portarli con noi; devono avere un’altra possibilità ancora, e poi ancora un’altra, così che questa lotta prosegua».

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Fig. 2, II

Quel grido di gioia, quell’alleluia – lo vedremo nell’Apocalisse – è il grido di gioia degli esseri spirituali luciferici. Loro possono gioire che finalmente alcuni siano gettati nell’abisso, così lo strapazzo del conflitto è finalmente finito. Gioire della conclusione del confronto evolutivo è pigrizia, è disumano. Questa è una delle grandi tentazioni: voler diventare belli buoni perché finalmente i malvagi sono stati sbattuti via. Questi sono tutti misteri veramente profondi che l’Apocalisse dice in modo bello e buono.

Significa che il processo deve proseguire: Terra-5, se vogliamo, è la Nuova Gerusalemme, la Terra nuova; Steiner la chiama Terra-Giove. Poi verrà Terra-6, perché col sei – 666 – i giochi sono definitivamente fatti.[9] In questo ciclo complessivo dell’evoluzione terrestre, soltanto a metà di Terra-6 ha fine la contrapposizione tra bene e male, perché questa linea qui (Fig. 2,II), se volete, può indicare anche lo stadio di Saturno, quello del Sole, quello della Luna e quello della Terra, e poi lo stadio di Giove, quello di Venere e quello di Vulcano, come li chiama Steiner.

Quindi noi viviamo in una poderosa gettata dell’evoluzione, una gettata divina, e quel che succede in un giorno, in un’ora, ogni particolarità, ogni più piccolo dettaglio, possiamo capirlo sempre meglio per afferrare sempre meglio il tutto.

Ieri, riguardo al mare di cristallo misto a fuoco, abbiamo visto che le leggi di natura – la quaterna degli elementi – cominciano a venire disfatte. Il fuoco (cioè il calore) e il solido non si trovano più così nettamente separati, ma cominciano a mescolarsi al punto che anche le stagioni non sono più sperimentabili in modo chiaramente pronunciato.

15,1 E vidi un altro segno nel cielo, grande e meraviglioso: sette Angeli che avevano gli ultimi sette flagelli, perché mediante essi si compie l’ira divina. Tutto questo l’ho spiegato ieri.

15,2 «E vidi come un mare di cristallo, misto col fuoco, e coloro che avevano vinto nei confronti della bestia e della sua immagine e del numero del suo nome, stavano ritti sul mare di cristallo e avevano le arpe divine»

L’arpa, uno strumento musicale, è un’immagine. Quando facciamo l’esperienza musicale, la musica è come un’interiorità animica, un vissuto, che diventa sperimentabile all’esterno. La musica non ha nulla a che fare con la metafisica o con la logica: è un vissuto, una faccenda del sentire.

Qui (Fig. 3,II) abbiamo l’uomo, tracciato in modo molto schematico. L’uomo è tripartito: abbiamo il sistema dei nervi e dei sensi che culmina nella testa; abbiamo le membra con cui l’uomo compie qualcosa, il volere e le azioni; e infine, nel mezzo, abbiamo il sentimento.

Quali strumenti musicali hanno un più diretto riferimento coi nostri impulsi volitivi, quindi con la volontà in quanto qualità dell’anima? L’anima consiste di tre forze fondamentali: quelle del pensare, del sentire e del volere. Questo è tutto anima. Quando la volontà si traduce in un’azione, allora diventa materiale, corporea, ma in quanto volontà è interiore. E l’interiorità dell’anima è pensare, sentire, volere.

Negli strumenti musicali, dove sperimentiamo in modo evidente il pulsare, il martellare del volere? Ci viene subito in mente il pianoforte. Un pezzo al pianoforte ci pare più legato al pensare o al volere? Più legato al volere. Siete d’accordo?

Intervento: la batteria.

Archiati: bene, nella batteria c’è ancora più volontà, è volontà pura.

Intervento: ma anche le trombe e strumenti simili.

Archiati: scrivo qui, le trombe. Ma notate bene che queste sono meditazioni.

Intervento: gli strumenti a fiato.

Archiati: sì, e con che cosa si soffia? Col capo. Qui invece abbiamo le arpe; sono uno strumento del cuore, molto chiaramente, uno strumento a corde.

Strumenti a fiato, a corde, a percussione. Nel pianoforte abbiamo sempre un martellamento. Si pensi al martelletto del pianoforte, e se osservate cosa succede dentro, si tratta sempre di colpi, puri impulsi di volontà che agiscono anche nelle dita.

Dunque rispetto ai tre ambiti, dove si tratta dell’evoluzione nel pensare, dell’evoluzione nell’amore, nel sentire, e dell’evoluzione nel volere, nelle azioni, l’arpa è situata nel mezzo, è la mediazione; proprio perché nell’evoluzione futura ogni uomo deve prestare attenzione – Rudolf Steiner lo dice in molte conferenze – che il grande pericolo, la controforza dell’evoluzione è che l’essere umano venga dissociato: diventa sempre più istintivo nei suoi impulsi volitivi, si busca le martellate della natura sentendone l’implacabilità delle leggi e quindi, da un lato si dà all’inesorabile martellare degli istinti – perché l’istinto picchia come un martello –, e dall’altro lato fa bellissimi spiritualismi nel mondo dei sogni.

fig_3,2.jpgFig. 3, II

Istinto e spiritualismo. E il pericolo non sta solo nel fatto che ci siano esseri umani che diventano belli spirituali e godono di potersi librare per aria e che ce ne siano anche altri del tutto istintivi che godono nel vivere gli impulsi di natura, ma che lo stesso uomo abbia entrambi gli aspetti: egli perde il cuore che media, perde l’amore come mediazione tra spirito e materia. In cosa consiste la mediazione tra spirito e materia? Nel fatto che tutto ciò che è spirituale ama la materia, e che tutta la materia ama lo spirito.

Come fa lo spirito ad amare la materia? Come facciamo noi l’esperienza che lo spirito ama la materia? Tramite il fatto che non mi permetto mai di pensare anche un solo pensiero senza che questo pensiero sia operare da qualche parte sulla Terra: ogni pensiero per essere davvero umano, per portare in sé amore alla Terra, deve realizzarsi, altrimenti è pura goduria animica, afferra soltanto l’anima e se ne torna di nuovo nello spirituale. Ogni pensiero è davvero umano quando ha la forza, ha l’impulso amante della Terra e dell’uomo di realizzarsi, di trasformarsi in un’azione terrestre. Allora è umano e favorisce l’umano, perché è amore per l’uomo.

E tutto ciò che è terreno, un pranzo o una passeggiata per esempio, è veramente umano se non resta solo un’esperienza di qualcosa di materiale; è veramente umano quando attraverso ogni esperienza, attraverso ogni percezione sensibile, l’uomo cerca lo spirito. E qui, nel fisico, nell’elemento terreno, trasforma una percezione sensibile in un frammento di spirito, in un’esperienza spirituale. In un concetto, per esempio: ogni percezione viene trasformata in un concetto.

L’uomo trasforma le percezioni in concetti, questo è l’amore della materia allo spirito attraverso l’uomo, attraverso il cuore dell’uomo. Ma a quel punto, in ogni percezione devo veramente avere l’aspirazione a sperimentare, vedere, confermare lo spirito, l’eterno.

Anche quando ciò che percepisco è una persona del tutto impossibile, per esempio, che mi rende tutto difficile, si tratta sempre di una tensione a cogliere l’insopportabile, il difficile, nell’eternità, nel lottare di questo spirito umano verso un’ulteriore evoluzione, perché come uomo ognuno è spirito, e ognuno lotta per un’evoluzione ulteriore.

Fare l’esperienza dello spirituale nella materia è il modo specifico in cui tutto ciò che è materiale viene spiritualizzato dal cuore dell’uomo e mediante l’amore umano. E tutto lo spirituale, le belle teorie, le idee – quindi l’immagine primigenia di ciò che comincia nel puro spirituale – costituisce l’ideale. L’ideale inizia puramente spirituale, ma viene umanizzato, diventa del cuore, passa per il cuore dell’uomo per il fatto che vien fatto oggetto di cura e, per quanto modesto, s’incarna. Il divenire uomo è possibile solo nell’incarnazione, perché l’uomo è uno spirito incarnato, non un Angelo o un puro spirito.

La nostalgia di essere un puro spirito, di non aver niente a che fare con le difficoltà della materia è una delle più grandi tentazioni, perché allora l’uomo perde la sua umanità. Se cede alla lusinga di essere sempre più spirituale incomincia a provare avversione nei confronti della materia. E questa avversione è l’inizio della disumanizzazione dell’umano, perché l’uomo può evolversi soltanto nel confrontarsi continuo dello spirito e della materia. È l’essenza stessa dell’uomo questo contrapporsi di spirito e materia. Egli perde se stesso quando ha la tentazione di essere puro spirito, e perde altrettanto se stesso quando cerca di svilupparsi in modo puramente materiale, nel materiale puro.

Avremmo ancora molte cose da dire su questo. Abbiamo la bestia e la sua immagine. Ieri ho proposto: la bestia è la materia, l’elemento materiale. Ora ho di nuovo da questa parte la bestia, il materiale (inizio del disegno), e la sua immagine è lo spirito svolazzante, il mondo delle rappresentazioni.

La bestia sta per tutto quel che è pura natura nell’uomo, ma pura natura significa:

• le forze che operano nel minerale – le forze di morte;

• le forze che operano nelle piante;

• e anche le forze che operano negli animali.

Cioè mineralizzazione, pura crescita vitale, e puro auto-godimento nella sensazione: questo è il mistero della bestia nell’Apocalisse.

Cos’ha la bestia in sé? La bestia ha in sé tre parti costitutive (Fig. 4,II): l’uno è il minerale; il due è il vegetale – perché ogni essere superiore presuppone gli altri; e la bestia è il tre, l’animico. L’animale ha il minerale in sé (lo scheletro e così via – parliamo degli animali superiori); ha forze di crescita in sé come le piante; e ha sensibilità, un’anima. L’animale è allora l’essere animico.

L’uomo è qualcosa di completamente diverso, perché presuppone queste tre parti costitutive, ma ne ha una quarta, e questa è lo spirito, questa è la libertà; nell’uomo c’è in più il fattore di libertà. Nell’animale non c’è libertà, nell’animale c’è

• determinismo di natura quanto a mineralizzazione, forma;

• c’è determinismo di natura quanto a metamorfosi; e

• c’è determinismo di natura quanto a sensazione.

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Fig. 4,II

Come sprofonda l’uomo al livello della bestia? Per il fatto che mineralizza sempre più il suo pensare, il suo spirito, rendendolo meccanico. Il fattore meccanico è la morte, e l’umanità di oggi sperimenta molte realtà in cui lo spirito viene meccanizzato, automatizzato – vedi internet, i computer, tutte le macchine di cui disponiamo. Invece di diventare sempre più viventi, sempre più creativi nello spirito, e siccome è più facile, nell’umanità ci sono tentativi enormi di mineralizzare lo spirito, di meccanizzarlo, di automatizzarlo. Lo spirito diventa sempre più meccanico, morto, e l’anima si vegetalizza sempre più. Qual è la legge fondamentale dello stato vegetativo? Il sonno. La pianta è un essere che dorme. E cosa accade nel corporeo? Il corpo diventa sempre più istintivo. Quindi, lo spirito viene mineralizzato, l’anima viene vegetalizzata e il corpo viene animalizzato, diventa sempre più istintivo – puri impulsi, pure brame, questo è il divenire animale dell’uomo. È un processo pienamente in corso, solo che bisogna prenderne coscienza.

Su questo ternario Rudolf Steiner ha tenuto molte conferenze in cui descrive in modo esplicito come stiamo mineralizzando lo spirito, il pensare come lo meccanizziamo sempre di più e lo uccidiamo; come addormentiamo sempre di più l’anima, la quale vegeta soltanto invece di diventare sempre più sveglia; e come la nostra corporeità diventa sempre più irruente nella sua animalità, perché gli istinti, le brame del corpo (impulsi sessuali, autosoddisfacimento, eccetera), agiranno in modo sempre più animalesco, cioè con assoluta coercizione, con irresistibile cogenza, così come il corporeo, l’istinto, opera nell’animale. In tal modo l’essere umano ha sempre meno possibilità di servirsi sia del suo spirito, sia della sua anima, sia del corpo come strumenti della libertà.

Ora torniamo a quest’immagine (Fig. 4,II): la bestia è questa triplicità, e la sua immagine sono le belle teorie che l’uomo si costruisce. Materialismo, la bestia: venir afferrati dalle tre leggi del minerale, del vegetale e dell’animale. Tutto questo diventare puro essere di natura dell’uomo viene riassunto nella parola bestia. Dall’altro lato abbiamo lo spiritualismo, le belle teorie che non approdano da nessuna parte; ideali che servono solo alla goduria dell’anima come risarcimento, come pausa per riprendere fiato ed essere in grado di vivere ancora qualcosa di bello, ma niente che poi afferri la realtà quotidiana. Questa è la scissione dell’uomo, perché manca la mediazione, il centro, la regione del cuore dove lo spirito ama la materia e la materia ama lo spirito.

Ho un po’ calcato le tinte per chiarire in che senso l’arpa sia lo strumento del centro, dell’impulso del cuore, dell’amore, quale mediazione presente tra spirito e materia.

E quest’azione del cuore, questo organo di mediazione, di riconciliazione tra mondi, questo organo del Figlio di Dio, del Cristo quale riconciliazione tra spirito e materia, suona con le arpe, quindi il senso dell’evoluzione viene cantato con le forze del cuore. Naturalmente quando compare un canto, il canto ha una giustificazione solo se vi viene rappresentato il senso complessivo di tutta l’evoluzione.

Già il fatto che sia un’arpa ci dice subito: stai attento, il senso è la riconciliazione. Il senso dell’uomo è la conciliazione di spirito e materia, di Cielo e Terra. E si tratta di un lungo, immenso processo evolutivo. Si tratta di riconciliare ogni giorno, ogni ora, in modi sempre diversi e del tutto individuali questi mondi, e di unirli l’un l’altro così che si favoriscano reciprocamente.

15,2 … e avevano arpe divine, le arpe divine sono la spiritualità di Dio, i pensieri di Dio sul progetto evolutivo. Le arpe divine: i pensieri di Dio diventano l’interiorità del cuore dell’uomo. Arpe divine vuol dire che con le arpe i pensieri divini vengono umanizzati, vengono resi calde occasioni del cuore dell’uomo. Ma sono arpe divine.

Significa che il canto, il motivo che ora udiamo, porta a espressione i pensieri divini, cioè il piano divino dell’evoluzione a partire dal cuore dell’uomo, a partire dalla spiritualizzazione dell’anima umana.

15,3 «e cantavano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell’Agnello»

Traduciamolo nel nostro linguaggio: cantavano un canto che è duplice: Mosè e l’Agnello. Mosè il servo di Dio: servo di Dio è un attributo di Mosè, non viene aggiunto qualcos’altro. Quindi sono solo due impulsi: Mosè e l’Agnello.

Diciamo così che l’evoluzione – lo abbiamo ripetuto spesso – ha una svolta; la prima metà è più nell’andare in giù, il peccato originale, se vogliamo. E la prima metà è il conseguimento dell’autonomia egoistica. La seconda metà è per conseguire l’autonomia piena d’amore. Significa che nella prima metà si diventa capaci di individualità solo grazie al fatto che si diventa egoisti fino al punto in cui si respinge ogni conduzione dal di fuori, ma appena l’uomo diventa capace di condursi dal di dentro, allora è anche capace di dedicare tutte le proprie forze, tutto il proprio amore di nuovo a tutti gli altri.

Diciamo allora che la prima metà dell’evoluzione è per la libertà negativa, e la seconda metà è per la libertà positiva. (Fig. 5,II)

La libertà negativa viene chiamata egoismo, quella positiva viene chiamata amore.

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Fig. 5,II

La prima metà dell’evoluzione viene riassunta col nome Mosè. Naturalmente, nella prima metà dell’evoluzione è stato dato molto di più del solo Mosè: c’è stato anche un Buddha, un Confucio; è stato dato Zarathustra, un Ermete-Trimegisto, tutte queste guide.

Come mai viene indicato Mosè per rappresentare tutta la prima metà dell’evoluzione? Perché, e dobbiamo sempre tenerlo presente, questi testi non sono stati scritti solo sub specie aeternitatis, per cui valgono sempre e mai nello stesso tempo, bensì, sono così elevati, così buoni, in quanto riuniscono la dimensione del contingente e dell’universale.

L’Apocalisse, il Vangelo di Giovanni e pure gli altri Vangeli sono scritti in modo che il Cristo potesse veramente rendersi comprensibile anche agli uomini di allora. L’apocalista ha scritto quel testo duemila anni fa e voleva renderlo direttamente comprensibile ai suoi contemporanei provenienti dal giudaismo o appartenenti alla cultura greca.

In quei testi abbiamo sempre due piani: il momento contingente, incarnatorio, in cui si parla per gli esseri umani che giusto in quel tempo sono sulla Terra; e contemporaneamente l’universale, che è valido in tutti i tempi.

Com’è possibile rendersi comprensibile, parlare una lingua che si renda capibile perché si serve dell’irripetibile, dello specifico tutto particolare di un tempo, e contemporaneamente parlare in modo che tutta l’umanità, in ogni epoca, vi abbia accesso? È proprio quanto ho detto prima, e cioè che l’evoluzione è sempre l’interazione fra il particolare e il tutto. Se ho solo il tutto, ma nessun dettaglio, la cosa diventa astratta. Se ho solo i dettagli senza la totalità, allora tutto viene atomizzato, ci si perde nei particolari. E la forza del cuore dell’uomo, anche qui, è la mediatrice tra il tutto e l’elemento singolo.

E a questo punto l’Apocalisse ci rappresenta il tutto dell’evoluzione con cui poterne venire a capo in ogni tempo. Solo il linguaggio, la forma, è di allora – ecco perché parla di Mosè e non di Zarathustra o di Buddha –, perché l’Apocalisse è stata scritta per aiutare i giudei di allora a vedere spiritualmente il Cristo, il Figlio, perché vedessero che il Messia è venuto.

In tutto il linguaggio dell’Apocalisse incontriamo continuamente questa musica, questo risuonare dell’arpa entro il tutto, perché lo sguardo viene sempre diretto alla totalità dell’evoluzione, e in Mosè e nell’Agnello abbiamo proprio la totalità. Mosè quale rappresentante della prima metà dell’evoluzione; e l’Agnello, il Cristo, quale rappresentante di tutta la seconda metà dell’evoluzione. In due parole – Mosè e Agnello – abbiamo il tutto dell’evoluzione, le due metà dell’evoluzione.

D’altro canto scegliendo Mosè, invece che Zarathustra o Ermete, abbiamo il rendersi comprensibile ai giudei e ai primi cristiani di quel tempo. Questi si trovavano entro la tradizione giudaico-cristiana e avrebbero capito poco di un Zarathustra o dei santi Risci. Avevano la loro Thorà ed è con quella che cercavano l’accesso al Messia. Con la Thorà, leggendo gli antichi profeti, essi affrontano la questione se il Messia sia già venuto o se stia giungendo – ecco Mosè.

Qui l’ho messo un po’ in evidenza, ma in questa partitura – l’Apocalisse è proprio una partitura dell’evoluzione – c’è continuamente questo muoversi su due piani: avere spiritualmente presente il tutto, e al tempo stesso il renderlo pienamente concreto e accessibile.

Il nostro compito è tradurla in modo che diventi comprensibile per noi oggi. Bisogna specificare veramente questo eterno svolgersi, renderla concreto mostrando in che modo oggi si manifesta. E questo è tutt’altro che mille o duemila anni fa, al tempo in cui l’Apocalisse venne scritta. Per questo motivo dobbiamo avere anche il coraggio di tradurre nel nostro linguaggio di oggi – l’Apocalisse, scritta un tempo in greco, era anche un incarnarsi –, e se vogliamo essere coraggiosi, la traduzione di Lutero non è ancora una traduzione, ma una trasposizione: le cose vengono trasferite da una lingua all’altra. Le premesse per realizzare una vera traduzione in modo che il contenuto resti lo stesso, ma la forma, la contestualizzazione si correli al tempo, vengono date solo grazie a una moderna scienza dello spirituale. Significa che tradurre l’Apocalisse, o tutti i testi sacri, è compito nostro, perché finora non c’è stata una traduzione, ma solo delle trasposizioni da una lingua all’altra in cui manca il nesso coi fenomeni del nostro tempo. Tra l’altro, è proprio per questo che davanti al testo di Lutero, davanti a questa trasposizione, restiamo come il bue davanti alla montagna.

Vi porto un esempio: c’è una collana che riassume i testi biblici, e si può comprare per pochi soldi. Il redattore – che conosco personalmente –, nel capitolo 17 dell’Apocalisse in cui si parla della prostituta Babilonia come crea il contesto? Perché se manca il contesto non è una spiegazione, ma soltanto un riassunto dei contenuti. Siamo nel diciasettesimo capitolo e ci sono solo due righe che dicono: la prostituta Babilonia seduta sulla bestia con sette corna. E con questo viene spiegata l’immagine della bestia. Chi ha scritto questo libro è un teologo protestante, e sapete cosa c’è dopo «la prostituta Babilonia»? E guardate che il testo risale a pochi anni fa, non pensiate che sia del tempo della Riforma quando c’erano polemiche feroci fra cattolici e protestanti; è scritto nel nostro tempo, e dice così: «La prostituta Babilonia [Roma]!», perché per Lutero la prostituta Babilonia era Roma. Siccome nell’Apocalisse c’è scritto che la prostituta Babilonia siede su sette colli – e Roma è su sette colli – allora la Chiesa cattolica, il papato, è la prostituita Babilonia.

Mi chiedevo: ma come può, oggi, un teologo illuminato protestante creare un contesto partendo da una levata di ingegno – scusate – così stupida? Come fa a sapere che la prostituta Babilonia è Roma? Se faccio quest’affermazione in realtà cosa ho detto? Che io non c’entro assolutamente nulla con la prostituta Babilonia. E così tutta la parte dell’Apocalisse che ne parla riguarda solo Roma; se sono un protestante non mi riguarda affatto.

Questo è il livello di consapevolezza in cui si trova l’umanità di oggi. È scioccante, veramente scioccante! Perché o la prostituta Babilonia è una necessaria controforza nel cuore di ogni uomo, oppure l’apocalista ci lascia lo zampino. La prostituta Babilonia deve stare per una delle più importanti forze e controforze dell’evoluzione dell’uomo. Deve riguardare ogni uomo, e non corrisponde certo allo spirito cristiano dire: «Sono quelli, non io!». Per questo dico che è veramente scioccante che queste cose arrivino fino a oggi  – fino a oggi, non sto parlando di cose successe due o tre secoli fa! –, addirittura in base ad affermazioni di rappresentanti del cristianesimo, di quelli che avrebbero il compito di essere guide spirituali.

Vediamo ora le parole di questo canto di arpe che sono voci del cuore. Viene detto che è il canto di Mosè, servo di Dio, e dell’Agnello. Mosè è la legge da fuori, mentre l’Agnello è la legge interiorizzata che diventa amore. C’è tutta l’evoluzione. La legge nell’età infantile viene data dall’esterno, dal pedagogo, dai genitori. E cos’è la legge evolutiva? L’amore. Diventare Io significa diventare sempre più capaci d’amore, e in quest’immagine dell’Agnello c’è la forza dell’amore. La forza dell’amore è l’impulso a fare il bene a partire dall’interiorità, dall’intimo impulso del cuore; la forza dell’amore è compiere il bene a partire dalla libertà, a partire dall’amore.

Questa duplicità viene ora articolata in un canto. Notate come sia ben strutturata l’Apocalisse: sulla scorta di Mosè e dell’Agnello viene prima gettato uno sguardo alla totalità dei contenuti del canto, perché il canto ha come contenuto l’intera evoluzione. Il tutto dell’evoluzione viene confermato, se ne coglie il vero, il buono e il bello. Questo è uno sguardo al tutto – Mosè e l’Agnello –, e ora andiamo ai particolari.

Il pensare diventa fruttuoso quando è come un’altalena, è come una mediazione del cuore fra sintesi e analisi – se ci fosse solo sintesi diventerebbe astratto. Ogni percezione è un gesto analitico del pensare e ogni concetto è una sintesi. Quindi, prima c’è il gesto sintetico: Mosè e l’Agnello; e ora quello analitico, più proteso alle singolarità. E il bello del pensare consiste nel fatto che ci si muove continuamente dall’uno all’altro.

• Solo sintesi: le cose finiscono nella generalizzazione;

• solo analisi: ci si perde nel dettaglio e sorge l’atomizzazione.

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Fig. 6, II

Vedete che anche le riflessioni di metodo potrebbero essere infinite, perché sono contenuti sani e quando un testo è salutare va meditato, non si tratta di capire tutto di primo acchito. Proprio perché ci si pensa su ed è così salutare, meditandolo l’uomo si risana; egli penetra via via in questo registro per il fatto che lo interiorizza – solo che bisogna avere una traduzione discreta, perché se è troppo approssimata, la cosa è anche difficile. Perciò la scienza dello spirito incoraggia l’essere umano: nella misura in cui facciamo nostri i suoi fondamenti e il singolo capisce sempre più anche questi testi così difficili, diventiamo più audaci e ognuno fa la propria traduzione e ci vive assieme. Diventa sempre più attento, e a quel punto la traduzione può essere modificata e migliorata. Il testo è così inesauribile che potremmo fare una infinità di traduzioni, e ognuno in modo individuale.

E allora può anche essere che la parola greca che noi finora abbiamo tradotto con arpa possa venire sostituita con un altro strumento. Perché non sono certo intese delle arpe fisiche. Sul piano materiale quando si parla di arpa non si può intendere altro, ma qui si tratta di arpe sovrasensibili. Tra l’altro, cosa avviciniamo all’altezza della laringe quale mediazione fra arpe e strumenti a fiato? Quale strumento si suona nella regione della laringe? Il violino. Nel corso del tempo ciascuno potrebbe farsi la sua traduzione dell’Apocalisse in cui individua uno strumento – sovrasensibile – tra violino e arpa.

Esiste uno strumento tra arpe e violino? Fisicamente no, forse una volta. Ma cosa succede se ora cerco questi nessi? Divento mobile, creativo. Essenziale è che io sappia che non s’intende un’arpa sensibile, materiale, ma che è tutto spirituale, animico.

In questo modo si ha sempre più gioia, sempre più voglia di lavorare su testi così. Altrimenti, se non li comprendiamo, restano inaccessibili e noiosi. La scienza dello spirito di Steiner è fatta apposta per potere sperimentare, anche in compagnia del testo, sempre più libertà e sempre più individualizzazione.

Vediamo il contenuto del canto:

15,3 «Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore, Dio delle genti! Giuste e vere sono le tue vie, Tu, o Re delle genti»

15,4 «Chi non ti temerà, Signore, e non onorerà il tuo nome? Perché Tu solo sei santo! Sì, tutte le genti verranno a Te e pregheranno davanti a Te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati»

Giuste e vere sono le tue vie – Opere e vie – Tu, o Re delle genti. Di chi si parla? Guardate: Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore, Dio onnipotente. Ogni cristiano normale pensa a Dio Padre. E questo è un errore, è sbagliato, perché in greco c’è la parola KÚrie (al vocativo) e il KÚrioj è il Cristo, non il Dio Padre.

Il Kyrios è il Cristo, il Figlio di Dio, e cioè l’appello dell’uomo all’autonomia spirituale. «Il Padre invia il Figlio», il Dio Padre vuole il Figlio in ogni uomo. Il disegno di Dio Padre per gli uomini non è di agirvi in modo onnipotente come in un essere di natura; il piano di Dio Padre è che l’uomo, grazie al Figlio, smetta sempre più di essere un puro essere di natura (Fig. 7,II).

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Fig. 7,II

Cosa significa essere di natura? Pietre, piante, animali. Essere di natura significa pura onnipotenza divina, questo è un essere di natura – e nient’altro. Lì Dio è onnipotente, ma questo è il Padre. Lì è attivo il Padre, non il Figlio.

Dove compare l’uomo lo indico in rosso (v. prosecuzione Fig. 7,II), è il Figlio a essere attivo nell’uomo. E nell’essere umano il Figlio fa dell’uomo più che un semplice essere di natura. Cosa significa? Che Dio Padre ritira la sua onnipotenza dall’uomo, per fare posto al Figlio. Lo abbiamo sempre ripetuto.

Questo riposo di Dio: sabbat, Sim-sul (ebraico) Dio digiuna, sono tutte immagini che dicono che la libertà dell’uomo è possibile solo se Dio rinuncia alla sua onnipotenza. Perché se Dio Padre opera anche nei nostri pensieri, nei nostri sentimenti e nella nostra volontà, cioè agisce come onnipotente nella nostra anima, non avremmo affatto la libertà, non saremmo responsabili di nulla.

Ecco perché lo scontro con l’Islam è una questione da prendere tutt’altro che alla leggera, perché nel Corano il Figlio viene addirittura negato, non esiste proprio. È la contrapposizione alla libertà. A quel punto aiuta anche poco una tolleranza fasulla, perché dove si tratta della libertà bisogna veramente prendere sul serio anche in termini morali l’importanza dell’uomo. E per rendere possibile la libertà, Dio deve rinunciare all’onnipotenza nell’uomo.

Quando la traduzione dice Signore Dio onnipotente si fa come se il Cristo non ci fosse: viene ignorata la chiamata dell’uomo alla libertà, e nell’uomo ci resta il Dio onnipotente esattamente come l’abbiamo nell’animale, nella pianta e nella pietra. Con questo tipo di traduzione, se la si prende sul serio, tutto il cristianesimo viene mandato a ramengo. Cosa dice il greco? Dice Kyrios, quindi non il Dio Padre. Kyrios non è il Dio Padre, è il Signore. Il problema, però, è che quando nella nostra lingua diciamo Signore lo riferiamo subito al Dio Padre e invece Kyrios è sempre il Figlio. E cosa c’è in greco invece di onnipotente? C’è Pantokr£twr, Pantocratore.

Pensate alle raffigurazioni bizantine o alle meravigliose basiliche dove nell’abside il Cristo viene raffigurato come Pantocratore. Cosa vuol dire Pantocratore? Significa che il Cristo, il Kyrios, è il Signore del mondo in cui c’è il sorgere e il perire. Questo è il Pantocratore: Egli detiene tutte le forze del mondo che sorge e perisce.

Il Padre, Dio Padre, è onnipotente nella sfera dell’essere, dell’essere eterno: lì è il Dio onnipotente. Cristo regge il mondo dell’esistenza, dove vige il sorgere e perire.

All’inizio del Prologo del Vangelo di Giovanni si dice: 1. In principio era il Verbo, e il Verbo era presso il Dio – La Parola era presso Dio e la Parola stessa era un Dio, era divina – 2. e un Dio era il Verbo. Questi era in principio presso Dio. 3. Tutto è divenuto mediante Lui, e al di fuori di Lui nulla è stato fatto di quel che è venuto a esistenza.

Significa che Cristo opera nel divenire, nel mondo che sorge e perisce – non nel mondo inteso nella sua totalità, ma in quello che inizia e finisce.[10]

KÚrie, Signore, Kyrie, tu sei il Dio che regni nel mondo del sorgere e del perire. Cos’è il mondo del sorgere e del perire? Il mondo dell’evoluzione (inizio Fig. 8,II).

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Fig. 8, II

Cristo non è Signore nel mondo dell’eterno. Qui (Fig. 8,II) abbiamo l’eternità, e c’è il Padre: nel mondo dell’eterno regna il Padre. Qui abbiamo l’evoluzione nel tempo – tempo ed evoluzione –, e vi regna il Figlio che aiuta l’uomo a realizzare il senso dell’evoluzione. Il Padre, che vive nell’eternità, manda suo Figlio nella corrente del tempo, nel fluire dell’evoluzione, così che il Figlio renda il divenire-Io, la cristificazione, la realizzazione della libertà dell’uomo, senso dell’intera evoluzione. Perché Io non si è, lo si diventa! Cristo non si è, Cristo si diventa. Uomo non si è, uomo si diventa! Questo è il mistero dell’evoluzione nel tempo, che è il mistero del Figlio (Fig. 8,II).

Se l’uomo fosse già uomo, la libertà non avrebbe nulla da fare. Se l’uomo fosse già un Io perfettamente realizzato, la libertà non avrebbe nulla da fare. La libertà è possibile solo se all’uomo viene reso possibile far qualcosa. La libertà si può solo rendere possibile, per il fatto che viene reso possibile qualcosa all’essere umano.

Quando all’uomo viene reso possibile qualcosa, che tipo di scelta ha la libertà? Realizzare quanto è possibile, oppure ometterlo. Qualcosa è possibile e io posso realizzarlo, oppure posso ometterlo – cosa presuppone tutto questo? Presuppone il tempo, perché è nel tempo che io posso realizzare qualcosa o omettere di farlo. Si tratta di qualcosa che non è già presente, perché in tal caso saremmo nell’eternità, mentre noi viviamo nel tempo.

Qui abbiamo il Figlio, Egli regna – ecco una parola molto forte. Kyrios, Signore, perché Kyrios è l’Io, la forza dell’Io, è il divenire-Io nel tempo, è il divenire. Cristo aiuta l’essere umano a divenire Io nel tempo: evoluzione passo dopo passo, giorno dopo giorno, ora dopo ora.

Di questo Kyrios, di questo Pantocratore, di questo Essere divino che nelle sue mani ha tutto ciò che sorge e tramonta viene anche detto che è Signore, Pantocratore, è Dio – e queste sono affermazione potenti. Vale a dire, il Cristo in ogni uomo, il divenire dio dell’uomo, il Cristo, il Figlio, non è meno divino del Padre. Perché qui non si dice che sia divino solo il Padre: no, il Figlio non è meno divino del Padre.

Significa che quando l’uomo diventa uno spirito libero creatore, questa libera creatività spirituale non è meno divina di Dio stesso, perché spirito creatore è spirito creatore. Di più elevato non c’è niente, anche presso la divinità. Più elevato di uno spirito libero creatore non c’è niente, solo che la differenza tra Dio e l’essere umano, è che Dio è già da sempre spirito liberamente creatore, mentre l’uomo è in cammino per diventarlo sempre più.

Dio è spirito creatore e l’uomo lo diventa in modo crescente, ma spirito creatore è spirito creatore!

L’uomo è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio – qualitativamente è la stessa cosa. Solo che noi ce lo stiamo conquistando e siamo solo all’inizio, e Dio lo è già da sempre. Il Cristo, il Figlio, ha rinunciato a rimanere nel grembo del Padre godendosi l’essere divino, vi ha rinunciato e si è inserito nella corrente terrena dell’evoluzione per diventare sempre più divino con noi, in noi. Questo è amore.

Perciò dicono: 15,3 Grandi e mirabili sono le tue operemeg£la kaˆ qaumast¦. Grande, meg£la, per il pensare, per la considerazione pensante; mirabili, qaumast¦, da ammirare, è più l’evoluzione del sentimento, del cuore. Quindi evoluzione del pensiero, lo stupore – le tue opere sono un’offerta infinita per lo stupirsi del pensare; e le tue opere sono un’offerta infinita per l’entusiasmo del cuore. Meg£la kaˆ qaumast¦, grandi e meravigliose, in greco vuol dire: per meravigliarsi, per entusiasmarsi, cioè le tue opere sono lì per capire e per entusiasmarsi – capire con la testa ed entusiasmarsi col cuore. Quando l’uomo comprende il senso dell’evoluzione, del diventare-uomo, allora le sue azioni saranno così che questo divenire-uomo si realizza anche nelle azioni.

Queste sono le opere e le vie. Quindi c’è questa duplicità: opere, t¦ œrga, e le tue vie.

(Inizio Fig. 9,II)

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Fig. 9, II

Un’opera è un progetto, è un tutto, e le vie sono i passi che vi conducono, uno dopo l’altro. Di nuovo una meravigliosa polarità: le tue opere e le tue vie. Un tutto nel pensare: le tue opere, e abbiamo già visto che le opere vanno più in direzione del pensare e dell’amare, quindi del pensiero e del sentimento; e ora ci aspettiamo che le vie riguardino di più sentimento e volontà, sentimento e azione, sentimento e membra.

Ecco l’uomo:

opere – pensare e sentire; e

vie – sentire e volere

questa deve essere l’aspettativa, perché per compiere un’opera bisogna andarci passo dopo passo.

Cosa viene detto delle vie? Le due parole sono: d…kaiai kaˆ ¢lhqinaˆ e viene tradotto con giuste e veraci: sono le tue vie, o Re delle genti.

Ora, abbiamo i popoli nel susseguirsi dell’evoluzione. Le vie evolutive vanno di popolo in popolo, e i contributi dei diversi popoli sono i passi, i gradi, il cammino dell’evoluzione. Le due parole qui usate per caratterizzare le vie sono d…kaiai kaˆ ¢lhqinaˆ. Dikaios vuol dire giusto, vale a dire: le vie sono a misura d’uomo, i passi, quelli corrispondenti, devono venire compiuti secondo l’umano, sono a misura d’uomo. E a chi tocca capire quali vie, quali passi a misura d’uomo sono giusti per l’essere umano? Deve capirlo l’uomo, e perciò c’è il pensare. È l’uomo che deve sapere ciò che è giusto per lui e ciò che è sfavorevole.

Qui si canta con le arpe: le tue vie, le vie che offri all’uomo quali strade evolutive sono tutte a misura dell’umano, rendono giustizia all’uomo. E l’uomo è autorizzato a percorrerle, perché nella misura in cui le percorre diventa sempre più uomo. Questa legittimità, questa giustizia resa all’umano, eleva l’uomo e alla fine l’umano è salvato e non mandato in rovina – come già nel Faust vien detto in un modo molto bello.

Quindi, giusto e verace. Verace è l’altro termine, ¢lhqinaˆ. Se si vuole, qui c’è la polarità complessiva, perché verace è rivolto al pensare e significa che le vie corrispondono alla verità dell’uomo, sono per l’uomo, sono genuine per l’umano (Fig. 9,II).

Le tue vie: gli impulsi evolutivi, le possibilità evolutive che Tu, Kyrios, metti a disposizione dell’uomo, sono veraci, cioè corrispondono veracemente alla natura dell’uomo.

Concretamente, ognuno di noi riceve ogni giorno situazioni karmiche, incontri, esperienze e così via. Cosa possiamo dire di tutto quel che ci viene incontro? Che tutto è per noi giusto e verace. Corrisponde alla nostra verità. Se ti succede, corrisponde alla tua verità ed è giusto per il tuo essere, perché è fatto apposta affinché il tuo essere, così com’è, faccia un passo dopo l’altro in questo cammino. Significa che tutto quel che succede a una persona sul suo cammino è sempre giustificato, è giusto per il suo essere, ed è verace, perché è una conferma della sua vera essenza; è un aiuto a tirar fuori sempre più il suo essere.

Questo è il commento balbettante sulla via e, ancor prima, sulle opere. Quindi, la polarità del canto con le arpe: opere e vie.

Lo vediamo come nelle traduzioni molto sia andato perso, svanisca. Pensando al Dio Padre, infatti, il cristiano di oggi viene addirittura fuorviato, e il Figlio è sparisce! Nonostante questo resta un documento cristiano senza pari, perciò è decisivo ritornare al testo originario dell’Apocalisse con una scienza dello spirito moderna e adatta ai tempi – altrimenti l’umanità rischia di perdere questi testi. O vengono riconquistati e riacquisiti in senso scientifico spirituale, oppure nessun uomo potrà interessarsene; e già risulta molto difficile per gli interessati, perché il lavoro che si deve fare richiede una certa dedizione e un certo sforzo.

15,3 … Tu, Re delle genti, Cristo è Re dei popoli, cioè ogni popolo porta un contributo nell’evoluzione. Qui (Fig. 10,II) abbiamo di nuovo l’intera evoluzione, sempre in forma schematica, naturalmente, soltanto per farci aiutare un pochino dalla vista. C’è l’intera evoluzione dall’inizio alla fine, e abbiamo i diversi popoli: indiano, persiano, poi egizio-caldaico, greco-latino e infine il nostro tempo.

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Fig. 10, II

I diversi popoli che diventano conducenti nell’evoluzione sono sempre un impulso parziale. Ogni contributo di popolo deve essere un contributo a se stante, particolare e specifico. Come mai? Perché ogni contributo di popolo è un fattore di gruppo, e il fattore di gruppo non è la definitività. Ogni fenomeno di gruppo è passeggero.

Cos’è definitivo, cosa non è più superabile? Il definitivo dell’umano è duplice: l’individuale, e questo è definitivo, perché più individuale dell’individuale non c’è niente; e l’universale, perché più universale dell’universale non c’è niente.

E perché ogni realtà di gruppo è una parzialità che deve essere superata? Perché ogni gruppo esclude tanto l’individuale quanto l’universale. Ogni gruppo è tale per il fatto che alcuni non vi appartengono. Soltanto mediante l’esclusione si può avere un popolo e un gruppo, e perciò questa realtà va superata.

Nell’evoluzione abbiamo dunque diversi popoli e il Re dei popoli, e questo è il tutto. Tu sei il Re dei popoli, di tutti i popoli; Egli è cioè la fonte primigenia del tutto, e solo dalla fonte primigenia del tutto possono essere abbracciati in uno sguardo i passi che fanno parte di questa totalità e che conducono a essa. Significa che tutti gli impulsi di gruppo, tutti gli impulsi di un popolo, di una religione, di una razza e così via, sono passi verso l’individualizzazione e verso l’universalizzazione; sono passi che rendono possibile a ogni essere umano di diventare sempre più individuale e sempre più universale.

E come lo si diventa da ambo le parti? Nella misura in cui ogni individuo a modo suo porta nel suo cuore l’intera umanità. Questo è il senso complessivo dell’evoluzione: in ogni individuo si individualizza in modo unico, singolare, l’umanità tutta, la Terra tutta e tutti gli avvenimenti, e la totalità nel suo complesso.

Questa è la polarità dell’uomo: diventare pienamente un Io e pienamente uomo. Uomini lo siamo tutti, e questo è l’aspetto universale; e ognuno può e deve essere uomo in un modo tutto suo. Due persone che fossero uguali, non sarebbero ancora pienamente uomini. Perché l’uomo è pienamente uomo solo quando lo è in tutt’altro modo rispetto a un altro. Se non ha ancora raggiunto questa completa individualizzazione dell’umano, deve continuare ad aspirarvi.

Questo è meraviglioso, quale che sia il cammino in cui ci troviamo, e l’Apocalisse è veramente un testo che diventa eloquente in tutti i suoi aspetti, perché è pregno di un impulso cristico. Procura sgomento constatare, già nelle traduzioni, che questo mistero del tempo, che questo mistero dell’evoluzione, viene rimesso al Dio Padre che ha a che fare con l’eternità e ha veramente lasciato tutta l’evoluzione, la corrente del tempo, al Figlio. Però, se ora mettiamo a posto il testo, per così dire, ci si stupisce di quanto sia fertile, ricco, di come vada al nocciolo e sia sempre e di nuovo essenziale.

15,4 Chi non ti temerà, o Signore, e non loderà il tuo Nome? Perché Tu solo sei santo! Tutti i popoli verranno a te e pregheranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati.

Ora facciamo una pausa e poi riprenderemo col commento.

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Ieri abbiamo visto che quando compaiono le sette coppe dell’ira l’evoluzione giunge a compimento. Non si tratta più solo del mondo fisico, di quello eterico e di quello animico, bensì, con le coppe dell’ira si tratta del tutto. Si tratta dell’evoluzione totale dell’uomo in cui le coppe dell’ira aggiungono perfino il piano spirituale dell’Io. Il divenire-Io è il tutto dell’evoluzione, mentre i primi tre livelli costituiscono di più le fondamenta.

Ho detto che il meraviglioso canto di cui ci stiamo occupando può essere sperimentato solo durante la meditazione, perché riconducendolo sempre nuovamente al cuore si possono scoprire aspetti sempre nuovi.

15,3 Grandi e meravigliose sono le Tue opere, Signore, Dio il quale conduce pieno di amore l’intera evoluzione, dove c’è il sorgere e il perire, l’evoluzione nel tempo. Le tue vie, i passi evolutivi, i cammini che vengono fatti, sono le vie dell’Io. Le tue vie, le vie del divenire-Io sono giuste per l’uomo, sono giuste per l’Io e sono veraci. Non sono ingannevoli, anzi, tu dici sempre la verità là dove apri sentieri evolutivi all’uomo.

Tu sei il Re delle genti: alcuni manoscritti non riportano Re delle genti ma Re degli eoni. Re sta per uno sguardo e una comprensione sovrana e alcuni manoscritti dicono Re degli eoni, cioè dei gradini evolutivi. Gli eoni sono i diversi stadi evolutivi: l’epoca di cultura indiana è un eone (è un eone di cultura), poi questo eone finisce e ne comincia uno nuovo. Quindi, in tal senso si può vedere l’affinità tra popoli come differenti passi dell’evoluzione, e gli eoni sono anch’essi differenti passi nell’evoluzione.

15,4 «Chi non ti temerà, Signore, e non onorerà il tuo nome? Perché Tu solo sei santo! Sì, tutte le genti verranno a Te e pregheranno davanti a Te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati»

Chi non ti temerà, o Signore, e non pregherà il tuo nome? Viene posta una domanda: chi non…, cioè com’è possibile dato che si va per queste vie, le si sperimenta e si vive la tua regnanza, la tua reggenza? Bisogna essere un non-uomo per non provare venerazione! Questa venerazione nella traduzione diventa il timore[11] e c’è una bella differenza tra venerazione e timore, perché il timore va nella direzione della paura, ma il significato non è che l’uomo deve essere portato ad avere timore (in ted. Furcht).

Che cos’è la venerazione (in ted. Ehr-furcht)? Venerazione: in tedesco Ehrfurcht. Che parola salta fuori dalla combinazione tra onore (in ted. Ehre) e timore (in ted. Furcht)?

È una combinazione molto misteriosa del Genio della lingua tedesca, perché nessun’altra lingua combina queste due esperienze in una sola espressione.

L’onore è un onorare. Questo Re che è la totalità, il senso complessivo e comprensivo dell’evoluzione, è degno di onore, perché grazie a ciò l’uomo stesso arriva alla sua dignità, perché questa dignità umana viene mostrata all’uomo. Cos’è l’evoluzione? L’onore dell’uomo, questa venerazione dell’uomo o il renderlo onorabile, è il progetto di questo Re; due cose in una.

E nei confronti di questo rendere onore sorge il timore, perché si è posti davanti al mistero della libertà, e lì, se si omette questa dignità umana, questo passo, si deve aver timore di sprofondare nel non-umano. Quindi, l’offerta dell’evoluzione è degna di onore, ma infonde anche timore – senza far paura –, perché l’uomo deve avere anche la possibilità di omettere il tutto.

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Fig. 11, II

In tedesco per venerazione esiste quella bellissima parola Ehrfurcht,. Dove nel timore (Furcht) emerge il mistero della libertà, fai attenzione, caro uomo, stai attento! che la cosa non viene da sé, non viene automaticamente. L’uomo può anche ometterla, perché il mistero dell’uomo è la libertà. Anche nel greco le parole contengono questo timore (Furcht) presente nella parola Ehr-furcht (venerazione): t…j oÙ m¾ fobhqÍ. Se dalla parola Ehrfurcht lasciamo via l’onore (Ehre) abbiamo solo il timore (Furcht): chi non ti temerà, e questa è una relazione col Dio Padre e non più col Cristo, perché di fronte alla natura io ho solo timore e devo stare attento, perché le leggi di natura sono inesorabili. Davanti al mistero dell’uomo, invece, ho venerazione (Ehrfurcht).

Significa che la relazione col Padre possiamo indicarla col timore (Furcht), e questa non basta all’uomo. La relazione col Figlio è l’onore (Ehre), la devozione, in cui non c’è timore; e quando mettiamo insieme la relazione verso il Dio Padre e verso il Figlio così che nell’uomo sorga lo Spirito Santo, abbiamo Ehrfurcht, la venerazione. Lo Spirito Santo nell’uomo è venerazione. Qui non si può tradurre solo con timore (Furcht) o con onore (Ehre), ma con le due parole messe insieme: Ehrfurcht (venerazione).

15,4 Chi non proverà venerazione davanti a Te e non loderà il tuo Nome? Il nome un tempo era l’essenza. Lo sappiamo con certezza che allora nessun nome veniva dato arbitrariamente oppure secondo il proprio estro, e che, anzi, nel nome era sempre rappresentata l’essenza, la realtà. Il nome ha sempre rappresentato la realtà. Ho sempre fatto l’esempio di Zaccaria che era diventato muto e al quale era stato chiesto: quale nome dobbiamo dare a tuo figlio? (Giovanni il Battista). Ed egli scrisse su una tavoletta: «Giovanni è il suo nome», non scrisse «mi piacerebbe» o «voglio che sia chiamato Giovanni». Egli è un uomo-Giovanni, vale a dire, nel nome è espressa l’essenza della persona.

E quale è l’essenza del Cristo? Qui c’è il discorso del Figlio, non direttamente del Padre. Qual è il nome, l’essenza del Cristo? Lo stesso uomo che ha scritto l’Apocalisse ha scritto anche il Vangelo di Giovanni, e lì il nome del Cristo, l’essenza del Cristo è duplice: Logos e Io-sono. Sono i due nomi esoterici del Cristo.

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Fig. 12, II

Cos’è la venerazione davanti al Suo nome, alla Sua essenza? Onore nei confronti del Logos e timore nei confronti della libertà (Ehrfurcht). (Fig. 12,II) Il Logos è il monismo del pensare, l’universale nel pensare; e l’Io-sono è l’ individualismo etico, il compito tutto individuale, il contributo assolutamente unico che ognuno ha da portare nell’umanità, nell’organismo dell’umanità. E qui c’è il timore di fronte alla libertà che può venire omessa.

Cosa pensa il cristiano di oggi quando legge: Chi non ti temerà o Signore e non loderà il Tuo nome (quindi, venerazione di fronte all’essenza e lode di fronte al Nome)? La traduzione dice lodare, ma in greco c’è dÒxa.

Il Tuo nome, cioè il pensare e l’amare (le forze del pensare e le forze dell’amore – la comprensione del mondo e l’impegno per il mondo).

• La comprensione del mondo: il pensare;

• l’impegno individuale per il mondo: il lodare.

In greco c’è dÒxa; proprio per il fatto che l’uomo capisce sempre meglio il mondo con le forze del Logos (col pensare) e ama sempre più intimamente il mondo col suo impegno individuale per il mondo, riceve una forza di irraggiamento, un’aura, che è simile all’aura del Cristo.

Quando diciamo: «Chi non ti loderà?» rimane un’affermazione del tutto esteriore – qualcuno è là, Dio o Cristo che sia, e gli uomini lo lodano. Basta per gli uomini? No, l’uomo è stato creato così che ciò per cui prova venerazione diventa essere del suo essere. L’uomo diventa nel suo essere degno di lode, vale a dire, riceve nel suo essere una duplice forza di irraggiamento: diventa divinamente irraggiante nel suo pensare e diventa divinamente irraggiante nel suo amare. L’uomo irraggia i pensieri del Cristo e irraggia l’amore del Cristo, ed egli è la gloria del Cristo, egli è la lode del Cristo. Significa che ogni uomo diventa l’incarnata lode del Cristo – e non che loda e onora un Cristo esteriore.

Lo ripeto, questa categoria della doxa è un irraggiamento di sostanza. L’uomo è chiamato a essere un irraggiamento di sostanza, un irraggiamento che, di rimando, irraggia quanto egli ha ricevuto dalla divinità. Se noi facciamo in modo che l’essere umano se ne stia qui soltanto come un peccatore, come un povero diavolo che prega Dio e lo loda perché Lui è così buono e meraviglioso e l’uomo è cattivo, allora non abbiamo capito proprio nulla. E la traduzione contribuisce a questa esteriorizzazione della divinità.

Il greco dice: Chi non riceve la gioia di diventare una testimonianza irraggiante della divinità, del suo Nome. Significa che l’uomo diventa nel suo essere un’irraggiante testimonianza del divino, del Cristo. Poiché è ciò che avviene nell’uomo.

Intervento: (affermazione sulla gratitudine)

Archiati: non c’è nessun termine greco che vada in quella direzione. Lo scolaro, quando è ancora piccolo, è guidato dall’esterno, ma la pedagogia è così buona che ora lo scolaro, l’essere umano, non ha più bisogno del maestro. In che cosa consiste la gratitudine? Che ora sa fare da solo quello che è in grado di fare il maestro. Perché se soltanto l’altro ha sempre qualcosa di buono e io no, di che cosa debbo essere grato? L’uomo può essere riconoscente solo per quello che diventa.

Per quanto egli non diventa, non c’è niente da ringraziare – oppure si bara. Ammirare un altro, cioè ammirare ciò che io non ho, ciò che io non sono, è non-umano, è asservimento. E perché si prega il padrone o il sovrano della Terra? Perché si è dipendenti da lui. Tutto questo è ipocrisia, perché si è dipendenti.

Quindi, il rapporto con la divinità è fatto così che lei mette a nostra disposizione il meglio di quel che ha. Bonum est diffusivum sui dicevano gli Scolastici.

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Fig. 13,II

È nella natura del bene di venire condiviso. E qual è il bene della divinità? Essere creatrice. Quindi, ci rende partecipi della sua creatività. L’uomo può essere grato solo per ciò che può diventare, ed è disonesto se è grato per quel che non è. Perché se io non sono qualcosa, come posso esserne grato? Se qualcuno ha qualcosa e io non ce l’ho, lui forse sarà grato, ma io? Nessun uomo può essere grato della dipendenza. Allora, in un modo o nell’altro arriviamo davvero al coraggio di porre l’evoluzione spirituale a disposizione di ogni uomo.

Intervento: (domanda sulla riconoscenza).

Archiati: Ma imparare è diventare. Quel che imparo io lo divento. E sono grato che mi siano state messe a disposizione le condizioni per poterlo fare. Ci sono troppi poteri che volentieri vorrebbero che l’uomo rimanesse dipendente, e questi poteri pervertono l’umano nella misura in cui costringono l’uomo a essere grato della sua dipendenza. Questa è la degenerazione: il potere vorrebbe costringere l’essere umano a essere grato di essere dipendente! Perché se smetti di essere dipendente da me, tu non puoi più vivere. Ecco perché devi essere grato di essere dipendente da me – perché altrimenti smetto di lasciarti vivere. Questa è una degenerazione dell’uomo. L’uomo può essere riconoscente solo per la sua indipendenza, non per la sua dipendenza. Lì non c’è niente di cui essere grati!

Questo per quanto riguarda la riconoscenza, visto che avete tirato in ballo questa categoria, che viene subito fraintesa – e questo canto non ha bisogno di questa categoria. L’uomo è un’irradiazione sostanziale del divino – nel suo essere, però, e questa è la riconoscenza, la gratitudine incarnata, se si vuole. Ma l’irraggiamento divino è ben più che non la gratitudine. Gratitudine vuol dire: lui ha questo, e io no – io ringrazio.

Intervento:….

Archiati: esattamente. La gratitudine diventa buona quando l’uomo è gratitudine e non quando ha gratitudine. È grato nel suo essere, perché ora può diventarlo grazie al fatto che gli è stato reso possibile.

15,4 Chi non ti temerà, o Signore, e non loderà il Tuo Nome? Perché Tu solo sei santo!Óti mÒnoj Ósioj: perché Tu solo sei santo. Significa che solo l’Io, il diventare individuali, l’essere dell’Io è santo. Santo significa intoccabile, e cioè è il meglio, la parte più intima dell’uomo. Il divenire Io è il tutto, è la cosa più alta, più profonda, più intima, più essenziale. Tutto appartiene al divenire-Io.

Ecco perché in questa parolina si esprime il mistero dell’uomo. Questo mistero viene detto con un termine religioso, cultico: Ósioj. Richiama la memoria, quella cultica, il che vuol dire che è un mistero, perché nel culto è il mistero che viene venerato.

Qui viene tradotto con santo – tu solo, solo l’Io è santo. In greco Ósioj significa degno. Degno è più una categoria conoscitiva, santo è più una categoria del cuore, del sentimento.

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Fig. 14, II

La dignità dell’uomo è l’Io, per questo è santo. È santo perché è la più intima dignità dell’uomo: Ósioj, degno. Solo l’Io, l’essere Io, il diventare individuali è degno dell’uomo. Essere meno che individuali è indegno dell’uomo, rivela che in lui non c’è ciò che lo rende degno. E la dignità dell’uomo viene sperimentata ed è presente nell’esperienza dell’Io, cioè nel pensare e nell’amare.

Possiamo osservare meglio queste due parole: santo e degno. Esse stanno l’una nei confronti dell’altra come il religioso, o il pio, sta rispetto al fattore sociale borghese, perché oggigiorno se parliamo di dignità umana pensiamo alla società borghese, e se parliamo di santo si pensa alla chiesa o alla sacrestia. Allora ci rendiamo conto che la traduzione di questi testi, che sono veramente puliti, senza pietismi e ricchi di offerte conoscitive, ha posto tutto dal lato del pio e del devozionalismo ai margini della vita. Parliamoci chiaro, che cosa significa santo per un uomo di oggi? Aureola. Un minestrone.

Intervento:

Archiati: io non ho chiesto cosa vuol dire sano.[12] Sano, salutare, è una parola un po’ più generale. Io ho chiesto cosa suscita in noi la parola santo a livello di sentimento, perché la lingua è anche una questione di sentimento.

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Fig. 15,II

Oggi poche persone – e sono soprattutto gli anziani – sentono la parola santo come bella, beneficante, risanante. I più, e in particolare i giovani dicono: «No, grazie. Santo è una faccenda di chi va in chiesa, perché non ha niente di meglio da fare. Non sanno godersi la vita, e via di seguito». Rendiamocene conto, nelle persone questa parola non risuona soltanto in senso positivo. Adesso non è più così, e la traduzione parla di santo, santo, santo, in continuazione. L’uomo d’oggi non trova un accesso al suo significato, e non serve a nulla che la nonna dica al nipotino: «Anche per te tutto questo deve essere santo», perché il nipotino le risponde: «Quello che è santo per te, a me non interessa, ho abbastanza da fare».

Perciò è importante rendersene conto, oppure chiedersi: cosa c’è in greco? Nel Medioevo questa parola aveva tutt’altro significato. Per salvare questi testi dobbiamo rispolverarli e chiederci: ma cosa vuol dire questa parola in greco? In greco è molto più neutrale, molto più universale, meno discriminante. Oggi santo è discriminante – sono in pochi a dire che è bella come parola, i più la rifiutano –, e abbiamo già abbastanza discriminazioni nell’umanità. Se possiamo fare una traduzione in cui evitiamo queste polarizzazioni quando non sono necessarie è tanto meglio.

15,4 Perché tu solo sei santo. Sì, tutti i popoli verranno – davanti a te, per pregare davanti a te – e pregheranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati. Questo è il riconoscere il Cristo, è il riconoscere che il senso dell’evoluzione è il diventare-Io, è la cristificazione dell’uomo. Non si deve necessariamente usare la parola Cristo, se ne può usare un’altra per la stessa realtà. Cioè, il senso dell’evoluzione dell’uomo è diventare sempre più creativi nel pensare e nell’amare.

Tutti i popoli riconosceranno che il senso dell’evoluzione è l’evoluzione di ogni individuo, del singolo essere umano, e non il restare inglobato o ridursi e perdersi nel gruppo. 15,4 … perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati – i tuoi giusti giudizi. Naturalmente tutto questo non rappresenta nulla per l’uomo contemporaneo. Cosa dovrebbe mai rappresentarsi?

Quando si fa qualcosa ci sono due livelli: il piano o il progetto è puramente pensabile, è puramente spirituale; e poi c’è l’esecuzione, e il progetto viene realizzato esteriormente, cioè viene reso visibile.

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Fig. 16,II

Il progetto di una casa, per esempio, è un insieme di pensieri: la grandezza, il numero delle stanze, la forma delle finestre e così via. Tutto questo è nel pensare, dapprima è nella testa. Voi direte che l’architetto non ce l’ha solo in testa, e lo mette anche sulla carta. Sì, ma sulla carta non ho ancora la casa.

Ogni evoluzione consiste nel fatto che il pensiero precede la realizzazione – perché nel progetto si deve sapere dove si vuole arrivare –, e al contempo deve esserne già alla fine. Nel caso di un edificio, per esempio, progettare significa avere presente tutto dall’inizio alla fine in una unità, altrimenti non è un progetto.

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Fig. 17,II

Se penso soltanto la metà di quel che voglio realizzare, non ho ancora un progetto completo. È proprio in questo modo che lo spirito opera nel mondo, perché il puro spirito pianifica spiritualmente e svolge il progetto nello spirituale. Ma noi viviamo nella corrente del tempo e l’uomo è uno spirito incarnato: l’essere umano è uno spirito che pianifica spiritualmente, e poi svolge all’esterno i pensieri e li rende visibili.

Dunque, i tuoi giusti giudizi – ma cos’è il progetto? Sono pensieri umani, devono essere a misura d’uomo altrimenti non sarebbe il piano dell’evoluzione umana. Nel Logos, nel Cristo, ci sono soltanto pensieri umani, è presente il progetto del divenire-Io dell’uomo, e questi pensieri umani si sono manifestati nel corso dell’evoluzione. Sono diventati sensibilmente percepibili, sono diventati l’evoluzione nel tempo, l’evoluzione percepibile e sperimentabile nel tempo.

Ancora una volta in due parole abbiamo la struttura dell’evoluzione. Si traduce, ma se la traduzione viene compresa in modo scientifico-spirituale si comprendono anche i cambiamenti: aha, qui deve essere stato cambiato qualcosa, perché non quadra. Altrimenti ditemi voi cosa significa: I tuoi giusti giudizi si sono manifestati. Manifestati significa che ora si vedono, sono stati portati all’esterno, dunque l’evoluzione è l’esteriorizzazione – il portar fuori – del piano divino o del progetto del Cristo. E il piano sono i giudizi giusti. Cosa ci si rappresenta con: i giudizi giusti? L’umano ergersi in piedi dell’uomo. Se vogliamo conservare il linguaggio moderno, salvarlo, questo alzarsi in piedi individuale, del singolo, è l’evoluzione. E questo va prima pensato. Va pianificato, altrimenti non si realizza mai. Se non c’è il progetto di una casa che deve essere costruita, non ci sarà nulla. Non perché esiste un mucchio di mattoni salta fuori una casa!

Cosa trasforma un cumulo di mattoni in una casa? Il pensare, la mente, il progetto che li mette insieme, altrimenti rimangono un mucchio, ma questo non è una casa. Il nesso per cui diventano una casa sono i pensieri, perché sono i pensieri che hanno detto: tanti mattoni per questa parete, e tanti per quel muro e ordinati così. E questo ordine per cui il mucchio di mattoni diventa una casa sono i pensieri, lo spirito, questo è il progetto.

15,4… perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati: l’uomo moderno sente intimidazione di fronte al giusto giudizio – cos’ha davanti? Un giudice è lì per giudicare. Invece lo stesso Cristo dice: «Non giudicate!». Quindi, se traduciamo: «i tuoi pensieri per ergersi a misura d’uomo si sono manifestati», il giudice che ci giudica viene spazzato via e abbiamo solo l’umanamente giusto, ciò che favorisce l’uomo, l’amorevole, cioè il puro amore per l’uomo.

Vedete che anche nella traduzione corrente si è tornati indietro: dall’amore del Cristo per l’uomo si è tornati al Dio giudicante dell’Antico Testamento. E questo comincia nel momento in cui compare il Kyrios: KÚrie è vocativo, ed è il Cristo, il Figlio, e col Pantokr£twr, Dio onnipotente, le persone pensano subito al Dio Padre; a quel punto il cristianesimo, il Mistero del Cristo sparisce e arrivano queste botte veterotestamentarie: perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati. Questo però non sarebbe amore per l’uomo, e l’unica reazione ragionevole è respingere questo tipo di intimidazione.

Faccio notare che nel testo greco non c’è nessuna traccia di questo terrorismo vetero testamentario – perché così lo sento io. Lo sto sottolineando un po’ alla vecchia maniera perché nel mondo protestante c’è questo slancio rispetto alla giustizia, è tutto sottoposto alla legge e prevale la paura di finire all’inferno. Ora leggo il testo accentuando un pochino il tono di giudizio senza misericordia che viene dall’Antico Testamento. Vedrete come suona diverso nella nostra lingua.

15,3 «Grandi e meravigliose sono le tue opere, Signore Dio onnipotente! Giuste e vere sono le tue vie, o Re delle genti»

15,4 «Chi non ti temerà, Signore, né loderà il Tuo Nome? Perché Tu solo – l’uomo no – tu solo sei santo!». L’uomo è un verme.

15,4 «Sì, tutti i popoli verranno e pregheranno davanti a Te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati».

I tuoi giusti giudizi si sono manifestati perché io, da buon protestante o da buon cattolico, ho temuto Dio per tutta la vita e mi sono aspettato che anche gli altri si prendessero una sberla – e infatti arriva, questo è il senso che salta fuori dalla traduzione corrente, e non c’è traccia di cristianesimo. Il cristianesimo, però, è lo spirito dell’amore. Per cosa ci ha creati il buon Dio, per darci una botta? Sarebbe una stupidaggine se avesse escogitato una cosa simile. Eppure abbiamo ancora molti cristiani che vivono in questo stato d’animo. La scienza dello spirito di Rudolf Steiner è fatta proprio per iniziare col vero cristianesimo, altrimenti andrà perduto.

Vi auguro un pranzo veramente cristiano.

Terza conferenza
giovedì, 18 novembre 2005, pomeriggio
vv. 15,4-8; 16,1

Cari amici,

dalla vivacità presente in sala sono lieto di constatare che la siesta è finita già da un pezzo. Vi avevo promesso che vi avrei detto dove si trova l’accenno su Roma, «la prostituta Babilonia», nel libro di Hellmut Haug di cui vi parlavo stamattina. È a pagina 195. Volevo mostrarvelo perché non pensiate che io inventi le cose (cfr. p. 54).

Non ci sarà nessun cristianesimo finché si continuerà a pensare che la prostituta Babilonia sia semplicemente Roma, e non prendetela come una riabilitazione di Roma da parte mia, sia ben chiaro. Spero che qui ci sia un numero sufficiente di persone che mi conoscono abbastanza.

Eravamo sul punto di vedere tutto quello che è contenuto in questo canto di arpe di esseri umani, coloro che hanno tentato di capire e realizzare il senso dell’evoluzione. Eravamo arrivati fino al quinto versetto. Dobbiamo anche accelerare un po’, altrimenti questa volta facciamo solo due o tre capitoli.

15,5 «Dopo ciò vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la Tenda della testimonianza»

E dopo ciò, e dopo queste cose – met¦ taàta. Più tardi, quindi, dopo tutta questa sequenza. Anche il Vangelo di Giovanni è ricco di queste indicazioni temporali: dopo queste cose, più tardi. Noi diciamo più tardi, ma si tratta di un addomesticamento borghese del testo. Perché, cosa vuol dire più tardi? Visto così sembra retorico, perché se viene raccontato dopo, è ovvio che sia successo anche più tardi. Il significato, invece, è un altro. Il significato è che le cose di cui si parla qui sono veramente gradini dell’evoluzione. E dopo questo gradino viene il prossimo. Supponiamo che si tratti del sesto gradino, esso può comparire solo perché ci sono stati il quinto, il quarto, il terzo, il secondo e il primo.

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Fig. 1,III

Significa che bisogna avere presenti tutti i gradi precedenti e allora il sesto compare non perché i primi cinque siano scomparsi, ma perché sono presenti. Occorre che siano stati tutti interiorizzati e quando l’uomo è diventato tutto questo, arriva il dopo. Allora bisogna chiedersi: perché ciò che precede, che abbiamo visto stamattina, diventa il presupposto, la condizione necessaria, per quel che viene ora?

Per esempio: nella crescita del bambino la posizione eretta e il camminare precedono, e più tardi compare il parlare. Che vuol dire? Non significa soltanto una successione temporale, quanto piuttosto che l’alzarsi in piedi e il camminare sono la condizione necessaria per edificare la struttura fisiologica affinché l’essere umano sia capace di parlare. Il che vuol dire che nessun organismo diventa capace di parlare se non si è eretto – vedi gli animali – e si è reso capace di camminare. Questo è il significato del più tardi, quindi non è affatto retorico.

15,5 Dopo queste cose io vidi: ora è diventato capace di capire quel che viene dopo, di vederlo, di percepirlo. Solo perché l’apocalista stesso ha sperimentato tutto quel che precede, ora riceve la capacità di percepire e comprendere quel che viene dopo: vidi che il Tempio fu aperto, la tenda della testimonianza in cielo!

15,6 «Dal Tempio uscirono i sette Angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto di cinture d’oro».

Dal tempio uscirono sette Angeli che avevano sette flagelli, ora compaiono i sette Angeli, ognuno con un flagello, con una coppa dell’ira – vestiti di lino puro e candido, e circondati al petto da un cintura d’oro.

15,7 «Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette Angeli sette coppe d’oro colme dell’ira di Dio che vive nei secoli dei secoli»

Uno dei quattro Esseri Viventi – dunque i quattro animali.

15,8 «E il Tempio fu riempito del fumo che usciva dalla gloria di Dio e dalla sua forza; e nessuno poteva andare nel Tempio finché non si fossero conclusi i sette flagelli dei sette Angeli»

E poi nel sedicesimo capitolo le coppe dell’ira vengono versate una dopo l’altra, secondo una sequenza.

15,5 Io vidi il tempio della tenda della testimonianza, ecco com’è in greco, alla lettera. Tenda-tempio, una tenda come tempio, non di pietra, ma una tenda. Un’espressione pregnante. Tenda-tempio della testimonianza: naÕj tÁj skhnÁj il tempio della tenda toà martur…ou della testimonianza.

Tenda-Tempio della testimonianza

Quindi ci sono tre immagini, vediamole.

Tenda quale tempio, ed è una tenda-tempio della testimonianza, che rende una testimonianza. Nella traduzione molto va perduto.

Il tempio è la casa di un Essere divino. L’uomo è l’essere divino sulla Terra e il primo tempio è il suo corpo; la sua casa è il tempio ampliato, anch’essa un involucro per l’uomo; poi viene il tempio di Gerusalemme; e infine la città di Gerusalemme. Tutto questo è tempio, tutto è rivestimento, luogo dove abitare. Tempio vuol dire l’abitazione di un Essere divino.

Quale è il livello più ampio del tempio? A ben vedere è un tempio non di pietre, ma che consiste in una tenda. Questo è un fatto assolutamente decisivo. La tenda è la casa provvisoria dei nomadi, delle persone in cammino, in evoluzione, che non diventano mai sedentarie. Quando gli Ebrei erano nomadi avevano delle tende, poi diventarono sedentari nella terra promessa – io direi che si imborghesirono – e allora ebbero case di pietra.

Il tempio dell’uomo è per sua natura transitorio: sia il corpo fisico, sia tutte le case che costruiamo, come anche il tempio materiale di Gerusalemme e la Terra stessa. Avevo appena posto la domanda: qual è il tempio più grande? Anche la Terra è una tenda passeggera: «Cielo e Terra passeranno», la grande tenda verrà distrutta, scomparirà.

Naturalmente è una tenda che dura a lungo, perché questa tenda della Terra – mi riferisco ora alla terra fisica – è una tenda che dura per i suoi nomadi dall’inizio alla fine dell’evoluzione terrestre. Ma questo inizio e fine dell’evoluzione terrestre è per noi nomadi pur sempre una stazione del nostro viaggio iniziato su Saturno e proseguito su Sole e Luna. Poi proseguirà su Giove, Venere e così via.

«Tutto l’effimero è solo un simbolo»,[13] tutto è una tenda – questo è il significato. E gli Ebrei, in tutta la loro tradizione, avevano questo ricordo. Abramo, il capostipite, che aveva posto il fondamento fisico del sangue e del cervello, aveva qualcosa di così nuovo in Caldea che dovette abbandonare la città di Ur dei Caldei e cominciare a diventare un nomade. I suoi discendenti vennero poi portati in Egitto, poi dovettero lasciarlo, tratti fuori da Mosè, vennero deportati dai Babilonesi e di nuovo liberati, riportati in patria.

O l’uomo sperimenta tutto ciò che è terrestre, tutta l’esteriorità come una fase di passaggio, e allora coltiva l’eternità nel suo spirito, nella sua anima, oppure – come posso dire? – egli perverte l’evoluzione e sviluppa l’atteggiamento di rendere tutto eterno o di conservare per quanto gli è possibile ciò che ha di esteriore; allora deve dedicarsi alla sua bella casa, diventa sedentario interiormente e non va avanti nell’evoluzione perché dedica le sue forze all’esteriorità, al fisico, al materiale. Si identifica con quel che ha e sempre meno con quel che è, con quel che può diventare.

Bene, ho cercato di dirvi che il tempio, l’abitazione dello spirito umano, dell’anima umana, è una tenda sempre passeggera; e di tempo in tempo c’è un altro cambio di casa. Per esempio, montare la tenda significa incarnarsi, smontarla vuol dire morire; e poi la si rimonta in un altro luogo.

Tutto ciò che è terrestre, tutto il percepibile sensoriale è abitazione, è involucro – cos’è la testimonianza? Ciò che passa rende testimonianza dell’eterno, e questa è l’evoluzione interiore dell’uomo. Con la sua evoluzione interiore l’uomo testimonia che diventa sempre più uno spirito, sempre più un Io. Testimonia che può pensare in modo sempre più forte, più creativo, e può amare in modo sempre più caldo e interiore.

Che cosa testimonia l’uomo nel suo spirito? – perché questo è il contenuto del tempio. Il tempio è il corpo, e qual è il contenuto del tempio? L’anima e lo spirito. E l’anima e lo spirito sono testimoni del Cristo – del Figlio – e del Padre, mediante l’esperienza dello Spirito Santo. L’uomo rende testimonianza di essere spirito e che tutto quanto è passeggero è involucro. Se l’uomo rende una tale testimonianza, allora la sua testimonianza è verace. Egli è verace solo se rende testimonianza di essere spirito. L’uomo ha un corpo che è transitorio – una tenda dopo l’altra, una città dopo l’altra, un popolo dopo l’altro, una Terra dopo l’altra –, ma la testimonianza durevole che permane sempre di tenda in tenda, di tempio in tempio, è l’evoluzione dello spirito, dell’individualità, dello spirito creatore e amante. Questo è il Cielo.

In Cielo appare una tenda – tutto il corporeo è passeggero – e dentro di essa, all’interno del tempio, il sacro, lo spirituale: ecco una testimonianza. Testimonianza significa che l’uomo – perfino il più grande iniziato, pensiamo, per esempio, a Giovanni Battista – non testimonia se stesso, ma rende sempre testimonianza a un altro.

Nel suo essere l’uomo è un testimone dell’amore di Dio: così come è, con tutte le sue forze, con la sua tenda, con la sua capacità di evolvere sempre di più nell’anima e nello spirito – di cosa rende testimonianza l’uomo? Egli testimonia che Colui che lo ha creato, lo ha generato, è colmo di amore. Perché Colui che ha creato l’uomo gli ha dato la possibilità di diventare tutto spirito, di diventare nel pensare e nell’amare quello di cui è capace la divinità. Significa che l’uomo è la migliore testimonianza dell’amore e della saggezza divina.

Quando capiamo le persone diciamo: ora ho la prova, la testimonianza, che chi ha creato gli uomini è pieno di saggezza e di amore.

È veramente così che quando un essere umano ha un compito – e tanto più quando il compito è importante, penso a un Rudolf Steiner, per esempio – non arriva mai a presumere di essere colui che lo ha generato, ma indica sempre un altro, al quale egli rende testimonianza.

All’inizio del quarto Vangelo abbiamo visto che Giovanni Battista non era lui la luce, ma il testimone della luce, perché la luce è il Cristo.

Un Rudolf Steiner stesso, che ha portato verità incommensurabili all’umanità – e lo sa bene chi lo conosce –, l’ha mai fatto con la pretesa che fosse tutto suo? No. Rudolf Steiner non arriva mai con la pretesa: qui si tratta di me! Il modo in cui Rudolf Steiner ha parlato del ritorno del Cristo, della nuova venuta spirituale del Cristo, è grandioso, solo che le persone non se ne accorgono, sorvolano.

Questo vuol dire che si può rendere testimonianza solo nella gratitudine. Essere uomini significa rendere testimonianza. Non è merito nostro la grandiosità dell’essere uomini, noi possiamo solo esserne i testimoni. Oppure possiamo ometterla, come se non esistesse. Omettiamo la generazione di questa meraviglia che, invece, grazie all’amore del Padre e del Figlio, ci viene resa possibile perché ognuno sperimenti lo Spirito Santo in sé.

Allora, qual è la testimonianza che l’uomo rende nel suo tempio, nella sua interiorità? La totalità dell’evoluzione, tutto quel che l’uomo diventa: questa è la testimonianza. Essa mostra che chi ha creato l’uomo e Colui, cioè il Figlio, che lo ha compenetrato di amore, sono pienezza di saggezza – il Dio Padre –, e pienezza d’amore – il Dio Figlio. Nel suo diventare-Io l’uomo testimonia di essere pregno di forze di saggezza e di amore, testimonia che consiste di forze di saggezza e di amore.

È meravigliosa questa immagine.

15,5 E io vidi nello spirito che venne aperto il tempio della tenda della testimonianza: l’uomo apre lo scrigno del suo cuore e spiritualmente appare la sua evoluzione d’amore, tutte le forze d’amore che sono state portate nell’umanità, perché poi verrà il discorso del sangue, dell’amore che è nelle coppe dell’ira.

Queste forze d’amore che compaiono con l’apertura dello scrigno del cuore dell’uomo testimoniano saggezza e amore della divinità – perché l’uomo non le ha inventate da sé.

Fa veramente male quando viene reso con: Fu aperto il Tempio della tenda dell’alleanza, perché il povero uomo moderno, con tutta la buona volontà, non riesce a rappresentarsi quasi nulla. Deve cercare nei dizionari biblici – se ha tempo e voglia – per capire di cosa si tratta, senza cavarne gran che. L’ho letto ieri, ma senza i fondamenti della scienza dello spirito…

Resta il problema, l’autore dell’Apocalisse cos’ha visto spiritualmente, cos’ha percepito? Il battito del cuore dell’evoluzione, questo è stato aperto nel cielo. Verso 6: … e vennero fuori i sette Angeli. Angeli che portavano nelle mani le sette prove che avevano prelevato dal tempio; ci sono sette Angeli che portano le prove definitive, quelle che portano a compimento, dopo averle prelevate dal tempio. Quindi sette itinerari (i sette principali) del divenire-Io. Quali sono queste vie principali del divenire-Io? Il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale, l’Io, il Sé spirituale, lo Spirito vitale e l’Uomo spirito. Ora l’uomo deve essere colto nella sua settuplicità.

15,6 «Dal Tempio uscirono i sette Angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto di cinture d’oro».

Ora vediamo la comparsa di questi sette Angeli. Un’immagine della saggezza – il bianco del lino, il biancore – e dell’amore. La testa naturalmente è libera; ora si tratta di vedere di quali forze siano rivestiti. Il corpo è avvolto, il greco dice: è vestito di bianco lino chiaro. È la saggezza, è la prima parte de La Filosofia della libertà, la coscienza, la conoscenza della libertà e dell’amore. … e allacciati attorno al petto con cinture d’oro. Il bianco è la saggezza della Luna e l’oro, il rilucente, il calore, è l’amore. Saggezza e amore.

L’evoluzione sulla Terra ha il senso di trasformare un mondo divino di saggezza in un mondo umano dell’amore – perché tutto è stato disposto in modo saggio. Nella saggezza del mondo l’uomo può innamorarsi, può amare questa saggezza al punto da farla sua, fino a che sia sangue del suo sangue.

La verità, la realtà, l’oggettiva verità di un uomo viene amata dagli altri così da diventare sangue del loro sangue – questo è solo un esempio; perché l’altro uomo, grazie al fatto di riconoscere questa verità che è l’uomo, ama così tanto questa verità che fa di tutto per migliorare ciò che lui è. Dalla mano di Dio ogni uomo viene fatto come saggezza cristallizzata, e nella misura in cui l’altro si immerge in questa saggezza che è penetrata e che ha riconosciuto, quella saggezza diventa il sangue del suo amore. E l’individuo può dedicare tutte le sue forze d’amore perché sia sempre meglio, sempre più profondo, più vero, più schietto.

Questa struttura del mondo, dove la piena saggezza divina diventa amore per l’uomo, appare nei sette Angeli, appare in questa settuplicità dell’evoluzione. Il passaggio dalla saggezza all’amore, infatti, avviene sempre in sette passaggi evolutivi in un reale ed effettivo processo interiore. Nella visione spirituale questo viene detto accennando al fatto che il vestito che riveste il corpo è bianco; cioè, l’abito è la saggezza del mondo creata da Dio.

Il vestito è bianco. E la cintura? Che differenza passa fra il vestito e la cintura? Le immagini vanno capite.

Il vestito, come dire, è già lì, mentre la cintura, a ben vedere, deve essere allacciata centimetro per centimetro, e questa è l’evoluzione.

La saggezza della creazione diventa caldo amore mediante l’evoluzione, mediante il fatto di venir presa a cuore. Questo prendere a cuore è il circondarsi della cintura. Potremmo dire che la saggezza è come il quieto rispecchiamento del mondo delle stelle fisse, mentre la sua trasformazione in amore è come il movimento dei pianeti nell’evoluzione, nel divenire. La saggezza celeste viene intrecciata attorno all’uomo mediante il movimento dell’evoluzione nel corso del tempo.

L’evoluzione è: prendersi a cuore seriamente la saggezza della creazione.

In greco al verso 15,6 c’è: ™ndedumšnoi l…non, rivestito di lino, puro e irraggiante, splendente, lamprÕn. Non solo di puro lino, ma irraggiante, emanante luce, perché la saggezza non è solo chiara, ma irraggia. La conoscenza non consiste solo nell’accogliere luce, ma nell’irraggiarla, è un irraggiamento della luce. E allacciata attorno, periezwsmšnoi, con la cintura: qui abbiamo realmente i cicli dei tempi, i movimenti dei pianeti.

Zodiaco – questa saggezza in quiete, eterna. E l’amore è un muoversi attorno; sono i cicli evolutivi, tutto ciò che orbita attorno alla Terra. Tutto quello che circonda la Terra sono cerchi, cicli dell’evoluzione che servono affinché l’uomo porti la saggezza nel cuore e la trasformi nell’amore del suo cuore.

In greco il testo dice: con la cintura allacciata attorno al petto, osservate bene questa formulazione. È la totalità del movimento, del corso evolutivo nel tempo. Rivolgimento dopo rivolgimento, periodi di cultura che si susseguono, vita dopo vita, anno dopo anno, giorno dopo giorno: questo è l’allacciare della cintura. Intorno al petto, perˆ t¦ st»qh, è la stetoscopia divina, se volete – intorno al petto una cintura d’oro, cinture d’oro, zènaj crus©j.

Nella traduzione qualcosa è scappato via – è stata fatta piazza pulita.

15,6 … e allacciata attorno al petto una cintura d’oro.

15,7 «Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette Angeli sette coppe d’oro colme dell’ira di Dio che vive nei secoli dei secoli».

Una delle quattro figure, in greco, però, c’è zówn, l’animale quadruplice già incontrato nell’Apocalisse. Conosciamo questa quadruplicità: il primo essere è l’aquila, il secondo è il leone, il terzo è il toro, e questi tre hanno più il carattere animale. L’aquila nell’uomo è il sistema neuro-sensoriale, il leone è il sistema ritmico e il toro è il sistema delle membra e del ricambio. Significa che nel mondo animale abbiamo la specializzazione, mentre l’uomo è il quarto (Fig. 2,III): uno, due, tre, e il quattro è la sintesi di tutto, è l’Uomo-Angelo. È lui il quarto.

Qui viene detto: uno dei quattro – ma ci sono manoscritti in cui uno non c’è –, dice o tutti e quattro, oppure uno dei quattro, ma il significato è lo stesso. Si tratta del fatto che la trinità viene fatta unità nel quarto. Questo è l’uomo, che non è unilateralmente solo sistema neuro-sensoriale, non è unilateralmente sistema ritmico, e non è unilateralmente sistema del ricambio e delle membra. Detto altrimenti, non consiste solo nel pensare dopo aver atrofizzato sentire e volere; oppure non consiste solo nel sentire privo di pensare e volere; oppure nel volere (unilaterali, brutali, forze volitive) senza il pensare e il sentire. L’uomo anela, invece, a un’armonizzazione. Il quarto è questo, l’armonizzazione del pensare, del sentire e del volere.

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Fig. 2,III

Per così dire uno dei quattro animali viventi è appunto l’Io, cioè non solo il pensare o il sentire o il volere, ma l’armonizzazione dei tre nell’Io (Fig. 2,III). Ci aggiriamo sempre attorno al mistero dell’Io, ovviamente. Queste forze evolutive dell’Io sono un essere spirituale che rappresenta la somma delle forze dell’Io. Di lui viene detto: uno dei quattro viventi diede ai sette Angeli le sette coppe.

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Fig. 3,III

Se volete si può anche dire che si tratta delle quattro fasi della Terra: di Terra-1, Terra-2, Terra-3. E come Terra-4 abbiamo la nostra Terra attuale. Ci sono tante prospettive diverse e un testo così è fatto apposta per essere flessibili. Quindi, Saturno, Sole, Luna e ora viene la quarta: la Terra, fatta apposta per versare le sette coppe del divenire-Io nell’umanità. Prima non sarebbe stato possibile. Tutte le condizioni, tutte le premesse, sono state create perché l’uomo diventi individuale sulla Terra.

Significa che su Saturno abbiamo l’unilateralità dell’aquila, sul Sole si è aggiunta quella delle forze del leone, e sulla Luna quella delle forze del toro, ma soltanto al livello quattro, sulla Terra – uno dei quattro – vengono date le condizioni per armonizzare il pensare, il sentire e il volere. Essi non operano l’uno contro l’altro e neppure unilateralmente, ma operano l’uno per l’altro, affinché il pensare sostenga la salute del sentire e del volere, e altrettanto faccia, rispettivamente, il sentire rispetto al pensare e al volere così che l’essere umano diventi sempre più uomo. E infine compare un modo di essere della volontà, una forza che sostiene sia il sentire sia il pensare. Ecco allora l’uomo, che rappresenta un’armonizzazione dei tre.

Osservato in chiave cosmica abbiamo la triplicità di Saturno, Sole e Luna intese come fasi evolutive della Terra una dopo l’altra. E poi abbiamo, come quarta, la Terra, la fase evolutiva nella quale ci troviamo – del tutto realmente, perché questa è la nostra evoluzione! –, e ora abbiamo la possibilità di sperimentare, di capire queste cose, di vivere e realizzare l’armonizzazione. Questa armonizzazione consiste nel fatto che questa quarta fase è quella che dà in mano ai sette Angeli le sette coppe. Sono le sette prove del divenire-Io. Le sette prove per ottenere l’armonizzazione del pensare, del sentire e del volere in un modo sempre più forte, sempre più convincente, nella testimonianza che si dà della saggezza divina.

Le coppe sono d’oro. Lo abbiamo appena spiegato. Non possono essere bianche, perché il bianco sta per la saggezza divina, mentre l’oro solare sono i misteri dell’Io in cui l’uomo aggiunge sempre più amore alla saggezza. Dunque, le coppe sono d’oro – se si vuole, ovviamente, questi sono aspetti cui si può accennare solo di passaggio e aforisticamente, mentre tutto il resto viene lasciato alla meditazione di ciascuno.

Ora faccio una coppa il cui colore è l’oro. Non si sa ancora cosa ci sia dentro. (Fig. 4,III)

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Fig. 4,III

Mentre vengono versate le coppe l’uomo pensa: questa è ira. Ma è solo un’illusione pensare che sia ira, è puro amore. Nell’illusione dell’uomo l’amore di Dio appare come ira. Ma è amore – ecco perché le coppe sono d’oro.

Pensiamo al Faust di Goethe, alle secchie d’oro che portano gli Angeli, cioè gli Esseri spirituali.[14] Tutto ciò che è divino è amore.

E per il fatto che vengono sulla Terra ed entrano in rapporto con gli uomini, questi propendono a sperimentarle come ira. Questa è la tentazione degli esseri umani. L’evoluzione della coscienza e dell’amore consiste nella convinzione e nella testimonianza dell’uomo: non è ira, non è disamore, è purissimo amore. Proprio la prova, la sofferenza, la difficoltà, sono la migliore provocazione per suscitare le più profonde forze di amore. Ma è questione di evoluzione interiore riuscire a vederle e sperimentarle in questo modo.

Queste sette coppe d’oro sono colme, non stracolme, ma colme in giusta misura. Significa che non manca niente, niente di più e niente di meno del necessario. Significa pienezza di saggezza, perché pienezza è pienezza. Non manca nulla, e non c’è bisogno di aggiungere altro.

Ma sono colme di che cosa? Nella traduzione si dice che sono colme dell’ira divina – e io debbo ripetere che in greco non c’è la parola ira, che sarebbe Ñrg» –, quella sarebbe l’ira, così come viene vissuta dagli uomini. La domanda va posta con precisione, perché se il testo dice che sono colme, allora deve anche dirci che cosa c’è oggettivamente dentro. Se si tratta di ira, la domanda è: è quel che c’è dentro, oppure è come viene vissuta dagli uomini? Dove il testo parla dell’esperienza dell’uomo, c’è la parola Ñrg», ma non si può usare la parola Ñrg» dove il discorso è sul contenuto, perché il contenuto è puro amore.

Quindi, egli non dice che sono piene dell’ira divina, sarebbe una traduzione falsa; le coppe sono piene del sentimento divino: qumoà. Ho già detto ieri che per me non è comprensibile il motivo per cui questa parola venga tradotta con ira. Il presupposto sarebbe che il contenuto oggettivo di queste coppe divine fosse l’ira di Dio, ma non è affatto così, perché il contenuto oggettivo delle coppe è puro amore. L’ira è nel vissuto dell’uomo, nell’illusione umana, non nel contenuto delle coppe.

Questi primi duemila anni di cristianesimo sono stati davvero un inizio, perché sul piano della coscienza le cose sono state confuse. Se partiamo dal presupposto che il contenuto delle coppe divine sia ira, allora avremmo una divinità in sé irosa, piena di collera, e questo è un completo travisamento del concetto di divinità. Nemmeno nell’Antico Testamento viene rappresentato un Dio così furente, così pieno d’ira, perché una divinità che ha bisogno di arrabbiarsi è una divinità da poco. Sarebbe una divinità che ha paura che le cose le sfuggano di mano. Perché mai una divinità avrebbe bisogno di arrabbiarsi? È assurdo.

Intervento:

Archiati: naturalmente è una domanda difficile. Le faccio un altro esempio: in Giovanni-Lazzaro quando compare Ð qeÒj, il Dio, il riferimento è sempre al Padre, e quando ci si riferisce a tutti gli altri c’è qeÒj, un Dio.

™n ¢rcÍ Ãn Ð lÒgoj (En archè en o logos) In principio era il Logos

kaˆ Ð lÒgoj Ãn prÕj tÕn qeÒn (Kai o logos en pros ton theòn) – era presso il Dio

kaˆ qeÕj Ãn Ð lÒgoj (Kai theos en o Logos) – e il Logos era un Dio

Dunque nel Vangelo di Giovanni e anche nell’Apocalisse “il Dio è il Dio Padre, mentre il Figlio è “unDio, un essere divino, ma non “il Dio”. Così dice l’uso della lingua.

Ð qeÒj (theòs)

E ora osservate quel che è successo ai manoscritti, poiché si aveva paura che il Padre venisse messo allo stesso livello del Figlio, che per giunta era diventato uomo; metterlo allo stesso livello avrebbe potuto significare che l’umana natura poteva divinizzarsi sempre più. Pensiamo a tutta la controversia tra Atanasio e Ario, tra Agostino e Pelagio: il Figlio è uguale al Padre o è simile al Padre? – ÐmÒj (uguale), Ómoioj (simile).

Se ora torniamo al verso 3 troviamo:

15,3 KÚrie Ð qeÕj Ð pantokr£twr. Kyrie è il Cristo, il Figlio, non il Padre. Ma se si tratta del Figlio dovrebbe esserci: KÚrie qeÕj – senza l’articolo determinativo – , un dio, un essere divino, e poi Ð pantokr£twr – con l’articolo determinativo –, perché solo lui è il Pantokr£twr, il Pantocratore sulla Terra. Kratein significa avere nelle mani l’evoluzione terrestre, kratein vuol dire guidare, ducere. Il mio sospetto è che questo Ð qeÕj sia stato contrabbandato nel testo più tardi, e allora tutto viene ricondotto al Dio Padre – e alla fine solo Dio Padre è un Dio, e il Figlio è simile a Dio perché è diventato uomo. E qui abbiamo l’intera controversia fra Ario e Atanasio nella quale Roma ha avuto la meglio, e s’è reso il Cristo uguale al Padre, ma così lontano dall’umanamente raggiungibile che alla fine non si è più capito come Cristo sia potuto diventare uomo quando è così divino come il Padre. E così, alla fine, è rimasto solo il povero uomo di Nazareth, perché non si è più riusciti a rappresentarsi come un Essere completamente divino come Dio Padre, cioè il Figlio, abbia potuto diventare uomo.

Qui, nel greco, c’è lo stesso problema: le sette coppe contengono l’interiorità, il cuore – ma di chi? Basterebbe pensare: prima coppa Saturno, o Terra-1 (per chi conosce meno la scienza dello spirito); seconda coppa, Terra-2 o Sole; terza coppa, Terra-3 o Luna. La quarta coppa è quella che siamo noi ora, Terra-4 o Terra-Terra; poi viene la quinta coppa, Giove o Terra-5 (Fig. 5,III).

Ecco qui le sette coppe. Sono il contenuto di sentimento di chi? Del Dio Padre. Perché il Dio Padre apre queste prospettive evolutive nelle quali è attivo il Figlio. Il Figlio è attivo in questa prospettiva dell’evoluzione, ma questo progetto dell’evoluzione in cui il Figlio viene mandato entro la corrente del tempo è del Dio Padre – di chi altri, altrimenti?

Quindi, evidentemente, il Figlio stesso rende testimonianza al Padre. Nel Vangelo di Giovanni viene continuamente ripetuto: io sono venuto per dire le cose che Egli ha detto a me; sono venuto a fare solo quel che il Padre mi ha detto di fare.

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Fig. 5,III

L’evoluzione del Figlio nel corso del tempo è la manifestazione, l’esteriorizzazione, l’espressione verso l’esterno del contenuto di saggezza, dell’eterno consiglio del sentimento di Dio Padre. È meraviglioso, assolutamente meraviglioso.

Il verso 7 dice: … del Dio vivente, ora viene detto che vive di eternità in eternità, di eone in eone. Quest’ultima espressione non significa a partire da un eone fino a un altro, bensì che include il successivo, e poi il successivo e così via (viene disegnato alla lavagna).

Oppure, vediamo di dare un altro piccolo punto d’appoggio in questo contesto in modo che non diventi troppo astratto. Quando si guardano le grandi concatenazioni c’è sempre il pericolo di diventare astratti se le cose non vengono riempite a sufficienza di contenuto. E il testo si preoccupa di offrirci sempre di nuovo aspetti diversi.

Ho disegnato qui i sette gradini dell’evoluzione. (Fig. 6,III)

Se prendiamo la Trinità, possiamo anche fare così:

• il Padre abbraccia tutto: da uno a sette;

• il Figlio è da due a sei: questo è il Figlio;

• poi lo Spirito Santo è da tre a cinque – a partire dall’evoluzione lunare cominciamo a entrare nei misteri della coscienza;

• e l’uomo è al quattro: l’incarnazione del Cristo, il divenire-uomo dello Spirito Santo.

Qui (Fig. 6,III), lo Spirito Santo, il Figlio e il Padre. Ma non c’è nessuna separazione, perché il Padre abbraccia il tutto, il Padre non viene mai separato perché è sempre presente. È un’immagine dell’eternità: il Padre è un’immagine dell’eternità. Nel tempo il Padre c’è sempre. Il Figlio comincia successivamente e finisce prima. Lo Spirito Santo comincia ancora dopo e termina prima. E l’uomo è al centro.

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Fig. 6,III

Questo è solo un piccolo spunto per il pensare, perché è interessante solo quel che si comincia a fare col pensare, non il fatto che qualcuno lo abbia affermato. Può essere usato per capire, per capire, per capire, capire sempre meglio, allora sì che è utile.

Intervento:

Archiati: No, no, quella è un’altra prospettiva. Io qui ho fatto in modo da mostrarvi le sette coppe – questa è la coppa del Padre, questa è la coppa del Figlio (indica Fig. 6,III).

Intervento: ….

Archiati: Aha, ecco la scintilla. Bene, ma sono le coppe del Padre o del Figlio?

Intervento:

Archiati: È così, perché il Figlio rende testimonianza al Padre.

Intervento: Nei Vangeli c’è scritto che il Figlio e i Padre sono uno.

Archiati: Esattamente. Ma il Padre è più grande di me, dice il Cristo. Vede? – mostra il disegno – più grande di me. Per questo ho detto che ci si arriva solo col pensiero, altrimenti resta uno schema, un’astrazione, un dogma.

Intervento:

Archiati: Per questo motivo ho detto che è solo un’indicazione, non posso fare acrobazie perché capiate. Il pensiero è: se vi consente di avviare qualcosa, bene; se non potete farci niente, la cosa non diventa meglio se vi dico che dovete partire da qui o da lì. Come sempre, decisivo per la persona è se ci sono o meno alcuni fondamenti scientifico-spirituali sui quali costruire. E questo salta fuori e va accettato. Sarebbe come se qui ci occupassimo di biologia e fossimo a un punto tale di complessità che salta fuori che uno ha una certa conoscenza e un altro no – e non è un’offesa per lui. Questa è la differenza.

Quel che sorge qui (Fig. 6,III) è il corpo fisico, qui il corpo eterico e qui il corpo astrale. Finché l’evoluzione deve porre il fondamento fisico e finché deve porre il fondamento vitale, non c’è niente di spirituale. Lo Spirito Santo comincia solo con l’evoluzione della coscienza – lo Spirito Santo è la coscienza, e l’evoluzione della coscienza comincia quando vengono poste le basi minerali, e poi quelle del regno vegetale. Dopo comincia l’evoluzione della coscienza. Lo Spirito Santo ha a che fare con l’evoluzione della coscienza.

Qui (Fig. 6,III), fra il quattro e il cinque, giunge a coscienza l’amore. E col quattro, il cinque, il sei e il sette la saggezza e la coscienza giungono all’amore. Entrambe.

Cosa ho fatto ora? Ho cercato di dire un paio di cose: se qualcuno ne cava fuori qualcosa, non è una acrobazia; se qualcun altro non ne cava fuori niente, invece, resta una acrobazia. Le due cose sono possibili. Oppure possiamo mettere da parte l’Apocalisse e per tre, quattro, cinque mesi, ininterrottamente, ci occupiamo de La scienza occulta,[15] io non avrei nulla in contrario e molte cose comincerebbero a chiarirsi. L’Apocalisse è un testo scientifico-spirituale, e la scienza dello spirito, tra le altre cose, esige studio. Va studiata, ci si deve dar da fare. La scienza dello spirito esige lavoro, questo volevo dire, oltre al resto naturalmente.

Traduco il versetto 7 in modo del tutto letterale: E uno dei quattro Viventiuno in certi manoscritti non c’è, io l’ho inserito, ma poi decidete voi se pensate che ci sia o meno – diede ai sette Angeli le sette coppe dorate riempite col contenuto del sentimento di Dio, del Viventee„j toÝj a„înaj tîn a„ènwn di eone in eone, per tutto il corso degli eoni.

15,8: «E il tempio si riempì del fumo che usciva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non avessero termine i sette flagelli dei sette Angeli»

E il tempio, l’interiorità dell’uomo, il tempio, venne riempito del fumo della gloria di Dio e della sua forza; e nessuno poteva andare nel Tempio, fino a quando non erano terminate le sette piaghe dei sette Angeli. Ora viene mostrata una visione, la conoscenza deve andare avanti, e viene riconosciuto quello che queste sette coppe procurano – che ho rappresentato qui (Fig. 6,III), al più alto livello. Questa visione è come quella del Monte Tabor, la visione di Cristo fra Mosè ed Elia. Pietro vorrebbe inebriarsi della visione, vorrebbe contemplare e rimanere lì; la vorrebbe godere senza diventare il contenuto della visione stessa. Perché una cosa è sapere, conoscere cosa si deve fare, e un’altra è farlo. Una cosa è sapere come possa essere buono l’uomo, e un’altra è darsi da fare per diventarlo.

Dunque dal monte della contemplazione, dal monte della conoscenza, bisogna discendere nella valle dell’esperienza terrestre dell’esistere, del divenire, dei passi che l’uomo deve compiere uno dopo l’altro per diventare quello che vien posto come ideale evolutivo. La contemplazione dell’ideale è come la conoscenza, ma il divenire, l’integrarla nel proprio essere, significa avere il coraggio di ricusare il godimento della contemplazione per fare, più modestamente, un passo dopo l’altro, e accettare anche che in questa vita non si sia in grado di diventare alcune cose – ma io voglio, e sono disposto ad aspettare fino alla prossima vita, o fino alla prossima ancora!

Questa dinamica, questa struttura, sta fra il pensare – la conoscenza – che precede ed è rapido come un fulmine nel fare passi evolutivi, e i piccoli, modesti, passi che uno dopo l’altro possono essere fatti nella realtà.

Questo viene detto in modo meraviglioso nell’ottavo versetto, dove il tempio è pieno di kapnoà, di questo fumo – è qualcosa di animico. Non dobbiamo pensare al fumo delle sigarette, quanto piuttosto all’incenso, al modo in cui questo incenso colma di sé tutto il tempio. E cos’è il tempio, l’interiorità del tempio? L’interno del tempio viene riempito di incenso. Significa che l’interiorità dell’uomo, l’anima e lo spirito, viene consacrata – incenso. Cos’è la consacrazione dell’anima e dello spirito? La consacrazione dello spirito è la conoscenza, la saggezza, la coscienza; la consacrazione dell’anima è l’amore.

15,8 E il tempio si riempì del profumo – di incenso – della gloria di Dio – è la conoscenza, dÒxa, la forza irraggiante della conoscenza – e della sua forza. Pensare e volere, conoscere e divenire, ideale ed evoluzione: sempre questa duplicità, perché tutto viene articolato in duplicità, triplicità, quadruplicità, settuplicità e così via.

15,8 … e nessuno poteva entrare nel Tempio: ora viene il lato dell’evoluzione, ora viene semplicemente guardato, contemplato, ma nessuno vi entra, il che significa che nessuno può entrarvi se con i sette passi, con i sette gradi evolutivi delle sette coppe dell’ira, non è divenuto tutto questo. Entrare: l’evoluzione presuppone che le sette piaghe dei sette Angeli siano compiute; significa che l’uomo deve essere arrivato al settimo grado evolutivo, deve aver realizzato i sette cammini del divenire; sono sette modi di trasformazione interiore mediante i quali l’uomo diventa quel che ha visto. Il capire, il vedere, non basta, perché è solo l’inizio.

Questo ci spiega perché, ed è anche umanamente comprensibile, molti scienziati dello spirito o molti antroposofi – ma anche molti cristiani, perché è la stessa cosa – vengano rimproverati di avere in testa tante belle teorie, ma di averle soltanto lì, all’inizio; non scendono ancora nella vita, nel cuore e nella volontà. Perché? Perché la testa procede molto in fretta rispetto al resto della vita. Molto semplice.

A volte questo rimprovero non è giustificato. Ovviamente ci sono persone che leggono tutto il possibile nell’opera omnia di Steiner, ma si danno poco da fare. È anche vero, però, che nessun uomo può procedere nell’azione altrettanto velocemente quanto capisce. Proprio per il fatto che viene omesso troppo nell’andare avanti, è altrettanto urgente che l’uomo perlomeno capisca dove deve andare e cosa deve fare. Perché finché l’essere umano non ne ha ancora capito l’importanza, l’andare avanti aspetterà ancora a lungo. Anche questo va detto. In colui che capisce di più e che lotta per diventarlo, teoria e realtà divergono, ma è naturale che sia così. E in quello in cui non è così, in cui teoria e realtà divergono meno, è perché c’è meno teoria. C’è anche questo.

Non illudiamoci. Si tratta anche di essere veramente sinceri con se stessi. A volte mi infurio quando mi dicono: «Sì, signor Archiati, questi antroposofi – e anche lei – hanno solo testa, testa, testa». Al che rispondo: «Sì, ma lei non ha nemmeno quella, e non è certo meglio». (risate)

Teorie sul cristianesimo le abbiamo da duemila anni, e se guardiamo al risultato ci sarebbe già motivo per diventare modesti e dire: è naturale che la testa proceda velocemente, il capire è improvviso. Il capire è un lampo. Archimede non dice «… a poco a poco… piano piano… ho capito», bensì, tutto d’un colpo: «Eureka, ho trovato!».

Sarebbe meglio se anche la trasformazione interiore procedesse così rapidamente? Sarebbe noioso. Dovremmo sparire di colpo; tutto sarebbe già fatto, compiuto. Quindi, il bello dell’essere umano è proprio questa tensione tra la fulmineità del capire e l’arduo travaglio della trasformazione interiore. Questo crea tensione, e deve esserci tensione. Se il tutto non fosse interessante, si tratterebbe di un Dio che ha creato qualcosa di noioso.

Bene, questa è la conclusione del quindicesimo capitolo. Almeno ho finito un capitolo.

Facciamo una pausa e procediamo col capitolo successivo.

*******

Qualcuno diceva che ci vorrebbe un pochino più di tempo per le domande e per le vostre considerazioni.

Intervento:

Archiati: lei dice di avere visto qualcosa che non aveva mai notato prima in questa forma. Può essere contento che ci sia qualcosa di nuovo.

Intervento:

Archiati: bene, io ho detto che tutto lo schema è solo una proposta che ha un alto grado di astrazione. Poi ci vuole più concretezza. Proviamo a concretizzare, per esempio dicendo che qui (Fig. 7,III), dove ci sono l’uno, il due e il tre si tratta dei primi tre animali, mentre qui, dove c’è il quarto animale si tratta dell’Io.

Se invece per la conoscenza vogliamo proporre una posizione per il pensare, il sentire e il volere, cosa viene prima? Ovviamente il volere, perché il volere è non-cosciente. La coscienza sorge soltanto al terzo gradino. Quindi, qui il pensare e qui il sentire. (Fig. 7,III)

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Fig. 7,III

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Fig. 8,III

Intervento:

Archiati: qui ho rappresentato l’uomo, col suo pensare, sentire e volere.

Intervento:

Archiati: naturalmente, dal lato divino c’è pensiero divino e volere umano inconscio. Qui (Fig. 8,III), sentire divino e sentire umano in una specie di corrispondenza; e qui volere divino, più conduzione dall’esterno, e nell’uomo comincia il pensare.

Se sottolineo che è qualcosa di così ampio intendo dire che gli aspetti specifici, i punti di vista, sono infiniti. E quel che lei sta dicendo è esattamente come quando io dico a qualcuno: «Tu affermavi che il vaso di fiori è a destra, ora ti sei spostato di dieci metri e affermi che sta a sinistra: allora, è a destra o è a sinistra?» È dappertutto! E sempre c’è il pensare, sentire e volere, si tratta del punto di vista. E i punti di vista sono infiniti, ecco perché non ho nulla in contrario che queste astrazioni spariscano, semplicemente (la lavagna viene cancellata). Ora il problema è risolto, e non c’è più nessuna confusione (risate).

È una faccenda seria. Siamo all’inizio dell’evoluzione del pensare e quando le cose diventano complicate è come quando si è alle prese con le conferenze di Steiner: abbiamo sbuffato per capire qualcosa della conferenza, perché è complicato, poi continuiamo a sfogliare il libro e capitiamo su un’altra conferenza: tutta un’altra prospettiva! Prima diceva una cosa e poi sembra dire il suo opposto. Vale sempre l’una cosa e anche il suo opposto, sempre.

Portatemi qualsiasi esempio e vi dimostro che vale sempre anche il suo opposto. Già Goethe diceva in maniera meravigliosa: «Ogni senso stimola il suo opposto».

Ditemi qualcosa, provate, qui ci sono molte teste. Ditemi qualcosa che avete in mente dove io non sia in grado di provare il contrario. Io vi proverò sempre la validità anche del contrario di quel che affermate.

Recentemente in Svizzera, durante un seminario sul Vangelo di Giovanni, qualcuno ha provato a dirmi: «2+2 = 4 e tu non potrai mai dire che 2+2=6!». Allora ho proposto: «Prova a depositare in banca una quantità 2, e poi ancora un’altra quantità 2. Se la banca è quella giusta, poi ti ritrovi 6»! Molto semplice (risate).

Dipende dal punto di vista. E il pensare è lì proprio per essere un po’ più versatile, come la realtà, perché la realtà è assolutamente versatile, si lascia osservare da tutti i punti di vista. Ogni fenomeno, anche il più piccolo, la più piccola foglia, il più piccolo stelo, è inesauribile. Ogni fenomeno è inesauribile! Si tratta di investigare quest’inesauribilità senza diventare arbitrari. Se avessimo un albero gigantesco, da quanti punti di vista potremmo osservarlo? Quante vedute, quante prospettive di luce abbiamo? Infinite. Ma ogni volta che adottiamo un punto di vista è forse arbitrario? No, è oggettivo.

Diventare così versatili da poter vedere ogni fenomeno dai più diversi punti di osservazione, senza arbitrarietà, rimanendo oggettivi, è la vera arte del pensare. La scienza dello spirito di Steiner è fatta per questo. La scienza dello spirito non è interessante per i suoi contenuti, perché se si trattasse solo di questo allora basterebbe credere a quello che dice Steiner, e divento un credente alla quinta potenza. Ma io ho già creduto per millenni.

Il nerbo della scienza dello spirito di Steiner è la metodica del pensare, non i contenuti. È il modo in cui il pensare diventa sempre più vivente. Allora tutti i contenuti possono essere dimenticati, tramite l’osservazione della realtà possono venire espressi proprio grazie al pensare. Allora diventa interessante la cosa.

Cosa ne abbiamo dagli antroposofi che sciorinano tutto quello che hanno creduto di Steiner? Un cattolico può sciorinare ancora di più: tutto quello che crede grazie alla chiesa. Contenti della risposta? No. Bene, mi fa piacere perché proprio grazie all’insoddisfazione gli uomini vanno avanti.

Intervento: (domanda sulla differenza fra meditazione e preghiera).

Archiati: un paio di anni fa abbiamo fatto qui un seminario sul cammino interiore, durante il quale abbiamo trattato ampiamente l’argomento.[16]

Mi limito a qualche cenno, perché vogliamo proseguire con l’Apocalisse.

Dunque, nell’uomo abbiamo l’anima e abbiamo lo spirito. L’anima è il mondo dell’esperienza, l’anima vuole vivere, e lo spirito vuole conoscere. Sono solo due aspetti, perché se ne potrebbero prendere altri, e si tratta sempre di non dogmatizzare.

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Fig. 9,III

Diciamo che l’anima è esperienza soggettiva, personale, di ognuno, e lo spirito cerca l’oggettivo, il conoscere che è valido per tutti.

La preghiera è la meditazione dell’anima, e la meditazione è la preghiera dello spirito.

Prendiamolo come una piccola formula meditativa, e meditando su questo scoprirete aspetti sempre nuovi. Ogni tentativo di disprezzare la preghiera attraverso la valorizzazione della meditazione è fuori luogo, perché l’uomo consiste di anima e di spirito. E l’anima in quanto anima è molto più bella dello spirito, e lo spirito in quanto spirito è molto più bello dell’anima. L’uomo, però, consiste di entrambi. È ovvio che sia altrettanto fuori luogo valorizzare la preghiera disprezzando la meditazione. Stanno l’una rispetto all’altra come la testa e il cuore. Cos’è meglio? La testa o il cuore? Tutte e due sono il meglio!

Quanto più a lungo un uomo medita, tanto più la meditazione diventa preghiera. Una persona che nella meditazione non sperimenta la qualità della preghiera, l’interiorità del cuore, è all’inizio del meditare. Le due esperienze diventano una cosa sola: lo spirito vive del calore dell’anima, e l’anima si illumina della luce dello spirito.

Il Padre nostro è una preghiera o una meditazione? Entrambe le cose. Per i bambini è più una preghiera, per gli pseudo-cresciuti è più una meditazione, per i veri adulti è entrambe.

E ora arriviamo al sedicesimo capitolo

16,1 «Udii poi una gran voce dal tempio che diceva ai sette Angeli: andate e versate sulla terra le sette coppe dell’ira di Dio».

Io udii – caspita! Mentre nel quindicesimo capitolo abbiamo letto alcune volte e io vidi, ora, invece: io udii! Significa che ci muoviamo dal livello immaginativo a quello ispirativo, se vogliamo usare la terminologia di Rudolf Steiner.

Qual è il passaggio dall’immagine, da quel che viene visto, alla parola? La parola è il significato dell’immagine, la parola va oltre. Con la parola indico, discuto concettualmente con me stesso, con lo spirito, su cosa sia.

Nel vedere non ho ancora la necessità di dire cos’è quello che vedo. La parola, quella interiore del pensare discorsivo, si domanda: «cos’è?», e nel rispondere si sale dal piano della percezione a quello del concetto. La conoscenza risulta dall’unione di percezione e concetto: percezione + concetto = conoscenza.

Nel mondo fisico le cose stanno proprio così: nella percezione io percepisco qualcosa e mi domando: «cos’è? È il mio amico», e così via; concetto e conoscenza. (Fig. 10,III)

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Fig. 10, III

Nella sfera sovrasensibile la percezione è la stessa cosa: io vedo qualcosa di spirituale, e Steiner chiama quest’esperienza immaginazione. La percezione nell’ambito sovrasensibile, nello spirituale – e così viene precisato nel testo –, il vedere nel sovrasensibile, viene chiamato immaginazione: è un vedere. Vedere=immagine. Poi arriva il concetto, significa che immaginazione+ispirazione è un udire: e io udii.

Io udii, quindi ora viene articolato qualcosa in parole, viene detto che cos’è.

Dunque nel nostro schema abbiamo: vedere, udire e qui abbiamo la parola (Fig. 10,III), e poi l’intuizione:

• immaginazione+ispirazione=intuizione.

• Immagine, parola ed essere (conoscenza dell’essere).

Qui (indica lo schema), cosa scrivereste voi? Vedere, udire. Il Risorto è apparso agli apostoli, e Tommaso non era presente. Una settimana dopo il Risorto compare di nuovo per Tommaso; Tommaso vede, ma non basta; ascolta, ma non basta. Allora: «Tommaso, tocca, tocca!», vedere, ascoltare, tastare. Toccare l’essere, questa è la piena conoscenza. Nel contatto con l’essere capisco l’essenza dell’essere, capisco l’essere spirituale.

L’Apocalisse si attiene strettamente a queste strutture, perché sono imprescindibili. Non potete dire che siano arbitrarie. Non c’è niente da fare, noi siamo nell’atto del conoscere per il fatto che percepiamo qualcosa e poi diciamo che cos’è: la percezione e il concetto danno la conoscenza. Non c’è nulla da fare, è proprio così.

Se il nostro pensare, se la nostra struttura spirituale è questa, perché dovrebbe essere diverso nel caso della percezione dello spirituale che poi afferriamo concettualmente e tocchiamo nella sua essenza? Tutte le conferenze di Steiner, i 350 volumi dell’opera omnia, fatta eccezione per il ciclo del pasticcere (Zeckerbäckerzyklus), mostrano che l’immaginazione è un percepire; l’ispirazione è la parola, il significato; e poi c’è la capacità di cogliere l’essere. … Non sapete cos’è il ciclo del pasticcere? In austriaco Zuckerbäcker vuol dire pasticcere. Lo dico tra parentesi, perché non ha direttamente a che fare con l’Apocalisse, ma indirettamente tutto ha a che fare con tutto. Dunque, con Steiner abbiamo 350 volumi di conferenze, diversi cicli, e poi abbiamo un ciclo speciale che si chiama così – nel caso non lo conosciate –, perché lì dentro c’è tutto quello che il dottore avrebbe detto nella vita privata. L’interessante è che questo ciclo è molto più ampio di tutti gli altri cicli messi assieme. (Risate)

Qui i tre gradini si trovano nei cicli giusti, questo volevo dire, perché tutto nella scienza dello spirito di Steiner si basa sulla percezione del sensibile – che tutti abbiamo – e sulla percezione del soprasensibile – per questa ci vogliono uomini d’eccezione, ma ne basta uno. Se abbiamo un mucchio di visionari – e ce ne sono, nel cattolicesimo in ogni periodo ne compaiono a migliaia –, si tratta di uomini che vedono e vedono e vedono ancora; ma non capiscono mai quel che hanno visto. Manca il pensare, manca totalmente la capacità di formare concetti.

Cos’è una percezione? È un frammento di ignoranza, perché mi manca il concetto. Oppure diciamo che la percezione è una nostalgia del concetto. Nella misura in cui abbiamo solo percezioni abbiamo la somma della nostra stoltezza; diventiamo intelligenti solo quando aggiungiamo i concetti.

Quindi, nella percezione sensoria abbiamo una somma di ignoranza – e vogliamo raddoppiarla? Un visionario, per esempio, che non sia capace di dare un significato col pensare a quel che ha percepito e non sia capace di creare nessi, ha soltanto raddoppiato la sua ignoranza. Nel vero senso della parola, questa non è un’offesa. È l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Di percezioni ne abbiamo più che abbastanza, quello di cui abbiamo bisogno è l’esercizio del pensare per comprenderle.

A una persona viene data davvero la possibilità di percepire il sovrasensibile quando egli comincia veramente col pensare a rendere il percepito disponibile e fecondo per tutti gli uomini, e lo mette al servizio della loro evoluzione.

Se qualcuno come Rudolf Steiner riesce a signoreggiare in alto grado queste percezioni nel sovrasensibile e con un pensare ispirativo capisce, le rende in forma concettuale, e ha altresì la capacità di distinguere anche nel mondo spirituale Esseri da Esseri, allora per noi il compito non è più tanto quello di percepire questo o quello, ma di esercitare il pensare. Questo fa andare avanti l’essere umano.

L’apocalista dice: io vidi, io udii. Colui che ha scritto l’Apocalisse pensa davvero, per così dire, che questa sia la cosa più importante – cioè che anche noi tutti possiamo vedere e udire? No, ha scritto un testo perché noi possiamo esercitare il nostro pensare e il nostro amore. Da nessuna parte viene detto: caro uomo, tu vali quando tu stesso avrai visto e udito tutto questo.

La conoscenza spirituale attraverso il pensare è meglio del solo vedere o sentire. Qui si tratta di capire. Quindi: vedere, sentire, capire.

Qui (indica parte alta della Fig. 10,III), il vedere, l’udire; e il capire, il capire pieno, arriva qui (indica: intuizione - toccare nello schema). Quando capisco, quando abbraccio il tuo essere, e quindi non mi limito a vederti o a sentirti, ma quando riesco a cogliere l’essenza intima del tuo essere, allora ti capisco; capisco perché fai e sei così, perché ti rapporti in questo modo. Questo culminante grado del pensare, del conoscere, è il comprendere l’essenza, è il cogliere l’essenza, è un toccare spirituale, un tastare spirituale: io capisco.

Ho sempre pensato che quando una persona mi dice «ti amo» mi faccia sentire meno amato di quando mi dice «ti capisco». Perché? Perché chi mi dice ti amo si gode il suo amore per me, il suo essere pieno di amore. È giustificato, io non ho nulla in contrario.

«Ti amo»… cosa vive lui? Il suo amore.

«Ti capisco»… dove si trova lui? Presso di sé o presso di me? È con me.

Se uno ci dice «ti amo», per noi l’esperienza è di noia. Ma quando ci dice «ti capisco», è interessante, allora c’è l’amore. Amare gli altri è facile, perché ognuno è pieno d’amore. Capirli non lo è altrettanto, in questo caso l’amore deve darsi un po’ da fare, deve passare dall’amore di sé all’amore per l’altro, e questo può farlo solo la libertà.

Bene, era solo una variazione sul E io udii.

16,1 Ed io udii una grande voce – una voce potente. Cosa significa una grande voce? Come può essere grande una voce? C’è forse una voce piccola? La voce è la parola che articola il senso o il concetto. Ci sono ambiti concettuali più ristretti e altri più vasti, ci sono parole che sono più ampie. E io udii parole, quelle più vaste, meg£lhj fwnÁj grandi parole: kaˆ ½kousa meg£lhj fwnÁj, udii un’indicazione di senso mediante la parola che abbraccia tutta l’evoluzione. Una formazione di concetto mediante la parola che non esprime qualcosa di parziale, di piccolo, ma che include tutto. Nell’immagine questa è una voce grande.

È meraviglioso come questi testi siano esatti in termini scientifico-spirituali.

16,1 … dal tempio, quindi dall’interno del tempio, dall’interiorità dell’essere, dallo spirito proviene questa parola che esprime l’interiorità.

Cos’è la parola? La parola è esternazione di sé. L’interiorità viene portata verso l’esterno, viene espressa. Esprimersi: questa è una bella parola. Quando una persona si esprime, cosa porta verso l’esterno sulle ali della parola? La sua interiorità, ciò che ha interiormente: il suo pensare, il suo sentire e i suoi impulsi di volontà vengono portati verso l’esterno mediante la parola, sulle sue ali. E … una grande voce dal tempio, dall’interiorità del mondo, dall’interiorità del grembo divino, del sentire divino. L’interiorità, ciò che Dio ha progettato dentro di sé viene portato fuori mediante la parola.

Cos’è il Figlio? Il Logos. Il Figlio è il modo specifico in cui il Padre si esprime. E cos’è il mondo? La manifestazione di Dio, la sua auto-manifestazione viene espressa all’esterno.

A ben vedere la lingua ci offre tutte le possibilità di esprimere qualcosa, perché è saggezza cristallizzata, è la cristallizzazione del pensiero da parte del Genio della lingua. Solo che dobbiamo portare questa lingua nel vivente trasformando ogni immagine in un concetto. È incredibile quel che possiamo sviluppare nel pensare grazie alla lingua. Es-primersi: premere fuori, altrimenti resta dentro.

Quindi, … una grande voce dal tempio, dall’interiorità. C’è sempre un’interiorità che viene fuori che disse ai sette Angeli – così è in greco – andateØp£gete, ergetevi sulla Terra e versate ™kcšete le sette coppe del sentire di Dio. Non è ancora Ñrg», non è ancora l’ira, ma sempre il sentire, l’interiorità.

Ci sono questi sette Angeli e ora cerco di nuovo di disegnare le mie sette coppe nella speranza che non diciate di nuovo che è troppo astratto. Ora cambia di nuovo la prospettiva. (Fig. 11,III)

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Fig. 11,III

Adesso il discorso è sull’interiorità divina, il sentire di Dio vien detto veramente così: il sentire di Dio Padre. Il sentire divino – se me lo concedete – è il grembo della divinità. È ciò che il buon Dio pensa, sente e vuole. Abbiamo un’idea di quel che si tratta? Dimmi, o buon Dio, cosa pensi, cosa senti. Deve esprimersi, perché fino a quando rimane muto…. E ora riversa tutto in sette coppe, si esprime in esse. Eccolo! Questa è l’interiorità del sentire divino espressa all’esterno (Il relatore disegna).

Cos’è la creazione? È l’auto-espressione, l’auto-esternazione di Dio, del Creatore. Per questo si chiama creazione. Se non venisse da Lui da dove potrebbe venire altrimenti?

L’eternità, la durata, sempre tranquilla e permanentemente uguale a sé, si esterna nel tempo, sempre in sette tappe. Perché proprio in sette tappe? Perché l’eternità non avviene di primo acchito nel tempo. Se così fosse non avremmo la successione, il venire delle cose una dopo l’altra. Eternità, infatti, significa compresenza, contemporaneità; tempo vuol dire successione. (Fig. 11,III) Dunque, quel che è contemporaneo nell’eternità si può solo esternare successivamente nel tempo, altrimenti non ci sarebbe il tempo.

Questa è pure un’immagine della relazione fra il carattere rapidissimo del pensare e la lentezza del divenire. La conoscenza è un’immagine dell’eternità, perché restringe a tal punto il tempo, che praticamente il tempo scompare. La trasformazione interiore è un’immagine dell’evolversi nel tempo. Così è per l’anima e per lo spirito: l’anima diventa spirito, e lo spirito è.

Ci sono sette coppe. Una coppa è un recipiente, e l’essenza del recipiente è ciò che c’è dentro, non il contenitore. E questa interiorità viene riversata fuori, viene riversata fuori dal grembo divino.

Naturalmente ora possiamo anche lasciar da parte questo grande settenario e prendere il settenario più piccolo sulla Terra. Prendiamo l’evoluzione sulla Terra e abbiamo: 1. l’epoca polare, 2. l’epoca iperborea, 3. l’epoca lemurica, 4. l’epoca atlantica, quella geologicamente centrale, poi abbiamo 5. l’epoca postatlantica. In essa c’è la centralità cosciente dell’evoluzione. Poi abbiamo l’epoca 6 e l’epoca 7, chiamiamole pure come vogliamo, perché non ci sono ancora. L’Apocalisse le indica col nome delle ultime due comunità alle quali sono dirette le sette lettere: Filadelfia e Laodicea.

E ora, quando siamo al punto cinque, all’epoca postatlantica, dopo questo momento la Terra inizia a devitalizzarsi. Quindi fino a lì la Terra era vitale, geologicamente in crescita, e ora questo cambia – come il nostro corpo nel corso della vita. Lì c’è il centro geologico. Da lì la Terra comincia a devitalizzarsi sempre più, e questo è il presupposto perché la coscienza possa crescere sempre di più.

E l’evoluzione è così: ci sono uomini che si votano all’evoluzione materiale, si dissolvono nell’evoluzione materiale discendente, l’evoluzione del fattore di natura; e ci sono uomini – e in ciò sta la libertà – presso i quali proprio nella seconda metà della vita, col diminuire del fattore vitale, grazie alla distruzione delle forze vitali, la coscienza comincia a rilucere sempre più. Nella prima metà della vita non può essere così, perché le forze vitali sono esuberanti e hanno un ruolo dominante; vita e coscienza, infatti, sono polarmente contrapposte. Quanta più vita c’è e tanto meno è presente la coscienza; tanto più cresce la coscienza e tanto più si consumano le forze vitali, esse diminuiscono. Pensare significa distruggere forze vitali. Edificare forze vitali vuol dire far regredire un po’ la coscienza, obnubilarla, oscurarla.

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Fig. 12,III

Cos’è il dormire? Pura rigenerazione delle forze vitali mediante l’esclusione della coscienza. Quando mangiamo, e soprattutto dopo un pranzo succulento – plenus ventre non studet libenter – una pancia piena non studia volentieri, perché i processi vitali sono pienamente in corso. È meraviglioso, non voglio svalutarlo, solo che nello stesso momento in cui questi processi vitali edificano sempre più, non si può cercare di risolvere un difficile problema di matematica. Bisogna aspettare tre o quattro ore finché lo stomaco è in pace e il cervello può cominciare a funzionare un po’ meglio.

Il punto di partenza era che anche qui ci sono dei settenari. Io volevo aggiungere che quando siamo al punto cinque, all’inizio dell’evoluzione della coscienza, qui (indica il punto quattro entro il V momento evolutivo di Fig. 12,III) avviene il Mistero del Golgota. Il Mistero del Golgota è il centro della coscienza, il centro spirituale dell’evoluzione. Il centro geologico doveva precedere per rendere possibile il centro della coscienza. E il Mistero del Golgota – noi ora siamo solo duemila anni dopo – ci ha reso possibile una progressiva immersione nei misteri della coscienza. Per questo entro la quinta epoca post-atlantica possiamo distinguere in termini coscienti un settenario ancora più piccolo: periodo di cultura indiano, persiano, egizio-caldaico, poi viene il quarto, quello in cui si è incarnato il Cristo, e cioè il greco-latino, e ora il nostro, il quinto.

Cosa sono le sette coppe dell’ira? Tutti i settenari, proprio tutti. Di questi settenari, quali sono quelli definitivi? Abbiamo il settenario delle sette lettere, quello dei sette sigilli, quello delle sette trombe e il settenario delle sette coppe dell’ira. Queste ultime hanno a che fare con la coscienza, col divenire-Io.

Sarebbe come se dicessimo: il settenario delle lettere è l’evoluzione saturnia; quello dei sigilli è l’evoluzione solare; quello delle trombe è l’evoluzione lunare – ma anche questa è solo una prospettiva, solo un punto di vista da non dogmatizzare –, e allora il settenario delle coppe dell’ira è l’evoluzione terrestre. (Fig. 13,III) Questo è il diventare-Io.

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Fig. 13,III

Il divenire-Io è in un certo senso definitivo, perché quel che vien dopo, inteso in senso stretto, non è qualcosa di nuovo, ma è una ripetizione dei primi tre gradini a un livello superiore. Una ripetizione del due a un livello superiore, e una ripetizione dell’uno a un livello maggiore. Ma il punto di svolta è il quarto, il divenire-Io. Grazie al divenire-Io l’uomo diventa un essere spirituale capace di individualità, indipendente, creatore, un essere libero e amante. Questi sono i misteri della Terra, dell’individualizzazione sulla Terra.

16,1 Ed io udii una grande voce uscire dal Tempio, che parlava ai sette Angeli: andate e versate le sette coppe dell’ira divina – dell’interiorità della divinità – sulla Terra!

Cos’è l’interiorità di Dio sulla Terra? Sono le possibilità evolutive, le offerte evolutive, la totalità dell’amore divino per l’uomo. Cos’ha in sé il divino rispetto all’umano? Puro amore per l’individualizzazione dell’uomo. Questo amore, nella misura in cui viene riversato negli uomini, viene vissuto come ira da loro. Come mai?

Il contenuto dell’amore divino è la chiamata alla libertà. Solo questo è amorevole nei confronti dell’uomo. Qualcuno mi ama come uomo solo se vuole la mia libertà e mi mette a disposizione tutte le condizioni per realizzarla. Amare gli uomini significa volere la loro libertà.

Ma perché l’amore per la libertà, il divino amore per la nostra libertà noi lo viviamo come ira? Perché l’amore alla libertà richiede uno strapazzo. Altrimenti la libertà non ci sarebbe. L’uomo deve confrontarsi anche con le controforze – altrimenti non ci sarebbe amore. Queste controforze possono essere viste come ira divina. C’è la tentazione di vedere questo strapazzo come negativo, c’è la tentazione di pensare che sarebbe meglio se non ci fosse. Questa è la più grossa tentazione.

La più grande tentazione è pensare questa stupidaggine: «Ma non sarebbe meglio vivere senza questo strapazzo»? Dov’è che Goethe, nel Faust, ne accenna in modo artisticamente e poeticamente meraviglioso? Quando l’uomo giungesse a dire: «Fermati attimo, perché sei bello», avremmo chiuso. Sarebbe la fine di tutto l’anelare, del continuo darsi da fare, dell’incessante anelito. Tutto questo è finito, ora posso sedermi e restare finalmente un po’ quieto e godermela. «Fermati, attimo, perché sei bello».[17]

Quando l’uomo diventa comodo il diavolo ha vinto. È accaduto l’indiavolamento. La comodità è l’indiavolamento dell’uomo. È molto raffinato il modo in cui Goethe ce lo dice.

Ritorniamo ai pensieri, perché qui, sulle coppe dell’ira, sono decisivi: nell’intimo della divinità, nel cuore di Dio, nei suoi pensieri c’è puro amore per gli uomini, il che significa: amore per la loro libertà, perché è solo a questa condizione che l’uomo si sente amato e giunge a se stesso, alla sua autonomia. Amare l’uomo significa volere la sua autonomia nel pensare e nel volere, con tutto l’amore. E ora questa interiorità divina, questo amore di Dio per l’uomo giunge alla sua efficacia, e quel che vi è compreso, ciò che l’amore richiede per amare l’uomo, viene vissuto dall’uomo come ira.

Come il bambino piccolo che è amato dalla mamma: quando s’incaponisce rifiutandosi di fare quel che per lui è un bene, cosa fa la mamma? Mossa dal suo amore, lo punisce. E perché il bambino lo vive come collera? Perché nella natura umana deve esserci anche il lasciarsi andare, perché senza il suo superamento non ci sarebbe libertà, non ci sarebbe scelta. Se non ho la possibilità di scegliere fra la poltroneria e il diventare attivo in libertà, non ho mai una scelta.

La scelta della libertà implica sempre l’alternativa fra il lasciarsi andare o il prendere l’iniziativa. È evidente. Cosa facciamo nel pensare? Se ci lasciamo andare, nella testa succede tutto quello che ci capita in fatto di percezioni, rappresentazioni, e via dicendo, e non abbiamo che da lasciarci andare. E quando è così, non è che non succeda niente, non è come quando si dorme. O io prendo l’iniziativa, afferro il mio pensare nelle mie mani, oppure vengo travolto da tutto quel che passa!

Cos’è meglio? Cosa vuol dire meglio? Se arriva qualcuno e moraleggiando mi dice: «Devi diventare attivo nel tuo pensare!»… Ma è così bello lasciarsi andare, perché dovrei affaticarmi a pensare?

Cosa dice Dio a coloro che chiedono: perché devo darmi da fare a pensare?

Se ti lasci vivere così come capita farai l’esperienza di non essere felice. Ti sperimenterai come un frammento di natura in cui tutto avviene automaticamente, e questo è noioso. Se per te la noia fosse preferibile all’interessante saresti un non-uomo, perché un uomo che preferisce la noia all’interessante, bara, non dice la verità.

Dunque, ci sono comandamenti morali? No, nessuno. C’erano nell’Antico testamento. Arriva il Cristo e dice: c’è un comandamento solo, l’amore. Significa che o tu fai l’esperienza del creare, dell’attuare, dell’impegnarsi, dell’agire, del darsi una mossa nel pensare e te la godi – e se te la godi lo vuoi volentieri; oppure, se non te la godi, sei perduto. Nessuno ti costringerà a impiegare la tua mente.

Com’è possibile costringere qualcuno a usare il suo spirito? Ditemelo voi. È impossibile. Immaginiamo che arrivi qualcuno e ci dica: «Devi diventare attivo nel tuo pensare!» … una persona ragionevole non può che rispondere: «Sparisci!».

Non c’è nessun comandamento nell’evoluzione, ci sono solo offerte. Uno le coglie e un altro no, perché l’uomo è libero e questo è meraviglioso.

Quarta conferenza
giovedì 18 novembre 2004, sera
vv. 16,1-9

Cari amici!

Mi rendo conto che avete atteso con impazienza il discorso sulle sette coppe, e ora ci siamo. Siamo arrivati al capitolo 16 e abbiamo già visto come si apre.

16,1 E udii una grande voce uscire dal Tempio, che diceva ai sette Angeli: andate e versate le sette coppe dell’ira divina sulla Terra. Ho già detto che in greco non si parla di ira, ma di interiorità, di sentimento interiore. I pensieri che Dio Padre ha pensato sull’evoluzione dell’umanità, il suo amore per gli uomini e i suoi impulsi volitivi, tutto questo viene portato all’esterno con la Parola, col Figlio. Quindi, la Parola, il Figlio, è l’espressione, la manifestazione di Dio Padre.

Intervento: (domanda sull’ira)

Archiati: non ancora. La parola ira compare più tardi, soltanto in relazione all’uomo; con ira viene identificato quel che gli uomini vivono, sperimentano.

Quindi, tradurre: le sette coppe dell’ira è una distorsione, perché al versetto 16,1 non c’è coppe dell’ira, bensì coppe del sentimento di Dio. Letteralmente in greco è così: coppe del sentimento di Dio. Questo contenuto di sentimento – cioè i pensieri, i sentimenti e gli impulsi volitivi che il buon Dio porta in sé in relazione alla creazione, all’evoluzione dell’uomo –, all’inizio, è tutto nella sua interiorità, prima che Egli lo esterni con la Parola. Perciò al Dio Padre viene attribuito il tacere: egli è taciturno, mentre il Figlio è la Sua Parola.

Cos’è l’umanità? Cos’è la creazione? La parola di Dio. Il Figlio non sta da qualche parte e noi uomini qua, in mezzo alla creazione. No, il Figlio è l’essenza dell’uomo e l’essenza dell’uomo è il Figlio. Significa che la chiamata dell’intera umanità e di tutta la creazione nell’umanità è diventare il Figlio dentro il Figlio; l’umanità diventa l’anima del Cristo, e la Terra diventa il corpo del Cristo. Il corpo risorto del Cristo – la Terra intera; l’anima, l’anima amante del Cristo, l’intera umanità; e lo spirito, l’Io, è Cristo stesso. Dunque al termine dell’evoluzione terrestre il Figlio, che è il Cristo, che è l’intera interiorità di ciò che il Dio Padre ha concepito, diventa la sua totale creazione. Il Figlio è la Parola, la sua piena manifestazione, ed essa è l’Io, è lo spirito. Quindi, Figlio, Parola, Io e Spirito della Terra più l’umanità: tutto è contenuto lì dentro.

Cos’è allora l’umanità? L’umanità è sulla via evolutiva di diventare l’anima del Cristo. Ci sono alcune conferenze in cui Steiner descrive quest’evoluzione di tutti gli esseri umani – l’evoluzione nel senso del bene, naturalmente, è l’evoluzione buona. Gli esseri umani, infatti, possono anche omettere di percorrere quest’evoluzione. Vedremo fra poco come si svolge l’evoluzione nella direzione del male.

Quando gli uomini evolvono nella direzione del bene, spiega Rudolf Steiner, Cristo diventa l’Io dell’umanità, ma alla fine dell’evoluzione Egli rimarrebbe incompleto, poiché l’umanità gli deve fornire un corpo astrale, un corpo eterico e un corpo fisico. Quindi – e qui io semplifico –, dico che l’umanità diventa l’anima del Cristo, l’amore interiorizzato del Cristo, e la Terra diventa il corpo risorto del Cristo, del Figlio. E il Cristo è il tutto.

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Fig. 1,IV

Quindi, abbiamo:

• Cristo quale spirito: spirito;

• Cristo quale anima: l’umanità; e

Cristo quale corpo: la spiritualità risorta del regno minerale, vegetale e animale. Naturalmente questa corporeità fa parte dell’uomo, si tratta del corpo di risurrezione tanto dell’uomo, quanto dell’umanità, quanto del Cristo; alla fine tutto è uno, è un organismo.

Intervento:

Archiati: in primo luogo è lo spirito dell’umanità. Diventa Spirito Santo per il fatto che gli uomini vi aggiungono l’anima e il corpo. Qui (indica Fig. 1,IV) c’è il Cristo nella misura in cui l’umanità ha uno spirito unitario; e qui c’è il Cristo individualizzato, che è lo Spirito Santo nel senso tecnico del termine. Solo che quando viene aperta una prospettiva è difficile aggiungerne subito un’altra e poi servirsene. Si deve scombinare un po’ la terminologia. Quindi, se io avessi inserito questa terminologia, avrei messo in atto una disposizione leggermente diversa. Bisogna essere veramente agili nel pensare, senza diventare arbitrari. L’ho già sottolineato.

Volevo soltanto dire che quando parliamo del Figlio, del Figlio di Dio, non intendiamo soltanto il Figlio divino, ma intendiamo tutta l’umanità e tutta la Terra quali dimensioni dell’umanità e del Cristo. E questo Figlio è tutto il contenuto del sentimento di Dio, delle coppe del sentimento di Dio.

La sua interiorità viene espressa nella Parola, nel Logos. E cosa contiene questa Parola di Dio? Due realtà che riassumiamo con: saggezza e amore.

La saggezza e l’amore sono due realtà o sono una realtà sola? Una sola, perché non c’è niente che sia più colmo di saggezza dell’amore: per essere saggi bisogna amare, e per poter amare bisogna essere saggi. Sono di nuovo due aspetti dello stesso mistero.

Quindi, qual è l’essenza della creazione? Saggezza e amore. Nella misura in cui la creazione viene da Dio è piena di saggezza, e nella misura in cui l’uomo la raggiunge e partecipa a questa creazione, diventa amore.

Leggiamo:

16,2 «Il primo partì e versò la sua coppa sulla Terra; comparve una piaga dolorosa e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e pregavano la sua immagine»

16,3 «Il secondo Angelo versò la sua coppa sul mare che diventò sangue come quello di un morto e perì ogni essere vivente che si trovava sul mare»

Versò la sua coppa sulla Terra il primo Angelo, e sul mare il secondo, «e il mare diventò di sangue come quello di un morto» e tutti gli esseri viventi che erano nel mare morirono.

16,4 «E il terzo Angelo versò la sua coppa nelle acque correnti dei fiumi e delle sorgenti; ed esse diventarono sangue»

16,5 «Allora udii l’Angelo delle acque che diceva: Tu sei giusto, Tu che eri, sei e sarai, Tu il Santo; perché Tu hai espresso il tuo giudizio»

16,6 «perché essi hanno versato il sangue dei santi e dei profeti, e Tu hai dato loro sangue da bere; ne sono degni»

16,7 «E udii dall’altare dire: Sì o Signore, Dio Onnipotente, veri e giusti sono i tuoi giudizi»

Con Dio onnipotente, noi pensiamo a Dio Padre, ma è il Cristo, il Figlio. L’ho spiegato proprio oggi: Sì, o Signore, Dio onnipotente, i tuoi giudizi sono giusti e veri.

16,8 «E il quarto Angelo versò la sua coppa sul Sole; e gli venne data la forza di bruciare gli uomini col fuoco»

16,9 «E gli uomini bruciarono per il terribile calore, e bestemmiarono il nome di Dio che ha il potere su queste piaghe, e non lo riconobbero rendendogli onore»

16,10 «E il quinto Angelo versò la sua coppa sul trono della bestia; e il suo regno fu oscurato, e gli uomini si morsicavano la lingua per il dolore»

E il quinto Angelo versò la sua coppa sul trono della bestia, cinque è il numero del male.

16,11 «e bestemmiarono Dio nel cielo a causa del dolore e a causa delle loro piaghe, e non si pentirono delle loro azioni»

16,12 «E il sesto Angelo versò la sua coppa sul grande fiume Eufrate e le sue acque furono prosciugate, per preparare il cammino al re che viene da dove sorge il Sole»

16,13 «E io vidi dalle fauci del drago e dalle fauci della bestia e dalle labbra del falso profeta venire tre spiriti immondi simili a rane»

16,14 «sono gli spiriti dei demoni che fanno segni e vanno dai re di tutta la Terra per radunarli in vista della lotta nel grande giorno di Dio l’Onnipotente»

16,15 «Ecco, io vengo come un ladro. Beato colui che veglia e custodisce le sue vesti, così che non vada nudo e lasci vedere le sue vergogne»

16,16 «E li radunò in un luogo che in ebraico si chiama Armagedon»

16,17 «E il settimo Angelo versò la sua coppa nell’aria; e una grande voce uscì dal tempio, dal trono e diceva: è accaduto»

16,18 «Ed avvennero fulmini, tuoni, rumori, e scoppiò un grande terremoto come mai vi era stato da quando l’uomo vive sulla Terra»

16,19 «e la grande città si squarciò in tre parti, e le città dei pagani furono distrutte. E Babilonia la grande venne pensata da Dio e a lei venne dato il calice con il vino della sua ira ardente»

16,20 «E tutte le isole scomparvero, e i monti non vennero più ritrovati»

16,21 «E una grandine grossa dal peso di quintali cadde dal cielo sugli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, perché questo tormento è grande»

Quando si legge questo testo nella traduzione di Lutero ci si prende un colpo, perché ci si dice: altro che Dio amorevole, qui c’è solo terrore, minaccia, lamento, flagello e paura. Il problema è che questo modo di procedere per immagini era consueto per chi se ne intendeva. Era come nelle fiabe. Quindi, bisogna sapere cosa significhi tutto questo nella sostanza, e quando lo si sa, non è più minaccioso, lo si riconosce.

Prima di addentrarci nelle sette coppe dell’ira e nei loro dettagli, un primo pensiero è: i pensieri che l’uomo si fa su Dio – se questi sia un Dio giusto, un Dio severo, oppure un Dio dell’amore –, è qualcosa che viene deciso dall’individuo. Ma da dove salta fuori il fatto che così tante persone – e nel protestantesimo ancora di più – fino a oggi abbiano un’idea di Dio come di un padre severo? Dal fatto che fino a oggi le persone comuni (diciamo gli strati più semplici della società), invece di venire trattate come esseri umani con pari dignità, vengono trattate dai poteri di questo mondo come servi – sia dalla Chiesa, come dallo Stato che dalla ditta. Già da lungo tempo gli uomini si sono abituati a essere trattati come servi dai potenti di questo mondo; si lasciano intimidire, si lasciano sottomettere perché pensano, altrimenti, di non potersi guadagnare il pane. Guglielmo II, l’ultimo cosiddetto imperatore – che non ha meritato neanche un frammento del suo titolo – trattava in questo modo i suoi sudditi e i suoi soldati, in certi discorsi dice che soldati e sudditi sono strumenti suoi, gli appartengono e ne può fare quel che vuole!

Anche nell’ambito sociale, dove il rispetto per l’uguaglianza è ancora da venire – non c’è ancora! –, gli uomini vengono trattati dalle chiese essenzialmente come bambini. Duemila anni fa non era ancora presente il livello di coscienza attuale, solo che nel frattempo gli esseri umani sono andati avanti con la coscienza, con la capacità di pensare, e nel sociale e nel mondo ecclesiale continuano a venire trattati come bambini.

Questa disumanità dell’asservimento, dell’intimidazione, del servilismo, del trattare gli esseri umani come bambini, questo tipo di rapporto oggi è ancora diffuso dappertutto. Un povero lavoratore non si può dire che sia uguale al suo datore di lavoro e che sia sullo stesso piano – questo è fuori questione –, perché il datore ha potere, eccome! E ora le cose stanno peggiorando ulteriormente.[18]

Da quest’assuefazione all’ineguaglianza degli uomini è sorta la rappresentazione di un Dio che è un capo, un Signore cui devo andare a genio, altrimenti c’è subito pronto l’inferno. Come il capo della ditta può gettarmi per strada, così Lui ha la possibilità di mandarmi all’inferno – è la stessa struttura mentale. Solo che spetta al singolo capire che con queste categorie psicologiche il cristianesimo non è neanche cominciato, perché cristianesimo significa comprendere che il Padre e il Figlio sono purissimo amore all’uomo, a ogni uomo, e che non esistono esseri umani di seconda categoria. E ciò che è più importante per la divinità è che ogni uomo diventi capace di giudizio, vada sempre avanti nella sua libertà e che nessun essere umano sia in condizioni di diventare servo di un altro. Solo allora cominciamo ad avere un cristianesimo e la giusta rappresentazione del divino.

Lo vediamo, le nostre traduzioni ci presentano un’Apocalisse che parla del Dio onnipotente nonostante si tratti del Figlio, e uno che vorrebbe essere religioso incappa in questo clima di intimidazione psicologica. Oppure pensate voi che tutto questo non c’entri? Questo, forse, sarebbe un tema su cui ognuno può farsi sentire, e a quel punto la cosa diventa concreta; altrimenti, ci spieghiamo questi sette flagelli come se Dio fosse lì apposta per terrorizzare l’uomo, e non è affatto così. Adesso lo vedremo trattando un’immagine dopo l’altra.

Il fatto è che l’apocalista ci dice: caro uomo, stai attento che proprio perché la legge dell’evoluzione è la chiamata alla libertà, proprio per questo devi conseguirla tu, devi fare tu il cammino giusto, quello dell’autorealizzazione. Solo questo è bene, conseguire sempre più la pienezza dell’umano; oppure devi renderti cosciente di quello che ne è di te quando ometti tutto. Le cosiddette piaghe, però, non sono una lavata di capo; quel che l’uomo vive quale conseguenza del suo omettere è già brutto abbastanza. E queste conseguenze non possono essergli tolte. Se noi togliessimo a un essere umano le conseguenze delle sue azioni, anche le conseguenze delle sue omissioni, che cosa gli porteremmo via? Tutta la sua dignità, cioè la libertà, perché essere liberi significa: le mie azioni generano conseguenze, e nessuno me le può portare via e mettersi in mezzo arbitrariamente.

Viene quindi descritto cosa diventa un uomo quando nella sua libertà omette l’evoluzione in direzione del bene, e quest’omissione deve essergli possibile, altrimenti l’uomo non sarebbe libero.

Voi direte: e perché non viene anche descritto quel che risulta dall’uomo quando egli fa appello alla sua libertà, alla piena evoluzione del suo essere? È quanto arriva in modo particolare alla fine: la nuova Gerusalemme, che viene descritta nei dettagli. Solo che quando si presentano le sciagure, che sorgono perché l’uomo omette, noi pensiamo di avere a che fare con qualcosa perché è una faccenda che si svolge nel fisico; e quando viene descritta la Nuova Gerusalemme, col Sole spirituale e via dicendo, pensiamo che sia meno interessante. Questo, però, è un problema nostro.

Che una persona goda di più un buon pranzo, per esempio, o una conferenza di Steiner, lo decide lui. Ed è possibile godersi essenzialmente di più una conferenza di Steiner o un capitolo dell’Apocalisse, invece di una mangiata! Per come è fatto l’uomo, mangiare si deve, e un buon pranzo è lo strumento, non il fine dell’evoluzione; la cura dello spirito, invece, è un obiettivo, non uno strumento. Perciò, se tutto va bene, è intrinseco all’essere umano che ci sia essenzialmente più gioia, godimento, realizzazione di sé quando egli va avanti nel suo spirito, rispetto a quando si occupa delle condizioni necessarie – anche quelle del corpo, come la sua salute, il mangiare bene, che sono tutte condizione, strumento.

Qui vediamo cosa significa il materialismo. Materialismo vuol dire che si gode di più ciò che è materiale rispetto allo spirituale. Quando l’essere umano è in questa fase, ha già iniziato a omettere. E funziona, perché veniamo sollecitati, provocati. È come la mamma che si accorge quando il bambino prende una strada un po’ bruttina e se ne cura, perché vuole il suo bene e quindi lo sollecita, fa tutto il possibile. Quindi, è già un bene il fatto che ci si accorga di quel che salta fuori dall’uomo quando questi, invece della creazione nello spirituale, attraverso il materialismo si ficca sulla strada dell’omissione.

Quindi, abbiamo visto:

• la prima coppa viene versata sulla terra;

• la seconda sul mare – diciamo acqua e sale;

• la terza sui fiumi e sulle sorgenti, che è l’acqua vivente; acqua dolce e vitalizzante a differenza dell’acqua ferma o salata che non è più né sorgiva né vivente;

• la quarta coppa viene versata sul Sole – straordinariamente interessante;

• la quinta sul trono della bestia;

• la sesta sul fiume più lungo e più grande – per gli uomini d’allora era l’Eufrate, uno dei fiumi del Paradiso; e

• la settima coppa viene versata su tutto l’universo.

Forse nella traduzione avete nell’aria, ma ™pˆ tÕn ¢šra è tutta l’orbita della Terra. Significa, fondamentalmente, non solo il Sole ma tutti gli altri pianeti che girano attorno alla Terra (in base alla nostra esperienza, perché la questione non è se sia materialisticamente e astronomicamente esatto, ma che noi vediamo tutti i pianeti muoversi attorno a noi).

La settima coppa viene versata tutt’intorno, significa che viene diretta all’evoluzione dell’intero Sistema solare. Questo è quanto circonda la Terra, l’aria che l’avvolge. C’è una sequenza in queste sette coppe dell’ira?

Quando c’è un settenario, se usiamo la scienza dello spirito, abbiamo sempre un filo conduttore. La scienza dello spirito consiste per buona parte di settenari. Ora, la mia è solo una proposta, e poi verifichiamo. Qui (Fig. 2,IV) scrivo la traccia e poi vediamo se grazie a questo filo conduttore veniamo a capo delle immagini. Diventa già difficile far parlare le immagini senza essere arbitrari, perché quando si dice che la prostituta Babilonia è Roma si fa presto a dirlo, solo che è completamente fuori luogo.

Dunque, 1: corpo fisico; 2: corpo eterico o vitale; 3: anima o corpo astrale; 4: l’Io – per ora fermiamoci qui, fino al 4, perché presumibilmente non andremo oltre questa sera. Non si tratta di correre, oggi abbiamo posto delle basi sufficienti per poter portare avanti qualcosa in modo più agevole.

Il corpo fisico viene sempre pensato in connessione con il solido. Quindi, la prima coppa viene versata sulla terra, su ciò che è solido. La seconda sull’acqua, sul mare. La terza la vedremo subito, e vedrete che si ha immediatamente l’impressione che questo filo conduttore sia giusto, che possa essere di aiuto. Corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale.

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Fig. 2,IV

Per esempio, qui (indica Fig. 2,IV) viene versato sul Sole: il Sole è l’Essere dell’Io. E vedremo che si parla anche di rane e via dicendo. All’inizio scrivo “aria”, ma tra virgolette, perché l’aria viene nominata di nuovo con la settima coppa, ma nel senso di tutta l’orbita. Dunque avremmo terra, acqua, aria e calore – il sole qui viene nominato come calore.

Cosa vogliono esprimere queste coppe del sentimento di Dio quando vengono versate sulla terra, sulle acque della Terra, sull’aria della Terra, nell’atmosfera della Terra, nell’orbita della Terra, sul sole, e così via? Cosa significa? Nell’interiorità divina ci sono i pensieri dell’evoluzione: le leggi evolutive del corpo fisico, le leggi evolutive del vivente, quelle della sensazione e quelle dell’individualità. Cosa viene riversato da Dio, dallo spirito divino, dall’interiorità di Dio sulla Terra, sull’umanità?

• L’offerta dell’evoluzione complessiva del solido

• L’offerta dell’evoluzione complessiva del liquido

• L’offerta dell’evoluzione complessiva dell’astrale

• L’offerta di ciò che è individuale, con la legge della libertà

Viene descritto come sarà l’evoluzione del fisico solido e del fisico corporeo quando l’uomo omette la libertà, quando trascura di evolversi. Detto in modo succinto: quale sarebbe l’evoluzione buona del corpo fisico, quella in favore dell’uomo, quella che gli è amica? È l’evoluzione che fa del corpo fisico lo strumento migliore per l’evoluzione dell’anima e dello spirito. Questa è l’evoluzione buona.

E qual è l’evoluzione contraria, quella cattiva, che disumanizza? È quella in cui l’uomo comincia a volersi godere il corpo fisico e lo rende malato.

Più precisamente, quando il corpo fisico è sano? Quando il corpo viene vissuto come strumento dell’anima e dello spirito. Quand’è che il corpo diventa malato? Quando e per mezzo di che cosa l’uomo rende malato il corpo? L’uomo rende il suo corpo fisico malato – sto riassumendo e generalizzando – quando contravviene alla legge del corporeo, e la legge del corpo è diventare strumento per l’evoluzione dell’anima e dello spirito.

Quando l’uomo vuole godersi il corporeo invece di servirsene come strumento per l’evoluzione dell’anima e dello spirito, il corpo si ammala perché non può più svolgere la sua funzione. Se l’uomo omette l’evoluzione dell’anima e dello spirito il corpo si ammala, perché è sano solo quando è al servizio dell’evoluzione in termini di conquiste dell’anima e dello spirito.

Questo scaturisce dalla conoscenza di sé: quando l’uomo prende davvero nelle sue mani l’evoluzione della sua anima e del suo spirito – qui viene fatto riferimento alla duplice corporeità, fisica e vitale, poi c’è l’anima e lo spirito (v. lo schema) –, quando l’uomo prende consapevolmente in mano la purificazione della sua anima e l’evoluzione nella direzione della libertà del suo spirito, allora anche le cosiddette malattie sono fattori di salute. Perché ci sono malattie mediante le quali l’uomo torna indietro o non si evolve animicamente e spiritualmente, e ci sono malattie mediante le quali l’uomo va avanti e diventa più forte. Non perché lo stato corporeo sia fuori norma, significa che ci sia complessivamente una “malattia”. Tutto dipende da cosa combina l’uomo nella lotta col suo corpo. Quando questo lottare porta avanti l’anima e lo spirito, è tutta salute, è super-salute, perché a quel punto l’individuo va avanti in modo ancora più netto. Quindi, il criterio per sapere se il corpo è uno strumento buono e giusto, è ciò che l’essere umano fa scaturire a livello della sua anima e del suo spirito. L’anima e lo spirito sono il criterio per sapere se un essere umano sta andando avanti. E cosa succede, come appare l’evoluzione del corpo, di tutto il corporeo o di tutto ciò che è materiale, quando il corpo diventa un ostacolo per l’evoluzione dello spirito?

16,2 «Il primo partì e versò la sua coppa sulla Terra; comparve una piaga dolorosa e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e pregavano la sua immagine»

E il primo venne e versò la sua coppa sulla terra, dunque la terra è tutto il solido, tutto il corporeo, tutto il minerale, tutto il fisico, e la quintessenza del corpo della Terra è il corpo dell’uomo: nell’uomo c’è il meglio del minerale, del vegetale, dell’animale e dell’umano. Egli versa la coppa sulla terra, su tutto ciò che è fisico, minerale, e sorge una piaga, un’ulcera; ›lkoj viene tradotto con una piaga›lkoj richiama il termine calce, calcareo. Bisognerebbe essere uno scienziato, un medico, per verificare anche in termini scientifico-naturali queste indicazioni, perché nell’Apocalisse c’è anche una trattazione scientifica, in questo caso fisiologica e medica.

Cosa avviene quando si forma una piaga? Rudolf Steiner spiega che questo mistero della piaga – cioè della malattia di tutte le malattie, della ferita che opprime l’uomo nel corporeo, quando l’evoluzione procede in senso negativo – consiste nel sorgere di qualcosa che ha un carattere ghiandolare. Quindi egli interpreta questa parola greca come ghiandole. Le piaghe e le ghiandole hanno qualcosa in comune? Hanno in comune il fatto che entrambe secernono.

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Fig. 3,IV

Noi abbiamo alle spalle il secolo dei tumori; il ventesimo secolo viene chiamato il secolo del cancro. Quindi, ci troviamo proprio nel cuore di questo mistero. Cosa succede quando il corporeo patisce in modo crescente debilitazione? Perché è proprio questo il caso: se un corpo è sano non viene alle prese con piaghe, tumori, o formazioni di tipo ghiandolare.

In che cosa consiste la salute? Ora non consideriamo le malattie karmiche, perché queste sono le malattie con cui l’uomo ha voluto, a livello del suo Io superiore, cimentarsi; esse non hanno nulla a che fare con la salute del corpo, sono compiti per l’evoluzione dell’individuo, perciò, ora, lasciamole da parte.

Il corpo è sano quando l’anima e lo spirito consumano tutto quello che vi viene introdotto con l’alimentazione. Essere sani significa mantenere sempre più o meno lo stesso peso, e più è costante e meglio è. Tutto quello che entra in noi con la nutrizione, e non solo con la nutrizione materiale, bensì anche attraverso i più diversi ambiti, viene distrutto, digerito, consumato con le forze dell’amore (il corpo astrale) e con le forze del pensare.

Una piaga è una parte del corpo in cui l’anima e lo spirito non hanno la forza di penetrare. Il che vuol dire che la piaga è indebolimento dell’anima e dello spirito.

La prima coppa evidenzia l’evoluzione negativa sul piano fisico; evidenzia quel che avviene quando il fisico non viene compenetrato fin nelle sue cellule dall’animico-spirituale. E quando non può venire impregnato dall’anima e dallo spirito, perché anima e spirito sono troppo deboli, cosa accade a questa componente? Si tratta di una parte dell’organismo che non potendo venire compenetrata dall’anima e dallo spirito viene separata dalle forze dell’anima e dello spirito. E quando queste forze vengono meno e il corpo termina di essere loro strumento, compare la piaga: è una ghiandola, una secrezione – una segregazione fisica – dell’anima e dello spirito.

E cos’hanno fatto l’anima e lo spirito? Hanno omesso qualcosa nella loro evoluzione, e quest’omissione si manifesta nel fatto che una parte dell’organismo non può venirne pervasa ed essere con ciò mantenuta sana.

Ecco una cattiva ferita, una ghiandola impazzita che evidenzia questo male primigenio dell’evoluzione che è l’omissione del bene: il primo male, il male dell’uomo, è l’unico male che l’uomo fa veramente a se stesso, ed è l’omissione del bene. Nell’attuale stadio evolutivo, per l’azione attiva in direzione del male l’uomo non ha ancora forze sufficienti. È necessario che spiriti cattivi si impossessino di lui e lo utilizzino, lo trasformino in strumento del loro operare e agiscano tramite lui. Per ora l’uomo è capace soltanto di omettere il bene, e questo è il male morale. Questo è quanto l’uomo può fare.

Qui si parla di quale coppa di destino venga versata su tutto il corporeo quando l’uomo omette il bene – ed è la piaga. Il fenomeno animico-psicologico della piaga (una sorta di formazione ghiandolare) appartiene a quanto viene espulso dall’evoluzione, perché quella parte del corpo colpita da piaga è fuori uso: l’uomo non ha più la forza di compenetrarla e di servirsene quale strumento per le conquiste dell’anima e dello spirito.

Io penso che anche in ambito sanitario, specialmente per medici o terapeuti, questo possa essere molto stimolante se indagato in tutti gli aspetti. Questo tipo di piaghe, infatti, hanno un certo aspetto quando l’anima e lo spirito si ritirano dal polmone, e tutt’altro aspetto quando l’anima e lo spirito si ritirano dai reni. Indagare tutto questo a seconda dei vari organi, indagare in base a questo principio della secrezione, di questa specie di ferita, può essere molto istruttivo. Le ghiandole normali sono fattori di salute, qui invece sorgono processi ghiandolari patologici che non dovrebbero esserci. E questa specie di attività ghiandolare sorge quando tutto quanto è materiale viene espulso, separato, perché non è più compenetrato dall’anima e dallo spirito; e questo processo ghiandolare non deve esserci se l’uomo è sano.

16,2 … e comparve una cattiva – malvagia – dolorosa piaga negli uomini, che avevano il segno della bestia e adoravano la sua immagine.

Immagine

Bestia

Già lo scorso anno abbiamo visto che bestia vuol dire: l’uomo diventa istintivo nella corporeità e astratto nell’anima, egli non ha nessuna realtà, ha solo immagini. Questa è la duplice omissione del bene. Nel carattere di immagine, nell’astrazione, si omette di riversare realtà, concretezza, nel pensare; e l’omettere dal lato corporeo avviene quando l’anima e lo spirito non lo compenetrano, perché il corpo è preda solo degli istinti, è strumento degli istinti invece di esserlo dell’anima e dello spirito.

16,3 «Il secondo Angelo versò la sua coppa sul mare che diventò sangue come quello di un morto e perì ogni essere vivente che si trovava sul mare»

Il secondo Angelo versò la sua coppa nel mare, la prima coppa sulla terra e ora sul mare. Qui abbiamo a che fare col vivente, con ciò che è liquido e vitale. Con la prima coppa si ha a che fare con le forme della fisicità; ora si tratta delle metamorfosi, delle forze che reggono il vivente, si tratta della crescita, delle modificazioni della forma, dell’incessante trasformarsi. E tutto questo viene sempre rappresentato con l’immagine dell’acqua, perché nell’acqua c’è vita, movimento, non ci sono forme fisse.

Con questo filo conduttore volevo mostrarvi un esempio di come si possa interpretare questa settuplicità – naturalmente mi sono riferito al settenario di corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e Io, e poi Sé spirituale, Spirito vitale e Uomo spirito. Lo vedremo in seguito.

Quando si studia la scienza dello spirito di Rudolf Steiner – vi dico giusto un esempio che a qualcuno può capitare – si incontra un libricino magico: L’iniziazione. Come si conseguono le conoscenze del mondo superiore[19] in cui Steiner descrive l’evoluzione interiore. In seno all’umanità, a proposito dell’evoluzione interiore, io non conosco niente di meglio. E qui, per esempio, c’è un capitolo dal titolo Le condizioni del cammino occulto in cui Steiner afferma che le premesse indispensabili per poter procedere sono sette. Egli nomina sette condizioni fondamentali, sette leggi evolutive.

Io avevo qualche dubbio nella preparazione di questo corso perché mi dicevo: caspita, alcune cose potrai dirle, ma altre…, o abbindoli le persone perché ci credano, oppure devi fare un passo indietro. Allora, nel mio tormento, mi sono chiesto dove ci fosse un settenario in cui viene descritta la legge evolutiva del corpo fisico, del corpo eterico. Cercavo la descrizione dell’evoluzione dal punto di vista positivo in modo da poter spiegare le immagini dell’evoluzione in senso negativo tramite questo filo conduttore del settenario. Sono tornato indietro, e state un po’ a vedere. Rudolf Steiner, L’Iniziazione. Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori: «La prima condizione è: si presti attenzione a coltivare la propria salute corporea e spirituale». E poi parla della salute corporea come fondamento della salute spirituale.

Quindi, la prima condizione è fare tutto il possibile per mantenere sano il corpo fisico. Questa è la prima condizione, e il corpo fisico è lo strumento grazie al quale ognuno di noi è separato dagli altri, è un essere a sé rispetto agli altri. Perciò, la legge evolutiva del corpo fisico è: sii sano, fa’ di tutto per essere sano, perché il corpo è il fondamento della tua autonomia, del fatto di sperimentarti individuale. Così deve essere. Non è tutto, ma deve essere così.

La seconda condizione è subito l’opposto. «Sperimentati, sentiti» – dunque siamo a livello di forze vitali. In quanto corpi fisici, qui in sala, siamo tutti separati gli uni dagli altri; e come vanno le cose a livello di forze vitali? Qui è già diverso, perché le forze vitali sono sovrasensibili, ondeggiano come un mare. Qual è la legge dell’evoluzione dell’eterico, del corpo eterico? Facile – salto un paio di pagine, in cui Steiner parla della salute: «La seconda condizione è sentirsi un membro della vita intera». L’opposto. Prima: sperimentati come separato, autonomo, staccato dagli altri esseri, perché deve essere così. Seconda condizione: sperimentati come una parte di tutto il vivente. Ci sono entrambe le cose. E la salute consiste nel muoversi fra questa e quella. Nel fisico siamo separati; nell’eterico ondeggiamo gli uni dentro gli altri: viviti come una parte di tutto il vivente.

Come terzo arriva il corpo astrale. Nel corpo astrale, nell’anima, ci sono pensieri, sentimenti e impulsi volitivi. Qual è la legge evolutiva del corpo astrale? L’uomo impara che pensieri, sentimenti e impulsi di volontà sono realtà e vanno trattati come tali. Arriviamo alla terza coppa che è connessa direttamente con la terza condizione del cammino interiore: «Il discepolo deve potersi elevare alla visione che i suoi pensieri e i suoi sentimenti hanno altrettanta importanza per il mondo quanto le sue azioni. Va riconosciuto che i moti di odio verso gli altri uomini sono distruttivi quanto i colpi loro inferti». È una realtà che io odi una persona oppure la mandi al diavolo. Succede veramente qualcosa, come quando tiro una sberla a un altro. Questa è la terza condizione. Dunque la legge evolutiva dell’anima è che l’essere umano impari a trattare pensieri, sentimenti e impulsi di volontà come realtà, e che dia loro forma nel senso del bene.

Il quarto, l’Io. L’Io è il più intimo nucleo dell’uomo, il più santo. Qual è la legge evolutiva dell’Io? Facilissimo, è espressa nella quarta condizione – ho detto prima che da secoli e millenni siamo abituati a considerare gli uomini come non uguali: alcuni hanno più soldi di altri, alcuni comandano, ordinano, e altri debbono ubbidire e così via. Dunque, la quarta condizione dice: «Con questo è specificamente espressa la quarta condizione: l’acquisizione del fatto che gli uomini consistono nella loro essenza – la sostanza dell’uomo – non in ciò che appare esteriormente – incarichi, poteri, soldi – ma in ciò che giace nella loro intimo». L’essenza dell’uomo, ciò che egli è, sta nella sua interiorità, nel suo Io, nel suo spirito, non in ciò che è esteriore.

Vediamo se questo ci aiuta. Sono arrivato fino al punto quattro, perché se funziona fino a qui può funzionare anche per i tre punti successivi.

Punto uno: aspirazione alla salute, perché questa è la legge evolutiva del corpo fisico. E l’immagine primigenia della non-salute è quando si verifica un capovolgimento, e cioè il corpo, invece di essere uno strumento per l’animico spirituale, diventa ostacolo all’evoluzione, anche a livello fisico. Tutto questo viene rappresentato con l’immagine archetipica della piaga.

Punto due: legge evolutiva del corpo eterico. Sentiti inserito come un membro in tutto il vivente. Nessuno dica: «Io non c’entro!». Nessuno può dire: «Con la prostituta Babilonia io non ho niente a che fare». Tutto l’umano ti appartiene e tu vi appartieni, perché nell’eterico, a livello delle forze vitali, non c’è separazione da uomo a uomo.

16,2 E il secondo Angelo versò la sua coppa nel mare: e diventò di sangue come quello di un morto. Com’è il sangue di un morto? Solo freddo, un coagulo. Il pervertimento, la degenerazione della vita è che il sangue, invece di circolare, si ferma – è coagulato. Significa che la legge dell’evoluzione dell’eterico è la circolazione. «Sperimentati quale membro dell’intera vita», in modo che circolino le forze che ci fanno andare avanti.

La controforza del vivente, ciò che uccide le forze vitali, consiste nel fatto che si arresta la circolazione sanguigna e ci si arroga il diritto di una parte di sangue. L’immagine è offerta dal modo in cui le persone si rapportano col denaro. Il denaro rappresenta tutte le condizioni di base dell’esistenza e la sua legge è che dovrebbe circolare per essere sano, per rendere possibile a ogni essere umano di vivere. Gli uomini, invece, lo uccidono proprio perché ognuno ha la sua sacchetta personale.

Di cosa vive l’organismo? Del fatto che il sangue circola e che tutte le forze vitali, eteriche, sono in continuo scambio. Così è la vita. Noi non stiamo parlando delle forme dell’organismo, ma delle forze vitali che sono presenti grazie al fatto che gli organi hanno uno scambio reciproco con queste forze vitali: le forze vitali fluiscono entro il corpo da una componente all’altra. La vita, la convivenza e la comunione muoiono con l’arresto, con il blocco della circolazione. Certo, possiamo bloccare i talenti, possiamo frenarli e non farli circolare non mettendoli a disposizione degli altri; possiamo bloccare la circolazione del denaro e in tal modo non promuovere i talenti, ma con questo uccidiamo le doti umane e la linfa vitale dell’organismo sociale.

Nella seconda coppa abbiamo le leggi evolutive del vivente, dell’eterico, così come nella prima coppa abbiamo le leggi evolutive del solido, del terrestre.

Dunque il sangue come di un morto non è principalmente il sangue freddo, ma quello che si intasa, si ferma, quello che non circola, cessa di muoversi. Il sangue che circola è per qualche istante nei reni, poi nella milza e così via. E a chi appartiene il sangue? A tutti.

Posso io diventare un po’ più forte degli altri? La proprietà privata è la morte del sangue. Che cos’è la proprietà privata? Che ciò che è mio, non è tuo!

Le Edizioni Archiati stanno per pubblicare una conferenza di Steiner: Gli uni per gli altri.[20] In questa conferenza Steiner fa un putiferio che non finisce più a proposito dell’uccisione dell’organismo procurata dal denaro quando i soldi non circolano, vengono bloccati dalla proprietà privata perché il patrimonio si incrementi; e tutto questo fondamentalmente uccide tutto l’organismo sociale. Si tratta allora di far qualcosa, e di cui ognuno può farsi carico, perché il denaro fluisca – dovrebbe fluire, ma invece ha smesso di scorrere.

Quest’immagine: e il secondo Angelo versò la sua coppa nel mare; e diventò sangue come quello di un morto indica che il corpo muore, e ora il sangue, che per esempio era in un certo punto, resta lì. Il sangue muore perché si ferma, o si ferma perché muore? Muore perché viene bloccato. L’origine sta nel fatto che smette di circolare. Cosa porta l’uomo a trattenere il denaro invece che a trasmetterlo? La paura di farlo circolare, mentre gli altri non lo fanno. Il pensiero che io continui a darne via, ma non ricevo niente e resto senza nulla. Abbiamo una società, una socialità, edificata perennemente sulla paura anziché sulla fiducia.

16,4 «E il terzo Angelo versò la sua coppa nelle acque correnti dei fiumi e delle sorgenti; ed esse diventarono sangue»

E il terzo Angelo versò la sua coppa sulle correnti di acqua dolce e sulle sorgenti, qui si tratta di acque viventi, dolci, sorgive; diciamo che sono acque con le forze della terra, dell’aria e anche del calore – e diventarono sangue.

16,5 «Allora udii l’Angelo delle acque che diceva: Tu sei giusto, Tu che eri, sei e sarai, Tu il Santo; perché Tu hai espresso il tuo giudizio»

E udii l’Angelo dell’acqua dire: giusto sei Tu. A questo punto giunge una valutazione, perché questo terzo momento è l’evoluzione dell’anima, del corpo astrale. Prima c’è stata quella del corpo eterico e prima ancora quella del corpo fisico. Ora abbiamo l’evoluzione dell’anima, e nell’evoluzione dell’anima abbiamo pensieri, sentimenti, impulsi volitivi che svolgono la loro parte. La forza centrale dell’anima è l’amore. L’abbiamo visto più volte. L’evoluzione dell’amore viene rappresentata col calore o col sangue. L’amore si esprime nel sangue. Ora, ci sono due possibilità di servirsi del calore del sangue, che è il portatore dell’amore: o l’uomo è pregno di egoismo, di amore di sé, oppure di amore.

Amore Sangue

Egoismo

L’egoismo è: approfittare dell’amore degli altri per il vantaggio proprio. L’amore è: mettere a disposizione degli altri il proprio amore.

Dunque, o io succhio il sangue degli altri – il sangue è il portatore dell’amore –, bevo il sangue altrui, cioè succhio le forze di amore degli altri col mio egoismo, che è come dire che uso il loro amore, me ne nutro; oppure metto al servizio degli altri il mio sangue, le mie forze d’amore. L’evoluzione in senso positivo consiste nel mettere le proprie forze d’amore a disposizione degli altri. Quindi, o succhio il sangue, cioè pretendo l’amore degli altri per me, e questo è l’egoismo; oppure metto al servizio degli altri il mio sangue, le mie forze d’amore.

16,4 E il terzo Angelo versò la sua coppa nelle correnti delle acque e nelle sorgenti, ed esse diventarono sangue, queste sono le doti dell’amore. Il sangue è il portatore dell’amore, l’amore di sé e l’amore del prossimo.

16,13 E io udii l’Angelo delle acque dire – ecco, qui non bastano le immagini, deve venire interpretato perché diventa più difficile. Dunque adesso egli ascolta il significato del mistero del sangue, del mistero dell’amore: Giusto sei Tu, qui abbiamo il pareggio karmico, che sei e che eri, Tu il Santo. Tu che sei e che eri, cioè l’Io, l’essere dell’Io quale continuità, quale impulso complessivo dell’evoluzione umana dall’inizio alla fine. … Tu Santo, perché la capacità di diventare individuali è ciò che vi è di più santo, e il sangue è fatto apposta per far sorgere l’individualità in ogni uomo in modo sempre crescente, perché Tu hai pronunciato il tuo giudizio. Quel che è successo qui è giusto. È il corretto pareggio karmico. Non c’è nessuna punizione, però gli esseri umani vengono confrontati con le conseguenze oggettive della loro libertà, delle loro azioni.

Nel verso 6 viene descritto cos’è il karma dell’egoismo e cos’è il karma dell’amore – sulle orme del sangue, del mistero del sangue, del calore del sangue.

16,6 «perché essi hanno versato il sangue dei santi e dei profeti, e Tu hai dato loro sangue da bere; ne sono degni»

Perché essi hanno versato il sangue dei profeti e dei santi, vuol dire che hanno distrutto, ucciso, il sangue, cioè le forze d’amore altrui, hanno sfruttato queste forze e hanno strumentalizzato gli altri per sé. E poiché li hanno dissanguati, ne hanno bevuto le forze di vita fino alla morte e hanno accaparrato le forze altrui per se stessi, ora bevono lo stesso sangue, quel sangue che hanno versato con la morte dei santi. E i santi sono coloro che effondono agli altri il loro amore, e non sfruttano le forze di vita altrui per sé.

Perché hanno versato il sangue dei santi e dei profeti: l’uomo ha la scelta o di utilizzare gli altri per sé, oppure di mettersi al servizio altrui. Il primo è egoismo, il secondo è amore. E questa evoluzione è l’evoluzione dell’anima. Non è ancora l’evoluzione dello spirito in sé e per sé, è l’evoluzione dell’amore, perché l’evoluzione del pensiero, della conoscenza, della coscienza, dello spirito, compare nel quarto momento.

Qui, al terzo stadio, abbiamo l’evoluzione dell’amore. Ne L’iniziazione. Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori? di Steiner abbiamo visto che l’evoluzione dell’amore consiste nel fatto che l’uomo si rende cosciente che i pensieri, i sentimenti, gli impulsi volitivi che porta incontro agli altri uomini sono altrettanto operativi quanto le sue azioni. Le azioni sono conseguenza dei pensieri, non il contrario. La azioni si manifestano in base ai pensieri, ma i pensieri non si manifestano in base alle azioni, perché l’uomo comincia dai pensieri.

L’amore o l’egoismo ha la sua origine nei pensieri e nei sentimenti, e poi ne seguono le azioni. I fatti o sono al servizio dell’amore, oppure sono in base al profitto con la pretesa di sfruttare le forze d’amore altrui.

Intervento:

Archiati: cosa intende con l’affermazione: «Tanto per l’uno quanto per l’altro»?

Intervento: nel senso che l’amore si dà e si riceve.

Archiati: sì, solo che si tratta sempre di distinguere: qual è il mezzo e qual è il fine? Se quel che pretendo dagli altri lo considero uno scopo, allora sia l’amore di sé che l’amore del prossimo è al servizio dell’egoismo, perché in questo caso l’obiettivo è l’amore di sé; se il mio obiettivo è l’amore del prossimo, allora farò uso dell’amore di sé – la salute, per esempio – come condizione necessaria per l’amore al prossimo. Ed è tutt’altro.

Bisogna diventare più concreti: cosa vuole una persona? Vuole essere lì per gli altri, oppure vuole che gli altri siano lì per lei? Questa è la scelta della libertà. Che lei dica di essere lì per gli altri pertiene senza dubbio al sano amore di sé, ma cosa vuole l’uomo? Questa è la domanda. E nell’egoismo l’uomo vuole che gli altri siano lì per lui.

La scelta della libertà nell’evoluzione dell’amore è: sta alla mia libertà essere lì per gli altri con tutto quel che comporta, compreso un sano amore di sé, evidentemente; e sta alla mia libertà spremere tutto il possibile dagli altri per le mie comodità. Questa è la scelta della libertà nell’evoluzione dell’amore o dell’egoismo. Non c’è dubbio.

E le immagini diventano molto eloquenti, scientificamente giuste. Anche se c’è da lottare e abbiamo bisogno di una scienza dello spirito, in quanto umanità è chiaro che vivremo per dei millenni con questo testo, però possiamo cominciare. Si tratta soltanto di tradurre in modo giusto le immagini e di prenderle sul serio.

16,5 Tu sei giusto, Tu che sei, e che eri, Tu il Santo, perché hai pronunciato i Tuoi giudizi. 16,6 perché essi hanno versato il sangue – le forze d’amore – dei santi e dei profeti – l’hanno sfruttato, l’hanno usato tutto per sé – e Tu hai dato loro sangue da bere; ne sono degni. In greco c’è degno a significare che corrisponde al loro grado evolutivo. Lo meritano, corrisponde al loro grado di evoluzione. Non si tratta mai di durezza, di punizione, si tratta sempre di questa legge della libertà per cui nella libertà ogni uomo deve venir confrontato con le conseguenze oggettive delle sue azioni.

16,7 «E udii dall’altare dire: Sì o Signore, Dio Onnipotente, veri e giusti sono i tuoi giudizi»

Ed io udii l’altare dire, l’altare è il centro del tempio dove ci sono le forze del cuore. Altare in quanto unione tra Cielo e Terra, là dove il Cielo scende sulla Terra. Ed io udii l’altare dire: sì, Signore, Dio onnipotente – è il Cristo, il Kyrie, il Pantocratore, dunque il Figlio, non il Padre – i Tuoi giudizi sono veri e giusti. I tuoi giudizi: kr…seij, al plurale.

kr…seij (kriseis)

Cosa significa giudizio? In greco c’è la parola krisij, e qui è al plurale. Kr…nw significa io decido, vuol dire decisione. Significa che fino alla metà dell’evoluzione non c’è ancora nessuna biforcazione nella scelta, nessuna decisione, divisione, perché l’evoluzione ha solo una direzione (Fig. 4,IV). Poi, a metà dell’evoluzione, soprattutto in virtù della venuta del Cristo, l’uomo diventa capace di libertà e deve avvenire una divisione degli spiriti. Questa legge della divisione è legittima, è giusta in termini di libertà, è a misura d’uomo, perché se non ci fosse non ci sarebbe libertà; questa legge è conforme all’uomo perché è coerente con la libertà, altrimenti non ci sarebbe libertà.

Qui (Fig. 4,IV), cosa abbiamo? Una sana autoconoscenza dell’uomo, perché questi capisca sempre meglio la legittimità della libertà. Non c’è libertà senza separazione degli spiriti. Il verbo krinein, separare, qui tradotto con i giudizi, è la separazione degli spiriti. Noi moraleggiamo, ci infiliamo qualcosa di moraleggiante o di duro, di inesorabile, quando in realtà in greco viene posta soltanto la legge della libertà, perché senza scissione degli spiriti non c’è libertà. Se non ci fosse la possibilità di fare in un modo o nell’altro, di salire o di scendere, non ci sarebbe libertà. La legge della libertà è la separazione degli spiriti in termini crescenti, perché la libertà diventa sempre più forte e comporta conseguenze sempre maggiori. L’Apocalisse è fondamentalmente la fenomenologia di questa scissione degli spiriti (Fig. 4,IV)

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Fig. 4,IV

Il Vangelo di Giovanni è la fenomenologia del centro, della svolta, e l’Apocalisse è la fenomenologia del compimento dell’evoluzione. L’evoluzione nel senso del bene è la Nuova Gerusalemme, e l’evoluzione in direzione del male è l’abisso della Bestia. Questi due testi si completano meravigliosamente: fenomenologia della svolta, dell’evento Cristo, e fenomenologia del compimento. E la fenomenologia del compimento è la separazione degli spiriti, perché questa è l’essenza della libertà.

Ci sono persone che non sopportano e ritengono terribile che alcuni precipitino nell’abisso della bestia; non lo sopportano e dicono: «Ma un Dio che non fa di tutto perché certi non finiscano così, non è un Dio dell’amore». Bene, le persone che non sopportano che ci possa essere anche l’abisso, vogliono assolutamente che tutto finisca bene e con ciò spazzano via la libertà. Se tutto va a buon fine, però, la libertà è una farsa. Se tutto finisce comunque bene perché arriva il buon Dio e, qualunque cosa abbia fatto un uomo, porta tutti quanti in Paradiso, la libertà è un’illusione. Quindi, l’Apocalisse è la serietà della libertà. E qui, con le cosiddette sette coppe dell’ira, si tratta del momento conclusivo: l’uomo deve avere la possibilità di evolversi definitivamente nella direzione del bene o nella direzione del male.

Ancora un pensiero in questo contesto. Qui (Fig. 4,IV) siamo a metà dell’evoluzione – molti millenni prima dello stadio della bestia, e ora non è il caso di precisare quanti – e la questione è: come fa l’uomo a cadere al livello della bestia?

L’uomo cade al livello della bestia per il fatto che egli, non solo perde la libertà – questo non basta; non basta che l’uomo ometta di attualizzare la libertà –, ma ne perde la facoltà. La bestia non è un essere che non esercita la libertà, bensì è un essere senza facoltà di libertà: non ha nessuna facoltà di libertà. Ho sempre sottolineato questo pensiero e nell’Apocalisse è centrale, soprattutto nei prossimi capitoli quando si va incontro alla definitività.

L’uomo sprofonda al grado della bestia in base alla condizione per cui, alla fine, non ha nessuna facoltà di libertà; su tutti i fronti non ha nessuna capacità di libertà: in tutti i suoi pensieri, in tutti i suoi sentimenti non ha capacità di libertà e in tutti i suoi impulsi volitivi non ha nessuna facoltà di libertà.

Domanda: al livello in cui siamo ora – duemila anni dopo la svolta, la grande svolta –, la facoltà della libertà ce l’ha ogni uomo? Eccome! Perché il fatto che ogni uomo sia capace di libertà non è qualcosa che dipende da lui, è la grazia del Cristo. Il Figlio, l’operare del Figlio, fa dell’anima umana una facoltà di libertà, una facoltà spirituale. Significa che a questo livello dell’evoluzione ogni anima umana ha un’infinita capacità di libertà; ogni essere umano può dar forma a una gran quantità di libertà nel pensare, nel sentire e nel volere. A questo livello evolutivo ogni uomo è infinitamente capace di libertà – se solo vuole esercitare, realizzare questa facoltà. Infatti, una cosa è avere la facoltà, e un’altra è realizzarla. Chiunque può andare in bicicletta, ne ha la facoltà, ma quando sta seduto a tavola è un ciclista in potenza. Nel momento in cui pedala è un ciclista di fatto. Ogni facoltà che non venga ripetutamente esercitata, retrocede. Nessuna facoltà resta pari pari se non viene mai praticata.

Il Cristo, il Figlio, ha provveduto affinché per ogni uomo ci fosse un’infinita possibilità di libertà: che fosse libero nel pensare, che fosse creatore nel pensare, nel mondo dei suoi sentimenti, nelle sue emozioni; che fosse creatore nei suoi impulsi di volontà, nei suoi ideali, nei progetti e così via. L’uomo ha la possibilità di essere libero creatore nel suo pensare e per il fatto che lo fa, adopera la facoltà della libertà. L’evoluzione in direzione del male, invece, consiste nel fatto che l’individuo omette e continua a omettere di attualizzare questa facoltà e di farne uso.

La grande domanda dell’Apocalisse è: in un’unica vita un essere umano è in grado di far retrocedere in toto la facoltà di libertà al punto da cadere – in questa sola vita – al livello della bestia? È possibile che arrivi al punto che nella sua anima (nel suo pensare, nel suo mondo di sentimenti e di impulsi di volontà) non abbia più nemmeno una briciola di capacità di libertà? In una vita sola è assolutamente impossibile. In un’unica vita non è possibile.

Intervento: (domanda sul male)

Archiati: a questo accennavo prima. Nella misura in cui una persona omette di compiere il bene crea in sé un vuoto, un buco. E in questo buco entrano spiriti fuori dell’umano. E solo per il fatto di venire posseduto l’uomo comincia a fare il male; non è commisurato alla natura umana compiere il male; solo su Giove l’uomo diventerà veramente capace di volere e di fare il male. Ecco perché è così importante la sottolineatura dell’Apocalisse: il primo gradino del male, dove si tratta del male umano, è l’omissione del bene.

Per quanto riguarda Babilonia ci sono tre cadute, e vengono presentate molto chiaramente. Babilonia è l’indebolirsi dell’essere umano nella misura in cui omette il bene. Allora compare la bestia col falso profeta: il fenomeno della possessione, quando l’uomo viene posseduto da spiriti extra-umani. Solo che questa fenomenologia della bestia e del falso profeta è possibile soltanto in base a Babilonia, in base alla molteplice e reiterata omissione dell’uomo.

Quindi, i tre livelli sono:

1. l’uomo omette il bene;

2. spiriti extra-umani si impossessano dell’uomo;

3. e quando c’è un numero sufficiente di persone possedute, a Satana viene data la possibilità – e siamo al terzo livello – di sconvolgere le leggi naturali, perfino di scombussolare le orbite dei pianeti.

Steiner descrive che un giorno – e non sarà in un futuro lontano – gli astronomi, che calcolano la presenza di un certo pianeta in un punto e vi dirigono il telescopio per vederlo, non lo trovano: quel pianeta non arriva in quel punto. Però, questo livello di Satana che spia l’ambito delle comete e aspetta il momento opportuno – lo vedremo se avremo tempo, quando ci arriviamo –, questo terzo stadio del male presuppone la possessione, e la possessione presuppone l’omissione del bene. Ecco perché ho detto che in una vita sola è impossibile. Questo spiare di Satana, dell’Anticristo, ha lo scopo di influire sulle leggi del Sistema solare sovvertendole e portando tutto nel caos, ha lo scopo di portare prematuramente a termine l’evoluzione, in modo che l’uomo non abbia la possibilità di occuparsi di tutta l’evoluzione del bene.

Questi tre livelli saranno descritti in modo scientifico a proposito della prostituta Babilonia e della caduta della bestia col falso profeta, così come della caduta di Satana.

16,7 Ed io udii l’altare dire: sì, o Signore, Dio onnipotente, i Tuoi giudizi sono veri e giusti, cioè, il karma deve essere conforme alla libertà, conforme all’uomo. Non può essere che il buon Dio faccia semplicemente retrocedere in modo arbitrario questa separazione degli spiriti. Sarebbe un tornare indietro della libertà. Quindi, la legge dell’evoluzione è che sia a misura dell’umano. Si tratta sempre di comprendere in modo corretto la natura umana, si tratta di conoscere se stessi, e autoconoscenza vuol dire capire correttamente l’evoluzione dell’uomo, perché l’uomo è concepito in evoluzione.

16,8 «E il quarto Angelo versò la sua coppa sul Sole; e gli venne data la forza di bruciare gli uomini col fuoco»

E il quarto Angelo versò la sua coppa sul Sole – si tratta dei misteri dell’Io, perché l’essere del Sole è l’essere dell’Io.

La Terra fisica scomparirà e diventerà spiritualmente Sole. Cosa vuol dire Sole? Sole vuol dire sorgente, origine, della luce e del calore. E cos’è l’Io? Sorgente di conoscenza, del pensare, e di amore. S’intende il Sole spirituale. La quarta coppa viene versata sul Sole e il sole astronomico scompare. Ora c’è soltanto il Sole spirituale.

Questo vuol dire che gli uomini che hanno sviluppato il Sole spirituale, l’Io, ora saranno tutt’uno col Sole spirituale – mentre il Sole fisico scompare: «Cielo e Terra spariranno» (Mt 24,25). E cosa ne sarà degli uomini che hanno omesso il Sole spirituale? Sperimenteranno soltanto che questo Sole si avvicina sempre più alla Terra fino a diventare fisicamente un corpo solo. Sole e Terra come diventano un corpo solo? Per morte termica. Questi esseri umani sperimenteranno soltanto come il loro corpo, materia della Terra, verrà bruciato e arso.

O viene sviluppato un Sole spirituale – perché la fisicità è diventata estrinseca all’uomo e con la morte termica del Sole essa viene semplicemente sciolta nel cosmo –, oppure ci si è uniti solo con la realtà fisica, con la materia, e allora si sperimenta questo terribile ardere della Terra (di Sole e Terra) nel momento in cui la Terra sta diventando sempre più un Sole. È sconvolgente come tutto questo sia descritto nell’Apocalisse.

16,8 E il quarto Angelo versò la sua coppa sul Sole, e gli fu data la forza di bruciare gli uomini col fuoco. Terra e Sole diventano di nuovo una realtà sola, così come erano uno. Significa che la Terra in quanto corpo fisico scompare – per morte termica. Capire questo in ogni dettaglio non è semplice.

16,9 «E gli uomini bruciarono per il terribile calore, e bestemmiarono il nome di Dio che ha il potere su queste piaghe, e non lo riconobbero rendendogli onore»

Gli uomini vennero bruciati, dunque coloro che si erano uniti, identificati con le forze del corpo, del fisico, furono bruciati dal grande calore e bestemmiarono il nome di Dio: essi danno a Dio la colpa del grande dolore sofferto invece di rendersi coscienti dell’omissione – ma è già troppo tardi, perché viene il momento in cui non è più possibile tornare indietro. Andare giù o salire non è più possibile. Ecco perché si tratta di un momento definitivo.

Abbiamo avuto le sette lettere, i sette sigilli e le sette trombe, e ora le sette coppe significano che a questo punto l’evoluzione è definitiva. Significa che non si può più salire dal basso in alto, o scendere dall’alto in basso. E questa definitività riguarda coloro che hanno omesso l’evoluzione dello spirito, non hanno più le forze di unirsi con lo spirituale. Se la prendono con Dio come se fosse colpa Sua il fatto di avere mancato tutto il cammino del loro spirito e della loro anima.

E gli uomini vennero bruciati dal grande calore, e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere questi flagelli, senza ravvedersi e renderGli onore. Senza ravvedersi, senza con-vertirsi vuol dire che giunge un punto nel corso evolutivo in cui non è più possibile fare una svolta, tornare indietro, invertire la marcia.

E ora ripropongo il quesito – un quesito che il cristianesimo tradizionale ha finora messo tra parentesi – e che ha davvero a che fare col confronto fra cristianesimo tradizionale e scienza dello spirito: è possibile in un’unica vita, in questa sola vita, arrivare a quel punto di non ritorno in cui, non per ingiustizia, per inesorabile volontà divina o mancanza di amore, ma per cammino dell’uomo stesso non sia più possibile un’inversione di rotta? È possibile arrivare a questo punto in una vita sola? No, in una vita sola non è possibile arrivare a questa definitività, perché siamo in un momento evolutivo in cui una svolta è ancora possibile a ogni livello. E per fortuna! Ma dobbiamo prenderne coscienza. Ogni persona deve rendersi cosciente che verrà un momento in cui la libertà sarà così decisiva che una svolta non sarà più possibile. Se un’inversione fosse sempre possibile non ci sarebbe evoluzione, tutto sarebbe sempre uguale e noi rimarremmo sempre allo stesso punto. Dunque ogni ora, ogni giorno, ogni settimana porto avanti la mia evoluzione o un po’ più in su, oppure un po’ più in giù, ma con la prospettiva che a un certo momento essa diventa definitiva.

Qui, parlando delle coppe dell’ira, quale la parola viene usata per indicare la svolta? Esattamente la stessa che Giovanni Battista ha usato alla svolta dei tempi:[21] metanoe‹te.

E qui, alle sette coppe, è il momento in cui non si è più capaci di compiere la svolta, non si riesce più a svoltare verso l’alto, verso il bene, verso la salvezza. La svolta deve avvenire con Cristo e con il Cristo. Quando si è a questo punto (Fig. 5,IV) diventa sempre più difficile, sempre più difficile, sempre più difficile fino a non essere più possibile.

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Fig. 5,IV

La parola che troviamo qui è quella detta da Giovanni Battista e dal Cristo: metanoe‹te, mutate il vostro modo di pensare! Finora era la Grazia a condurre, adesso dovete dare voi una svolta al pensare, dovete voi capire, dovete pensare che ora diventa decisiva la libertà dell’uomo e non più la Grazia divina. E qui, al verso 16,9 viene detto: Kaˆ oÙ metenÒhsan, ed essi non poterono cambiare il pensiero, non riuscirono a dare una svolta al loro spirito. Non erano più in grado, e non: non vollero più. Ora non ne erano più capaci. A questo punto non è più possibile.

Domani vedremo le tre ultime coppe, la quinta, la sesta e la settima.

Vi auguro una buona notte.

Quinta conferenza
venerdì 19 novembre 2004, mattina
vv. 16,9-14

Cari amici,

ora forse mi darete la possibilità di terminare le nostre sette coppe dell’ira, così l’argomento diventa più grintoso.

Eravamo arrivati alla quarta coppa. Per andare al nocciolo della questione, in che cosa consiste l’amore di Dio? L’amore di Dio consiste nell’aver creato tutto il sensibile materiale come transeunte. Il suo amore, tra le altre cose, consiste in questo, perché il fatto che tutto, perfino il corpo della Terra, sia destinato a passare, è la nostra più grande fortuna. Che noi possiamo morire, sempre e di nuovo, che la Terra continuamente muoia, che la realtà fisica passi, è la più grande opportunità per lo spirito di risorgere. Proprio in questa fragilità, in questo divenire malati, nello sviluppare anche un tumore e andare a morte, in questo appassire del mondo che va dall’autunno all’inverno, c’è la più grande dimostrazione dell’amore di Dio per l’evoluzione dello spirito umano, perché nelle crescenti forze di vita lo spirito umano può sviluppare pochissimo o quasi per niente la sua forza piena.

La vita è il fondamento dell’evoluzione della coscienza, e con vita intendiamo corpo fisico e corpo eterico, forze fisiche e forze eteriche, quindi le due componenti inferiori. Corpo fisico e corpo eterico sono strumenti, condizioni basilari per l’evoluzione dell’anima e dello spirito. Riassumendo: vita e coscienza.

La vita è il mezzo, lo strumento. Tutto il corporeo è strumento, e la legge evolutiva della vita e della coscienza è che in ogni ciclo evolutivo venga afferrata la complessità evolutiva. L’Apocalisse tratta l’evoluzione complessiva, e noi la possiamo capire sempre meglio prendendo l’esempio dell’evoluzione in piccolo, dove il tutto si ripete: la vita dell’uomo. Perché ogni esistenza umana è davvero una piccola ripetizione del tutto. E come comincia? Prendiamo questa curva, dalla nascita alla morte.

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Fig. 1,V

Ecco la curva della vita, delle forze vitali: esse crescono, crescono, crescono, e a metà dell’esistenza c’è un cambiamento, una svolta. Ogni evoluzione ha una svolta. Se non c’è nessuna svolta il corso resta sempre uguale, ma allora non c’è evoluzione. La svolta consiste nel fatto che fino alla metà tutto il fattore vitale, il corporeo, il terrestre, il fisico, la base, è sempre più forte. La cera della candela viene consumata sempre più, a quale scopo? Per sviluppare coscienza attraverso l’ardere delle forze di vita, per amore della coscienza umana alla Terra. Lo spirito incarnato può sviluppare coscienza solo consumando forze vitali. Il senso dell’evoluzione è proprio che questa consumazione rende possibile il sorgere di saggezza e amore e libertà in modo sempre crescente. Nella misura in cui tutto ciò che è terreste e materiale muore c’è la resurrezione dello spirito.

Come vedete, una prospettiva tutta positiva sull’invecchiare. Ora c’è una società che sta invecchiando sempre più. In radio ho appena sentito che l’età media è cresciuta ben oltre i settant’anni per gli uomini, e si avvicina e supera gli ottanta per le donne. Non lo trovo proprio gentile da parte delle donne, è tutt’altro che uguaglianza dei sessi. I sessi non sono uguali, oppure le donne sono un pochino più uguali! Oppure, pensiamo a quel che dice Schirmacher[22] nel Il Complotto di Matusalemme. I più anziani mettono in atto un complotto contro i giovani; Matusalemme, infatti, era un vecchissimo gufo dell’Antico Testamento! (Risate)

Quindi, in questa runa dell’evoluzione, la vita e la coscienza sono polarmente opposte. Se abbiamo sviluppato per tutto il giorno la coscienza, se abbiamo fatto dei pensieri, ci siamo arrabbiati, abbiamo preso posizione, fatto progetti e così via, cos’è successo? Demolizione di forze vitali, e la coscienza se ne va – lo chiamiamo addormentarsi. La coscienza è spenta e ora le forze vitali vengono di nuovo ricostruite, e questo è il sonno. Perché ognuno può demolire solo nella misura in cui ha costruito.

Ma qual è il senso del costruire? La demolizione. Solo che la demolizione avviene naturalmente, da sé, anche se noi non facciamo nulla. In che cosa consiste la libertà? La libertà consiste nell’usare questa demolizione come opportunità, come chance, per generare lo spirituale; oppure posso omettere questo spirituale e ho solo le rughe, le grinze; ho solo il carico della distruzione delle forze vitali.

Questa è la libertà, perché lo spirito non è necessario, è libero.

La struttura dell’evoluzione è stata concepita in un modo colmo d’amore dalla divinità. È amore divino il fatto che vi sia la curva crescente della vita, quale strumento, quale fondamento per l’evoluzione spirituale, animica. Questo è pura espressione d’amore.

Perché alcuni uomini, o molti, vivono tutto questo come ira? Perché non vogliono abbandonare la realtà fisica. Non si occupano dello spirito, vogliono solo continuare a godersi il fisico. Si sono messi in testa che un dio è amorevole quando la vita è sempre in crescita, crescita, crescita: sempre più paffuti, sempre più rotondi, sempre più giovani. È un assurdo. Queste persone vogliono essere più furbe di Dio, perché si sono messe in testa un mondo alternativo, una creazione diversa, una natura umana differente. Desiderano che il loro denaro duri in eterno, che tutto il terrestre – soldi, proprietà, potere –, sia per sempre. Diventano aggressivi perché non è così, e vivono l’amore di Dio come ira. Questa tentazione si nasconde in ogni uomo, perché in ognuno ci deve essere la tentazione, come controforza, ad aggrapparsi a quello che possiede. In cosa consiste questa tentazione ad aggrapparsi al materiale, a ciò che si ha? È una tentazione per avere la scusa a fermarsi a quello che si ha, e non fare quello che si potrebbe. La natura è ciò che si ha, ciò che riceviamo dalla natura.

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Fig. 2,V

Poi arriva la seconda metà dell’evoluzione – il punto geologico medio è il periodo atlantico, lo abbiamo già visto. È il centro geologico. (Fig. 2,V) Ora noi viviamo già nella quinta epoca postatlantica, il che significa che la Terra sta già invecchiando, sta diventando meno vitale. Per esempio, negli ultimi millenni la Terra non ha più generato nessun nuovo albero, oppure una nuova specie vegetale. La betulla, come dice il nome ebraico, è l’ultimo albero che sia stato generato; in ebraico, infatti, significa fanciulla vergine, perché allora la Terra aveva ancora le forze vitali capaci di generare specie vegetali, e poi non ne ha generate più.

Vediamo come i fenomeni di erosione oggi siano enormi. Chi ha un sentore di quanto fosse vitale la Terra un tempo, molti millenni fa, deve dirsi: sì, la Terra è già nella seconda metà della sua vita. Questo significa che siamo nel tempo dell’evoluzione della coscienza!

Naturalmente, un uomo che a sessant’anni vorrebbe apparire come quando ne aveva trenta – la cosa non vale solo per le donne – vive in modo anacronistico. È anacronostico, perché a sessant’anni il tempo è adeguato per gioire dell’accresciuta possibilità di evolversi sul piano animico e spirituale, avendo, per esempio, maggior sensibilità per l’arte. Se l’evoluzione della vita procede giustamente, infatti, verso i cinquanta, sessanta, settant’anni una persona può capire l’arte, la religione, la scienza, l’Apocalisse, più di un ventenne. Questo sta nella natura delle cose, perché un ventenne forse ha il compito di generare fisicamente, visto che ha a disposizione delle forze vitali. Poi, però, segue un’inversione.

Questo amore di Dio mostra che tutto il fisico, tutto il vivente, si fa da fondamento, da strumento per venire consumato con la fiamma della saggezza e dell’amore – perché questo consumare è come una fiamma che si accende dove sorge saggezza e amore. L’uomo può vedervi il più grande amore di Dio, oppure può viverlo come ira divina perché ci si aggrappa.

Io penso che le affermazioni di fondo dell’Apocalisse si possano comprendere bene, perché solo afferrando il cuore del messaggio ci si può misurare un pochino anche coi contenuti particolari, ed è una sfida, perché è un testo veramente possente. Sono immaginazioni senza pari. Vedremo, per esempio, che il fiume Eufrate viene disseccato: forze vitali estinte. Il fiume Eufrate – la sorgente della vita, tra l’altro – dissecca e diventa cammino solare per i re, per gli uomini che sono diventati capaci di individualità. Re che vengono dall’Est e che accompagnano su un cammino solare il sorgere del Sole sulla Terra.

Ecco qui una poderosa immaginazione in poche parole. Si deve solo avere il coraggio di osservare tutte queste cose nel dettaglio: pensiamo, per esempio, all’immagine delle rane. Negli uomini il cui vissuto è ira, dalla bocca escono rane; anche nella bestia e nel falso profeta: rane. Un tempo le rane sono state una delle piaghe d’Egitto, quando gli Ebrei vennero liberati da quella schiavitù.

Cosa sono le rane che fuoriescono dalla bocca? Questa è un’immaginazione. Vale a dire, l’esperienza della rabbia dei cattivi, degli uomini che hanno omesso, diventa quest’immagine; essi sperimentano che non hanno niente, che vanno nell’abisso da sé, che è stata omessa l’evoluzione. Ora debbono affondare in quello che passa. Da un lato vengono travolti, e dall’altro hanno ancora un briciolo di coscienza per rendersi conto che hanno omesso tutto.

Con quale immaginazione viene rappresentato questo venir travolti nel terrestre? Qui (Fig. 3,V) indico il terrestre col blu. Dunque, avevo detto che la vita è terra e acqua. D’accordo? Quale forma animale vive tra la terra e l’acqua? – E se avessimo una piaga, si tratterebbe di rane.

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Fig. 3,V

Non si tratta di una meravigliosa immaginazione, e che l’essere umano possa imprimere forme nella sua parola? Vedremo quale sarà il contenuto della parola rana, un animale fermo alla condizione di anfibio, amphi-bios. Dunque, per lo scienziato della natura: amphi significa che abbraccia entrambi i regni, che si muove sia nell’ambito della terra che in quello dell’acqua. Terra e acqua: anfibio, cioè vive in entrambi. Non si potrebbe trovare un’immagine corrispondente più esatta di questa. Si tratta solo di comprendere in termini cosmici quel che si mostra nella realtà della rana. Invece di una possente evoluzione dell’anima e dello spirito, sorgono rane – acqua e terra –, che non servono a rendere eterno ciò che è passeggero.

L’Apocalisse è piena di immagini simili, le incontriamo a ogni passo; l’Apocalisse non si presenta con concetti, il che sarebbe ancora più difficile. Perché, lo vediamo, la vita possiamo affrontarla un po’ meglio poiché è evidente già subito; la coscienza, invece, implica concetti e a quel punto sarebbe ancora più difficile per gli uomini d’oggi.

È come con le fiabe raccontate nella fase infantile dell’umanità. Quando alle immagini sono stati aggiunti i concetti, ecco che l’uomo va avanti. E così anche le Sacre scritture della cristianità sono state prevalentemente rappresentate per immagini, e ora il nostro compito è spiegare queste immagini col pensiero.

Tra l’altro, per quanto riguarda chi ritiene che non sia bello che l’Apocalisse presenti queste realtà terrificanti – paura, sgomento, ecc. –, in primo luogo questo è un problema di chi ha omesso il tutto e lo vive come ira, e poi da nessuna parte ci sono spaventosità solo per terrorizzare l’uomo.

Chiediamoci: come stanno le cose nelle fiabe? Ci sono soltanto principi e fate? Non ci sono forse anche lupi, draghi, e quant’altro? Cosa fa il bambino quando nella fiaba compare il lupo, il drago o il minaccioso? Come reagisce il sano sentire del bambino? Il messaggio è: devi stare attento! Vorrebbe mangiarti ma…. Ma naturalmente io l’ho visto, e non mi lascio mangiare!

Ora, ditemi voi cosa è più interessante? Un’evoluzione dove regna la contrapposizione e mi rendo conto che sono ben equipaggiato per fare attenzione, e riesco a cavarmela con chi mi vuole abbindolare; oppure un’evoluzione senza controforze? Il bambino lo sa – viene direttamente dai mondi spirituali – che ci sono controforze dove c’è il drago. Ma questo è molto più interessante. Il bambino lo vive così.

Così si deve leggere l’Apocalisse. Un’evoluzione senza draghi, senza rane, non sarebbe affatto un’evoluzione. Ma il messaggio è: caro bambino, caro uomo, tu hai tutto quel che è necessario per avere la meglio. Il tentatore o il drago è lì che pensa di poterti abbindolare, e non sa che l’uomo è preparato per vincerlo. Se lui stesso fosse uomo lo saprebbe, ma lui non è uomo. Ritiene di riuscirci con gli uomini, ma non se la cava.

Con questo non ho voluto dire che il bambino pensi così, perché il bambino non pensa come un adulto, ma ha questo sentimento perché giunge dal mondo dove sono attive queste forze e controforze.

Cari amici, lasciatemelo dire ancora una volta: sarebbe possibile la libertà in un’evoluzione senza contrapposizione fra forza e controforza? Senza forza e controforza non c’è libertà! Questo è l’amore divino per la libertà, perché la libertà è possibile solo quando ho la scelta di spuntarla o di lasciarmi abbindolare. Se non avessi questa scelta, l’evoluzione sarebbe noiosa e non ci sarebbe libertà.

Quindi, il mondo è a posto. Questo è l’amore di Dio: il fatto che l’evoluzione sia a posto, nell’ordine migliore. L’uomo ha bisogno solo di diventare sempre più sveglio, e questa è l’evoluzione della coscienza.

Bene, ora possiamo velocemente occuparci delle ultime tre coppe dell’ira.

Eravamo arrivati alla quarta coppa dell’ira. Il quarto elemento di una sequenza di sette è sempre il punto medio, è il Sole. La Terra sta diventando Sole, l’evoluzione terrestre sta sfociando nello sviluppo delle forze solari dell’Io. La forza solare dell’Io è pensare e amare presi insieme – ma ognuno faccia come vuole.

16,8 E il quarto Angelo versò la sua coppa sul sole, e gli fu data la forza di bruciare gli uomini col fuoco. Vedete che tutta la realtà fisica viene arsa col fuoco. Viene arso e viene bruciato. Si tratta sempre della stessa affermazione, ma da diversi punti di vista. E quando tutto ciò che è fisico viene arso dal fuoco sorge il fuoco spirituale dell’entusiasmo, dell’amore e della saggezza.

16,9 «E gli uomini bruciarono per il terribile calore, e bestemmiarono il nome di Dio che ha il potere su queste piaghe, e non lo riconobbero rendendogli onore»

E gli uomini bruciarono per il grande calore, si tratta di coloro che sperimentano di più il fisico e meno lo spirituale. Perché si possono sempre descrivere le cose da due lati: il Sole arde la Terra, la brucia, per farne un Sole. La realtà fisica deve sparire, altrimenti la Terra non diventa un Sole. Il Sole non è niente di fisico.

Coloro che si sono identificati col fisico e che si sono dissolti nel terrestre, quindi nella materia, nel solido, quelli che godono solo di quanto offre loro il corpo – mangiare, bere, soldi –, come vivono questo ardere della Terra? Con rabbia.

16,9 E gli uomini vennero bruciati per il grande calore e bestemmiarono il Nome di Dio: il Nome di Dio è l’Io. Perché finché Dio tace si tratta del Padre, che è senza nome. Il nome si può pronunciare solo mentre ci si esprime. E Dio Padre si esterna col Nome pronunciando il nome del Figlio suo. Significa che il nome di Dio è l’Io. L’Io Sole, il Cristo-Io, e il Cristo-Io in ogni essere umano, cioè il diventare individuali.

E viene calunniato, deriso, ingiuriato, viene insultato il fatto che l’evoluzione – che avviene nel nome di Dio, nel nome dell’Io – sia fatta in modo che tutto venga consumato e vada sempre più a morte per favorire lo spirito, l’Io. Insultano tutto questo: questo non può essere, è cattivo. Tu, o Dio, sei cattivo! È come quando il bambino ingiuria la mamma perché lei, in forza dell’amore che ha per lui, usa la mano un po’ più pesante.

16,9 E gli uomini vennero bruciati per il grande calore, e bestemmiarono il nome di Dio che ha il potere su queste piaghe e non si ravvidero, per rendergli onore.

L’ho già spiegato ieri, qui (Fig. 3,V) non si convertirono, non si convertirono – e si ripete di nuovo come un ritornello. Quindi, qui c’è la realtà fisica; le persone che omettono lo spirituale vanno verso la morte (l’ho indicato con questa freccia verso il basso). Se non arrivasse mai il punto in cui una conversione non è più possibile, se non arrivasse mai il punto di non-ritorno, quale sarebbe la conseguenza? Che non c’è nessuna evoluzione, che siamo sempre allo stesso punto: non c’è nessuna libertà.

Se c’è evoluzione e c’è libertà deve arrivare un momento in cui per coloro che sono andati verso il basso, che hanno continuamente omesso lo spirito – omesso, omesso –, arrivano a un punto in cui, anche con la più buona volontà, non è più possibile un’inversione di rotta. L’Apocalisse è fatta apposta per dirci queste cose.

Questo vale per ogni vita? Se qui (Fig. 4,V) ho nascita e morte, perché viene un momento nella vita in cui non è più possibile proseguire?

Non si convertirono – come possiamo tradurlo? Non si convertirono a rendergli onore, metenÒhsan è la parola della svolta. Non portarono a compimento la svolta, perché la svolta ora è l’evoluzione spirituale. Sono stati trascinati via e non possono più compiere questa svolta.

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Fig. 4,V

Cos’è questo nella biografia? Cosa significa? Significa che non tutto è recuperabile, perché se tutto fosse recuperabile non ci sarebbe evoluzione.

Prendiamo una persona, diciamo a settant’anni – chi può fare un esempio? Immaginiamo che per tutta la vita, come succede, questa persona sia stata seduta sistematicamente cinque o sei ore al giorno davanti alla televisione. Ora divento concreto, perché se non ci si sta almeno un paio d’ore al giorno non si è dei bravi cittadini – non parlo degli antroposofi, naturalmente, che non hanno la televisione! (risate) Anch’io non ce l’ho, ma torniamo al nostro uomo, che esiste, se vogliamo essere onesti, e immaginiamo che nella stanza accanto ci sia un gruppo di lettura che si ritrova, ed egli dica: «Caspita, vorrei anch’io godermi una lettura più seria invece di star continuamente seduto davanti alla tele». Pensate che ci riuscirà? Non subito. Non come capovolgere una mano, perché non l’ha mai esercitato. O si diventa un tipo così, un passo dopo l’altro, un giorno dopo l’altro e allora ci si gode di più una lettura intelligente e si spacca il televisore, oppure ci si resta davanti perché non si sa godere un’ora di lettura e non si capisce nemmeno cosa si stia leggendo. Questo è solo un esempio. Ho esitato perché volevo prendere un esempio efficace. È proprio così, l’Apocalisse è fatta apposta per portarci a coscienza le leggi dell’evoluzione.

È infantile aspettarsi che dopo tutta una vita in cui non ho mai praticato la lettura di un libro, in cui non mi sono esercitato ad adoperare la mente e a prendere posizione, io possa dire: «Questo pensiero va bene, quell’altro è sbagliato». Se non l’ho mai fatto per settant’anni non posso aspettarmi di poterlo fare improvvisamente. Ed è da bambini arrabbiarsi perché gli altri lo fanno e io no. E queste persone, di cui parla l’Apocalisse, si lamentano perché pensano che il buon Dio avrebbe dovuto provvedere… ma se dopo aver passato settant’anni a guardare la tv uno si lagna, intende dire che il buon Dio avrebbe dovuto provvedere a che egli capisca un testo profondissimo. Oppure, viene a un corso sull’Apocalisse e si addormenta? Se uno sta sempre davanti al televisore, dormirà – anzi non ci viene nemmeno, fortunatamente per il relatore!

Se non siete d’accordo ditelo, fatevi sentire. Sto divagando, oppure ha capo e coda quel che dico? Altrimenti vi lamentate che l’Apocalisse è un testo pio, sigillato con sette sigilli, che non diventa mai concreto.

Intervento:

Archiati: bene, se non l’ha fatto fino a settant’anni, può cominciare. Invece di stare un’altra ora davanti alla tv può leggere qualche pagina di Wilhelm Busch,[23] con questo se la cava. (Risate) Ma non pensi di poter leggere una conferenza di Steiner. Siamo onesti – e vogliamo esserlo. Ho portato l’esempio di una persona che passa tutto il giorno davanti alla tv, e magari con un litro di birra a portata di mano, perché questo fa parte del fenomeno. Perché – mi dicono – non si può macinare la televisione senza birra, in modo da avere un sonno pesante e poter dormire.

16,10 «E il quinto Angelo versò la sua coppa sul trono della bestia; e il suo regno fu oscurato, e gli uomini si morsicavano la lingua per il dolore»

E il quinto Angelo versò la sua coppa sul trono della bestia; e il suo regno si oscurò, e gli uomini si mordevano la lingua per il dolore – e bestemmiarono Dio. Ancora una volta questo imprecare, questo arrabbiarsi, perché pensano che quanto succede è perché Dio è in collera e se si potesse dominare un po’ il mondo sarebbe a posto! Egli non ha diritto di essere così in collera, perché non abbiamo fatto nulla di male!

Questo è il messaggio paradossale che questi uomini – e tale uomo c’è in ognuno di noi – sostengono a pieno diritto quando il loro Io superiore non si è evoluto: «Ma cos’ho mai fatto di così cattivo?». E il punto è che la cosa peggiore non è quando si fa qualcosa di brutto, perché quando si fa qualcosa di brutto il mondo circostante si fa sentire e bisogna correggersi. Il brutto è quando non si fa il buono. Questo è peggio. Per questo è così tragico. Il motivo del bestemmiare, dell’arrabbiarsi, dell’insultare Dio consiste nel fatto che essi dicono: ma cosa abbiamo poi fatto di male?

Intervento:

Archiati: l’Apocalisse procede in modo molto pulito, non diventa mai dogmatica, né illogica. Queste persone, infatti, non sono stupide. Si chiedono: ma cosa abbiamo fatto di male? E bisogna considerare seriamente la loro affermazione. Se avessero fatto qualcosa di male la natura avrebbe dovuto farsi sentire. Cioè, il male non è che ci si è rimessi alle forze della natura, non è questo il brutto. Il male dell’evoluzione è che si omette ciò che è libero! E non si potrà provare che essi hanno fatto qualcosa di male – questo è il punto dell’Apocalisse.

L’Apocalisse non giunge per dimostrare che è stato commesso ciò che non è cristiano o qualcosa di cattivo – il giudizio finale del Cristo non enumera nessun peccato di commissione, ma di omissione: «Avevo fame e non mi avete dato da mangiare. Avevo sete e non mi avete dato da bere» (Mt 25,42). L’evoluzione, la natura umana era affamata di individualità, affamata di creatività dell’Io, assetata di Io, e voi non avete dato da mangiare all’Io che c’è in ogni uomo, non gli avete dato da bere!

E voi direte: quando? Dove? Non ve ne siete accorti. Perché, cosa significa omettere? Significa non prestare attenzione a quel che si sarebbe potuto diventare.

Quindi, nessun moralismo, per favore, e non diciamo che questo è male. Non c’è niente di male. L’unico male morale è l’omissione del bene! La Chiesa, cattolica o evangelica che sia, che insiste sempre sui peccati di commissione, è antiquata. I peccati di commissione sono della prima metà dell’evoluzione; la legge mosaica dice quello che si deve fare, e il peccato di commissione sarebbe quando io faccio il contrario. Dopo Cristo, quando tutto si misura in chiave di libertà, le omissioni sono i grandi peccati dell’evoluzione. Questa è l’affermazione fondamentale dell’Apocalisse. Se non ci chiariamo questi pensieri non capiamo niente del testo. Quindi, dal loro punto di vista, questi uomini che ingiuriano Dio hanno ragione, perché pensano: avresti dovuto dirci che sarebbe stato così. Quando gli era stato detto che sarebbe stato così? Gli era forse stato detto?

Intervento: ma come la mettiamo con la coscienza?

Archiati: l’abisso dell’evoluzione sta nel fatto che la coscienza viene completamente obnubilata. Lei potrebbe anche ribattere che la coscienza dice al Presidente degli Stati Uniti che non è bene bombardare un territorio… ma quello ti dice: «Certo, sarebbe meglio se non fosse necessario, ma purtroppo è diventato necessario per proteggere le persone dai terroristi…».

Intervento:

Archiati: voglio solo dire che l’argomento che salta fuori dalla coscienza morale ha le gambe corte. Perché il problema sorge quando la coscienza è sparita, è del tutto obnubilata. Questo è il problema. Lei presuppone che questa coscienza sia ancora sana nell’umanità, ma l’abisso dell’evoluzione consiste nel fatto che la coscienza non è più incontaminata, è proprio questo l’abisso dell’evoluzione.

Prima di andare in Sudafrica e rimanervi per cinque anni, la mia idea della natura umana era che siamo tutti uomini, nel senso che la voce della coscienza parla in modo abbastanza chiaro in ognuno. Ma ho dovuto fare l’esperienza che veramente ci sono esseri umani che non erano così sicuri se fosse male uccidere una persona: se questo era necessario per salvare i diritti dei neri – ne caso dovesse venire fatto –, allora poteva anche essere un bene, e se non lo faccio divento cattivo.

A quel punto ho cominciato a rivedere i miei concetti sulla coscienza, e mi sono detto: piano, stai attento a generalizzare quel che è tipicamente europeo o forse cristiano. Perché l’umanità si avvicina gradualmente verso l’abisso dell’evoluzione dove la coscienza non è più di aiuto. Queste sono le affermazioni dell’Apocalisse; come procederà l’evoluzione, se la coscienza morale non c’è più? Questa è una delle domande più importanti dell’Apocalisse.

16,10 E il quinto Angelo versò la sua coppa sul trono della bestia. Cinque è sempre il numero del male. Quando l’evoluzione arriva al cinque, diventa decisiva.

Perché, guardate (Fig. 5,V): 1, 2, 3, 4 – e al punto 4 c’è sempre la svolta, e comincia sempre la biforcazione tra il fattore di natura e lo spirituale, fra natura e spirito. Ma è solo col 5 che sorge la consapevolezza della contrapposizione fra bene e male, e ora siamo davvero qui, al punto 5.

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Fig. 5,V

Siccome al punto 5 c’è la libera e consapevole contrapposizione fra il bene e il male, fra le infinite immagini, fra le immaginazioni possibili che l’apocalista poteva evocare, cosa sceglie? Ogni stazione ha infiniti eventi, l’Apocalisse quale immagine sceglie da mettere al quinto stadio? La controforza, quella del male, e il male viene descritto come l’uomo che siede sul trono e resta seduto lì, invece di andare avanti evolutivamente – ora più che mai.

Un’immaginazione del male quale omissione del bene: rimanere seduti sulla Terra, sul trono terrestre, e non evolversi più nello spirituale.

Bisogna prendere queste immaginazioni spiritualmente, come una lente molto potente con cui comprendere l’evoluzione. Ovviamente alla quinta stazione l’apocalista avrebbe potuto ricorrere a una quantità di altre immagini, ma dobbiamo partire dal presupposto che l’apocalista è Lazzaro, il quale è stato iniziato dal Cristo, e perciò l’immagine che sceglie lui è sempre centrale, è sempre essenziale.

L’uomo che precipita nell’abisso siede sul trono. Sono le forze della bestia, le forze della natura, del possesso terrestre o come si voglia dire, e da queste forze della natura l’uomo viene posseduto. Per questo diventa bestia, insisto, la bestia è l’inizio. Cosa significa bestia? La bestia siede sul trono, l’uomo non c’è più. È l’inizio della disumanizzazione, l’inizio dell’annientamento dell’umano. Resta soltanto l’animale, un puro essere di natura. E resta indietro, cioè resta seduto sul trono del mondo materiale.

Quando in base al pensare si riesce a vedere che queste immaginazioni hanno una congruenza scientifico-spirituale, grazie a queste immagini si vivono non solo ore di raggiante felicità, ma giorni, anni, pieni di gioia. Solo che bisogna approfondirle in modo scientifico-spirituale.

16,10 E il quinto Angelo versò la sua coppa sul trono della bestia – questo mondo che si dirige verso l’abisso – e il suo regno si oscurò – perché è destinato a passare.

Il Sole spirituale sorge e va avanti, mentre questo regno viene oscurato, perché consegnato alla morte. Il Sole si allontana dal mondo fisico, e per questo motivo la Terra fisica va verso la distruzione, perché il mondo fisico può sussistere solo fino a quando il Sole è con la Terra.

16,10 …sul trono della bestia; e il suo regno venne oscurato, e gli uomini si morsero la lingua per il dolore. La lingua sarebbe fatta apposta per produrre la parola creatrice. E ora la lingua viene morsa, cioè sorgono le sofferenze perché l’uomo si è identificato, si è aggrappato a ciò che muore, a ciò che genera sempre nuove malattie e dolori.

Invece di rendere la lingua parlante dall’alto, dal lato dello spirito perché la parola sia verità, bellezza e bontà, dal basso giunge il dolore della materia che va a morte. La lingua, la capacità di parlare dell’uomo, la forza del Logos dell’uomo, viene morsa e tagliata. L’uomo diventa sempre meno capace di logica. Perfino il poter parlare – non solo il poter pensare –, perfino il poter parlare regredisce, perché gli animali non possono parlare.

Anche questo mordersi la lingua, questo tagliarsi la lingua è un’immagine: è di nuovo un’immaginazione di come l’uomo, attraverso la regressione della capacità di parlare, diventi bestia, perché le bestie infatti sono mute; ora l’uomo non ha più niente da dire.

Sono immagini meravigliose, sono proprio scientifiche se le sappiamo comprendere.

16,11 «e bestemmiarono Dio del cielo a causa del dolore e a causa delle loro piaghe, e non si pentirono delle loro azioni»

E bestemmiarono Dio in cielo a causa del loro dolore, l’abbiamo già visto: danno a Dio la colpa, bestemmiano Dio: cosa mai abbiamo fatto? Dove abbiamo meritato tutto questo? Cosa abbiamo fatto di male? Sono stato sì davanti alla televisione, ma non ho ucciso nessuno! Perché è così grave stare davanti alla televisione? Per capirlo bisogna avere una coscienza di tutto quello che si sarebbe potuto divenire, di tutto quello che si sarebbe potuto fare. Se uno non ha nessuna coscienza di ciò che avrebbe potuto diventare, cosa c’è di male nel guardare la televisione? Niente.

16,11 E bestemmiarono Dio del cielo a causa del dolore e a causa delle loro piaghe, vedete, il corporeo è diventato soggetto a tumore. L’abbiamo già visto ieri, e non si pentirono delle loro opere – viene ripetuto che non si pentirono delle loro opere.

Ora la cosa diventa ancora più possente col sesto Angelo.

Qual è la sesta stazione? Quattro, cinque, sei; il quattro è la svolta fra spirito e materia. Cinque è la svolta tra coscienza e sonno, la contrapposizione tra coscienza e sonno. E sei è sempre la fine della contrapposizione, la definitiva scissione degli spiriti. Ecco perché viene sempre offerto l’avviso: stai attento di fronte al sei, e ancor più quando c’è sei più sei, 66, e massimamente quando il sei si triplica, 666. Quindi, il sei è definitività. Il sette non è definitività, il sette è che entrambe le definitività si confermano – per così dire, è un tempo per fare un bilancio, per tirare le somme. Ma l’ultima contrapposizione è al sei.

Torniamo indietro. Se abbiamo questa chiave prima di rivolgerci al testo ci può essere d’aiuto per capire le immagini. Ripeto che non è che al punto sei l’apocalista ci dia tutte le immagini, perché sarebbero infinite. Vengono date solo quelle essenziali.

16,12 «E il sesto Angelo versò la sua coppa sul grande fiume Eufrate e le sue acque furono prosciugate, per preparare il cammino al re che viene da dove sorge il Sole»

E il sesto Angelo versò la sua coppa sul fiume Eufrate, e la sua acqua seccò per preparare il cammino al re che viene da dove sorge il Sole – questo versetto soltanto sarebbe sufficiente per meditare alcuni anni.

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Fig. 6,V

Dunque noi siamo al punto sei. Disegno qui una bella Terra, col Sole che va da Est a Ovest, il corso del Sole. Il corso del Sole come immagine dell’evoluzione, perché finché sorge il Sole può germogliare e fiorire la vita sulla Terra.

Ora (Fig. 6,V) il Sole è allo zenit e comincia a calare, poi viene sera e notte; e la stessa cosa avviene con l’autunno e l’inverno. Dunque il cammino del Sole è come un’immagine dell’evoluzione. Luce, calore e vita sorgono, e poi tramontano. L’evoluzione dell’uomo sulla Terra consiste in un analogo decrescere dei processi vitali.

In cielo c’era uno dei fiumi, l’Eufrate. Con Eufrate trovate i più diversi significati, ma sostanzialmente significa fruttifero o crescita. Con il fiume, con l’acqua, sono state collegate le forze della crescita e della fruttificazione. E questo fiume si dissecca.

L’Eufrate era il fiume più lungo allora conosciuto – e l’Apocalisse è un testo che anche per i contemporanei suoi poteva essere storicamente contestualizzato. Sorge allora questa immaginazione: questo fiume, che è il più lungo del mondo, diventa l’arco del Sole sulla Terra (Fig. 6,V). Percorso del Sole e arco del Sole sono il rispecchiamento delle forze solari sulla Terra.

Percorso del Sole significa che l’acqua sparisce, il vivente, le forze vitali, quelle della crescita arretrano e la vita intera diventa come un percorso morto – disseccato –, nel quale gli uomini ora possono attivamente sviluppare la loro evoluzione spirituale.

E chi sono questi re che vengono dall’Oriente? Sono gli uomini divenuti Io, perché diventar re significa sviluppare un pensare e un volere individuali. Sono uomini dotati di Io, individualità umane che vengono accompagnate dal Sole lungo la via solare sulla Terra, lungo l’Eufrate che ha ritirato le forze vitali, di crescita, l’umidità, l’umore e l’acqua: ora la Terra diventa una via solare per uomini in cammino per diventare spiritualmente re.

Per questo bisognava ricorrere al fiume più lungo della Terra, al fiume che la circonda tutta e che comprende l’intera evoluzione sulla Terra.

Cos’è questa via solare sulla Terra? Ecco un aspetto, a titolo di esempio: prima stazione lungo questa via solare, la cultura paleo-indiana; seconda stazione, sempre da Est verso Ovest, la cultura persiana; poi terza stazione, quella egizio-caldaica; poi, quarta tappa, la cultura greco-latina, quando l’Essere solare spirituale viene sulla Terra. E ora la realtà fisica scende verso l’Occidente, il Sole fisico tramonta, e cosa c’è a quel punto? Il Sole spirituale. Quindi, qui (Fig. 6,V) nel nostro quinto periodo di cultura il Sole già scende, per cui dobbiamo capire queste cose. Poi verrà il sesto e il settimo periodo. In un solo versetto viene detta questa possente, meravigliosa immaginazione.

Traduco alla lettera dal greco il verso 16,12:

Kaˆ Ð ›ktoj ™xšceen t¾n fi£lhn aÙtoà e il sesto versò la sua coppa. La coppa piena di amore, le migliori possibilità dell’evoluzione dell’anima e dello spirito. Se non è amore questo! offrire agli uomini le migliori possibilità evolutive quando il fisico si ritira, quando non è più così impetuosamente pressante.

In gioventù il fisico è cogente, le forze vitali, quelle della nutrizione, quelle del corpo, della sessualità, sono pressanti. Ciò che favorisce l’umano in vecchiaia è che queste forze si ritirano, non sono più così prepotenti. Questo è l’amore divino per l’uomo, il fattoche lo spirito diventa via via vincente perché la natura fa un passo indietro. La natura ritira le sue forze, ritrae il suo ruolo conducente per consegnare questo ruolo direttivo allo spirito.

16,12 E il sesto Angelo versò la sua coppa sul grande fiumetÕn mšgan tÕn EÙfr£thn:e disseccò le sue acque. C’era la vita sulla Terra e ora tutto è morto. Prima c’era un corso d’acqua, ora è una strada per camminare, è una via per i piedi dell’uomo, per la sua evoluzione. Prima erano forze di natura, ora sono passi dell’uomo. Le sue acque disseccarono, †na ˜toimasqÍ con il fine†na esprime la finalità – di preparare il camminoÐdÕj –, il cammino evolutivo per l’uomo.

Pensiamo all’ottuplice sentiero del Buddha. Se volete è un settenario che quando viene preso nella sua totalità diventa un’ottuplicità. Bisogna essere capaci di movimento con queste immagini.

Dice: … disseccato, per fare della vita il cammino dell’evoluzione della coscienza dell’uomo. Non è forse meravigliosa questa immagine? Il disseccamento non avviene per fare del male all’uomo perché lui bestemmi. No, al contrario è proprio per amore all’uomo che avviene questo disseccamento, per preparargli un cammino †na ˜toimasqÍ: per edificare, per mettergli a disposizione – ˜toim£zw –, amorevolmente tutte le possibilità evolutive. Finché ci sono forze vitali, finché c’è acqua, la natura ha un ruolo conducente. Poi la natura deve morire, e ora è una strada dove i re, dal momento in cui sorge il Sole, possono compiere i loro passi evolutivi, possono compiere passi coscienti sulla Terra.

16,12 … affinché venisse preparata la strada per il re – e ogni uomo può diventare re dal sorgere del Sole ¢pÕ ¢natolÁj ¹l…ou: ¢pÕ vuol dire via da, quindi cominciano a procedere nell’evoluzione. Naturalmente si potrebbe dire moltissimo. È evidente, e io mi sento come uno che fa i primi tentativi, balbettii…, le prime parole davanti alla potenza di queste immagini, ma sono solo accenni aforistici che possono essere sviluppati in tutte le direzioni.

16,13 «E io vidi dalle fauci del drago e dalle fauci della bestia e dalla bocca del falso profeta venire tre spiriti immondi simili a rane»

E io vidi dalle fauci del drago, quindi non dalla sua laringe, perché un drago non ha la laringe. La laringe è fatta per parlare, per pronunciare la parola della verità, della bellezza, dell’amore. Il drago ha fauci per trangugiare, è fatto proprio per questo, cioè, le forze del drago sono fatte apposta per trangugiare l’uomo.

E ora da queste fauci del drago, fatte apposta per trangugiare, saltano fuori delle rane.

16,3 E vidi dalle fauci del drago – cos’è il drago? La totalità delle forze di natura che inghiottono l’uomo, cioè il fatto che l’uomo può fondersi nelle forze di natura quando omette di edificare lo spirituale. Questo drago deve esserci, lo sa anche il bambino di fronte alle fiabe. Senza drago non c’è nessuna evoluzione. Senza drago non c’è gusto, non c’è libertà, non è interessante. Il bambino trova accattivante… che succeda qualcosa. Il drago pensa di non venire visto, ma noi sappiamo che c’è – e il bambino ci trova gusto.

Adesso arriva il discorso sulla vigilanza, sul prestare attenzione.

16,3 E io vidi dalle fauci del drago e da quelle della bestia: la bestia sta per tutto ciò che rende l’uomo posseduto; o le forze di natura nella misura in cui sono nell’anima. L’uomo che è puro egoismo, pura animalità. Se volete avere un orientamento:

• drago: forze di natura nel corpo fisico e nel corpo eterico;

• bestia: forze di natura nell’anima.

16,3 … e dalle fauci della bestia e dalla bocca del falso profeta, dunque il falso profeta è un uomo, ha una bocca, non fauci. Egli è l’uomo che si è consegnato alla bestia.

Nei Drammi Mistero di Steiner, per esempio, c’è la figura di Romano. Se si segue tutta la fenomenologia di Romano nei quattro Drammi scopriamo in questa figura degli elementi che ci aiutano a capire queste affermazioni. Romano ritiene che genio e magia siano da preferire alle interferenze nell’opera della natura da parte della maldestra ragione umana. E in ciò Strader si sente ripetutamente in sintonia con Romano.

Il falso profeta è l’uomo che si vota alla bestia, è colui che dice: la natura è meglio, la natura ha ragione, è infallibile, potente: «Affidati alle forze della natura!».

Cosa significa affermare questo? Per chi non conosce la libertà, la natura è il meglio di quanto esiste. La libertà consegue forse risultati più spettacolari di quelli della natura? No, i risultati della natura sono molto più spettacolari di quelli della libertà, sono visibili, si impongono. La libertà non si nota, perché non s’impone. Ciò che è libero non s’impone, altrimenti sarebbe necessario, non libero.

La tentazione della bestia è unita con quella del falso profeta. È lui che pronuncia la profezia falsa – l’abbiamo visto prima, nell’evoluzione. Profezia vuol dire fare un’affermazione sul futuro. Quale affermazione sul futuro è la profezia verace? E quale affermazione sul futuro è la profezia mendace? Il falso profeta dice: «Tu vivi meglio se segui i dettami della natura». Questo è il falso profeta. Questa è l’affermazione falsa sul futuro. E perché funziona meglio se vai con la natura? Perché la natura è infallibile, funziona in base a leggi di necessità. Perciò, bestia – le forze di natura nell’uomo – e falso profeta stanno assieme: la natura è meglio della libertà!

E il profeta buono dice: la libertà è meglio.

16,13 E io vidi dalle fauci del drago e della bestia, e dalla bocca del falso profeta, perché il falso profeta è sì l’uomo, ma quello che deve pronunciare la falsa profezia con la sua bocca. E la falsa profezia dice: funzioni meglio con la natura. Resta con la natura, è infallibile, è potente. Se stai con la natura sei sempre vincente, perché la natura vince sempre – esteriormente, fisicamente.

Questa è la grande tentazione del materialismo, e nell’umanità odierna c’è quasi soltanto l’animale. Il darwinismo dice: l’uomo è un animale superiore; e il falso profeta afferma: la natura è meglio, la libertà è solo un’illusione. Vedete la falsa profezia? La libertà è un’illusione. Se questa non è una falsa profezia su tutta la linea… ci siamo in pieno, siamo in quello che vediamo e ascoltiamo qui dal sesto Angelo.

Qui (Fig. 7,V) a metà, c’è il 4, prendiamolo come orientamento – e allora qual è il compito della coscienza del quinto? Anticipare il sesto. Altrimenti si vive alla giornata, senza progetto.

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Fig. 7,V

Il compito della coscienza del momento 5 è anticipare nel pensare ciò che si deve fare, per non fare errori al punto 6. Perché al 6 è definitivo: o sopra o sotto. Al 5 prendiamo coscienza che dal 6 in poi o vale la profezia verace, oppure vale la profezia falsa. La profezia giusta dice: libertà è meglio. La falsa profezia dice: natura è meglio!

16,13 E io vidi dalle fauci del drago e dalle fauci della bestia e dalla bocca del falso profeta venire tre spiriti impuri, come rane. Improvvisamente compare l’immaginazione delle rane. Dalla bocca escono rane.

Dalla bocca giunge la parola, la parola nel senso del bene, la parola in bocca a Michele. La parola in bocca al Cristo è la spada a doppio taglio dell’evoluzione. A doppio taglio significa che la parola è fatta per distinguere il vero dal falso – separarlo con una spada; separare e distinguere il bello dal brutto. L’evoluzione della coscienza è fatta per distinguere, e l’evoluzione morale è fatta apposta per separare. Ma tutto deve cominciare con la parola in quanto espressione del pensiero. Quindi, prima rana: solo falsità. La prima rana è: menzogna, inganno, imbroglio, errore. Il secondo doppio taglio: il bello e il brutto.

Le rane sono il brutto, il ripugnante:

• Nel pensare, tendenza alla menzogna;

• nella sfera del sentire, ripugnanza.

L’uomo deve imparare a distinguere il bello dal ripugnante. Le rane sono ripugnanti.

E il terzo: il bene e il male. La spada della parola è lì per distinguere nel pensare, e per distinguere moralmente il bene dal male. La terza rana è: salta fuori solo il male, far solo il male, uccidere l’umano. Quindi, menzogna, falsità, bruttura e cattiveria, impulso distruttivo – brutalità, invece che impulso costruttivo.

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Fig. 8,V

16,14 «Sono infatti spiriti di demoni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra, a radunarli per la guerra nel giorno grande di Dio Onnipotente».

Qui c’è un accenno al fatto che al punto 6 c’è la lotta definitiva. Al 5 c’è la separazione del bene dal male nella coscienza, mentre al 6 c’è la divisione degli spiriti, la separazione definitiva. Vedete che si tratta di gradini veramente logici dell’evoluzione. Poi ai versetti 15 e 16 vedremo la battaglia definitiva dell’Armagedon.

Ma ora facciamo una breve pausa.

*******

Non abbiamo il tempo per entrare nel dettaglio del 5, del 6 e del 7. Quel che ho detto, poi, viene lasciato a ciascuno per creare nessi fra le sette condizioni dell’evoluzione dell’uomo. Sette condizioni sono di nuovo un’immagine per i passi che l’uomo deve compiere.

Qualcuno ha chiesto come mai il tutto nello schizzo vada da destra a sinistra. (Fig. 6,V) Siamo abituati ad avere nelle carte geografiche l’Est a destra e io non volevo pasticciare. Qualcuno è entrato in confusione perché siamo abituati a porre l’inizio a sinistra e la fine a destra, mentre qui ho fatto diversamente. Il tutto ha bisogno di una certa mobilità, è così.

Abbiamo visto che il primo passo riguarda il corpo fisico. La legge del corpo fisico è la salute: anela alla salute! Il corpo fisico dà all’uomo la possibilità di viversi come essere indipendente, separato dagli altri esseri.

Siccome nel corpo eterico non siamo più separati, la seconda condizione dice: sentiti come un membro dell’intera vita.

Poi c’è la terza condizione, che ho indicato come: abbi la visione che i pensieri e i sentimenti hanno lo stesso significato per il mondo al pari delle azioni.

La quarta condizione riguarda l’Io, il nocciolo dell’uomo, l’essenza dell’uomo, non quel che l’uomo ha – egli ha pensieri, sentimenti, impulsi volitivi –, ma quel che l’uomo è: l’uomo abbia la visioneecco il grande passo evolutivo – che la sua essenza più propriae cioè il nocciolo, l’essere – non si trova in ciò che è esteriore, ma nell’interiorità.

E poi viene il 5, il 6 e il 7; il 5 riguarda l’Io superiore, quello che Steiner chiama Sé spirituale. Il 6 riguarda lo Spirito vitale, là dove gli uomini diventano gli uni membra degli altri. Quindi, il 6 corrisponde al 2, il 7 corrisponde di nuovo all’1 a un grado più elevato, così come il 5 corrisponde al 3. Le relazioni, naturalmente, sono infinite.

Torniamo al 5: qual è la forza dell’Io superiore? La costanza. Vi leggo le parole di Steiner che mi hanno sempre affascinato: «Rimanere saldi nel perseguimento di una decisione presa».[24]

Cosa vuol dire rimanere costanti in una decisione presa? C’è qualcuno che dopo aver preso una decisione vi resta sempre fermamente fedele, senza deviare? È Colui che ha progettato l’evoluzione.

Riprendiamo lo schema della nostra evoluzione – adesso rivoltiamolo e andiamo da sinistra a destra. Potremmo anche fare così: questo (Fig. 9,V) è il terrestre che va verso il basso, e l’evoluzione umana segue la sua natura andando verso l’alto. Questa è la decisione. Rimanervi fedele significa – qui al punto di svolta, in mezzo – non abbandonare mai il cammino giusto. Il precipitare nell’abisso dall’Apocalisse viene chiamato: deviare dal cammino giusto.

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Fig. 9,V

E in cosa consiste questo abbandonare il cammino? Mancanza di costanza, non restare fedeli alla natura umana. Perché l’uomo che resta fedele alla natura umana si accorge che la natura dell’essere umano è la libertà. Perciò l’Io superiore è: restare fedele nonostante tutti gli ostacoli.

E un uomo che resta fedele trasforma tutto ciò che è natura in libertà – senza deviare, senza diventare infedele, senza perdere le forze. Questo è contenuto nella poderosa frase di Steiner: «In questo consiste la quinta condizione: rimanere saldi nel perseguimento di una decisione presa». Resto fedele al mio Io superiore e a quello di tutti gli altri uomini. Vuol dire, resto fedele alla libertà.

La sesta condizione, dove eravamo prima, dice: «Una sesta condizione è lo sviluppo del sentimento di gratitudine per tutto quello che l’uomo riceve». Gratitudine per tutto.

L’uomo ha due motivi per vivere gratitudine. La gratitudine è duplice: nella prima metà dell’evoluzione umana e della vita dell’uomo, l’essere umano può essere grato alla natura; e nella seconda metà può essere grato della libertà. E tutto è gratitudine. Non c’è nessuna occasione per essere ingrati o ingiuriare.

Cos’è il contrario della gratitudine? L’ingiuriare. Ecco perché qui, alla sesta tappa, l’ingiuriare viene sottolineato come controforza della gratitudine. Coloro che insultano sono ingrati per il fatto che le forze di natura arretrano per far posto alla libertà. Invece l’uomo ha da essere doppiamente grato perché ora compare la sua natura superiore. Se egli la omette, se non l’ha mai coltivata, se non ha mai goduto la libertà, allora insulta, perché le forze di natura arretrano, diminuiscono.

Mentre preparavo questi pensieri mi sono detto: veramente, se si prendono insieme, le sette coppe dell’ira e queste sette condizioni, si trovano indicazioni per capirle meglio, le une grazie alle altre. In effetti questo insultare è più violento nel momento della sesta coppa dell’ira, e la sesta legge dell’evoluzione è la gratitudine.

Il punto 5 è la separazione, è il momento della divisione, della coscienza evolutiva, e al 6 c’è la rottura definitiva: le due direzioni sono opposte. Quindi, o io sono grato che tutto si ritiri e vivo sempre più la libertà dello spirito – e sono riconoscente –, oppure arriva l’ingiuria. Proprio l’ingiuriare, poiché sarà vissuta sempre più con dolore, mentre il resto sparisce (Fig. 9,V).

In conclusione, o l’uomo s’immerge nella pienezza della gratitudine, nella definitività della gratitudine, perché è grato della prima metà dell’evoluzione e lo è ancora di più per la seconda metà che lo aspetta, oppure insulta. Nella sesta coppa dell’ira l’ingiuriare viene sottolineato in modo speciale.

La settima condizione non è propriamente qualcosa di nuovo – ho appena detto che il punto sei è la definitività –, al sette non c’è qualcosa di totalmente nuovo; il sette è l’insieme di tutto ciò che va da uno a sei, quindi è il bilanciamento, l’armonizzazione del tutto. Fino al sei è ancora il tempo per fare un passo dopo l’altro, al punto sette il tempo sfocia nell’eternità, e ora tutti quei passi sono contemporanei, diventano simultanei. Significa che al punto sette – e sono solo studi i nostri –, come dire, se uno si annoia con la televisione deve occuparsi di queste cose che sono molto più interessanti. Questo intendevo con l’esempio della televisione.

La settima condizione: «Tutte le condizioni elencate vanno riunite in una settima» riconoscenza e amore universale al punto sei, entrambe: «Tutte le condizioni elencate vanno riunite in una settima: prendere la vita in base a quanto queste condizioni richiedono»tutto contemporaneamente, tutto insieme. Il tempo sfocia nella contemporaneità dell’eternità.

Per ora basta da parte mia. A voi la parola. Qualcuno desidera intervenire?

Intervento: lei ieri ha disegnato dei cerchi: la Terra, il Dio Padre che abbraccia le epoche da uno a sette, e il Cristo che abbraccia le epoche da due a sei, e lo Spirito Santo. Perché il cerchio di Cristo non include tutti e sette i momenti?

Archiati: dov’è il Figlio all’inizio? Dove sta? Nel seno del Padre. Perché fino a quando il Padre tace, non c’è nessuna Parola. Il Figlio è la Parola del Padre, l’esternazione del Padre. Significa che la creazione è all’inizio – queste che usiamo sono tutte metafore, immagini, solo che il pensare deve tradurre per quanto possibile queste immagini in concetti. Prima che il Creatore crei, tutto è nel suo pensiero. E quando noi vediamo tutto quello che ha portato a esistenza, possiamo dire: è un Dio ricco di idee quello che c’era all’inizio. Solo che non diceva niente.

Poi si manifesta – cosa esce dalla bocca? Siccome noi siamo uomini – e se dobbiamo arrivare da qualche parte, veniamo dal Creatore –, se non vogliamo speculare a vuoto prendiamo il divino in noi per parlare di Dio. Questa è la teologia positiva, è giustificata, perché non ne abbiamo un’altra. Solo che le persone più sagge, Dionigi Aeropagita per esempio, hanno elaborato due teologie: la teologia positiva in cui attribuiamo tutto il meglio di noi a Dio, perché siamo fatti a immagine sua (e Lui è l’Artista che ci ha creati); e poi, a questa teologia positiva si aggiunge la teologia negativa, e le dobbiamo avere entrambe! Dio è il padre migliore, Dio è saggezza, perché noi viviamo saggezza ovunque. Dio è amore perché noi sperimentiamo amore. Solo che la teologia negativa[25] esprime qualcosa di totalmente diverso: Dio è tutt’altro che il nostro amore, tutt’altro che la nostra saggezza. Dio è Padre in tutt’altro modo rispetto all’uomo. Quindi, teologia positiva e teologia negativa prese insieme sono il meglio.

Quali sono le due più importanti qualità divine in noi? Saggezza e amore, testa e cuore. Dunque, cosa doveva avere avuto Lui nel suo intimo prima della creazione del mondo? Saggezza pura e amore. Cos’altro altrimenti? C’è qualcosa di meglio di saggezza e amore? Solo che è saggezza e amore alla massima potenza, che supera di gran lunga ciò che di saggio e di amorevole c’è nell’uomo. Non può essere altrimenti, perché veniamo da Lui. Altrimenti, che altro possiamo dire di Dio? Insomma, nella manifestazione di Dio ci deve essere una successione. Se doveva sorgere il tempo – e noi viviamo nel tempo –, doveva comparire la successione. Dapprima tace, e poi parla.

Paolo parla ancora del silenzio di Dio prima che Lui pronunzi la Parola.

Quindi, questo (Fig. 10,V) è il grembo divino, e qui Lui tace. Poi sorge il tempo, oppure, all’inizio del tempo Lui pronuncia la Parola. Qui (indica Fig. 10,V) ci sono i diversi passi, qui siamo a metà e qui è la fine del tempo – ecco l’immagine. Come sarà la fine? Tutto ritorna nel grembo divino.

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Fig. 10,V

[Spiegazione indicando il disegno alla lavagna, Fig. 10,V]: qui la creazione è ancora esterna a Dio, e alla fine è di nuovo dentro la divinità. Solo che qui il Figlio era dentro il Padre indifferenziato; ora il Figlio è dentro il Padre, i due sono una unità, ma sono distinti, una dualità. Questo è il senso della creazione. Qui c’è il Padre, il tempo totale, l’eternità. Qui il Figlio, il primo passo – Egli viene fuori; penultimo passo – egli rientra. E poi lo Spirito Santo. Cosa c’è al punto 4? Qui il Padre, qui il Figlio, qui lo Spirito Santo, e al punto 4 il mistero dell’uomo – Terra, Mistero dell’umano. Vedete che al punto 4 tutti e quattro sono presenti. Al 2, l’1 non finisce, l’1 è sempre presente. Quindi, c’è l’1, e il 2 vi aggiunge sempre qualcosa. E al 4, li abbiamo tutti e quattro.

E cos’è l’uomo? L’uomo è la creatura che può guardare in modo trinitario il mondo – in avanti e indietro –, ma per guardare il mondo trinitario, lui deve essere il quarto elemento, per portarlo a coscienza – il rispecchiamento –, e la Terra (tutto il minerale) è rispecchiamento.

Solo che a questo punto avevo aggiunto che, siccome è veramente astratto, il tutto ha un senso se io di volta in volta vi do contenuto, e si tratta di determinate conoscenze, altrimenti si resta nel generale ed è un dogma astratto. È stato solo detto che il Padre va dall’inizio alla fine – eternità. Ciò che va dall’inizio alla fine è un’immagine dell’eternità. Col Figlio comincia il tempo, la successione nel tempo. Padre e Figlio mandano lo Spirito Santo. Quindi, il Padre manda il Figlio; smette forse di essere il Padre? Padre e Figlio sono lì, e inviano lo Spirito Santo. E Padre, Figlio e Spirito Santo operano nell’uomo.

Intervento: ….

Archiati: Per il fatto che le manifestazioni esteriori scompaiono una dopo l’altra, diventano spiritualmente una. Perché solo nell’apparenza esteriore c’è l’esclusività, c’è un passo dopo l’altro. Nello spirituale sono uno nell’altro. Cosa resta alla fine? Tutto in Dio. Che cosa è scomparso? La forma apparente esteriore, perché è passeggera.

Intervento:

Archiati: sì, ma vorrei sapere cosa vuol dire impulso. Ce l’ho i 35 volumi del dizionario Grimm, cos’è impulso?

Intervento:

Archiati: oppure si potrebbe fare un piccolo esercizio. Finché l’uomo vive attraversa dei gradini: venti, quaranta, sessanta, ottant’anni e così via. Ma cosa succede quando muore? E questo è l’esercizio. Cosa succede alla morte? Cosa avviene? Le forme apparenti in termini di successione e di contemporaneità scompaiono, diventano puro spirito. Per l’uomo materialistico questo è difficile da pensare. La nostra difficoltà è sempre il materialismo, al punto che oggi molti pensano: non c’è più il corpo, non resta più nulla. Difficile? Cosa resta dopo la morte? Il pensiero da capire è che nello spirituale c’è sia comunione sia unità, come anche individualizzazione.

Prendiamo, per esempio, due Angeli, due Esseri angelici. Non parlo di Arcangeli o Principati, perché le cose sarebbero troppo complicate, ma di due Angeli. Eccone disegnato uno, con le ali, ed ecco l’altro. (Fig. 11,V) Il problema è che li ho fatti un po’ troppo fisicamente, e sono due spiriti!

Die Apokalypse 3 - Elfis PDF.pdf

Fig. 11,V

Sono due o uno solo? Entrambe le cose. Sono un’unità nel senso della comunione, perché si comprendono perfettamente, si amano, e contemporaneamente sono due. Non c’è contraddizione.

Se facciamo l’esempio con due persone in una stanza, se ci chiediamo se siano due o uno, dobbiamo scegliere. O è uno, o sono due. In termini di materia: un solo pezzo di materia, oppure due pezzi di materia. Una cosa esclude l’altra. E quando sono due, non è uno. Nello spirituale è l’opposto: sono sia uno, nella comunione, che due.

Un aiuto – ho usato spesso questo esempio – è quello di una mamma col suo bimbo in grembo, non ancora nato: sono due o uno? Da molti punti di vista sono due, ma da altri punti di vista sono uno. E questo anche dal punto di vista fisiologico, perché il corpo del bimbo non è ancora del tutto indipendente da quello della mamma – e tuttavia sono due corpi. Pensiamo soprattutto alla situazione del settimo, ottavo mese.

L’esercizio per orientarsi nello spirituale, la regola di fondo dello spirituale è: tanto l’uno quanto l’altro. E a quel punto bisogna diventare molto più mobili, agili, nel pensare, perché poi c’è sempre qualcuno che dice: «Avevi affermato che erano due; ora dici che è uno solo, e questa è una contraddizione». Il fatto è che non si considera questa versatilità dello spirito per cui le cose sono sia l’una che l’altra, senza diventare arbitrari e senza confusioni.

Ancora una volta: la mamma all’ottavo mese di gravidanza è una persona sola o sono due? Sia l’uno che l’altro, ma questo non significa essere diventati totalmente arbitrari, perché entrambe le affermazione possono essere giuste. Se prendo il sangue e osservo come lavora in mamma e bambino, posso dire che sia uno; se invece parlo della testa – già al terzo mese – ce ne sono due, perché quella del bambino è già sviluppata, quindi, se guardo al capo del bambino ho maggiormente la prospettiva di due esseri, se osservo il sangue ho maggiormente la prospettiva dell’essere unitario. Non ho bisogno di essere arbitrario o soggettivo.

Immergersi nello spirituale implica la capacità di diventare sempre più mobili, perché gli aspetti sono infiniti. E i due Angeli sono sia due che uno solo.

Intervento:

Archiati: bene, il capire è sempre un pochino ambiguo, perché io non sono mai sicuro che l’altro capisca la stessa cosa che ho capito io. Discutere è proprio questo.

Prendiamo la volontà. Un gruppo di persone ha un piano, un progetto. Vogliono la stessa cosa. È più chiaro rispetto al capire, perché per quanto riguarda la comprensione non si sa mai se si è capita la stessa cosa. Il relatore dice la stessa cosa, ma ognuno capisce diversamente. Quindi, in questo caso la comunione è molto più difficile.

Intervento:

Archiati: il riconoscere è ancora diverso, e oggi è una esperienza rara. Diventa più difficile, è questo che intendo. Prendiamo delle persone che fanno qualcosa insieme. Per esempio, costruiscono insieme una casa. Sono un’unità? Dal punto di vista di quel che vogliono lo sono, perché vogliono la stessa cosa. Sto parlando del livello in cui non c’è nessun contrasto – perché a un certo punto arriva –, ma finché vogliono tutti la stessa cosa sono unanimi: la lingua dice proprio che sono uno nella volontà dell’Io.

In tedesco, l’unanimità nel pensare dice: io sono ein-verstanden (d’accordo). Cos’è questo gesto della parola ein-verstanden? È una unità nel pensare. Due persone che sono reciprocamente d’accordo (einverstanden), sono una o due? Tutte e due le cose.

Intervento:

Archiati: una decisione all’unisono. Naturalmente la lingua gioca un ruolo su tutti i piani. Abbiamo già visto come vengano presentati il vero, il bello e il buono. Il vero è l’evoluzione del pensare; il bello è l’evoluzione del sentire; il buono è l’evoluzione del volere. D’accordo nel pensare; unanime nel sentire; all’unisono nel volere. Ci sono anche altre parole.

Questo è il pensare, si è uno nella comprensione, non nel sentimento.

Nel sentire unanime c’è l’unità dell’anima. Se analizziamo il linguaggio in modo accurato possiamo dire: unanime nel sentire vuol dire vivere l’unanimità nell’anima. L’unanimità è una faccenda del vissuto, non del pensiero. Il che vuol dire che per intendersi l’esigenza è maggiore, ci vuole il comprendere.

E col volere l’unanimità è ancora più forte.

Esiste anche l’unanimità nel pensare? No, sarebbe coercizione. Sarebbe un ricatto pretendere che l’altro sia unanime coi miei pensieri. Questo non può essere. O è d’accordo, o ha un’altra opinione. Nel fare, invece, o siamo d’accordo o non lo siamo; per esempio siamo d’accordo di fare il seminario sull’Apocalisse un’altra volta. Possiamo dire che siamo tutti d’accordo? No, uno vuole concludere, ma poi si accorda con gli altri e alla fine si arriva a una decisione comune. Ci sono altre parole naturalmente. La lingua la usiamo proprio per rendere fecondo il pensare in ogni direzione. L’unanimità vuol anche dire una unità delle anime. Nella chiesa ho visto molta unanimità, ma un capirsi poco, una dis-compresione, se posso dirlo così.

Intervento: (domanda sull’ira).

Archiati: Per qualcuno si tratta di amore, e per altri è ira. L’ho detto molte volte. Nelle coppe c’è l’interiorità, ci sono i pensieri che Dio si è fatto sull’uomo e sulla sua evoluzione. Poi tutto questo viene realizzato, viene versato. Essenzialmente Dio ha escogitato di predisporre un’evoluzione in cui l’essere umano fosse conformato in modo che nella prima metà della sua evoluzione fosse soggetto alle forze di natura. Tutto questo è dentro la coppa. La coppa è come il cervello di Dio – cos’altro altrimenti? –, perché tutto viene da lì. La coppa è il cuore di Dio, e dentro: «Offro una prima metà in cui ci sono forze di natura conducenti, e poi decido che la natura si ritiri. Nascita, crescita, vecchiaia e morte, ma non è tutto! siccome amo così tanto l’uomo, gli offro una prima giovinezza e poi, questa è la sorpresa, gli rendo possibile una seconda giovinezza che sia ancora migliore. Questa seconda giovinezza, però, è possibile solo se la prima fa un passo indietro, perché se la prima restasse sempre alla ribalta, puoi aspettare a lungo prima che arrivi la seconda».

È ben pensato? Devo confessarvi che non ho ancora trovato niente di meglio. E non ho trovato ancora nessuno che abbia pensato qualcosa di meglio, perché altrimenti dovrebbe essere lui il buon Dio che ha inventato il tutto.

Bene, tutto questo era nelle coppe, era quel che Dio aveva pensato. Ora viene versato, viene realizzato. Noi lo articoliamo in sette tappe.

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Fig. 12,V

Non ditemi che potrei articolarlo in due passi. Si può anche farlo, ma per diventare un po’ più concreti diciamo che sono sette (Fig. 12,V): 1, 2, 3, e qui, al 4, la metà. Finché l’evoluzione arriva al punto 4, arriva al centro, tutto è a posto, perché gli uomini gioiscono quando la natura prospera. Non ho ancora conosciuto nessuno che si lamenti o bestemmi perché è giovane, pieno di forze e via dicendo. Non è mai successo. Una sciocchezza di questo tipo non è ancora accaduta. Dunque, fino al 4 va tutto bene. Solo che poi la cosa diventa un po’ più difficile. Se ce la fai, ti dici: «Ah, questa possibilità di diventare sempre più creatore, sempre più libero, sempre più dotato di fantasia a immagine della divinità che mi viene messa a disposizione, questo è un amore divino per gli uomini ancora più grande».

Che l’uomo sia un essere di natura, questo è il piccolo amore divino per l’uomo; che l’uomo possa diventare un essere spirituale libero, un essere creatore, è l’amore più grande della divinità per l’uomo. E a quel punto potrei essere ancora più grato. Solo che questo non è obbligatorio, è libero!, non viene imposto. Si può anche ometterlo, basta poltrire un po’, basta lasciarsi andare alla natura… solo che la natura va verso il basso.

Ora la cosa va avanti, una persona è qui, al punto 6, ed è piena di gratitudine. Lo abbiamo visto ne L’Iniziazione di Steiner: piena gratitudine, perché Dio non può aver fatto niente di meglio di quello che ha fatto. Di meglio non c’è.

Qualcuno, invece, è finito qui sotto (indica Fig. 12,V), e questo è anche possibile. E come vive il contenuto della coppa? Come ira, perché soffre immensamente che la natura invecchi, che le forze di natura spariscano, che sorgano sempre più malattie, sempre più tumori. Perfino il Sole e la creazione fisica arretrano. E si rende conto di andare egli stesso incontro alla morte. Egli vive l’amore di Dio come ira, perché ha omesso di cogliere il meglio che offre l’evoluzione. Il meglio dell’evoluzione, infatti, non è quel che l’amore divino o la natura offrono all’uomo; il meglio dell’evoluzione è ciò che il buon Dio e la natura affidano all’uomo. Questo è il sabato, questo è il riposo di Dio, che fa spazio al Figlio nell’uomo, alla sua libertà.

C’è qualcosa da ridire? Assolutamente nulla. Quando lo si capisce, è chiaro, convincente. Parlo cinese o è comprensibile? Ho risposto alla domanda?

Intervento:

Archiati: che su questo ognuno possa avere la sua opinione e che ci siano vari aspetti, possibilità, e così via, è ovvio. Quella che ho fatto è soltanto una generalizzazione enorme, ma è l’essenza dell’evoluzione. Non può essere altrimenti.

Vi auguro buon appetito!

Sesta Conferenza
venerdì 19 novembre 2004, pomeriggio
vv. 16,12-20

Cari amici,

siamo arrivati fino al versamento della settima coppa dell’ira. Il pensiero fondamentale è che a questo livello siamo in una condizione di definitività per quel che riguarda l’evoluzione. In cosa consiste il concetto di definitività? Che la libertà comporta che l’uomo si conferma sempre più nella direzione del bene oppure del male. Il suo essere si determina nel corso del tempo sempre di più, diventa sempre più difficile cambiare direzione e a un certo punto diventa impossibile.

Come vengono scelte queste due strade? Vengono scelte ogni giorno. Di vita in vita, di anno in anno, e ogni essere umano ha moltissimo tempo a disposizione, ha veramente tempo a sufficienza. All’inizio, come siamo ora, è così: qui (Fig. 1,VI) c’è il centro dell’evoluzione e adesso, piano, piano, piano, subentra la separazione.

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Fig. 1,VI

Noi ora siamo qui (tratteggio del disegno), cioè ognuno, quotidianamente, per una mezzora esercita la sua libertà, la sua forza creativa, ma poi subentra un’altra cosa, un altro fatto in cui dorme un po’ di più. Nelle più diverse situazioni siamo posti di fronte alla scelta di impiegare lo spirito, diventare creativi, oppure diventare pura anima – perché la bestia è un essere puramente animico, è pura passività, è puro fenomeno di natura.

Finché l’evoluzione ha la possibilità di andare verso l’alto o verso il basso ci sarà ancora tempo a sufficienza – questo a consolazione di quanti si sono spaventati per la prospettiva dell’irreversibilità, come succede a chi, di fronte a un tumore, pensa di essere spacciato. No, c’è ancora molto tempo prima della separazione in seguito alla quale una reversione diventa sempre più difficile.

Noi siamo al punto in cui ognuno può ancora imparare moltissimo anche dagli altri e fare l’esperienza che non gli conviene lasciarsi andare alla natura. Oppure resta un comandamento: tu devi, sei obbligato a essere creativo, sei costretto a essere libero! – ma questo fare le cose per dovere è contro la libertà. L’alternativa è che l’uomo faccia l’esperienza, provi sempre di nuovo, cosa significa lasciarsi andare, seguire le sole leggi di natura. Cosa gli è d’aiuto perché vada sempre più su? Solo una cosa può aiutarlo: l’esperienza che quando va verso il basso è infelice, scontento – e questo è la sofferenza.

L’essenza della sofferenza è aiutare l’uomo perché impari che mere leggi di natura vuol dire infelicità – perché gli manca il meglio. Altrimenti dovrebbe essere felice.

Quando una persona si lascia andare, è passiva, soffre; anche il suo corpo soffre. È naturale che il corpo gli dica: non voglio essere il tutto, io sono solo uno strumento per la tua forza creativa, per la tua evoluzione nella direzione della libertà!

Il corpo che si ammala è un mettere in guardia l’uomo in un modo pieno d’amore: così non va. Tu sei stato fatto solo per l’attività, per la creatività. E questa esperienza deve farla ognuno, perché solo a quel punto egli impara che questo lasciarsi andare alle forze di natura è qualcosa che non vuole, perché è contro la sua essenza. Ma deve impararlo dall’esperienza, solo questa lo convince.

La sofferenza è da lungo tempo un aiuto amorevolissimo. Questa è l’esperienza: sono infelice se vivo solo quale essere di natura. Immaginiamo che ora qualcuno chieda: «Ma perché l’uomo non può essere felice come essere di natura»?

Intervento: (affermazione sulla natura spirituale dell’uomo)

Archiati: ma perché il buon Dio lo ha fatto come essere spirituale? Io penso che, forse, la risposta maggiormente liberante sia: di esseri naturali ce ne sono a sufficienza; di pietre, piante, animali, ce n’è abbastanza. Quindi, o non c’è nessun fenomeno uomo, oppure deve essere così com’è. E il pensiero che dice: «Se io fossi Dio avrei fatto l’uomo in modo diverso» è in realtà un non-pensiero. L’uomo è creato in modo che non è soltanto un essere di natura; egli può essere felice, può esperire la pienezza di sé, solo se al fattore di natura aggiunge la creatività, il fattore di libertà e in particolare se egli considera tutto ciò che in lui è di natura come strumento, come necessaria condizione per quanto è libero. L’elemento di natura c’è già, e l’uomo è addirittura il riassunto di tutte le forze di natura. Nel suo corpo, nella triplicità del corpo, l’uomo è il riassunto di tutte le forze di natura minerale, vegetale e animale, ma quel che vi è di specifico in lui, che va oltre la natura e non è sottoposto alle leggi di natura, è il fattore di libertà.

Quindi, deve venire un tempo in cui tutto diventa definitivo, e a quel punto il dolore non può più essere d’aiuto, perché è troppo tardi. A quel punto gli uomini hanno diritto di bestemmiare contro il dolore? Hanno avuto a disposizione dei secoli per rendersi conto di quanto fosse amorevole, pieno di amore, l’avvertimento della sofferenza. Sono stati secoli, vite intere, e molteplici.

Se l’uomo avesse a disposizione una vita sola – come nel Giuda[26] – allora avrebbe ragione di protestare: «Ma come! mi hai dato una vita soltanto! Non posso imparare tutto quel che c’è da imparare in una vita sola». L’uomo avrebbe ragione, ed è così che argomenta Giuda nel mio libricino. Facciamo ogni giorno quest’esperienza, e dopo molte vite, dopo che sono trascorsi molti millenni, va bene anche che l’essere umano viva qualche incarnazione col cancro. Questo può anche avere la funzione della sofferenza, però guardiamoci dal giudicare una persona in base alla sua sofferenza fisica, perché la situazione va vista in modo del tutto individuale. Ci sono molte persone che si fanno carico del dolore in nome di un’umanità impazzita, quindi non per karma personale. Ma anche senza questa sofferenza, è naturale che ogni essere umano debba vivere la passata di un cancro o di una malattia, o perlomeno qualcosa di doloroso per fare l’esperienza del dolore. E la natura deve soltanto essere uno strumento per lo spirito. Quando una persona nella malattia procede spiritualmente, la malattia è bene; se non procede spiritualmente, la malattia non è bene. Perché l’evoluzione spirituale è il bene dell’uomo.

Come già detto, per consolazione di noi tutti, ho voluto sottolineare che questa fase in cui interviene un’infinità di cose in cui ci sono ancora sempre molte possibilità, dura ancora a lungo; anche se un uomo ha fatto il matto per un certo tempo, magari per un paio di vite, ha ancora la possibilità di cambiare (Fig. 2,VI), solo che diventa sempre più difficile.

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Fig. 2,VI

Poi, però, viene il momento in cui il cambiamento non è più possibile, e deve essere così altrimenti non ci sarebbe libertà. Il tutto è stato congegnato in modo geniale. Nessuno ha ancora pensato qualcosa di meglio.

Finiamo la sesta coppa dell’ira.

16,12 E il sesto Angelo versò la sua coppa sul grande fiume Eufrate – ripeto che qui ci sono immaginazioni colossali. Il fiume più grande diventa una strada dove gli uomini che diventano re guardano e dominano il senso e la gestione dell’intera evoluzione. Ora trascorrono tutta la via dell’evoluzione col Sole.

Avevo disegnato questa strada sulla Terra in vista di quello che spiego adesso – alcuni di voi già lo sapranno: i Babilonesi avevano calcolato che un essere umano che cammina in modo naturale – cioè né troppo in fretta, né troppo lentamente – procede esattamente alla stessa velocità del Sole nel suo movimento attorno alla Terra. Esattamente. Se cammina giorno e notte, del tutto regolarmente come il Sole – e calcolate che un passo normale sono circa quattro, cinque chilometri all’ora –, troverete che in 365 giorni fa giusto il giro della Terra, e noi ne conosciamo il perimetro.

Chi ha deciso, chi ha congegnato il corpo così che abbia questa velocità quando camminiamo? Perché è proprio questa velocità, e non il doppio? Per averla ci vuole un corpo appropriato. Anche dal punto di vista fisiologico sono state prese un’infinità di decisioni per arrivare a quel corpo: un corpo che abbia proprio quella velocità, proprio la velocità del Sole. Chi ha approntato questa velocità? L’Essere spirituale del Sole.

L’uomo che non è in ritardo o in anticipo nella sua evoluzione procede in armonia, secondo il tempo. Ritardare significa omettere passi, accelerare vuol dire voler forzare. Le due entità del male, Lucifero e Arimane, sono Esseri spirituali che operano ritardando – e non è bene –, o accelerando – e anche questo non è bene. Il tempo giusto, il passo giusto è il passo del Sole.

Questo lo sapevano i Babilonesi e avevano determinato le loro miglia in base a questo. Se studiate il poema di Gilgamesch (io una volta l’ho fatto, a Monaco, riga per riga) vedrete che essihanno misurato il procedere del Sole e poi hanno misurato il tratto compiuto da un uomo in un’ora solare. Ed è giusto il movimento che il Sole compie in un anno, del tutto esattamente.

Noi viviamo realmente, effettivamente, in queste armonie cosmiche, le quali reggono perfino la costituzione biologica e fisiologica dell’uomo secondo il procedere del Sole.

Ecco perché stamane ho parlato del percorso del Sole, della via solare sulla Terra, e della poderosa immaginazione dell’Eufrate. L’Eufrate è un fiume fino a quando la vita, tutto ciò che è vivente, ricopre un ruolo fondamentale. Ma quando il vivente si ritira nel retroscena per lasciare il posto alla coscienza dandole il ruolo conducente – perché l’uomo possa compiere l’evoluzione in modo cosciente –, allora l’Eufrate diventa una strada. Su questa strada questi re vanno assieme al Sole. Il testo dice che essi, che giungono al sorgere del Sole, seguono il procedere del Sole. Perché il passo dell’uomo, la sua velocità evolutiva, è stata calcolata in base al Sole, perfino biologicamente, fisiologicamente.

Voglio dire, dà gioia fare queste scoperte, dapprima grazie a una scienza dello spirito, e poi ritrovarle in queste colossali immaginazioni!

L’Eufrate era il fiume – ampio –, c’è posto per tutti. Ogni uomo che decide di mettersi in moto per l’evoluzione secondo il giusto passo evolutivo, per l’evoluzione della coscienza, vi trova posto, perché lì c’è spazio per tutti.

Una volta Steiner ha impiegato la parola colossale per questa immaginazione della Gerusalemme che scende dal cielo. La Gerusalemme terrestre, invece, è stata costruita dal basso. Ecco perché Steiner parla di un’immaginazione colossale. A me sembra che l’Apocalisse sia colma di immaginazioni colossali, solo che, lo vediamo, è impossibile contemplare quest’immaginazione colossale in termini di chiosa erudita del verso. Rileggiamo i versi:

16,12 E il sesto Angelo versò la sua coppa sul fiume Eufrate; e le sue acque disseccarono così che venne preparato il cammino per i re dal sorgere del Sole

16,13 E io vidi dalle fauci del drago e da quelle delle bestia e dalla bocca del falso profeta venir fuori tre spiriti impuri, simili alle rane

16,14 E sono spiriti del diavolo che fanno segni e vanno dai re di tutta la Terra per radunarli in vista della lotta del grande giorno di Dio onnipotente – quindi si tratta del combattimento definitivo, cioè della definitiva separazione del bene e del male.

16,14 «Sono infatti spiriti di demoni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra, a radunarli per la guerra nel giorno grande di Dio Onnipotente»

Re spirituali da un lato, uomini diventati re nello spirito; e re terreni dall’altro lato, cioè uomini che hanno scelto il potere terreno. Potenza spirituale e potere terreno, queste sono le due possibilità di scelta fondamentali che ci sono.

O l’uomo sceglie – ma quotidianamente, sempre, anche quando lo fa in modo non cosciente – di fare un passo verso la potenza spirituale, verso i re spirituali; oppure si muove nella direzione del potere terreno. Potenza spirituale o potere terreno: qual è la differenza? Il potere terreno si fonda sempre sulla sottomissione degli altri. Non c’è potere terreno senza sottomissione degli altri! – perciò è disumano.

Vorrei spiegare meglio il concetto di diavolo, infatti viene detto:

16,14 e„sˆn g¦r pneÚmata daimon…wnsono spiriti del diavolo.

Il demone, demonio o diavolo, è un concetto più facile quando lo si capisce nella sua essenza. Gli spiriti buoni sono per il bene dell’uomo, sono quelli che vogliono che l’essere umano vada avanti. Questo è il concetto di spiriti buoni. Gli spiriti buoni vogliono il bene dell’uomo. I diavoli possono volere il male dell’uomo? Veramente no. Nessuno spirito può volere il male, neanche Mefistofele, sebbene dica di se stesso: «Sono una parte di quella forza che continuamente vuole il male…».[27] Questo volere il male, però, va capito, perché si può anche fraintendere. Mefisto vuole il bene per sé e pensa di ottenerlo soltanto volendo il male dell’uomo, perciò lo si intende così: lui vuole il male dell’uomo.

Allora, il diavolo è un essere spirituale che cerca il suo vantaggio – così come ogni altro essere, perché ogni essere cerca il proprio vantaggio. L’amore di sé deve essere ovunque, altrimenti non esisterebbero esseri. Il diavolo cerca il suo vantaggio servendosi dell’uomo, cerca il suo progresso mediante il rapporto con l’uomo. L’Angelo, invece, nella sua relazione con l’uomo cerca sempre il progresso dell’essere umano.

Qual è la differenza? Che gli Angeli sono così progrediti da non aver più bisogno di ottenere qualcosa servendosi dell’uomo per la loro ulteriore evoluzione. Sono così avanzati da mettersi a disposizione della nostra evoluzione come servitori. Così come Cristo, che è così evoluto, che ha tali forze in esubero, da inchinarsi per lavare i piedi degli esseri umani. La lavanda dei piedi vuol dire proprio la capacità di mettersi a disposizione dell’evoluzione dell’uomo. I diavoli, invece, sono esseri che hanno da recuperare qualcosa e che si servono dell’uomo per la loro evoluzione. Fanno dell’uomo un mezzo per la loro evoluzione. E questo venire usato come strumento per l’evoluzione altrui, in senso tecnico si dice: essere posseduto.

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Fig. 3,VI

Quindi, il diavolo che s’impossessa di un uomo non può fare altrimenti, è l’uomo che deve fare attenzione e sbatterlo via dicendo: «Tu qui non hai niente da fare, niente da cercare!». Ma per poterlo dire l’uomo deve essere sveglio e notare da che parte entra il diavolo; l’uomo deve essere forte abbastanza per respingerlo. Ma non è colpa del povero diavolo.

Vedete, anche nel linguaggio c’è compassione per il diavolo – il povero diavolo. Noi non diciamo mai il povero Angelo. Diciamo povero diavolo. Questi sono spiriti che ci hanno preceduto nell’omettere. Sono anche necessari, sono ritardanti perché ora svolgono un altro compito. Compiono il lavoro necessario della controforza e grazie a questo lavoro possono andare avanti. Anche il Mefisto procede nella sua evoluzione con il suo servire Faust in termini di controforza. In conclusione, i diavoli sono spiriti che si impossessano dell’uomo per servirsene per la propria evoluzione. Non sono affatto interessati al progresso dell’uomo, la cosa principale è il loro progresso.

Gli spiriti buoni vogliono la nostra evoluzione, vogliono l’evoluzione dell’uomo. Questa differenza fra spiriti buoni e spiriti cattivi è semplice e facile da capire – almeno a livello del pensare. Non è difficile da capire, ed è conseguente nel suo risvolto psicologico.

Solo che – giusto per sapere – cosa è bene per me? Cosa mi porta avanti, dove vengo abbindolato? Quand’è che vengo posseduto perché qualcun altro va avanti nella sua evoluzione e io resto indietro? Questa è tutt’altra faccenda, e la cosa diventa più complicata. A quel punto le cose vanno guardate in modo preciso e individuale. Quel che fa andare avanti un altro non necessariamente fa avanzare me. Qui il pensare deve diventare sveglio e più sottile. E il discorso sull’essere sveglio arriva subito:

16,14 Sono spiriti di diavoli che fanno segni, e vanno da tutti i re della Terra per radunarli per la lotta del grande giorno del Signore, l’Onnipotente. In questo caso il Dio dell’onnipotenza è il Cristo, è il Figlio. Il giorno della grandezza – tÁj ¹mšraj tÁj meg£lhj –, ovvero il giorno decisivo. Siamo al punto 6, al momento della decisione nel senso che ora gli spiriti si separano. È la lotta che separa definitivamente. Poi, infatti, non è più possibile una contrapposizione. Fino a questo punto c’era una contrapposizione, ora c’è la separazione, e il divorzio degli spiriti diventa definitivo nel grande giorno, nell’ultimo giorno, quello decisivo del Dio Pantocratore, toà qeoà toà pantokr£toroj – che non è il Dio Padre, ma è il Figlio.

Ho accennato molte volte al versetto 15, e ora ci arriviamo:

16,15 «Ecco io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e conserva le sue vesti, affinché non vada nudo e se ne vergogni».

Io vengo come un ladro – è in favore dell’umano che Egli arrivi come un ladro? Per amore all’uomo, viene come un ladro.

Intervento:..

Archiati: dovrebbe quantomeno suonare il campanello. Se non fa una telefonata, dovrebbe almeno suonare. Perché il ladro non entra dalla porta, ma dalla finestra, per così dire.

Intervento: … .

Archiati: chi ha dato l’Apocalisse a Giovanni? Naturalmente il Cristo. Solo che qui non si dice esplicitamente. Quindi vale sempre la prospettiva totale dell’Apocalisse, torniamo all’inizio di tutta l’Apocalisse:

1,1 Questa è la rivelazione di Gesù Cristo, cioè Gesù Cristo ci offre queste immagini perché possiamo vedervi una lettera del Padre. Poi Cristo interpreta queste immagini con la parola. Quindi, Cristo presenta a Giovanni l’apocalista queste immagini e gli sussurra le parole che le interpretano. Le immagini vengono presentate tutte da Cristo e anche l’interpretazione, cioè tutte le parole relative alle immagini sono pronunciate dal Cristo. È questa la prospettiva complessiva dell’Apocalisse che viene posta all’inizio come un progetto massimamente chiaro. Nel primo incontro ne abbiamo parlato per ore.

Il librettino delle Edizioni Archiati che a questo punto volevo ricordare s’intitola Il ritorno del Cristo oggi.[28] In questa conferenza Rudolf Steiner dice espressamente che a partire dal ventesimo secolo alcuni uomini cominciano a vedere il Cristo nell’eterico – fra il 1930 e il 1940, e in particolare negli anni 1933, 1935, 1937. È una conferenza che ha tenuto qui vicino, a Karlsruhe. È qualcosa di cui l’Apocalisse parla in continuazione.

1930 – 1940

1933 – 1935 – 1937

Tutta l’Apocalisse è una fenomenologia del ritorno del Cristo, cioè dell’apparizione del Cristo nel mondo eterico – con tutto ciò che comporta una simile visione.

In questa conferenza Steiner ripete almeno dieci volte: può anche succedere che l’evento avvenga senza che gli uomini se ne accorgano. Lo dico perché ci sono sempre delle persone che domandano: «Ma cos’ha mai pronosticato quel vostro Steiner che vedeva anche l’erba crescere? Non è successo niente. Profetizzava di un ritorno del Cristo nel ventesimo secolo e cosa è mai successo? Assolutamente nulla».

Se il Cristo si facesse notare sarebbe una lesione della libertà – perché il farsi notare sarebbe un fatto suo, non una scelta libera dell’uomo. La legge della libertà esige che l’uomo diventi attivo spiritualmente; chi è desto nello spirito se ne accorge, mentre gli altri no. Se Lui si rende evidente, chi nota questo? Lui stesso, e non la libertà dell’uomo.

Questo mistero viene pronunciato qui nell’Apocalisse con queste parole famose: Lui viene come un ladro. Chi si accorge del ladro? Chi non dorme nota il ladro. E chi è che non nota il ladro? Colui che dorme.

Queste immagini sono sconvolgenti. Ci dicono chiaramente che la libertà dell’uomo è quanto di più sacro ci sia. Il male, ciò che rende non libero, il potere, si fanno notare, perché si rendono più importanti della libertà dell’uomo. L’amore del Cristo fa della libertà dell’uomo la cosa più importante che ci sia. Non s’impone nemmeno alla nostra attenzione. A Lui va bene che nel corso di duemila anni gli uomini l’abbiano appena notato, perché questo è un fatto, una realtà.

In effetti la maggior parte di quel che noi chiamiamo cristianesimo, non ha nulla a che fare col cristianesimo. La borghesia moderna ha reso normali cose pazzesche. Prendete per esempio il modo di gestire il denaro, oppure il fattore completamente non-cristico della proprietà privata; umanamente è comprensibile, ma non ha nulla a che fare con lo spirito del cristianesimo. E il caro Cristo, quale Essere spirituale centrale di tutta l’evoluzione, lascia che questo succeda per amore alla libertà dell’uomo; lascia che fino a oggi Egli sia stato appena notato, e che molto spesso gli esseri umani abbiano fatto l’opposto. Perché se si guarda a Roma, al potere che è sorto, ci si chiede cosa abbia a che fare con lo spirito del Cristo; anzi ha a che fare col contro-spirito del Cristo.

Questo è l’amore alla libertà dell’uomo. Questo amore rende liberi.

16,15 Ecco, io vengo come un ladro. Beatomak£riojcolui che è sveglioÐ grhgorîn. Arriva l’Islam, il Corano, che nega il Figlio. Il Figlio non c’è proprio! Allah non ha figlio. Arrivano questi borghesi dalla tolleranza ipocrita: «Noi vogliamo essere tolleranti con l’Islam!». E che cosa ci viene rubato? Il Cristo. E gli uomini non se ne accorgono. È proprio come un ladro, Nel sonno ci viene sottratto il Cristo. Il passaggio dal Padre, dalle leggi di natura all’esperienza della libertà ci viene soffiato sotto il naso a partire da un malinteso spirito di tolleranza – perché dobbiamo essere gentili gli uni verso gli altri –, come se il Corano dicesse la stessa cosa dei Vangeli. Dice che c’è solo il Padre onnipotente, e nessun Figlio. E qui, nell’Apocalisse dove c’è il Kyrios Pantocratore, la potenza della libertà del Cristo, dell’Io, che invece viene riferita al Dio onnipotente, al Dio Padre, cosa ci è stato rubato durante il nostro dormire e non ce ne siamo accorti? Il Cristo.

16,15 … Beato colui che veglia e custodisce le sue vesti, le vesti, se vogliamo, sono la ricerca della verità, del bello e del buono. Oppure, anche l’aspetto individuale del corpo fisico, del corpo eterico e del corpo astrale. I vestiti sono gli involucri dell’uomo. Sono immagini molto belle.

Nudità significa che l’uomo è ignudo, ovviamente non in senso fisico: l’uomo è nudo quando gli rimane solo il corpo fisico, solo il fattore di natura. E gli involucri sono involucri fisici che non sono solo la materia, perché la nudità sarebbe la natura nella misura in cui è intrisa di materia. L’involucro fisico, invece, è il fantoma, la coscienza del fatto che l’uomo porta in sé un corpo di risurrezione, e che le forze del corpo fisico sono sovrasensibili; poi abbiamo l’involucro del corpo eterico, che è l’evoluzione nel pensare; e poi c’è l’involucro del corpo astrale, l’evoluzione nell’amore. E solo mediante questi tre involucri l’uomo può diventare un Io.

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Fig. 4,VI

• Fantoma – i misteri della forma

• Corpo eterico, il pensare – i misteri della metamorfosi, del vivente, della relazione

• Corpo astrale – l’evoluzione nell’amore

Intervento: (domanda sulla natura delle forze eteriche)

Archiati: sì, le forze eteriche sono forze di pensiero. Sono le stesse forze che nella materia del corpo agiscono come forze di crescita. Nel bambino dei primi sette anni queste forze sono pienamente impiegate, perché quello è il momento in cui il corpo viene edificato, e agiscono sulla corporeità. Ecco il motivo per cui il bambino non è ancora un pensatore. E cosa succede attorno al settimo anno? Una parte di queste forze diventa libera dal corpo, queste forze tessono nel puro animico e sono le forze del pensare. Il bambino comincia a essere sempre più in grado di pensare, ma sono le stesse forze che avevano lavorato alla sua crescita. Quando operano nella materia, sono forze di crescita, forze di digestione, di mantenimento; quando non lavorano nel corpo, sono forze del pensare. Ma si tratta sempre delle stesse forze. Ecco perché ho detto che il corpo eterico è in relazione all’evoluzione del pensare. Il corpo si esaurisce sempre più, diventa sempre più debole e le forze del pensare diventano sempre più libere.

16,15 Ecco, io vengo come un ladro. Beato colui che è vigilante, e custodisce le sue vesti – i suoi rivestimenti – affinché non sia nudo e non se ne vergogni. Con questo viene detto che l’uomo si riduce alle sole leggi della materia, al punto che restano solo queste: non ha realizzato niente di quello che avrebbe potuto realizzare liberamente, nella sua libertà.

E ora arriva il combattimento definitivo.

16,16 «E li radunò in un luogo che in ebraico si chiama Armagedon».

E li radunò, a questo punto ho voluto un pochino assaggiare quel che dicono i vari commentatori. Non è stato facile. C’è il commento di Tommaso, quello di Alberto Magno, e quello di Dionigi Aeropagita, il quale, per esempio, dice che questa assemblea si può riferire alla riunione dei buoni, come anche a quella dei cattivi.

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Fig. 5,VI

Dunque da ambo le parti si radunano tutte le forze per combattere la lotta ultima. Siamo alla fine della sesta coppa dell’ira. La battaglia finale viene combattuta su una montagna, l’Armagedon. Il prefisso Har in ebraico vuol dire montagna. Per Migdon o Magedon ci sono varie interpretazioni. Emil Bock propone per Armagedon: montagna della soglia. Un altro significato è: montagna dei ladri. Dipende, perché ci sono molti verbi in ebraico che entrano in ballo. Forse nei prossimi secoli l’umanità sarà in grado di interpretare queste parole o di attribuirvi un significato più ricco e più chiaro. Ora io potrei costruire facilmente una teoria tanto sul monte della soglia quanto sul monte dei ladri, perché il discorso era proprio sul ladro. Questa montagna deve aver avuto un grande significato per gli uomini di allora, perché si riferisce a questa definitività, quindi forse non abbiamo bisogno di speculare ulteriormente. Nel libro di Emil Bock sull’Apocalisse c’è questo significato: monte della soglia.

16,17 «E il settimo Angelo versò la sua coppa nell’aria; e una grande voce uscì dal tempio, dal trono e diceva: è accaduto»

E il settimo Angelo versò la sua coppa nell’aria, ™pˆ tÕn ¢šra – in italiano aria è anche un canto: un’aria –… e un voce possente, una grande voce venne dal Tempio, dal trono, che diceva: è accaduto! Ecco di nuovo la definitività. Al settimo momento c’è definitività.

L’Apocalisse è un libro che orienta nell’evoluzione, perché è pieno di amore, e nello stesso tempo anche fermo nel suo monito: caro uomo, non pensare che ci sia sempre tempo, tempo, tempo! No, ci sarà un momento in cui sarà finito. In greco c’è gšgonen.

… una voce possente, fwn¾ meg£lh – una voce viene dal cielo, dall’aria – dal trono del tempio, e qui i manoscitti oscillano. Aggiungono o ignorano: una voce possente che diceva è compiuto gšgonen.

gšgonen ghegonen

Ghegonen vuol dire: tutto quel che diviene nell’evoluzione, tutto ciò che sorge e tramonta – quindi non ciò che è eterno, perché quello non può divenire. Vuol dire che l’evoluzione è compiuta, è alla fine: ghegonen. Il tempo rifluisce nell’eternità. Il creare del Figlio e dello Spirito Santo rifluiscono nel seno del Padre eterno. Ora non c’è più un passo dopo l’altro nel tempo.

Naturalmente anche questa non è l’ultimissima parola. Prima viene un eone che non ha un’evoluzione nel tempo, e dopo sorgerà una Terra nuova – chissà dove. Ma questo non può essere una scusa per l’uomo per dire: «Beh, se non siamo proprio alla fine, è solo una fine provvisoria». Il monito, l’avvertimento, è molto serio: ciò che riguarda l’evoluzione sulla Terra è una fine – fine del tempo, fine della successione, fine della possibilità di recuperare. Ora è troppo tardi! Per chi si sveglia solo adesso, è troppo tardi!

Resta sempre la domanda: ma tutto questo è non-amorevole? È amorevole, è così nella natura dell’evoluzione umana. Perché un tempo che dura indefinitamente non è un tempo. Un tempo è solo per il fatto che ha un inizio e una fine, altrimenti sarebbe l’eternità. Un tempo che non ha fine è eternità.

Si prendono questi aspetti con attenzione e sul serio ci si rende conto della serietà della libertà. È bene, è decisivo che l’uomo sappia che la libertà è connessa con la serietà dell’evoluzione morale, e che per di più il tempo a disposizione non può essere infinito. Se fosse infinito potrei poltrire. Se il tempo a disposizione fosse infinito non ci sarebbe nessuna omissione, perché tutto potrebbe venire recuperato. Qui vediamo la serietà della libertà.

Volevo dire che questa settima coppa dell’ira viene versata nell’aria; poi nel Sole e nell’Eufrate; ora non è più in primo piano il Sole, o l’Eufrate. Ha finito con il Sole, con l’Eufrate e con l’aria, ma si riferisce sempre al fisico. La creazione materiale finisce. Ed è solo al livello della creazione fisica che c’è il tempo.

La proposta che avevo fatto era – ma ne sono possibili anche altre, perché le prospettive sono molteplici – che qui abbiamo la nostra Terra, sulla quale siamo, e intorno c’è l’aria. L’aria non è solo quella che respiriamo, ma è tutto quanto circonda la Terra, vale a dire l’intero Sistema planetario con il Sole al centro. Quest’aria è l’orbita terrestre. L’orbita terrestre finisce di esistere, perché il contenuto della settima coppa è stato versato sopra. La Terra finisce di girare, è la fine del Sistema solare, perché in qualche modo anche il Sistema solare deve finire.

Finché esistono le orbite planetarie, esiste il tempo, ma nella misura in cui il Sistema solare è qualcosa di sensorialmente percepibile, deve finire.

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Fig. 6,VI

Perché solo adesso viene menzionato il Sistema solare, al momento della settima coppa? Perché è la base delle leggi di natura entro cui viviamo. Le leggi di natura alla fine vengono disfatte. E come all’inizio tutti i pianeti del Sistema solare erano un’unità, ora, alla fine, diventano uno – come mai? Per il fatto che il tempo scompare e tutto il sensibilmente percepibile scompare e diventa spiritualmente uno: una Terra che è a un tempo Sole, perché è spirituale.

Col Cristo quale Io dell’umanità, e con l’umanità quale triplice rivestimento del Cristo – tutto in termini spirituali –, tutto diventa un’unità. Ogni percezione sensibile è sparita, perché la settima coppa dell’ira è stata versata su tutta l’atmosfera che circonda la Terra. Ritorna la solita domanda: è ira divina o è amore divino? È l’ultima definitiva prova d’amore, perché senza questo definitivo morire di tutto il terrestre, di tutto il corporeo, non ci sarebbe nessuna definitiva risurrezione dello spirito, perciò la settima coppa è la definitiva prova d’amore.

Per gli uomini che si sono legati con l’elemento morto della Terra, col sorgere della Terra nuova – la nuova Gerusalemme –, sorge una specie di satellite di questa Nuova Terra. Questo satellite è composto dal residuo di tutto quello che l’umanità ha omesso nell’evoluzione del bene. Lo spiega Rudolf Steiner. Questo satellite, fatto di scorie di cenere, sarà come una luna morta. Stiamo parlando di Terra-cinque o Terra-Giove e ci sarà ancora un lungo periodo di tempo di reciproca azione, naturalmente con condizioni evolutive del tutto diverse.

Ho già detto che questo durerà fino a Terra-sei, dove ci sarà l’ultima contrapposizione, simile a quella che avviene qui col versamento della sesta coppa dell’ira, con la battaglia definitiva. In Terra-sette non ci sarà più contrapposizione.

Per capire questo concetto più concretamente, all’uomo moderno viene offerto un libro come La scienza occulta nelle sue linee fondamentali di Rudolf Steiner. Egli lo può studiare con cura invece di sedersi davanti alla televisione, e tutti questi fatti diventano molto concreti. Se posso permettermi, aggiungo che per i mitteleuropei la cosa è un pochino più facile perché non devono imparare il tedesco – il libro è scritto in questa lingua. Naturalmente esistono traduzioni in italiano, francese, inglese, eccetera. Solo chi conosce queste altre lingue sa che il contenuto si fonda veramente sulla lingua originale. E questo vale tanto più per la scienza dello spirito, che funziona veramente solo se è in tedesco. Con le altre lingue non è così facile; se voglio cogliere l’esattezza e la genuinità del pensiero di Steiner senza distorsioni devo studiare il tedesco.

Nell’umanità ci sono persone che studiano il tedesco solo per poter leggere un libro come La Scienza occulta o La Filosofia della libertà. Nel mondo spirituale, dopo la morte, avranno il diritto di dire agli altri: «Ho sudato sette camicie per imparare la lingua che per te era materna, e tu non hai mai letto questi libri…».

Queste cose sono solo un inizio, poi diventano più concrete. Perché, altrimenti, come possiamo farci carico di un’evoluzione spirituale, di un’evoluzione in chiave di libertà? L’alternativa è perdere tutte queste offerte, tutte queste possibilità, dormendo. Viene come un ladro. Come giunge la scienza dello spirito nell’umanità? Come un ladro. S’impone, forse?

Vi faccio un esempio. Ho dedicato una gran quantità di lavoro alle tre conferenze di Steiner sul potere terreno, sull’imperialismo,[29] per dare al lettore la redazione più fedele possibile, quella accessibile all’uomo d’oggi, la più fedele all’originale. Pensate che qualcuno nell’umanità se ne sia accorto? Vi illudete. Secondo me – lo posso dire perché le conferenze sono di Rudolf Steiner, non di Archiati – quel testo è tra quanto di meglio ci sia per l’umanità di oggi. Eppure nessuno se ne accorge. È proprio così: non viene notato.

Intervento:

Archiati: Faccio un altro esempio. La scienza occulta, c’è gia da più di un secolo, pensate voi che qualcuno se ne sia accorto? No. Pensate che qualcuno abbia notato La filosofia della libertà? A malapena. E anche quelli che la leggono, non significa che si rendano conto dello spirito che regge questo testo – se così fosse molte cose cambierebbero nella vita. Cioè, tutto ciò che appartiene allo spirito del Cristo non s’impone. O l’uomo se ne rende conto nella sua libertà, perché è sveglio, oppure passa inosservato.

Cari amici, possiamo star sicuri che le cose più importanti non vengono notate nell’umanità. È una legge. L’essenza del bene consiste nel fatto che non s’impone, perché per il bene la più alta legge morale è la libertà dell’uomo. Poi, però, l’uomo non ha diritto di lamentarsi se ha dormito, perché ci sono stati ripetuti avvertimenti. Gli è stato detto e ridetto: presta attenzione, le più grandi sventure non accadono in base al male che un essere umano compie, ma succedono a causa dell’omettere, del dormire, perché il bene viene di notte, come un ladro.

16,17 E il settimo Angelo versò la sua coppa nell’aria – nell’atmosfera della Terra – e una grande voce venne dal Tempio, quindi, una voce grandiosa e definitiva vuol dire una voce che afferma che il ciclo evolutivo è al suo culmine. Questo somma definitiva dell’evoluzione è detta con una parola: gšgonen.

Durante la Messa in latino, durante la celebrazione – la messa o anche l’Atto di consacrazione dell’uomo, la liturgia cultuale, è un’espressione sensibile dell’evoluzione, perché l’evoluzione è la consacrazione dell’uomo – cosa dice il prete alla fine? Missa est. La messa è finita. Letteralmente: finito, è fatta. Caro credente, non te ne sei accorto? Mi dispiace, missa est, è finito, non ce n’è più. Le stesse parole si ritrovano alla fine dell’Atto di consacrazione dell’uomo: è compiuto. Non te ne sei accorto? Mi dispiace, è fatta.

Troviamo qualcosa di più liberante! È fantastico. Non te ne sei accorto? La tua libertà è la legge più sacra. È compiuta, gšgonen: la stessa parola.

Intervento: questa sarebbe la corrispondenza perfetta delle parole iniziali, quando Dio dice: «Sia!». E qualcosa si compie.

Archiati: È compiuto. E tra questi due momenti c’è o l’essere desti o il dormire.

Vedete che il bene è rappresentato in base al registro dell’essere svegli, mentre il male, il male morale, dal dormire. E perché non vien detto che il bene consiste in qualcosa che l’uomo compie, e perché non viene detto che il male consiste in qualcosa? e che è ciò che l’uomo compie? No, il bene e il male avvengono a livello di coscienza, perché l’agire è una conseguenza della coscienza. Moralmente buono è l’essere svegli, cioè non omettere l’evoluzione della coscienza; e il male morale è l’omissione dell’evoluzione della coscienza, della conoscenza. Le azioni vengono di conseguenza. Un gatto è più bravo di me a sgambettare.

Dunque il bene, ciò che va fatto, è l’evoluzione della coscienza: tutto il resto è un mezzo. Cos’è l’amore? Una somma di pensieri – altrimenti, che cosa? Trovatemi cos’altro c’è nell’amore. A partire da quei pensieri, ovviamente, sorgono certe azioni, ma cosa c’è nell’amore se non dei pensieri?

L’amore è ciò che io auguro a un altro, per il suo bene, perché vada avanti, e di cosa si tratta? Di pensieri. L’amore è il mio sforzo di conoscere sempre meglio l’altro, come mai faccia così oppure cosà. E cosa sono questi? Pensieri.

Cos’è l’essenza più essenziale dell’uomo? I pensieri. Qualcosa di più concentrato dei pensieri non c’è. Niente è più essenziale. La materia è la diluizione dei pensieri. I pensieri sono là dove il cosmo è concentrato, e l’evoluzione della coscienza è l’evoluzione nel pensare. E colui che ama massimamente l’altro è quello che pensa i pensieri migliori su di lui. Per augurare il meglio agli altri, cosa si deve fare? Bisogna avere il meglio nei pensieri. Se non ho nessuna idea del meglio, cosa posso mai augurare?

Il materialista, l’uomo contemporaneo, sottovaluta il ruolo del pensare nell’evoluzione, il ruolo dello spirito. Perché, cos’è lo spirito? Il pensare.

Cosa ha fatto il buon Dio in tutti questi millenni, che non si è mai fatto vedere? Per tutto questo tempo – e non prendetelo come una bestemmia, perché Lui non lo prende come un insulto, sono sicuro –, ha soltanto pensato, soltanto pensato, soltanto pensato. Cosa ha fatto d’altro? Non ha di certo sgambettato, perché non ha gambe, né ha usato le mani, perché non ne ha. E allora cos’ha fatto? Ha pensato!

Ecco perché viene come un ladro, perché viene coi pensieri. Lo spirito viene come un ladro. Lo spirito è il ladro migliore, perché il ladro comune è visibile, mentre lo spirito non è neppure visibile. Bisogna essere doppiamente svegli per accorgersene.

L’evoluzione è un’offerta inesauribile per divenire sempre di più nello spirituale – nel pensare e nell’amore –, nel sovrasensibile, in tutto ciò che non s’impone (ciò che non s’impone rendendosi percepibile).

Vedremo nel diciassettesimo capitolo l’intera fenomenologia della prostituta Babilonia. Troveremo tutta la contrapposizione tra potere terreno e amore.

Potere amore

La libertà dell’uomo deve sempre scegliere, questa è la scelta della libertà. Lo vedremo nell’imminente capitolo 17.

Completiamo ora il discorso della settima coppa dell’ira.

16,18 «Ed avvennero fulmini, tuoni, rumori, e scoppiò un grande terremoto come mai vi era stato da quando l’uomo vive sulla Terra».

E accaddero fulmini, boati, tuoni e un grande terremoto – ¢strapaˆ, fwnaˆ, bronta…, kaˆ seismÕj. C’è una meravigliosa quadruplicità di elementi. Quando c’è una quadruplicità dobbiamo sempre pensare ai quattro elementi. Oppure, se volete, corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e Io. E com’è la corrispondenza?

• Cominciamo col corpo fisico: qui c’è il terremoto, l’elemento della Terra;

• andiamo poi al corpo eterico: il tuono, anche se è un po’ più difficile cogliere la corrispondenza tra il tuono e il mondo eterico. Nel mondo del pensare compaiono i tuoni per indicare la sovrasensibile formazione dei concetti. Il temporale spirituale è la formazione dei concetti nel pensare;

• poi viene il corpo astrale: qui ci sono i boati – con l’aria compare il suono, la voce;

• infine, l’Io, il quarto: i fulmini, i fulmini spirituali.

Intervento: I lampi del pensiero

Archiati: I lampi del pensiero. Lampi spirituali. I lampi del pensiero, le idee fulminanti, sono più vicine al tuono; sono più nel corpo eterico. I fulmini fanno parte dell’amore, perché il fulmine è composto da fuoco e contiene anche calore. C’è calore nei fulmini.

C’è una cosiddetta lezione di classe di Rudolf Steiner in cui egli mette questi fenomeni proprio in relazione con la più alta gerarchia. Il terremoto coi Troni: la Terra quale trono – dunque qui in mezzo (Fig. 7,VI); poi, fra boati e tuoni i Cherubini; e fra fulmini e calore e boati i Serafini. Ecco un’ulteriore integrazione. Ma diventa astratto se non vi si aggiunge contenuto.

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Fig. 7,VI

Cosa avviene dopo che il Sistema solare si è disciolto nell’esteriorità? Cos’è lo spirito, la spiritualità del Sistema solare? Le Gerarchie angeliche. Le gerarchie si manifestano nel terremoto – la Terra trema prima di scomparire come realtà fisica. E questo terremoto genera tuoni – i tuoni sono qualcosa di udito, generazione del concetto, cioè boati e tuoni, entrambi.

Coloro fra i presenti che hanno studiato in dettaglio i dodici sensi sanno che il tuono è suono, e la voce è suono articolato. La voce dell’uomo produce suoni articolati, mentre il tuono della natura produce suono. Quindi il tuono è la voce della natura, e la voce è la voce dell’uomo, il linguaggio; senso dell’udito e senso del linguaggio sono due sensi diversi. Il terremoto, poi, corrisponde al senso del tatto e il fulmine alla vista. Naturalmente è possibile rappresentarsi la cosa anche in altro modo.

C’è una quantità di studi che possono essere fatti su questo, sempre a partire da questa quadruplicità.

16,18 kaˆ ™gšnonto – e venne detto: gšgonenè compiuto. E questo gšgonen è visto in quattro aspetti. Con il terremoto, con il tuono, con il boato, e con il fulmine. Il concetto del fulmine non è molto adatto, perché più che di fulmine, si tratta di un risplendere, di un brillare e per questo l’avevo messo in relazione con l’Io. Come si può tradurre ¢strapaˆ? La luce risplende, e dove la luce risplende da dentro a fuori, come si può dire? Astrapaì¢strapaˆ – irraggiare, rilucere, questo è molto meglio.

Perché il lampeggiare non dice niente dell’irraggiare dell’interiorità di un Essere.

Irraggiare si riferisce all’Essere spirituale come fonte di questa luce. Con questa parola diventa un po’ più chiaro. Risplendere e irraggiare presi assieme rendono il senso della parola ¢strapaˆ che è un termine meraviglioso.

Per capire ancora meglio questo termine pensiamo all’Archimede che conosciamo tutti. Archimede è nella vasca da bagno, quando d’un baleno capisce che i corpi immersi nell’acqua sono più leggeri. Cos’è questa idea fulminea? È l’immagine primigenia dello spirito creatore. Perché lo spirito è progetto. L’intuizione è un progetto spirituale.

Poi arriva lo scienziato odierno, abbandonato da ogni buon senso, che dice: «Tutto è effetto e deve avere una causa», e allora qual è la causa di questa intuizione fulminante? Cos’è che non può capire questo scienziato? Non può capire che la ricerca della causa a un certo momento deve terminare. Non si può continuare con un regressum all’infinito. Deve avere un inizio da qualche parte. L’intuizione spirituale è il primo inizio! Non è effetto generato da qualcosa d’altro. Se non si capisce questo, non si capisce l’intuizione spirituale.

Dio come crea il mondo? Con lampi di pensiero, questo è la causa prima – e noi siamo spirito del suo spirito! Questo è contenuto in ¢strapaˆ: la forza rilucente, la forza irraggiante dello spirito. Lo spirito quale causa prima. Lo spirito quale illuminazione del mondo. Nello spirito il mondo viene illuminato con un lampo. È meraviglioso, e tutto questo si trova nell’Apocalisse.

Del terremoto vien detto che è l’ultimo dei quattro: un terremoto così potente come mai era avvenuto. Ora la Terra trema e scompare, danza di gioia fino a scomparire, piena di gratitudine perché ora risorge nello spirito.

16,18 E accadde un grande, immenso terremoto come mai era avvenuto, perché tutti gli altri terremoti erano solo eventi che si svolgevano ancora nello svolgersi del tempo. Ora il tempo è finito. Ecco perché la Terra esulta di gioia, perché fin dalla comparsa dell’uomo – che bello – mai era accaduto un terremoto così grande. Fin dalla comparsa dell’uomo vuol dire: durante tutta l’evoluzione nel tempo la Terra non ha mai tremato in modo così definitivo. E ripete: 16,18 … un terremoto così grande – dal greco seismÕj viene la parola sismografo – ™gšneto mšgaj possente, grandioso, oŒoj oÙk ™gšneto di tale potenza mai era avvenuto, fin dalla comparsa dell’uomo sulla Terra. E sempre nell’ottica che tutto quel che sorge poi è destinato a trapassare dice: ™pˆ tÁj gÁj thlikoàtoj seismÕj, un terremoto grandioso, così definitivo come questo. Questo dovrebbe bastare a svegliare gli uomini che ancora dormono mentre viene il ladro; questo terremoto è così possente che dovrebbe bastare, forse, a svegliare anche loro. Si svegliano per constatare: è troppo tardi!

16,19 «La grande città si squarciò in tre parti e caddero le città dei pagani. E Dio pensò a Babilonia, la grande, per darle da bere la coppa del vino della sua ira ardente»

Ora in greco c’è la parola ira: Ñrg».

16,20 «E tutte le isole scomparvero, e monti non vennero più ritrovati»

Tutte le isole scomparvero e i monti non vennero più ritrovati. È semplice, cosa è successo? Tutto accadde a causa del terremoto così imponente da far sparire tutto, isole e monti.

16,21 «E grandine grossa dal peso di mezzo quintale cadde dal cielo sugli uomini; e gli uomini bestemmiarono Dio a causa di questa piaga, perché era terribile»

*******

Siamo andati avanti abbastanza con la settima coppa dell’ira. Vorrei, in conclusione, dire ancora alcune cose. Osserviamo questa settima coppa.

16,17 E il settimo Angelo versò la sua coppa nell’aria, e una grande voce uscì dal trono e dal Tempio. Avevo detto che ogni termine andrebbe pesato col bilancino dell’orefice: la voce è un’immagine. La grande voce. Che significa grande? E voglio aggiungere qualcosa anche sul trono. Ecco qui un trono, con qualcuno seduto sopra (Fig. 8,VI).

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Fig. 8,VI

Ci sono troni e troni. Trono significa senza movimento, quiete. Una polarità è alzarsi e mettersi in moto. Il trono viene usato per Dio Padre che troneggia. Dio Padre che troneggia vuol dire che Lui non è inserito nella corrente dell’evoluzione temporale. Evoluzione vuol dire fare un passo dopo l’altro, e a quel punto il trono deve sparire. Questa è “Eternità” tra virgolette, naturalmente (Fig. 8,VI).

Il Figlio non siede sul trono; solo alla fine dell’evoluzione, quando il tempo rifluisce nell’eternità, il Figlio siede sul trono alla destra del Padre, ma questo soltanto quando i passi evolutivi sono stati tutti compiuti. Per Dio Padre, invece, il trono va bene, perché questa è un’immagine della quiete, dell’eternità.

Cos’è il contro-trono, il trono del male? Il trono sulla Terra – qui (Fig. 8,VI) c’è colui che domina sulla Terra. Sulla Terra l’evoluzione dovrebbe svolgersi nel tempo, dove i passi debbono essere fatti uno dopo l’altro, e colui che sta seduto è un’immagine dell’omettere l’evoluzione, del ristagno, della paralisi.

L’immagine di Dio sul trono va bene. Il trono della bestia è la sua controimmagine, perché sulla Terra bisogna camminare, non stare seduti. L’uomo deve evolversi, invece vuole regnare restando fermo.

Ciò che spieghiamo faticosamente in concetti, qui è presente in immagini. Il trono nei Cieli è un’immagine della quiete dell’eternità. Il trono sulla Terra è poltroneria, perché sulla Terra bisogna muoversi; è anche un’immagine dell’esercizio di potere: si costringono gli altri a sgambettare, mentre si resta tranquillamente seduti.

L’immagine del trono ritorna spesso nell’Apocalisse, dunque bisogna distinguere: il trono di sopra e il trono di sotto; la quiete dell’eternità e il potere terreno, oppure la stasi terrena dove non c’è nessuna evoluzione. Rileggiamo i versi:

16,17 E venne una grande voce dal trono del tempio che diceva: è compiuto! Il tempo è passato, l’evoluzione nel tempo è finita. Ecco perché appare l’immagine del trono, della quiete, dell’eternità che resta uguale a se stessa.

16,18 E apparvero fulmini e boati e tuoni e scoppiò un grande terremoto, come mai era avvenuto prima da quando l’uomo era comparso sulla Terra

16,19 e la grande città venne divisa in tre parti, la grande città è Babilonia, per esempio, oppure è Gerusalemme; la grande città è il fisico dell’uomo amplificato. Quindi: città, tempio, corpo dell’uomo.

Qui (Fig. 9,VI) c’è un uomo col suo corpo. Il tempio nel mezzo della città sarebbe il corpo espanso. La città sarebbe ancora più ampia, e la grande città sarebbe la Terra. Lo abbiamo già visto.

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Fig. 9,VI

La città, la grande città, si divise in tre parti. Babilonia o Gerusalemme, la città terrestre, si divide in tre – senza la scienza dello spirito di Rudolf Steiner è assolutamente impossibile pensare un concetto chiaro su questi versetti. Cosa significa, infatti, che si divise in tre?

Ora, noi leggiamo ne L’iniziazione e anche nelle conferenze di Steiner sull’Apocalisse, tenute poco prima della sua morte, come egli si riferisca sia alla città terrestre, cioè all’umanità, sia al singolo uomo. Quando l’uomo o l’umanità o la città oltrepassa la soglia del mondo spirituale – e qui alla settima coppa siamo al passaggio dal terrestre al mondo spirituale – ciò che prima era unitario si divide in tre parti. Il pensare va in una direzione; il sentire va in un’altra e il volere va in un’altra ancora. Pensare, sentire e volere.

Noi viviamo in un tempo in cui l’organismo sociale deve triarticolarsi, perché è l’umanità in quanto tale che, dopo l’era del materialismo, oltrepassa la soglia. Ora l’umanità deve prendere in considerazione una scienza dello spirito se non vuol precipitare nell’abisso. Il prendere in considerazione una scienza dello spirito è il passaggio della soglia da parte dell’umanità, non solo dell’individuo.

Dal punto di vista sociale, e considerando quale sia oggi il punto evolutivo in cui si trova l’umanità, è conforme al tempo che l’umanità si triarticoli, considerando l’Oriente diverso dall’Occidente. Il pensare, infatti, lo spirito, lo collochiamo qui, in Oriente; gli impulsi volitivi in Occidente e qui nel mezzo sorge un tipo del tutto nuovo di uomo. (Fig. 10,VI)

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Fig. 10,VI

L’umanità deve imparare a trattare il pensare (il fattore orientale, la saggezza che giunge dall’Oriente) in modo completamente diverso dalla vita economica (la forza dell’Occidente). Questa è la città terrestre che si triarticola – la città unitaria, questo idolo, agisce in modo sempre più disastroso.

Questi sono i misteri del nostro tempo, questo è quanto sta succedendo adesso. E noi siamo già in ritardo, perché l’umanità non si è ancora accorta, e di questo soffre, che l’Occidente tratta l’Oriente – l’Iraq, per esempio, o tutto il mondo mussulmano – come se il fattore economico avesse ogni diritto. Il potere terreno sarebbe in tal modo dell’Occidente – in particolare dell’America –, e la forza primigenia, il contributo specifico dell’Occidente, sta nella vita economica. Solo che questo sistema economico non può essere esportato ovunque, perché l’uguaglianza dell’Occidente è uguaglianza non dei doveri, ma dei diritti. E cosa significa uguaglianza dei diritti? Il modo in cui è concepita l’uguaglianza in Occidente, in America, non ha nulla a che fare con l’uguaglianza. Il fatto è che ognuno in occidente ha la stessa opportunità di abbindolare l’altro. È questo il concetto di uguaglianza. Uguaglianza di chances non significa uguaglianza di talenti. Voglio dire, se tutti avessero le stesse chances, chi ha più talenti ha la possibilità di servirsi degli altri come strumenti – senza che la legge glielo impedisca. Dunque in Occidente è il gestire con potere che ha priorità, mentre in Oriente è il gestire con saggezza; nel centro dovrebbe avvenire una mediazione fra Ovest ed Est (Fig. 10,VI).

Significa che quando Babilonia, la città terrestre, si triarticola – perché l’umanità considerata come realtà sociale, e non solo gli individui, ora oltrepassa la soglia verso il sovrasensibile –, bisogna imparare che:

• la legge della vita culturale è la libertà dell’individuo,

• la legge della vita economica è la solidarietà, la fraternità,

• la legge della vita giuridica e politica è la perfetta uguaglianza.

Uguaglianza, quindi, non solo in termini di chances, uguaglianza non solo dei diritti, bensì uguaglianza in termini di diritti e di doveri. Per ogni diritto c’è un dovere, e questa è l’uguaglianza, questo è equilibrio! Se avanzo un diritto nei confronti degli altri e lo rivendico – ma non ce l’ho –, ne ho diritto solo se riconosco questo diritto anche agli altri. Ecco l’uguaglianza: quando il mio diritto è un dovere per gli altri, così come i diritti altrui sono doveri per me.

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Fig. 11,VI

L’uguaglianza di diritti e doveri è una vera uguaglianza. In Oriente, per esempio in Russia, il popolo – non quello reso ateo e inregimentato dal comunismo – è straordinariamente religioso, profondamente religioso. Qual è il concetto di uguaglianza in Oriente, nel popolo russo? Che tutti hanno gli stessi doveri nei confronti del mondo spirituale, nei confronti della collettività. L’idea che ognuno abbia gli stessi diritti non esiste proprio, è tutt’altra mentalità.

Vale la pena notare – anche perché il Presidente degli Stati Uniti non l’ha ancora capito, tragicamente non l’ha ancora capito –, che non si può impiantare il modo di sentire americano in Iraq! L’umanità è triarticolata. L’Oriente è pur sempre il posto della vita spirituale, il centro è il luogo dell’anelito a trovare l’equilibrio fra le due polarità, e la forza dell’Occidente è la vita economica. E questo viene distorto, perché nella vita economica è presente quasi solo l’egoismo, mentre la legge fondamentale, ciò che fa davvero funzionare la vita economica, è la solidarietà, il sentimento della fraternità. La vita culturale, invece, fiorisce solo col sentimento della piena libertà dell’individuo.

Nella vita culturale determinanti sono i talenti, e quando siamo di fronte a un talento dobbiamo lasciare in pace l’uomo talentato, dobbiamo lasciarlo libero. Dobbiamo mettergli a disposizione tutto quello grazie a cui può svolgere il suo talento. Per quel che riguarda il talento, solo chi lo possiede sa qual è il modo migliore di utilizzarlo. La legge dei talenti, quella grazie alla quale il talento dà il meglio a tutti gli uomini, è la libertà, è il dare fiducia. Nella vita economica, invece, non si tratta dei talenti, si tratta dei bisogni.

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Fig. 12,VI

I bisogni devono venire soddisfatti, e i bisogni di ogni uomo vanno soddisfatti perché egli sia in condizione di svolgere i suoi talenti. Ma qual è la legge per soddisfare i bisogni? Quella dell’aiuto reciproco. I bisogni possono essere soddisfatti soltanto con la collaborazione reciproca, con la solidarietà. E questa è la vera fraternità. Libertà significa: tutti per uno; fraternità significa: ognuno per tutti. E nel mezzo c’è l’equilibrio, l’uguaglianza tra diritti e doveri. Ognuno ha uguali diritti a sviluppare i propri talenti e a soddisfare i propri bisogni; e ognuno ha uguali doveri a rispettare la libera estrinsecazione dei talenti altrui, e a soddisfarne i bisogni.

Quindi, ognuno ha il medesimo diritto a veder soddisfatti i propri bisogni e a poter liberamente sviluppare i propri talenti, così come ognuno ha il dovere di soddisfare i bisogni altrui per dare agli altri la possibilità di sviluppare liberamente i propri talenti.

Si leggano le conferenze sull’Apocalisse del volume 346 tenute da Rudolf Steiner verso la fine della sua vita. Egli arriva a questo punto dell’Apocalisse in cui la città, la città terrena, viene divisa in tre e commenta dicendo che qui l’autore dell’Apocalisse ha accennato ai misteri della triarticolazione dell’organismo sociale. Cioè al modo in cui tutta l’umanità – non l’individuo –, come comunanza umana sociale, varca la soglia.

Alla fine del suo libro L’iniziazione. Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori? Rudolf Steiner spiega che l’uomo, nel suo varcare la soglia del mondo spirituale, trova in termini di singole unità separate ciò che abbiamo come in un miscuglio – e questo è propriamente il re mescolato di cui parla la Fiaba del serpente verde e della bella Lilia di Goethe –, cioè il pensare, il sentire e il volere mescolati l’uno nell’altro. Ma appena oltrepassiamo la soglia:

• il pensare si fonda su di sé, autonomo, con le sue leggi, e non si confonde col sentimento e con la volontà; significa che dal pensare non parte alcun impulso, alcun automatismo nella direzione del sentire e del volere; poi

• anche il sentire è indipendente, cioè, sentire qualcosa non significa che automaticamente si metta in moto la volontà; e

• anche la volontà sta per conto suo.

E a questo punto l’essere umano, da sé, può unire fra loro le tre facoltà. Questo significa che dal pensare sorge un sentimento, perché è l’uomo che lo decide; e da pensiero e sentimento sorge un impulso di volontà, solo perché l’uomo lo decide.

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Fig. 13,VI

Prima della soglia siamo zeppi di automatismi, e cioè, succede che notando qualcosa con gli organi di percezione, sorge subito una rappresentazione che muove automaticamente i miei sentimenti e determina la mia volontà. Al di là della soglia tutto è libero, non ci sono più automatismi. Vediamo un bambino che corre e rischia di precipitare in un burrone: se il padre o la madre lo vedono, interviene subito in aiuto la natura, perché automaticamente, a partire da un impulso naturale, istintivo, si viene spinti a far qualcosa per salvare il bambino. Dopo aver varcato la soglia la decisione viene presa in modo libero: io ti salvo. E senza questa decisione libera non salta fuori nessun soccorso.

È vertiginoso quali dimensioni può raggiungere la libertà. Qui la natura non offre più nessun automatismo. Abbiamo già detto che la natura si ritira sempre più. Spontaneo vuol dire: la natura opera, e io corro a salvare il bambino per istinto, mosso da un impulso. Ma al di là della soglia, io voglio o non voglio farlo?

Detto in altro modo, al di là della soglia l’Essere del Cristo ha visto che l’umanità precipita nell’abisso non solo del peccato originale, ma anche dell’omissione – e perciò ha deciso di venire sulla Terra, non perché costretto, o per necessità oppure per impulso spontaneo, bensì a partire dalla più intima libertà. Lo faccio o non lo faccio? Lo faccio! C’è un modo di dire che Steiner usa molto spesso nelle sue conferenze: «A partire dalla più intima libertà». Cosa significa?

a partire dalla più intima libertà

= a partire dall’amore

Significa che non c’è niente al mondo che mi spinga in quella direzione, assolutamente niente. Puramente, perché io lo voglio. Questa è la libertà al più alto livello, al livello ideale. Quante più azioni realizzo in questa direzione – e abbiamo bisogno di tutta l’evoluzione –, tanto più esperisco quanto liberante sia la libertà. Quante sono le cose che facciamo perché dobbiamo, perché non si può fare altrimenti, perché ci si aspetta questo e quest’altro da noi, perché si teme il giudizio altrui e così via? E se togliamo tutte le necessità quotidiane e tutto questo in cui veniamo spintonati, non resta quasi più niente.

Quindi, l’evoluzione nella direzione della libertà consiste nell’agire sempre di più a partire dall’interiorità, nel decidere a partire dall’amore. Cosa significa fare le cose per amore? Significa puro amore.

Detto in altro modo: il Cristo è l’unico Essere che nel nostro mondo non ha karma. Ognuno di noi ha il suo karma, e avere karma vuol dire che lo dobbiamo e lo vogliamo pareggiare. Abbiamo dietro di noi millenni durante i quali abbiamo fatto una quantità di cose, e non tutte giuste, quindi tutto va pareggiato. E solo dopo che tutto è stato pareggiato, siamo pienamente liberi.

Cristo non ha nulla da pareggiare, non ha karma. Quindi ciò che Lui fa è stato voluto soltanto dall’intimo della libertà dell’amore. A noi può mettere le ali, può offrire una grandissima gioia il sapere di essere accompagnati da un Essere spirituale che fa tutto solo a partire dall’amore: questo diventa l’ideale della nostra evoluzione.

Ecco perché la risposta migliore alla domanda: «Ma perché fai questo?», è: «Perché lo voglio!». C’è forse qualcosa di meglio? No. La volontà pura è puro amore. Non c’è niente di meglio, di moralmente più elevato non c’è niente.

16,19 «La grande città si squarciò in tre parti e caddero le città dei pagani. E Dio pensò a Babilonia, la grande, per darle da bere la coppa del vino della sua ira ardente»

E la grande città venne divisa in tre parti: siamo di fronte a un’immaginazione. Si può passare oltre, leggere questa frase velocemente, ma ci si può anche fermare: della grande città vengono fatte tre parti. Ma allora bisogna immergersi in quest’immaginazione, sperimentarla fino in fondo, meditarla profondamente. E tutte le immagini sono davvero potenti, colossali immaginazioni dell’evoluzione, immagini dell’evoluzione dell’uomo. E la grande città venne divisa in tre parti significa che l’umanità in quanto tale oltrepassa la soglia del mondo spirituale, viene divisa in tre e non può più essere un miscuglio, dove ci si immagina la società russa o quella americana nello stesso modo. È impossibile.

16,19 … e le città dei pagani precipitarono: dopo questo passaggio della soglia siamo nel mondo spirituale, tutto è spirituale, e quel che è fisico, quel che è maya e che noi pensiamo che sia un qualcosa, scompare. La realtà fisico-materiale, infatti, non è qualcosa, perché è passeggera. Per un periodo c’è, e poi sparisce. «Cielo e Terra passeranno».

Adesso vediamo le immagini della dissoluzione di tutto quanto l’uomo pensava che fosse realtà, il fisico-materiale, il sensibilmente percepibile. Tutto il fisico-sensibile sparisce, e mostra il suo carattere transitorio. Può essere eterno qualcosa che è sensorialmente percepibile? È del tutto impossibile. Le pietre, i metalli o anche i minerali preziosi, sono forse eterni? No, sono sorti e passeranno. Questo ciclo può durare millenni, ma ha pur sempre un inizio e una fine. Tutto ciò che è percepibile è per sua natura transitorio.

16,19 … e le città dei pagani precipitarono: le città sono tutto ciò che è terreno nella misura in cui non si sono lasciate compenetrare dal Cristo. Le città dei pagani, nella misura in cui sono rimaste terrene, e hanno preso come realtà solo ciò che è sensorialmente percepibile, tutto questo precipita; e Babilonia la grande venne pensata da Dio – ora si tratta di fare i conti – per darle la coppa di vino della sua ira ardente.

Babilonia, in quanto città, in quanto comunità terrena, viene portata a termine. Nella comunità terrena ci sono ruoli ufficiali, dignità, condizioni, dipendenze, persone importanti e persone meno importanti. Ora, al passaggio della soglia, tutto il terrestre, dove qualcuno è più importante e qualcuno meno, viene messo in discussione. E così deve essere. Quel che è importante sulla Terra non lo è affatto nel mondo spirituale, al di la della soglia non conta nulla. È l’opposto.

6,19 E Babilonia la grande venne pensata da Dio per darle la coppa di vino della sua ira ardente. Nella comunità terrena – come, per esempio, quella istituita secondo i parametri borghesi – l’amore divino viene percepito come ira divina. Ma cosa vuol dire che nella città terrena, nella città dei pagani, l’amore divino viene vissuto come ira? Quel che ha valore sulla Terra, non ne ha in Cielo, e viceversa.

È difficile commentare questi aspetti dell’Apocalisse, perché noi tutti viviamo nella città terrena e nel momento in cui si diventa un po’ più concreti lo sgomento diventa grande. La nostra società, infatti, non si regge forse su rapporti di dipendenza? E come sarà al di là della soglia? Oppure, detto in altro modo, guardiamo alla famosa conferenza di Steiner sul coraggio della libertà.[30] Io stesso sono sgomento, perché quando ne faccio cenno gli ascoltatori dicono subito che è rivoluzionario, è troppo politico, e non ne vogliono sapere. Alla fine di questa conferenza Steiner parla della convivenza degli uomini visti oltre la soglia. Steiner descrive come il Cristo veda gli uomini; visti attraverso i Suoi occhi non ci sono uomini più importanti degli altri, e non deve succedere che ad alcuni si stringa la mano e ad altri no. Steiner mostra che, visti con lo spirito del Cristo, dall’altra parte della soglia tutti gli esseri umani sono assolutamente uguali! Ma questo è impensabile, rivoluzionario, sovversivo. Appena dopo la conferenza arrivò uno a lamentare – è tutto scritto nel dibattito – che tutto questo è sovversivo, e Steiner rispose: «Ma perché? È sovversivo per chi lo vive come sgradevole».

In questo passaggio dove la città terrestre va al di là della soglia, ogni potere terreno, ogni peso terreno, viene annientato. E quando dico potere terreno intendo molte cose, perché chi ha denaro ha peso, potere; chi ha potere, ha peso; chi ha un ruolo pubblico, ha peso. E allora bisogna stare attenti a ciò che si dice…. Si vorrebbe avere il cristianesimo nella stanza accanto!

16,19 E Babilonia la grande – grande significa che s’impone, la città terrena che si impone sugli uomini – venne pensata da Dio, cioè è stata pesata, valutata, nella sua sostanza morale davanti a Dio, e a lei è stata data la coppa col vino della sua ira ardente: ora la città terrena viene valutata secondo le misure divine e non più secondo quelle terrene.

16,20 E tutte le isole sparirono, e i monti non vennero più ritrovati

16,21 E grandine grossa dal peso di mezzo quintale cadde dal cielo sugli uomini.

Sono già le sei e otto minuti? E voi non dite nulla per il ritardo? Ci rivedremo alle otto e sei minuti. Molte grazie.

Settima conferenza
venerdì 19 novembre 2004, sera
vv. 16,19-21

Cari amici,

vorrei ancora una volta ritornare al versetto 19 in cui si dice: E la grande città venne divisa in tre parti, e le città dei pagani furono distrutte. E Babilonia la grande venne pensata da Dio, che le diede la coppa della sua ira ardente.

In greco ci sono quattro parole: coppa, pot»rion, che è il contenitore; poi viene il termine per il vino, che è il contenuto, il contenuto liquido – quindi c’è il solido e il fluido; poi viene la parola qumoà, l’anima, il sentimento; e infine viene il contenuto dell’anima: ÑrgÁj, ira.

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Fig. 1,VII

Ecco una quadruplicità. Livello fisico: corpo fisico, corpo eterico; corpo astrale che è l’anima, il sentimento; mentre l’ira è una qualità dell’Io. E in greco ci sono due parole una dopo l’altra. Si evidenziano dal testo. Nella nostra lingua diciamo: che le diede la coppa, cioè è un divenire consapevoli, una forma di auto-conoscenza. Babilonia è l’anima umana decaduta – lo vedremo soprattutto nel diciassettesimo capitolo –, è la fenomenologia della caduta, dell’anima umana degenerata, dell’anima che ha omesso l’evoluzione verso lo spirito.

In questo primo auto-riconoscimento dell’anima viene pronunciato un quaternario. Innanzi tutto il contenitore terreno, ovvero il corpo fisico, è a un livello di ubriachezza – accenno solo a qualche aspetto di tutto quel che si potrebbe dire –, anche se la missione del vino dovrebbe essere già da lungo tempo conclusa; vuol dire che, invece di sostituire il vino con l’entusiasmo dell’Io, c’è uno stadio di ebbrezza attraverso un elemento di natura. Avevo dato per scontato questo discorso, ma mi rendo conto che è stato a Monaco che ne abbiamo parlato la scorsa settimana, trattando il miracolo di Cana. In quel testo si dice: «Non hanno più vino». E poiché la missione del vino era finita, c’è la forza del Cristo: la forza del Cristo è il nuovo entusiasmo.

Quando nell’auto-conoscenza dell’anima, dell’anima di Babilonia, della prostituta Babilonia – vedremo cosa questo significhi – viene evocato il vino, questo è l’ebrezza mediante le forze di natura.

Cosa significa che quando giunge il Cristo – l’autore dell’Apocalisse è lo stesso del Vangelo di Giovanni – il vino finisce, e la Madre gli dice che non hanno più vino? Poi si dice che lì ci sono sei grandi anfore – le abbiamo qui: sono le sei coppe dell’ira, se vogliamo, e ora siamo alla settima. Le anfore sono vuote e vengono riempite d’acqua sorgiva, acqua di fonte, ed essi bevono di quest’acqua. Il maestro di tavola dice: «La gente comune offre il vino buono all’inizio, e poi quando gli invitati sono ubriachi mette il vino peggiore. Tu invece, hai fatto l’opposto, hai serbato il vino migliore per la fine!».

16,19 E Babilonia la grande venne pensata da Dio: cioè venne portata l’auto-conoscenza a coloro che si sono salvati, ma anche a coloro che sono andati in basso perché si rendessero conto di aver fatto questa discesa. Venne pensata vuol dire: l’autoconoscenza viene portata in concetti.

16,19 … e le diede – ecco, ora viene pensato qual è il contenuto di Babilonia – la coppa col vino della sua ira ardente. No, la traduzione è: la coppa di vino del suo sentimento dell’ira. Coppa del vino del suo sentimento di ira. Siccome viene tradotto con ira ardente, tutto si riduce a un ternario seguita da un aggettivo, ma in realtà si tratta di un quaternario:

coppa

• di vino,

• del sentimento qumoà –,

• dell’ira.

Tutta la questione qui riguarda il vino, perché il vino provoca l’ebbrezza del sentire. (Fig. 2,VII)

Al tempo di Dioniso, come si legge nell’Iliade e nell’Odissea per esempio, cioè all’incirca mille anni prima di Cristo, ci si stupisce vedendo i Greci sempre a banchetto a mangiare carne e bere vino smodatamente. Ma allora era in corso proprio la missione del vino. Era cominciata con Noè. Nella Bibbia Noè è il primo a sperimentare l’ebrezza col vino. Ora arriva il Cristo, e la svolta consiste nel fatto che la missione del vino termina. Babilonia, invece, ha omesso l’evoluzione perché è rimasta al tempo del vino.

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Fig. 2,VII

Lo ripeto di nuovo. Se invece di correre per finire il prima possibile prendiamo la lente di ingrandimento, in quest’immaginazione quadruplice possiamo scoprire qualcosa di colossale – se lo si fa in dettaglio. Nell’Apocalisse non ci sono mai cose marginali, ma solo pensieri centrali.

Domanda: quando il Cristo arriva a Cana dice che c’è qualcosa di meglio del vino; e nell’Apocalisse la prostituta Babilonia è ancora ferma al vino, è rimasta al tempo di Cana quando il vino non era esaurito. Nel suo calice c’è ancora vino. Ora sorge il quesito – e poi lascio la parola a voi, perché vi accorgerete che la questione c’entra. Cristo viene nel momento della svolta. Una caratteristica della svolta consiste nella conclusione della missione del vino e nel fatto che da quel momento il Cristo porta qualcosa di meglio del vino: le forze del Cristo. Infatti, si ha ragione di abbandonare una cosa quando si trova qualcosa di meglio, siete d’accordo? Se non abbiamo qualcosa di meglio, possiamo anche rimanere col vecchio, altrimenti non si ha né il meglio, né il vecchio. Non si ha nulla. Allora ripeto: l’unica giustificazione morale per terminare qualcosa, è trovare qualcosa di meglio.

Questo può sempre servire come legge per una moralità positiva, altrimenti ci resta solo una moralità negativa: non devi fare questo e quest’altro! No, la morale nel senso del Cristo è una morale positiva. In questo senso l’evoluzione è fatta così che iniziamo col bene, proseguiamo col meglio, poi sempre meglio e, alla fine, il massimo.

Ho già detto che la conduzione delle leggi di natura è buona e la conduzione della libertà è ancora meglio. Quindi, l’unica ragione per abbandonare qualcosa di vecchio è aver trovato qualcosa di meglio. Il vino finisce – e cos’è il meglio? L’entusiasmo generato dallo spirito, senza stupefacenti, senza sostegno della natura. Perché essere ebbri grazie a una bella bevuta di vino è alla portata di tutti, il risultato, infatti, è provocato dal vino. Sono sempre forze di natura.

Di Babilonia viene detto che ha vino nella coppa, allora la domanda che pongo è: come valutate il fatto che a un certo punto arrivi il Cristo e trasformi l’acqua in vino, e ora si beva un vino migliore? Chimicamente cos’hanno bevuto a Cana? Il cristianesimo tradizionale sta veramente ancora in questo trapasso, perché la maggioranza dei teologi e dei sacerdoti possono immaginarsi questa trasformazione solo chimicamente. Sono sicuri che sia avvenuta una trasformazione chimica: pensano che senza questo tipo di trasformazione non sia successo niente. Questo è puro materialismo. Significa che il cristianesimo non ha ancora nemmeno cominciato a capire che l’affermazione del Vangelo è che chimicamente quella era acqua! Sarebbe magia nera se il Cristo avesse trasformato chimicamente l’acqua in vino. E non solo sarebbe magia nera, ma quelli continuerebbero a bere vino. E dove sta il nuovo? Non c’è proprio. Restano con il vino e vivono l’entusiasmo grazie al vino, ma allora il Cristo non ha portato niente di nuovo, perché quell’ebbrezza c’era già prima. Ripeto, se il Cristo avesse chimicamente cambiato l’acqua in vino, la gente avrebbe ancora l’entusiasmo grazie al vino. Sarebbe pura magia nera da parte del Cristo.

Ciò che il Vangelo vuol dire è: l’acqua è rimasta chimicamente acqua, solo che la forza del Cristo compenetra le forze vitali dell’acqua, compenetra le forze animiche della madre – ecco perché la madre deve essere presente: «Questo si intesse tra me e te, Donna» –, la forza di Cristo compenetra tutti i corpi eterici dei presenti. Tra l’altro, anche i corpi fisici vengono compenetrati dall’aura del Cristo. Queste forze del Cristo compenetrano la costituzione fisica dei presenti, i loro corpi eterici, le loro anime. La realtà delle forze del Cristo aiuta queste anime a vivere un entusiasmo puramente spirituale, senza necessità di ricorrere al vino materiale.

Perché fu necessario questo vecchio entusiasmo del vino? E perché dovette essere lasciato indietro? Perché l’uomo quando beve alcool diventa del tutto egoista. Non solo annebbia la sua coscienza, ma si incapsula tutto in se stesso, diventa incapace di oggettività, e questo stadio era necessario. La missione del vino era una necessità per aiutare gli esseri umani a raccogliersi in se stessi, altrimenti l’uomo sarebbe stato sempre espanso nel cosmo. Ma una volta raggiunta, anche grazie al vino, la capacità di raccogliersi in sé e di sentirsi separato, egli deve di nuovo aprirsi con un diverso, libero, puro entusiasmo spirituale. Il Cristo porta il superamento del vino grazie a un vino migliore: il vino della pura ebbrezza spirituale, dell’entusiasmo spirituale.

A Monaco ho recentemente detto che nel culto cattolico, ancora oggi, si beve vino, alcool! Il frutto della vite, però, non è il vino, è solo il succo d’uva. E a Monaco la gente discuteva sul momento in cui comincia il processo della fermentazione nel succo…

In pratica quel che è stato detto qui su Babilonia – fra le altre cose, ovviamente – è che l’anima umana sperimenta, vive, l’entusiasmo grazie alle forze di natura. Quest’ira non purificata, egoista, sorge perché l’uomo è chiuso in sé per via dell’alcool e vuole usare il mondo per sé.

Intervento: (domanda sul versetto evangelico in greco).

Archiati: gen»matoj tÁj ¢mpšlou, il frutto della vite. gen»matoj è quello che la vigna produce, succo d’uva. La vite non produce alcol, il gen»matoj tÁj ¢mpšlou è il prodotto, il risultato della vite. Così è scritto alla lettera nel testo (Mt 26,29; Mc 14,25; Lc 22,18).

Qui, parlando di Babilonia, c’è la parola onoj che è il succo d’uva fermentato. La fermentazione lo rende alcolico. Naturalmente fin dai tempi di Omero era stata bevuta una gran quantità di vino. Quindi ci sono tutte queste differenziazioni nelle parole, perché il greco è una lingua molto evoluta.

Intervento:

Archiati: sì, ma il vino è alcolico. Si trattava di succo d’uva.

Intervento: (domanda sul vino nuovo del Vangelo)

Archiati: sì, in questo lei ha ragione. Il Vangelo, tutti i vangeli, parlano di un vino nuovo che non è alcolico. Bene, dobbiamo intenderci su come usare le parole.

Rudolf Steiner aveva da un lato la difficoltà di apportare all’umanità contenuti assolutamente nuovi e, dall’altro di renderli accessibili. Perciò per quanto possibile si è sforzato di usare la terminologia esistente e le parole in uso – per esempio per le Gerarchie angeliche –, e di inventare il meno possibile termini nuovi. Altrimenti sarebbe stato del tutto indigeribile, invece doveva farsi capire.

Noi ora abbiamo un culto cristiano che accompagnerà ancora a lungo l’umanità, perché il culto è come un fatto di natura. Grazie agli eventi di natura l’uomo può sperimentare tutto il possibile, per esempio un tramonto o il sorgere del Sole. Quindi, culto è come gli Esseri elementari operano nella natura.

Per come capisco io Steiner, lui ha davvero posto il culto cristiano alla nostra portata per rendere accessibile come gli Esseri elementari parlano con le Gerarchie, come il Cristo parla all’uomo in modo conforme al nostro tempo, ma ha anche cercato di rendere accessibile alla comprensione questa tradizione del pane e del vino (i due doni di Melchisedek) e per questo ha usato la parola vino – anche se, a rigori, la parola giusta sarebbe succo d’uva. È affidato agli uomini il compito di capire.

Non bisogna sottovalutare la scientificità di un testo simile, e qui ce ne rendiamo conto. Qui, per esempio, abbiamo un quaternario e la traduzione ne ha fatto una triplicità. Se non ci si rivolge al testo originario si resta con una triplicità, ma questi sono testi che sono assolutamente esatti dal punto di vista scientifico-spirituale.

Non deve essere stato facile per Steiner tentare di rendere chiari i contesti, i nessi, senza impiegare parole strane. Ci sono infatti delle persone che si bloccano immediatamente non appena sentono la parola corpo eterico, chiudono subito il libro e buttano via tutto. Eppure nessuna scienza può lavorare senza la sua terminologia, la più scientificamente esatta possibile.

16,20 «E tutte le isole scomparvero, e monti non vennero più ritrovati».

E tutte le isole sparirono, e i monti non vennero più ritrovati. Ora, se volete, potremmo chiederci cosa sia un’isola e cosa sia una montagna. Tutte le isole e tutte le montagne, cos’è questa duplicità? Proviamoci assieme.

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Fig. 3,VII

Qui (Fig. 3,VII) c’è un oceano, un mare, e qui c’è l’isola con attorno l’acqua; e qui mettiamo il monte, la Terra con una montagna che viene posta come polarità.

Guardiamo insieme il versetto 20, e che ognuno ci mediti su.

16,20 E le isole scomparvero, e i monti non vennero più ritrovati. I monti non sono scomparsi, bensì: non vengono più ritrovati. Sono le isole a essere scomparse, in greco p©sa nÁsoj tutte le isole, e œfugen cioè fuggirono: ogni isola fuggì. Anche questo verbo è stato reso dal traduttore con scomparve. L’isola fugge. Tutte le isole fuggirono, kaˆ Ôrh e i monti oÙc eØršqhsan non furono ritrovati. L’isola fugge e il monte non viene più trovato. (Fig. 3,VII)

Molto interessante, un vero enigma linguistico. Si tratta di decifrare una terminologia tecnica, perché sono espressioni tecniche che vanno decifrate. E i traduttori non possono procedere in modo arbitrario, devono rispettare il carattere enigmatico così com’è nel testo, perché se traducono: e tutte le isole scomparvero, non è giusto. L’apocalista non dice scomparvero, bensì: le isole fuggirono.

Cos’è l’isola? La parola è identica in latino e ha dato origine al verbo isolare. Che significa? Un processo di individualizzazione. L’isola è sempre un’immagine del singolo Io (soffermiamoci su questo, all’inizio). Ogni separazione viene abolita – fugge. L’isolamento, la separazione, ogni isolarsi, fugge. Cosa rende possibile l’isolarsi? Il mondo materiale, il mondo fisico. E il mondo fisico diventa tale che scappa via, scompare. Viene così sottinteso che quanti ci si vorrebbero aggrappare lo rincorrono, ma lui fugge, il che vuol dire che sparisce la possibilità di separarsi, di isolarsi dagli altri.

Questo è il mistero del singolo, dell’Io individuale. La montagna invece è la terra, la terra fisica. Questo ci aiuta naturalmente, è qualcosa di più facile, se pensiamo alla frase del Vangelo: «Se la vostra fede è sufficientemente forte»[31] – se la vostra forza spirituale, non la forza fisica, è sufficientemente forte – «potrete dire a questa montagna: scompari nel mare», perché, nella misura in cui gli Io diventano sempre più spirituali, non hanno più bisogno di isolarsi. Quanto più le nostre individualità diventano spirituali, tanto meno hanno bisogno di isolarsi. L’isolamento è illusorio. Quindi, ciò che ha il carattere di isola, i corpi isolati, fuggono da noi, e quando i corpi isolati fuggono da noi – questo sono le isole – la domanda è se resta qualcosa, oppure se lo inseguiamo altrimenti non resta niente.

Se l’Io spirituale rimane, l’isolamento tramite il corpo fisico può fuggire, e allora cosa resta? L’unicità spirituale, grazie al fatto che si serba il carattere di individualità.

Con quell’immagine nel Vangelo viene detto: se l’Io nella sua forza spirituale ha sufficiente fede – fede significa fiducia, p…stij – se ha sufficiente fiducia nella forza spirituale dell’Io, e se questo entusiasmo non è tramite l’alcool, ma grazie alla potenza spirituale, se questa fede nella forza dell’Io è abbastanza forte, allora tu dirai a questo monte: scompari nel mare – anche nel mare –, e questo gli succederà, accadrà a lui, all’uomo.

Rudolf Steiner commenta: con l’immagine della montagna ci si è sempre riferiti al mondo fisico, mentre col mare, con l’acqua, al mondo eterico. Quindi, questa frase del Vangelo dice proprio nel senso tecnico e specifico di quel testo – e qui, parlando di Babilonia abbiamo la stessa lingua – che le isole, i corpi isolati scompaiono, e le montagne non vengono più trovate, spariscono.

Grazie all’aiuto dei vangeli impariamo che nel linguaggio tecnico dell’esoterismo cristiano il monte rappresenta il fondamento del mondo fisico solido come la pietra. Niente di meglio del monte può rappresentare ciò che non può essere spostato e che io devo poter circondare. La montagna è un’immagine di ciò che non può venire spostato.

E allora cosa significa che la fede sposta le montagne? Nella misura in cui l’Io fa crescere in sé sempre di più la fiducia nello spirituale, nella forza del pensare, e l’amore per l’uomo conduce sempre di più nella realtà spirituale, cosa succede? Rudolf Steiner lo descrive in migliaia di conferenze: il pensare diventa sempre più libero dal corpo, l’uomo comincia a pensare in modo libero dai sensi, e allora al livello immaginativo il mondo fisico scompare – è sparito! Ma del tutto realmente, nel senso reale della parola. Si hanno percezioni nell’eterico, nel sovrasensibile, nel mare; e la montagna, cioè il mondo fisico, scompare.

A proposito, cosa succede quando moriamo? Esattamente questo. Il corpo scompare, e cosa rimane del mondo fisico? Assolutamente niente. O il defunto ha imparato anche senza il corpo a viversi come uno spirito reale in un mondo spirituale – allora il monte scompare, ma il mare è là – , oppure resta poco da sperimentare.

Si tratta di immagini, due immagini, davvero meravigliose, di come uomo e Terra diventino spirituali. Il carattere della settima coppa è definitivo, uomo e Terra diventano spirituali.

L’uomo non è più isolato, poiché il suo pezzettino di materia scompare – perché è una piccola isola nel mare eterico, una piccola isola (Fig. 3,VII); la Terra materiale è una montagna enorme. Per il fatto che il mondo materiale scompare, il suo pezzettino di materia scompare, l’isolamento scompare e l’uomo vive la comunione spirituale, la comunione nello spirito.

E quando l’intera umanità varca la soglia, la Terra – questo monte del mondo fisico – non viene più trovato, e l’uomo si dice: «Il mondo materiale era la grande illusione, la maya. Ho sempre pensato che fosse la realtà – e invece, cos’è»? Dov’è? Lo si cerca – perché il trovare presuppone la ricerca. Gli uomini che non hanno colto abbastanza la realtà dello spirito – quelli che vanno verso il basso – cercheranno, cercheranno perché non avranno nulla d’altro. E non troveranno più la Terra, perché la terra fisica, materiale, è scomparsa. Cielo e Terra – cielo in quanto percepibile sensorialmente – tutto il sensibilmente percepibile sparisce, e non verrà più trovato.

Anche in questo versetto c’è una polarità, se non lo si legge frettolosamente perché non lo si capisce ma, al contrario, si ha la pazienza di fermarsi e ci si arma di coraggio. Anche se di primo acchito non si trova niente, non fa nulla, basta restare alle immagini.

Chi sa dipingere, per esempio, potrebbe raffigurare questo processo molto meglio di quanto abbia fatto io, e traendolo in immagine sorge l’immaginazione, e qui è duplice: l’isola e la montagna. Quest’immaginazione dell’Apocalisse la prendo sul serio se l’osservo da vicino. Prima o poi mi svela il suo segreto, perché il testo è stato scritto per anime umane e per spiriti umani, e noi tutti lo siamo. Solo che viviamo in un tempo di frenesia in cui abbiamo la possibilità di fare tutto, e non ci resta tempo per occuparci dell’Apocalisse. Se concedessimo tempo al testo, questa polarità Uomo-Terra prima o poi ci salterebbe all’occhio.

La mia è solo una proposta. Ognuno può trovarvi tutt’altri significati, a patto che siano fondati, perché le immagini sono in tal senso inesauribili. La premessa, però, è avere certi fondamenti di scienza dello spirito. Senza questi fondamenti si può anche aver studiato a lungo teologia ma, prima di tutto non si nota la presenza di una duplicità, e poi che si tratta di una polarità. Quando riconosco una duplicità – isola e montagna –, allora deve esserci anche una polarità; vado a cercarla, non mi perdo in aspetti secondari e mi concentro sulla polarità centrale. Uomo e Terra, questa è una polarità importantissima, centrale. E comincio da lì.

Subito dopo, all’inizio del capitolo 17, si parla del mistero della cosiddetta prostituta Babilonia – prostituta è un termine moderno; vedremo poi cosa c’è in greco –, e del fatto che l’apocalista viene portato nel deserto. Eremos è l’essere unitario animico. Egli deve essere portato nell’isolamento interiore, animico; eremos non è più un’isola in senso fisico, ma è la forza dell’uomo di diventare totalmente interiore, di vivere nella sua interiorità. Questo è quanto volevo dire sul versetto 20, per quanto in modo stringato. Quindi, sul fuggire e sul non trovare anch’io sono solo all’inizio della riflessione. Ma certo è che si tratta di una polarità importante. Se la traduzione invece di fuggirono dice: le isole scomparvero, non c’è nessuna possibilità di arrivare alla giusta polarità. Lo ripeto: in greco c’è fuggirono e non scomparvero.

Lo scomparire è materialistico, le cose spariscono. Il fuggire ci spinge a vedere la cosa spiritualmente, perché l’uomo corre, corre, corre – sovrasensibilmente, non fisicamente – per cercare di acchiapparlo, ma gli scappa via. Cioè, il fuggir via presuppone che qualcuno lo insegua. Vedete, un evento spirituale; se dico: sparire mi rifaccio solo a un processo fisico, a qualcosa che sparisce. Constatiamo che le nostre traduzioni, in tempi di materialismo, tendono a materializzare tutto – non è una critica, è il nostro tempo che è così. Fuggire vuol dire: io lo inseguo, e sovrasensibilmente si tratta di rappresentarsi l’essere umano in questa tensione; egli vorrebbe aggrapparsi a quest’isola, egli cerca il corpo, e invece non ha approdo, non ha nessuna realtà e il corpo fugge, fugge, fugge…

Intervento: … .

Archiati: È uno stato permanente. Tu lo insegui, ma non lo raggiungi mai. Fugge via sempre di nuovo, di nuovo, di nuovo.

Intervento:… .

Archiati: è sparito, non c’è più, improvvisamente. Cioè, uno è un processo fisico, repentino, l’altro è animico. E qui non viene trovato – viene rincorso, ma fugge, fugge, fugge… e viene cercato. E la polarità, tra l’altro, diventa vivente: non solo dal lato dell’isola e della montagna, ma anche del fuggir via e del non trovare. Non trovare presuppone che io cerchi, cerchi, cerchi…

Intervento:.. .

Archiati: è naturale, per quanto sia possibile il compito sulla Terra fisica, minerale. La montagna significa: il mondo sensorialmente percepibile. Ora, per non essere troppo precipitoso, vorrei tirar fuori un altro aspetto di questa polarità. Ma vi prenderete una botta quando ve lo dico. Quindi la completo un po’ perché vediate di che polarità si tratta.

Qualcosa fugge via e io lo rincorro, lo inseguo, ma fugge via, sfugge… Questo è un aspetto. L’altro: in una stanza è stata persa una moneta da due euro e io cerco, cerco, cerco, e non la trovo. Osservate la polarità:

• Fuggire … il tempo se ne va!

• Io cerco, cerco, cerco… e non trovo: lo spazio se ne va!

In queste due immagini c’è la fine del tempo e dello spazio. Non c’è niente da fare, perché non potreste cogliere niente di più fondamentale.

Di nuovo, cosa significa: esso fugge? È un movimento nel tempo. E io lo rincorro – io corro nel tempo, nel corso del tempo. Ora, invece, ho un luogo, uno spazio, la Terra fisica. Cerco la montagna nello spazio, nello spazio cosmico. La Terra era il monte. La Terra era la grande montagna, il mondo fisico sulla Terra – questo mondo ora non c’è più, non viene più trovato. Lo spazio sparisce.

Tempo e spazio sono spariti.

Sfuggire: il tempo corre via. In greco c’è davvero questo verbo. E i traduttori dovrebbero essere fedeli, anche quando non si raccapezzano. La montagna non viene trovata. Dov’è lo spazio? Noi siamo nel mondo spirituale, perché il mondo fisico è il mondo dello spazio e del tempo. Ora non c’è più né spazio né tempo, semplicemente in un solo versetto dell’Apocalisse.

Solo che le immagini devono venir ricavate in raccoglimento. E lo ripeto, si può vivere con queste immagini – perché la cosa, naturalmente, dura finché si cerca di penetrare da tutti i lati con la scienza dello spirito di cui disponiamo. E gli artisti ci sono proprio per coltivare queste immagini con devozione. Nella musica, per esempio, cos’è il fuggire? Cos’è la fuga? La fuga è l’esperienza musicale del tempo, dello scorrere del tempo. Questa è la fuga.

E la montagna, cos’è dal punto di vista musicale? Una sinfonia. Questa è una vera montagna, uno spazio; una sinfonia genera uno spazio, uno spazio animico. Viene trovato uno spazio animico, interiore. Nella fuga sperimento il tempo, il trascorrere. Il termine musicale fuga esprime proprio questo. Una sinfonia, invece, non è una fuga, una sinfonia è un mondo!

Intervento: … .

Archiati: bene. E come stanno l’una nei confronti dell’altra? Ci sono delle leggi? Ci sono, non è a caso. Se la prima frase è così, la successiva deve essere così, la terza in quest’altro modo e così via.

Beninteso, mi sono soffermato un po’ su questi versetti, ma se trovate qualcosa di meglio, prego. Da parte mia prendetela solo come traduzione letterale di quel che c’è in greco, nel testo originale. Il testo è importante. Qui si tratta di ciò che Lazzaro-Giovanni, grazie alla sostanza della lingua greca, ci ha regalato. Di questo si tratta. E lo può fare ognuno, perché il testo è scritto per tutti gli uomini. Quel che è saltato fuori non è detto che sia necessariamente la cosa migliore.

Rudolf Steiner ha detto che caratteristica della lingua greca è aver parole che nella loro sostanza hanno una valenza spirituale. Le lingue moderne, tedesco compreso, hanno a malapena qualcosa dello spirituale reale, perché l’umanità è precipitata sempre di più nel materialismo. Significa che anche la traduzione di Lutero è necessariamente una versione animica di una realtà spirituale. Quel che in greco è oggettività diventa soggettivo: queste realtà spirituali vengono rese animiche. E cosa è scomparso? Di un evento spirituale oggettivo resta solo l’esperienza animica, soggettiva, che è qualcosa che poi sparisce.

Ciò che è soggettivo e animico sparisce. È una prospettiva molto soggettiva, perché fuggire è oggettivo, mentre sparire è un fatto soggettivo. Se lo teniamo presente sappiamo a priori che la traduzione, per il modo in cui l’umanità si è evoluta, non può avere lo stesso livello di queste parole greche che per natura hanno una valenza pienamente spirituale.

16,21 «E grandine grossa dal peso di mezzo quintale cadde dal cielo sugli uomini; e gli uomini bestemmiarono Dio a causa di questa piaga, perché era terribile»

E grandine grossa dal peso di mezzo quintale scrosciò dal cielo sugli uomini; e gli uomini bestemmiarono Dio a causa della piaga della grandine; perché essa era molto grande. Abbiamo già spiegato cosa significa il formarsi di neve e ghiaccio. Disegno di nuovo la nostra Terra.

Questa è la Terra. C’è una specie di leggera mineralizzazione mediante neve e ghiaccio; sulla Terra con queste forme di neve e ghiaccio arrivano alcune forze, quelle che fanno calare l’elemento morto nella natura; arrivano le forze della nostra evoluzione morale dei secoli passati. Sono tutte forze che scendono dall’alto. Per ora riferiamoci a dove siamo noi, non a tutta la Terra.

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Fig. 4,VII

Neve e ghiaccio sono sì forze che vengono giù, ma sono leggere. Quando diventano un pochino più pesanti abbiamo la grandine. Cos’è la grandine paragonata a neve e ghiaccio? È un indurimento eccessivo. Si tratta della stessa acqua, solo che come pioggia, quando cade a tratti sui prati, è benefica; e quando questa stessa acqua, che sui prati si distribuisce così meravigliosamente nell’arco di dieci mesi, cade violentemente in dieci secondi, agisce in tutt’altro modo – e immaginiamo che sia la stessa quantità d’acqua, però compattata. Quindi, di nuovo, il tempo è un fattore evolutivo molto importante.

La grandine opera distruggendo anche se, dal punto di vista fisico e chimico, non è nient’altro che neve o ghiaccio. Opera distruttivamente perché, compattato nel tempo e nello spazio, sulla Terra viene giù qualcosa che picchia come un martello, qualcosa che sarebbe benefico se fosse distribuito nello spazio e nel tempo.

Riusciamo a immaginarci il gradino successivo di questo martellamento? Le comete e le meteoriti. Quando l’Apocalisse parla di grandine dice c£laza e noi lo traduciamo così, ma c£laza vuol dire che con la settima coppa dell’ira – e noi siamo alla settima coppa –, la Terra fisica sparisce. L’abbiamo visto con l’isola e la montagna. «Cielo e Terra passeranno». Abbiamo già detto che questo sparire della Terra presuppone un progressivo presentarsi di straordinarie forze di natura. Se così non fosse, come potrebbe sparire la Terra?

Un fattore attraverso cui la Terra viene dissolta nel cosmo consiste in tutte queste comete e meteore. Pezzi di meteoriti che, finché Dio o gli Esseri spirituali hanno voluto che la Terra esistesse, hanno evitato la Terra, e quando si tratta di mandare il pianeta in frantumi cadono sulla Terra. Quando cade una gragnola di grandine su un campo è minacciosa la cosa. Immaginiamo se cascassero enormi frammenti di meteoriti, di comete. E qual è la parola che viene usato subito dopo?

Viene tradotto con: e grandine grossa di mezzo quintale. No, il testo dice: grandine grossa æj talantia…a, e æj talantia…a vuol dire simile al soldo. Talanton era propriamente una moneta di ferro. Ora dal cielo non cade più ghiaccio o neve, e nemmeno normale grandine, bensì ferro – talantaion – cade qualcosa della natura del ferro.

L’uomo avrebbe potuto generare lo stesso ferro nel suo sangue grazie alla forza di volontà micheliana, ma se l’uomo omette di sviluppare la forza di volontà spirituale nel sangue – cioè, viene omessa l’evoluzione della Terra –, invece di votarsi alla spirituale formazione ferrea della volontà, in questa omissione dell’evoluzione della Terra l’uomo viene colpito, abbattuto, dall’elemento del ferro. Significa che ha omesso l’evoluzione della Terra. Perché, qual è il compito della Terra? L’evoluzione delle forze di volontà, delle forze volitive dell’Io.

Tramite cosa l’uomo diventa capace di individualità? Tramite forza di volontà, tramite ferro spirituale. La spada di Michele consiste di ferro spirituale. O sorge l’individualità mediante il ferro spirituale, oppure, quando la Terra ha adempiuto il suo compito, quando tutte le offerte evolutive sono passate, l’uomo viene abbattuto da questa forza di volontà. L’uomo ha omesso di diventare un Io – e un Io lo si diventa solo con forza di volontà.

Tutto questo può essere dipinto, e può anche venir musicato. Perché, a esseri umani che se ne stanno lì come individualità, non fa nulla né la grandine, né le meteoriti e neppure le comete, perché sono diventati uomini spirituali. Chi si busca queste bastonatine mortali? L’uomo che si è identificato, che si è disfatto, nelle forze terrene; l’uomo che si è congiunto con le forze terrene vive questa grandine, questa grandine meteorica e di comete come distruzione dell’unica cosa che gli resta: la realtà fisica. E i conti tornano, perché il fisico viene distrutto. La Terra sparirà per il fatto che, con l’ausilio di Satana – vedremo questa terza controforza –, le stesse orbite planetarie verranno così stravolte che tutti i pianeti diverranno di nuovo una unità. E la Terra sparisce distrutta dalle comete e dalle meteoriti che finora l’hanno evitata – e ne basta giusto qualcuna che la colpisca per mandarla in frantumi.

16,21 E una grandine grossa dal peso di mezzo quintale cadde dal cielo sugli uomini; e gli uomini bestemmiarono Dio a causa della piaga della grandine, perché era molto grande. In greco: Óti meg£lh ™stˆn ¹ plhg¾ aÙtÁj sfÒdra, grande oltre ogni misura, smisuratamente grande. Cioè, di più grande non c’è niente.

Abbiamo visto il terremoto, un terremoto più devastante non c’è stato, quindi è il terremoto definitivo, e di più grande, di più potente, non c’è niente. Qui è lo stesso: si tratta della grandinata definitiva della Terra, per cui essa viene frantumata e scompare.

Intervento:

Archiati: Bene, kat£ significa verso il basso, b£llw significa getto, e ba…nw significa vado; quindi, andare di sotto, verso il basso. Se ci fosse b£llw dovrebbe esserci qualcuno che lancia, perché il buttare giù presuppone che qualcuno lo faccia. E allora la domanda sarebbe: chi fa questo? No, non è così: sono loro (i chicchi di grandine) che cadono.

Se questa grandinata meteorica e di comete venisse gettata giù, sarebbe un continuare ad attribuire alla divinità qualche cosa – in un cristianesimo che ancora non è tale –, il che significa che c’è un dio che punisce, c’è qualcuno che dovrebbe castigare. Che ci sia qualcuno sul tetto che getta di sotto qualcosa, però, è certo che no. È nella legge di natura, è nella legge dell’evoluzione che vengano giù, è nella natura del cosmo. E non c’è nessuno che lancia giù qualcosa per castigare. Questa sarebbe una punizione. Se dicessimo che questa grandinata viene gettata di sotto, dovrebbe esserci qualcuno che lo fa!

17,1 «E venne uno dei sette Angeli, quelli che hanno le sette coppe, mi parlò e disse: vieni, ti farò vedere il giudizio della grande prostituta, che siede presso molte acque»

uno dei sette Angeli, quelli che hanno le sette coppe, mi parlò e disse – facciamo l’ipotesi che sia il settimo Angelo, perché nel settimo ci sono tutti e sei, sono contenuti tutti e sette. Ora, prima del commento, leggo anche i versetti seguenti:

17,2 «Con lei si sono prostituiti i re della Terra; e coloro che vivono sulla Terra si sono ubriacati con il vino della sua prostituzione»

17,3 «E mi trasportò in spirito nel deserto. E vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, che era piena di nomi blasfemi, e aveva sette teste e dieci corna»

17,4 «E la donna era vestita di porpora e di scarlatto, e ornata di oro, di pietre preziose e di perle e aveva in mano una coppa d’oro, piena di abomini e di immondezze della sua prostituzione»

Ecco di nuovo una triplicità: oro, pietre preziose, perle.

17,5 «e sulla sua fronte c’era un nome, un mistero: la grande Babilonia, la madre delle prostitute e di tutti gli abomini della Terra»

17,6 «E vidi la donna ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei testimoni di Gesù. E mi meravigliai molto quando la vidi»

17,7 «E l’Angelo mi parlò e mi disse: perché ti meravigli? Io ti dirò il segreto della donna e della bestia, che la porta, le sette teste e le dieci corna che ha»

17,8 «La bestia che hai visto è stata e ora non è più e salirà dall’abisso e andrà in perdizione. Si meraviglieranno quelli che abitano sulla Terra, i cui nomi non sono scritti sul libro della vita fin dalla fondazione del mondo, quando vedranno la bestia che è stata e ora non è e di nuovo sarà»

17,9 «Qui è il senso che appartiene alla saggezza! Le sette teste sono i sette monti sui quali siede la donna, e sono sette re».

17,10 «Cinque sono caduti, uno c’è ancora, e l’ultimo non è ancora giunto; quando verrà dovrà rimanere per poco»

17,11 «E la bestia che è stata e ora non è, è l’ottava, ed è una delle sette e conduce alla perdizione»

17,12 «E le dieci corna che hai visto sono dieci re, che non hanno ancora cominciato il loro regno, ma diverranno re e riceveranno potere insieme alla bestia per un’ora»

17,13 «Questi hanno solo uno scopo e danno la loro forza e il loro potere alla bestia»

17,14 «Combatteranno contro l’Agnello e questi li vincerà, perché è il Signore dei Signori, e il re dei re, e quelli che sono con Lui sono i chiamati, gli eletti e i credenti»

17,15 «E mi disse: le acque che hai visto e sulle quali siede la prostituta sono i popoli e le schiere e le nazioni e le lingue»

17,16 «Le dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda e mangeranno la sua carne e verrà bruciata col fuoco»

17,17 «Perché Dio ha messo loro in cuore di agire secondo i suoi intendimenti e di avere un solo intendimento, e di consegnare alla bestia il loro regno fino a che sia compiuta la parola di Dio»

17,18 «La donna che hai vista è la grande città, che ha dominio sui re della Terra»

E poi prosegue, al versetto 18,2

18,2 «E gridò a gran voce: è caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata casa del demonio, e prigione di tutti gli spiriti impuri, prigione di ogni uccello impuro e di tutti gli animali impuri e aborriti».

Poi viene descritta la caduta di Babilonia in un modo molto concreto.

Perché l’apocalista ha dovuto dire queste cose in modo così enigmatico? Se prendiamo in mano un libro di fisica e siamo dei principianti o dei dilettanti in materia, può sembrarci apocalittico, criptato. Quando si parla del futuro bisogna stare attenti, proprio per proteggere la libertà. È molto importante.

Intervento:

Archiati: variazioni sono possibili, cioè, le cose possono essere interpretate in molti modi – c’è più di un significato, naturalmente. Questo è molto importante in relazione alla libertà, perché sul futuro abbiamo soltanto il diritto di dire ciò che non lede la libertà, ciò che non limita la libertà. In altre parole, possiamo dire qualcosa sulle leggi evolutive, cioè sulle condizioni necessarie per stadi ulteriori, ma nulla su come l’uno o l’altro si comporterà, perché questa è una faccenda della libertà.

Quando Steiner si ammalò e ci si rese conto che prima o poi sarebbe morto, alcune persone cominciarono a speculare, perché volevano sapere: «Cosa dobbiamo fare dopo la sua morte?». Poteva dirlo lui? No. Sarebbe stata subito una lesione della libertà degli individui. Una volta lui è stato zitto, la seconda altrettanto, la terza si è girato verso la parete e quando Ita Wegman ha insistito le ha risposto che dopo la sua morte avrebbe operato il karma. Una profezia molto chiara, piena di significato. Quindi, in favore della libertà.

Ma c’è anche un altro aspetto: se fosse possibile dire in forma molto semplice le cose difficili, più profonde, cioè quelle che abbracciano i più diversi aspetti della realtà, allora non ci sarebbe complessità. E se il mondo non avesse complessità, il tutto sarebbe noioso. Il mondo è interessante perché è inesauribile nella sua complessità. Spazio, tempo, storia, evoluzione si dipanano nel tempo e l’uomo non giunge mai alla fine nella scoperta di questa complessità. Quindi, l’Apocalisse vuol dire: impara a goderti di più il difficile, piuttosto che il facile. Perché se vuoi accontentarti di ciò che è facile, avrai molto poco da godere. È evidente. Le persone che vogliono tutto facile, cos’hanno da godere? Molto poco.

Va bene che i segreti più profondi dell’evoluzione vengano scoperti frammento dopo frammento con la conoscenza spirituale, masticandoli coi denti; allora hanno valore, allora sono conquiste della libertà. La scienza dello spirito di Rudolf Steienr, tra l’altro, è fatta apposta perché sulla scorta dell’Apocalisse ci si faccia i denti e la si mastichi. E per questo ci vogliono i denti del pensare. Lo spirito umano non è stato creato per avere tutto facile – e questo non sarebbe un complimento, un apprezzamento. Viviamo in un tempo di poltroneria spirituale. Questa è la nostra miseria. Gli esseri umani che cosa lamentano di non avere? Abbiamo tutti abbastanza – tutto! –, ma diventiamo troppo poco.

Perciò abbiamo fatto quel piccolo esercizio su questo versetto, davvero solo un frammento nell’oceano dell’Apocalisse, dove s’è trattato dell’isola e della montagna. Se uno lo facesse per ogni dettaglio, sarebbe una gioia senza fine, perché la gioia dello spirito è la scoperta. E per poterle scoprire, le cose debbono essere nascoste.

Cosa significa apokalypto? Nascondere, per dare agli uomini la gioia dello svelare. Apokalypto significa scoprimento, rivelazione. Ma non possono essere rivelate che le cose nascoste. L’Apocalisse è di nuovo un rivestire, un occultare, le cose – ed è una rivelazione del nascosto: l’apocalista svela i misteri dell’evoluzione, ma li decifra nascondendoli. E ci si chiede: li decifra o li occulta? Ognuno deve decifralo da sé!

Apokalypto significa rivelazione. È come con le uova di pasqua che in Germania vengono nascoste ai bambini: qual è il presupposto per avere la gioia della scoperta? Che siano ben nascoste. Se non lo sono non c’è gusto, diventa noioso perché si trovano subito. L’Apocalisse è un uovo di Pasqua, ben nascosto. Nascosto amorevolmente però, perché quando si tratta di mandare i bambini a cercare le uova non si vuole che non trovino niente – questo non sarebbe amore per i bambini. Si vuole che le cerchino, e al tempo stesso non deve essere troppo facile, altrimenti non c’è lo spasso!

Così gioca lo spirito divino con lo spirito umano: è un nascondino, esattamente un nascondino. Nelle fiabe è contenuto molto della qualità di questo gioco tra Dio e uomo.

Lo spirito divino crea. Lo spirito divino non può propriamente scoprire, perché per lui le cose non sono nascoste. Scoprire vuol dire che qualcosa è nascosto. Lo spirito divino inventa cose che non c’erano, noi invece non possiamo escogitare quello che non c’è – le cose devono esserci già, il buon Dio le ha create, solo che le ha coperte. La forza del nostro spirito non consiste tanto nel creare cose nuove, perché le cose ci sono già – solo che sono nascoste per dare allo spirito umano la possibilità di scoprirle. Proprio perché lo spirito umano scopre sempre meglio le invenzioni della divinità, diventa lui stesso sempre più inventore. Diventa egli stesso capace di creare cose nuove, ma solo a poco a poco. E si esercita nella misura in cui scopre quello che la divinità ha inventato.

Che differenza c’è tra un’invenzione e una scoperta? L’invenzione non c’è già; la scoperta, invece, già c’era, ma nessuno l’aveva scoperta. Quindi, lo spirito umano si esercita a diventare inventore via via che si dà da fare per scoprire. E cosa significa percezione e concetto? Nella percezione ho la velatura, il nascondino, e nel ritrovamento del concetto scopro i pensieri della divinità nel creare le cose. E con questo esercizio della scoperta nel pensare, del trovare i concetti, i pensieri, che la divinità ha pensato, l’uomo diventa sempre più inventore.

L’uomo può inventare qualcosa di nuovo? Non nella conoscenza, perché lì può solo scoprire; non può inventare ciò che Dio ha già inventato. Nella conoscenza l’uomo è uno scopritore. E dove può essere inventore? Nell’amore! Nella fantasia morale dell’amore, lì può avere idee che nessuno spirito prima di lui ha afferrato. Lì diventa inventore. Tutto questo è stato pensato in modo molto raffinato.

Prendiamo La filosofia della libertà: nella prima parte, nel monismo dei pensieri l’uomo è uno scopritore. Non può produrre altri pensieri che quelli già pensati dalla divinità, altrimenti l’uomo sarebbe meglio di Dio. L’uomo, provocato dalla percezione, scopre i pensieri che la divinità ha pensato. Anche l’Apocalisse è un viaggio di scoperta per aiutare gli uomini in modo che con l’esercizio della scoperta diventino spiritualmente sempre più creativi nell’ambito in cui hanno la capacità di trarre fuori qualcosa di completamente nuovo: le intuizioni dell’amore.

Perché il modo in cui un uomo decide di amarne un altro non è mai stato vissuto da nessuno. Come potrebbe essere altrimenti?

Il pensare è la forza della scoperta e il cuore, l’amare, è la forza dell’invenzione.

Ottava conferenza
Sabato 20 novembre 2004, mattina
vv. 17,1-7

Cari amici!

Siamo arrivati al diciassettesimo capitolo, quello in cui si parla della famosa prostituta Babilonia. Sono sicuro che avete resistito fin qui pieni di curiosità e di impazienza per ascoltare, finalmente, e conoscere tutto di lei. Vi ho già detto che per il mondo protestante la prostituta Babilonia che siede su sette colli è la Chiesa di Roma. Vedremo che nell’Apocalisse la questione è un po’ più complessa rispetto al dire semplicemente: si tratta di Roma, della Chiesa cattolica.

Cominciamo con un orientamento di fondo sul concetto di prostituta, perché vogliamo procedere in modo scientifico-spirituale pulito. La prostituta non è una donna, è l’anima. Questo è il primo aspetto che va messo in chiaro. In primo luogo, dunque, una riabilitazione del mondo delle donne, perché nel mondo degli uomini – e il mondo clericale è quasi solo maschile, soprattutto quello cattolico – la prostituta è sempre associata a una donna. Potete star certi che l’apocalista non ha mai pensato a una donna e, tra l’altro, Babilonia è una città, e questo non ha nulla a che fare con la donna.

Quindi, questa prostituta Babilonia è un’immagine dell’anima, e l’anima appartiene tanto all’uomo quanto alla donna e non ha nulla a che vedere con maschio e femmina. Si tratta dell’evoluzione dell’essere umano. In greco c’è pÒrnh, da cui viene la parola pornografia. Ora il testo diventa più difficile per noi uomini d’oggi, perciò ho deciso di procedere in modo più scientifico-spirituale, soprattutto per avere un orientamento, altrimenti il testo diventa troppo complesso. Prendetelo come stimolo a lavorarci su, perché non intendo la mia interpretazione come l’unica possibile. Con l’aiuto della scienza dello spirito di Rudolf Steiner cercherò di descrivere le cose in modo da afferrare il concetto di pÒrnh, per lo meno nella sua essenza.

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Fig. 1,VIII

Supponiamo che questo sia il significato semantico allargato del concetto di prostituta, poi dobbiamo coglierne il nocciolo, vale a dire l’essenza, e poi i contorni. Grazie all’essenza si capisce in che direzione sia possibile muoversi, e una volta colta l’essenza ci si può spingere anche alla periferia. Il testo poi lascia a ognuno, nella sua meditazione, nella sua vita, a seconda delle condizioni della sua biografia, la possibilità di cogliere i diversi aspetti di questa tentazione primigenia dell’anima a diventare prostituta.

Allora, qual è il nocciolo della questione?

Il concetto di pÒrnh è quello dell’anima che si congiunge con chiunque in base a simpatia e antipatia. La prostituta non è una disfa matrimoni. Una rompi matrimoni lascia uno e va con l’altro, la prostituta invece si unisce con tutti. Quindi è la tentazione dell’anima, non di anelare allo spirito seguendo una direzione oggettiva, bensì di congiungersi in base alla momentanea simpatia e antipatia con le situazioni più diverse, prendendo quel che le serve e lasciando quel che non le piace più. Questa è la prostituta, perché la prostituta si unisce con gli uomini più diversi – se ora colleghiamo l’immagine a una donna. L’immagine, infatti, è presa dalla prostituta esteriore, ma in quanto immagine essenziale dell’anima che si unisce a piacere secondo la propria personale simpatia e antipatia. Credo che il concetto in quanto tale sia facile da afferrare e può significare di tutto. Per esempio: ieri eri amico suo e oggi, siccome «non mi serve più» o «non mi interessa più», ti accompagni con qualcun altro.

Questo è come in termini scientifico-spirituali potrebbe venire intesa quest’immagine dell’Apocalisse. Prostituta, infatti, è un’immagine: una donna che si congiunge con molti uomini. Ora si tratta di trasformare l’immagine in concetto, si tratta cioè di coglierla nella sua essenza, nella sua universalità, in modo che sia davvero un’immagine della tentazione primigenia dell’anima.

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Fig. 2,VIII

La forza buona dell’anima è la fedeltà allo spirito. E la tentazione è il cedere dell’anima alla controforza, invece di mantenere una fedeltà allo spirito. Adesso usiamo ancora questa terminologia del connubio, dell’unione coniugale, perché il concetto di prostituta appartiene a quest’ambito terminologico. Quindi, fedeltà al consorte vuol dire sempre fedeltà allo spirito. (Fig. 2,VIII)

Cosa sarebbe allora il pervertimento di questa fedeltà dell’anima allo spirito? La prostituzione, l’unirsi con chiunque. Dico cose comprensibili o che non si capiscono? Bene, allora l’essenza del fenomeno è colta.

Ognuno di noi, ogni anima, si trova in questa scelta, se mantenere quest’orientamento dell’anima nei confronti dello spirito, oppure no. Se conservare fedeltà allo spirito, oppure voltargli le spalle. E lo spirito ha qualcosa da dire all’anima, da offrirle, perché lo spirito vuole sempre il bene dell’anima, e naturalmente in questo sta la differenza tra anima e spirito. Lo spirito è la totalità del bene dell’anima, e quando l’anima diventa infedele allo spirito si perverte.

L’ho espresso anche così – un altro aiuto alla comprensione: noi abbiamo spirito, anima e corpo; lo spirito è libertà, creatività; il corpo è necessità di natura, determinismo in base a leggi di natura; e l’anima sta nel mezzo. L’anima può orientarsi verso lo spirito, può cercarlo, oppure può perdersi nelle leggi di natura. Per esempio, quando l’anima si vota al corpo – cos’è il godimento corporeo? Il godimento è nell’anima, solo che l’anima gode in base a quanto emerge dal corpo. Dunque, il concetto di prostituzione è quello dell’anima che si vota, si consuma nel corporeo, si lascia andare e vorrebbe vivere soltanto ciò che sale dal corpo, dalla natura, dalla materia: istinti, impulsi, desideri, qualunque essi siano. Questo è il concetto di prostituzione. Nel corpo, infatti, nel mondo della natura, sono presenti – come posso dire – i più diversi consorti. La fedeltà allo spirito, invece, è l’evoluzione buona dell’anima. Possiamo rappresentarcelo anche così. Questo valga come orientamento per entrare ora nel testo.

Siamo all’inizio del capitolo 17.

17,1 «E venne uno dei sette Angeli, quelli che hanno le sette coppe, mi parlò e disse: vieni, ti farò vedere il giudizio della grande prostituta, che siede presso molte acque»

E venne uno dei sette Angeli che avevano le sette coppe – supponiamo che sia il settimo Angelo, il quale li riassume e li include tutti – mi parlò e mi disse: vieni, voglio mostrarti il giudizio sulla grande prostituta, che siede su molte acque.

Vedremo che nel versetto 15 viene detto: E mi parlò dicendo: le acque che tu hai visto, e sulle quali siede la prostituta, sono i popoli, le moltitudini, le nazioni e le lingue. Significa che quest’anima, l’anima umana, siede, è congiunta col mondo corporeo, e quali che siano i popoli, le lingue e così via, nell’anima dell’uomo emergono i più diversi impulsi. Quindi, l’anima può includere tutto ciò che in quanto gruppo giunge dalle lingue, perché dapprima l’anima è una realtà di gruppo: l’anima riceve il carattere di gruppo dal corpo, dal mondo della natura, e può impiegare questo fattore di gruppo delle lingue, dei popoli, delle nazioni, dei luoghi geografici, come strumento per tendere allo spirito; oppure può omettere di anelare allo spirito, può farsi prendere dal corpo e allora vuole vivere e godere solo ciò che sale da sotto. Quindi, essa poggia sul corporeo, sulla natura. L’anima si fonda sulle forze di natura e ha la possibilità – perché sta in mezzo – di usare tutto il corporeo come strumento per anelare allo spirito; oppure può diventargli infedele, la sua aspirazione allo spirito può venir meno, e l’anima precipita sempre di più.

Ecco qui l’immagine: siede sui fattori di natura, ci si siede sopra, siede su tutte le forze di natura che si esprimono nel carattere di popolo, di nazione, di lingua, in tutto quel che è fattore di gruppo. L’anima riceve dal mondo corporeo il suo carattere di gruppo, mentre nel suo anelare allo spirito s’individualizza sempre di più, perché lo spirito è individualizzazione. Mediante lo spirito l’uomo diventa sempre più un Io, si individualizza sempre di più.

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Fig. 3,VIII

In tutto ciò che è fattore di natura c’è il carattere di gruppo. Il gruppo, ciò che è comune, è buono o cattivo? Dipende da come l’anima vi si rapporta. Se il fattore di gruppo, di comunanza, aiuta l’essere umano a diventare sempre più individuale, allora è bene. Se il fattore di gruppo si accaparra l’individuo, lo inghiottisce e ne fa uno strumento, allora è male, moralmente male, perché l’essere umano proprio in quanto individuo non viene favorito.

17,1 … vieni, voglio mostrarti il giudizio sulla grande prostituta, che siede su molte acque: l’evoluzione dell’anima che siede, entra in relazione con le acque più diverse, e l’acqua è l’elemento naturale fisico ed eterico. Cosa significa che io ti mostro il giudizio? Significa che io, caro apocalista, ti mostro che fa parte dell’evoluzione umana che l’uomo sperimenti il giudizio – in greco kr…ma, kr…sij. Quale vocabolo deriva da krisis? Il criterio. Il criterio è il metro di distinzione. Come distinguo la destra dalla sinistra? Devo avere un criterio. Cosa distingue la lingua italiana dal tedesco? Devo avere un criterio per sapere cosa appartiene all’italiano e cosa appartiene al tedesco.

Quindi, caro apocalista, ora apprendi, cioè ti viene dato il criterio per sapere in che modo l’anima venga giudicata. O l’anima viene indirizzata verso l’alto e quindi salvata –Faust direbbe: orientata verso l’alto secondo lo spirito, il che è la salvezza dell’anima, ed essa viene salvata – oppure viene indirizzata verso il basso, e quindi rovinata. L’anima va in rovina perdendosi nel punto più basso dell’evoluzione – cioè il corporeo.

L’andare in rovina in tedesco è zugrunde gehen, e cosa ci dice il Genio della lingua tedesca? Non tanto il fatto che si vada verso i fondamenti (Grunde), ma che si va ancora più giù, verso i sostrati (zugrunde) di natura, verso l’ambito delle necessità di natura e ci si perde in esse. L’anima che diventa mero fattore di natura, infatti, va in rovina, si identifica così tanto con la base dell’esistenza da perdersi.

Cosa voglio dire con questo? Che senza una scienza dello spirito oggettiva, pulita, il cristianesimo tradizionale non va avanti nella spiegazione di un testo come l’Apocalisse. Con la traduzione vieni e ti mostro il giudizio della prostituta Babilonia, c’è un mare di sgomento, di angoscia, brividi e tremori; e con prostituta Babilonia, invece di prendere il concetto pulito, si è quasi sempre pensato alla sfera sessuale. Tra l’altro il sesso – il luciferico, in senso scientifico-spirituale – è l’esercizio più modesto di prostituzione. Il potere, il rapporto col potere, è un grado ancora più profondo di prostituzione.

Il cristianesimo tradizionale ha bisogno davvero dell’integrazione di una scienza dello spirituale. Prima di tutto questo vieni e ti mostro il giudizio non è lì per generare sgomento e paura, ma vuol dire: ora tu impari il criterio – tÕ kr…ma. Perché affermare: «vieni e ti mostro come la prostituta Babilonia s’è presa una bastonata e ora è morta e distrutta» non spiega niente all’essere umano; egli non ha ancora capito perché sia andata così e perché questo esito sia karmicamente così giusto – se così non fosse, infatti, avremmo distrutto la libertà, non ci sarebbe stata nessuna libertà.

Quindi nell’Apocalisse abbiamo sempre e soltanto a che fare con concetti scientifico-spirituali puliti, oggettivi, descritti in immagini, e che invece vengono interpretati – lo dico ancora una volta – in modo troppo moraleggiante e superficiale per incutere sgomento e paura negli uomini. Ma questo non ci porta avanti, andiamo avanti solo con la conoscenza!

Ti mostro il criterio dell’evoluzione. Adesso impara l’essenza del criterio per cui gli uomini si separano dallo spirito: il criterio è che l’anima ha possibilità di scelta, o di andare verso l’alto, verso lo spirito, o di andare verso il basso. Questo è il criterio del bene e del male. Ti mostro, sulla falsariga della fenomenologia dell’anima, come l’anima possa divenire prostituta, e questo è il cammino evolutivo che si indirizza all’autodistruzione – e questa possibilità deve esserci, altrimenti non ci sarebbe la libertà.

E poi, dopo che in questo capitolo l’apocalista ha contemplato nei particolati le leggi in base alle quali l’anima si prostituisce, cioè si perde andando in basso, ecco che compare con la fenomenologia della nuova Gerusalemme, l’altro lato del criterio, l’altro aspetto del giudizio in base al quale l’anima va verso l’alto. Un testo sempre più scientifico-spirituale.

17,2 «Con lei si sono prostituiti i re della Terra; e coloro che vivono sulla Terra si sono ubriacati con il vino della sua prostituzione»

Si è prostituita con i re della Terra, Dunque adesso sono i potenti della Terra che prostituiscono l’anima. Re della Terra: questo è il potere terreno.

Io cerco sempre di dire l’essenziale, il nocciolo, delle cose, in modo che ognuno possa farsi i suoi pensieri e non dica subito: «Sì, ma potrebbe significare anche questo!». Quando l’interpretazione è abbastanza ampia senza diventare arbitraria, in modo da cogliere l’essenziale nel modo più preciso possibile in un contesto che sia il più possibile vasto, allora è chiaro che ognuno può cogliervi i più diversi aspetti.

Ora, per quanto riguarda i Re della Terra – io intendo i poteri terreni, e non solo il potere di un George W. Bush –, ogni anima deve avere la continua tentazione in base al potere terreno; e, al posto di potere terreno, posso usare anche un’altra espressione: l’essere subordinati alla ricerca del successo, ciò che l’uomo cerca sempre nel successo terreno, esteriore.

potere terreno

successo

Il vero successo dell’evoluzione, infatti, è il progresso dell’anima, è il fatto che l’anima si unisce sempre più con lo spirito – che poi si abbia successo terreno o meno, è irrilevante. Allora sì che l’anima resta fedele allo spirito. Nella misura in cui per l’essere umano diventa importante conseguire qualcosa sul piano terrestre, deve sapere che deve scendere a compromessi con lo spirito. È quel che c’è qui: re terreni, signori sulla Terra.

Vediamo che questa tentazione dell’anima di raggiungere qualcosa, questa tentazione di mostrare all’essere umano che gli è possibile, è la tentazione del potere. E appartiene all’evoluzione che ognuno vi sia esposto. Un’anima che si rispetta deve avere la tentazione di valer qualcosa sulla Terra, deve essere costantemente in conflitto con questa forza, perché per noi – per l’anima umana che all’inizio è in uno stato di caduta – è ancora cosa da poco valer qualcosa nello spirituale. Dapprima nello spirituale si vale ancora troppo poco, e poi, quando si vale qualcosa nello spirituale, si ha troppo poco riconoscimento sulla scena di questo mondo. Questa controforza, questa tentazione deve esserci.

Ci sono molte persone che vivono tutta una vita con questo tipo di psicologia: «Io sono un fallito». Ne conosco molti. Cosa vuol dire «Io sono un fallito»? Dove sei un fallito? Forse sulla scena di questo mondo – ma questo è del tutto ininfluente. Essere un fallito nel mondo spirituale, questo sì, naturalmente, sarebbe motivo di preoccupazione. Ma cosa vuol dire: «Sono un fallito?». Cosa vuol dire che lui è un fallito? Che l’attenzione è rivolta esclusivamente al potere terreno, al successo mondano.

Con questo, cari amici, non voglio dire che il successo terreno non esista. Non è detto. Il potere terreno come condizione necessaria per procedere anche e tanto più spiritualmente è una cosa; e tutt’altra è se il potere terreno mi impedisce di conseguire risultati spirituali. Torniamo ancora una volta al criterio: «Vieni, ti mostro il criterio dell’evoluzione dell’anima», e il criterio non è che dobbiamo disprezzare le realtà terrene. No, il criterio è la realtà terrena, il visibile, come strumento per il progresso dello spirito e dell’anima, e allora è buono. Se il fattore terreno, ciò che io raggiungo sulla Terra, ostacola l’evoluzione della mia anima verso lo spirito, allora non è buono. Questo è il criterio.

E qui vediamo come l’Apocalisse ci introduca subito in questo fattore arimanico del potere, perché naturalmente esso afferra molto più in profondità di quanto facciano le forze sessuali – questo è un fatto personale. Il modo in cui veniamo alle prese col potere, invece, ha a che fare con questo: fino a che punto noi ci rendiamo reciprocamente sempre più liberi, o asserviti. La prospettiva tradizionale della Chiesa, che ha messo la prostituzione in relazione quasi solo col fattore sessuale, ci dice quanto sia diventato ottuso il cristianesimo invalso finora. Ci mostra che questo cristianesimo e la teologia hanno perso la possibilità di aprir bocca in proposito – come per altro è avvenuto. La Chiesa cattolica, infatti, ha enfatizzato in modo esagerato la castità – e negli ultimi tempi s’è visto che anche lì la cosa zoppica –, e il potere terreno ha goduto di considerazione ancora maggiore, se posso dire così.

Vediamo allora quale portata assuma trattare lo spirituale con un testo simile, così esatto dal punto di vista scientifico-spirituale. Quindi, il primo livello di prostituzione è l’infedeltà, il diventare infedeli allo spirito a causa del potere terreno, e questo è ben più cruciale rispetto a quando, per esempio, l’essere umano lotta personalmente nella sua interiorità con le forze sessuali – finché resta una faccenda personale.

La scienza dello spirito fa una distinzione: chiama una prospettiva il luciferico, ed è la prospettiva più ristretta di prostituzione – quindi il luciferico è più personale, più interiore; e chiama l’altra l’arimanico – e l’arimanico è più una categoria terrestre che riguarda i rapporti tra esseri umani. Questo ambito diventa moralmente molto più importante, perché con l’arimanico abbiamo a che fare col modo in cui reciprocamente ci aiutiamo oppure ci ostacoliamo nella tensione allo spirito.

17,2 Si è prostituita coi re della Terra – perché solo coi re? Se fosse una prostituta in senso tradizionale, perché si prostituisce solo coi re? Quindi, tutto il testo dimostra di non consentire un’interpretazione modesta, superficiale.

Si è prostituita coi re della Terra, e che abitano sulla Terra – ma sulla Terra abitano tutti gli uomini – ubriachi del vino della sua prostituzione. Questo vino della sua prostituzione è il contenuto dell’anima, è ciò che essa diviene con le forze che riceve dal basso. Il vino della prostituzione è l’anima che viene spinta dal basso, quindi dal corporeo, dai desideri in base al successo terreno – perché il successo terreno è da sotto, è mosso dall’esteriore. In questo modo l’anima diventa sempre più fattore di desiderio, si orienta sempre più secondo le sue brame.

Spiegherò questa prostituzione su tre livelli, quindi ancora più esattamente, sulla scorta delle virtù platoniche. A quel punto avremo un criterio più completo, però volevo andare avanti ancora un po’ col testo in modo che ne ricaviate fondamenta più ampie e la cosa non appaia troppo astratta.

17,2 … e gli abitanti della Terra, che sono diventati ubriachi – questa è la necessaria controforza che giunge nell’anima dal basso – del vino della sua prostituzione.

17,3 «E mi trasportò in spirito nel deserto. E vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, che era piena di nomi blasfemi, e aveva sette teste e dieci corna»

E mi portò nello spirito nel deserto, perché la visione aveva annunciato: vieni, e ti mostro la krisis della prostituta Babilonia. Quindi noi ci siamo ancora dentro. E ora dice: ed egli, questo Angelo, mi prese e mi portò in ispirito nel deserto. Questo nel deserto – œrhmon , alcuni di voi lo sanno grazie a Steiner, non è un luogo fisico, perché nello spirito non c’è nessun deserto fisico. Cos’è il deserto nello spirito? œrhmoj è la solitudine dell’anima.

œrhmoj (eremos)

L’anima eremitica è l’anima che si sente completamente sola al mondo, senza patria. Sola significa: quel che mi offre il mio popolo non mi basta; quel che mi offre la Terra non mi basta; quel che mi offre il corpo non mi basta. Quand’è che l’anima sperimenta la solitudine dell’Io? Nel momento in cui avverte che soltanto lo spirito le basta. Tutto ciò che viene da sotto la rende sola, vale a dire, non vi trova il suo consorte, lo spirito. La solitudine, infatti, vien meno quando l’anima sposa lo spirito.

L’apocalista dice: io fui condotto in ispirito nel luogo spirituale del deserto. Vale a dire: attraverso l’esperienza di solitudine dell’uomo quando questi anela all’Io, allo spirito, perché tutto ciò che giunge da sotto non gli basta. Attraverso quest’esperienza interiore tu capirai, tu avrai il criterio di giudizio della prostituta Babilonia. In altre parole, cos’è il criterio per capire cosa e perché quel che vien da sotto rende infelice l’anima? Posso saperlo solo se faccio l’esperienza di ciò che rende felice l’anima, di che cosa non la rende più sola. Se non faccio mai l’esperienza di come l’anima vinca la solitudine e diventi felice, non avrò mai il criterio per capire perché l’anima sia infelice con tutto il resto. Il criterio del negativo, il criterio della conoscenza del male può essere solo l’esperienza del bene. Il male è l’esperienza che mi porta ad affermare: «Questo non mi basta, questo mi rende solo, infelice!». Ma basta questo per sapere perché? Una cosa, infatti, è essere infelici e un’altra è sapere il perché e come uscirne. Nessuno può accontentarsi di essere infelice.

Basta essere infelici per sapere come uscirne, oppure bisogna sapere perché si è infelici e come si diventa felici? Il criterio può essere soltanto sapere in che modo l’uomo diventa felice. E questo criterio viene illustrato con due immagini: in ispirito nel deserto, nella solitudine dell’anima. Qui, spirito e solitudine dell’anima: eremo. Vuol dire che ora l’anima fa l’esperienza che andando in basso è abbandonata, infelice, insoddisfatta. L’uomo, però, deve evolversi fino al punto in cui tutto quanto è terreno non gli basta, ed è allora che sperimenta la solitudine dell’anima. Questa solitudine animica è la forza dell’Io in cui scompare tutto quel che è di gruppo, perché non basta più quale contenuto dell’anima, e si fa strumento dell’anima stessa. Questo contenuto è qualcos’altro, non riguarda più la natura, non è proprio dell’anima, bensì è strumento per tendere allo spirito.

C’è un duplice aspetto: l’anima fa l’esperienza della solitudine, della solitudine dell’Io, perché avverte la mancanza dell’Io, dello spirito; e sentendo questa mancanza dell’Io vive solitudine, eremos: è sola, perché tutto quel che è di gruppo, tutto quel che giunge da sotto, tutto il fattore di natura, tutto il corporeo, non le basta più.

Tutto questo che ho cercato di presentare in modo un po’ più articolato, viene detto in due sole parole: mi portò in ispirito nel deserto. Ora ricorriamo solo all’immagine del deserto. Cos’è il deserto nello spirito? È la solitudine dell’anima.

Questo è il criterio, la relazione fra l’anima e lo spirito, perché nel momento in cui l’anima si muove nella dinamica evolutiva dello spirito, si sente infelice in rapporto a tutto quanto viene da sotto. Questo non le basta, cerca di più, cerca lo spirito.

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Fig. 4,VIII

17,3 E mi portò nel deserto dello spirito – per l’esperienza della solitudine animica – e io vidi: ora egli vede l’anima e può spiegarne davvero la fenomenologia; l’anima quale spada a doppio taglio dell’evoluzione, perché essa può muoversi sia verso l’alto sia verso il basso. … E io vidi una donna, questa è l’anima di ogni essere umano.

Negli scritti sacri tutto l’animico viene sempre rappresentato ricorrendo al femminile. Tutto lo spirituale, invece, viene rappresentato in termini maschili. Era una cultura patriarcale, se vogliamo, ma può valere anche come complimento per le donne, perché saltano fuori sempre e di nuovo tante forme di sensibilità.

Negli Stati uniti, in particolare, c’è un movimento femminista che è riuscito a rendere in forma maschile-femminile tutto quel che nella Bibbia si presenta al maschile, per esempio: «And God created the world and he-she», cioè tutto viene espresso ricorrendo al pronome maschile e femminile he-she. E così: «And he-she saw everthing was ok», riporta sempre he-she, perché non è possibile che sia solo he. Basterebbe solo avere un briciolo di coscienza storica: un tempo l’umanità era così – e oggi non è molto meno patriarcale –, e da questo clima culturale la lingua ha assunto le sue forme espressive.

L’essenziale per noi è sapere che tutto il femminile sta per l’anima, e tutto il maschile sta per lo spirito. Se ci concentriamo sull’anima e sullo spirito tutto quel che si riferisce alla differenziazione sessuale tra uomo e donna sparisce, perché si tratta dell’umano. Ogni essere umano ha un’anima e ogni essere umano anela allo spirito. Non c’è bisogno che le donne si sentano tirate in ballo, altrimenti, se rimaniamo alla distinzione uomo-donna, non ritroviamo più il livello su cui è posta la riflessione.

17,3 E vidi una donna – l’anima dell’essere umano – che sedeva su una bestia scarlatta. Questo star seduta è un’immagine dello star fermi, del fatto che l’anima non evolve in direzione dello spirito. Se anela allo spirito, infatti, non può stare seduta, deve muoversi, deve evolversi. L’aspirazione al godimento dell’anima è la controforza necessaria. Ciò che è libero, infatti, non deve esserci, e non arriva da sé; l’autogodimento arriva da sé, lo dà la natura, e il sedersi sulle forze di natura lasciandosi condurre da esse non richiede nessuno sforzo da parte dell’uomo.

Come mai ciò che è libero non arriva in automatico? Perché altrimenti non sarebbe libero! Mi spiace, ma non può essere diversamente, e se quanto è libero non arriva da sé, bisogna impegnarsi un po’. Vale la pena impegnarsi? Osserviamo la psicologia umana, perché vale per tutti, e anche noi ci siamo dentro. Psicologicamente qualcuno si dice: «Ma se con questa scienza dello spirito devo faticare, allora ricorro a qualcos’altro. Chi lo dice che sono infelice se mi affido soltanto alle forze di natura?».

Come sarebbe la cosa se l’uomo affidato alle sole forze di natura fosse felice? Vorrebbe dire che il buon Dio si è sbagliato, perché aveva pensato di aver fatto l’essere umano in modo che senza l’esperienza della libertà, e senza il carico della fatica per conseguirla, fosse infelice. La divinità aveva pensato: creo l’uomo fatto così che diventi totalmente infelice se non rivendica nessuna libertà e si rimette solo agli impulsi di natura – e ora, invece, c’è un sacco di gente che dice: «Io sono completamente soddisfatto!».

A questo punto, la Chiesa ha forse il diritto di moraleggiare dicendo che questa gente bara? Questo è il punto in cui il moralismo diventa ricattatorio al massimo, perché nessuna Chiesa ha il diritto di dire: «Tu bari!». Se quello si sente felice, si sente felice. Punto. E se Dio ha ragione, dobbiamo aspettarci che verrà un momento in cui non sarà più così felice. Ma deve dirlo lui, questo è il punto cruciale della faccenda. Nel momento in cui dirà: «Ah, sono depresso, non sono per niente felice!», bene, allora provi qualcos’altro – ma solo se è lui a volerlo. O Dio ha fatto le cose per bene – cioè ha creato l’essere umano in modo che deve darsi da fare, deve impegnarsi quando sceglie la libertà perché altrimenti non è felice –, oppure i conti non tornano. Non abbiamo bisogno di una Chiesa che ricatta le persone, abbiamo bisogno solo di avere un po’ di pazienza. Il buon Dio, già da molti millenni, pazienta con noi e aspetta: vuoi provare ancora una volta se sei felice senza tendere allo spirito? Prego, fai pure. E puoi anelare allo spirito solo frammento dopo frammento, altrimenti non si tratta dello spirito. Se lo fai perché lo devi, allora è la parte peggiore dell’anima, non lo spirito. Fare il bene per dovere, per sottomissione, è male – è tutt’altro che bene!

L’Apocalisse è un testo liberante da tutti i punti di vista, perché vi si respira l’oggettività delle leggi cosmiche. Si tratta solo di capirla sempre meglio.

17,3 E vidi una donna seduta su una bestia scarlatta – ho appena commentato questo fattore animale, di natura, questo sedersi. Il rosso è scarlatto; la questione è dello scarlatto e del purpureo, due nuances del rosso. Qui il rosso sta per le sofferenze. Ora vi faccio una proposta, ma se ne avete una migliore fatevi sentire.

L’anima ha due forze fondamentali: simpatia e antipatia, propensione e avversione. Fra il porpora e lo scarlatto qual è il colore migliore? Per alcuni è l’uno, e per altri è l’altro. Il porpora è il colore dei cardinali – ecco perché io l’ho messo un po’ dal lato migliore! (risate)

Intervento: … sull’origine del colore: lo scarlatto viene dalla Terra e il porpora viene dagli animali marini; il fisico e l’eterico.

Archiati: Aha, il fisico e l’eterico. Bene. Per l’apocalista queste riflessioni scientifico-naturali sono state determinanti. Altre opinioni…

Intervento: kokinos è una cocciniglia, e il colore viene ricavato dalla cocciniglia.

Archiati: kokinos è lo scarlatto, e la parola greca kÒkkinoj dice che viene dalla cocciniglia, quindi dal mondo degli animali terrestri – terra e animali; mentre il porpora viene più dall’acqua.

Intervento: La porpora viene da un murice, da un mollusco, una conchiglia acquatica.

Archiati: Da una conchiglia, e le conchiglie sono prossime alle rane – nel senso che le conchiglie, come gli anfibi, vivono tra acqua e terra. Un tempo, per capire la natura di un animale si osservava attentamente se quell’animale vivesse sulla terra, nell’acqua o nell’aria. Per esempio, un uccello è un volatile, perché essenziale alla sua struttura è l’aria. Per gli esseri umani di allora, il fatto che l’elemento vitale di un animale fosse la terra, l’acqua, l’aria, o addirittura il calore come nelle salamandre, era rappresentativo della sua essenza. Essi percepivano queste forze di natura in modo sovrasensibile, per così dire.

E qui le rane e le conchiglie vengono intese come anfibi nel senso che vivono tra terra e acqua, in entrambi gli elementi. È così. Ci sono animali puramente terrestri; altri, come i pesci, puramente acquatici; e altri ancora che vivono tra la terra e l’acqua e che vengono denominati anfibi. Queste sarebbero le rane di cui ho parlato ieri.

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Fig. 5,VIII

Vi ringrazio molto. Naturalmente queste precisazioni scientifiche sono molto importanti per l’Apocalisse, e ora abbiamo una differenziazione tra lo scarlatto e il porpora.

Tutto questo dice che lo studio dell’Apocalisse è infinito sotto ogni aspetto: dal lato scientifico-naturale; dal lato psicologico, quello dell’anima; e dal lato dello spirito. I tre ambiti sono infiniti.

17,4 «E la donna era vestita di porpora e di scarlatto, e ornata di oro, di pietre preziose e di perle e aveva in mano una coppa d’oro, piena di abomini e di immondezze della sua prostituzione»

E la donna era vestita di porpora e di scarlatto, e ornata d’oro, di pietre preziose e di perle: c’è una triplicità. Ornata: di tutto quello che viene dal mondo la prostituta Babilonia ne fa un ornamento. Un prostituta deve apparire bella, altrimenti non ha chances e, naturalmente, siccome le immagini sono quelle di una prostituta, ci si muove fra immagine e realtà effettiva. Cosa significa ornarsi? Cos’è la cosmesi? Si vuole apparire belli – che lo si sia davvero o meno non conta; importante è apparire belli, dunque, lei usa quel che c’è a livello degli animali, a livello dei pianeti e di tutte le forze della Terra; usa tutte le forze del Sistema solare e tutte le forze dello Zodiaco per ornarsi. (Fig. 6,VIII) Tutto è lì perché lei appaia bella, per suscitare il desiderio degli uomini, se vogliamo restare all’immagine della prostituta.

Dove abbiamo questa triplicità? Molto semplice. Le perle nascono solo sulla nostra Terra. Per quanto riguarda le pietre preziose, potete leggere quel che Steiner dice nelle conferenze che ha tenuto per gli operai del Goetheanum. In quell’occasione qualcuno gli aveva chiesto da dove venissero i colori dei fiori, e lui ha spiegato da dove provengano, perché era al corrente quasi di tutto. Il giorno successivo lo hanno incalzato con un’altra domanda: ma anche le pietre sono colorate; da dove arriva il loro colore? Steiner rispose che proviene da quel che sorge nel lungo ciclo di 2.160 anni che il Sole impiega per passare da un segno zodiacale al successivo. Quando il Sole ha compiuto l’arco di 25.920 anni attraverso tutte le dodici costellazioni zodiacali, le forze delle costellazioni fanno sorgere i colori nelle pietre. Per questo la Terra ha bisogno di tanto tempo, ma succede. E quegli operai erano entusiasti che il Dottore avesse spiegato tutto quanto.

Quindi, qui (Fig. 6,VIII) le pietre preziose; e siamo a due: pietre preziose e perle. Cos’è il terzo? L’oro, il Sole.

• Sole: Sistema solare;

• pietre preziose: Zodiaco;

• perle: evoluzione sulla Terra, perché una perla è sofferenza cristallizzata.

Pensate che tutto questo sia per l’evoluzione dell’anima e dello spirito? No, è solo per farsi belli, per le belle apparenze. Tradotto in termini psicologici, abbiamo la nostra vita di tutti i giorni. Ogni uomo è a questo bivio: voglio apparire buono o voglio diventare buono? Questa è la domanda. E ognuno di noi investe alcune forze del proprio regime economico – non solo in termini di euro, ma forze – per apparire buono, perché altrimenti la cosa non funziona. Ognuno deve sembrare, almeno un pochino, buono; e se tutto va bene, forse gli resta anche un briciolo di forze per diventare buono. Il testo dell’Apocalisse diventa allora attualissimo, solo che bisogna interpretarlo, capirlo, tradurlo in modo scientifico-spirituale. Allora è bello chiaro.

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Fig. 6,VIII

17,4 E la donna era rivestita di porpora e scarlatto, e ornata d’oro. Pensate che ne abbia abbastanza di tutte le bellezze della Terra? Non le bastano, e prende anche quelle del sistema planetario, quelle dello Zodiaco: tutto per me, tutto per me! E la donna era rivestita di porpora e scarlatto, e ornata d’oro: l’uomo di allora quando sentiva il termine oro pensava immediatamente al Sistema solare. Si pensava alle forze spirituali e animiche, non alle cose materiali, perché tutto ciò che è materiale è compenetrato di spirito. La realtà della cosiddetta materia è lo spirito che la impregna.

Tutto questo è descritto qui, nell’Apocalisse. È quanto ci viene spiegato dagli iniziati che raccontano da dove provengano le forze, le forme e i colori delle pietre preziose. Non dico che un tempo tutti gli uomini avessero capito l’Apocalisse, però c’erano iniziati che ne comprendevano davvero il linguaggio tecnico che è scientifico, è esatto.

Dunque, oro: Sistema solare; pietre preziose: Zodiaco, l’eternità in quiete; e il tempo in movimento – tutto questo per ornare sulla Terra l’anima, e perché l’uomo appaia bello vengono enumerate anche le perle. Se vogliamo, con le perle siamo di fronte a un grande mistero, perché la perla è dolore cristallizzato, e il dolore non è lì per farsi belli. Il dolore è fatto apposta per diventare bene. Dal punto di vista scientifico-naturale è una degenerazione inquietante il fatto che l’anima che diventa infedele allo spirito, che si prostituisce, che vuole apparire bella, si adorni addirittura con le forze del dolore altrui. È una perversione enorme, perché la sofferenza non è lì per farsi belli, ma per diventare bene.

Naturalmente il dolore si potrebbe anche usare, e a titolo di esempio mi viene in mente – prendetelo per quel che vi serve – che oltre l’oceano atlantico c’è il potere occidentale che, per apparire bello e mettersi dalla parte del bene vincendo la guerra in Iraq, cosa fa? Il Presidente vuole farsi bello avendo successo, e pretende di farlo con la sofferenza e addirittura con la morte di migliaia di soldati, che sono tutti esseri umani! La sofferenza, ciò che sarebbe fatto apposta per portare avanti spiritualmente gli uomini, viene usata per farsi belli. Questo è solo un esempio – ma qualcosa lo fa ognuno, perché questa controforza deve esserci. Poi spetta al singolo rendere concrete le cose nel proprio vissuto, e perciò ho portato solo un esempio che non riguarda direttamente noi, perché ha a che fare col Presidente degli Stati Uniti. E a ognuno viene lasciato il portare le cose nel concreto in modo che abbiano un senso per la sua vita.

17,4 E la donna era rivestita con porpora e scarlatto, e ornata d’oro e di pietre preziose e di perle, e aveva un calice d’oro in mano, colmo degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione. Il calice d’oro è un recipiente, è l’esteriore, è ciò che appare. Dall’esterno appare d’oro, come forza solare, ma dentro è pieno di abomini e immondezze della sua prostituzione. Il bello fuori e l’impuro dentro. L’Apocalisse, invece di fare moralismi dicendo: «Caro uomo, stai attento a tutta l’impurezza che c’è nella tua anima, tu che fai di tutto per sembrare buono esteriormente!», presenta quest’immagine liberante. Le immagini infatti sono fatte anche per lasciare liberi: la donna ha un calice d’oro nelle mani, e cosa c’è dentro? Non lo si vede.

Se una persona ha in mano un recipiente, un calice o una coppa, e sta bevendo, noi non andiamo a chiederle di farci vedere quel che c’è dentro! Ora siamo abituati ai bicchieri di vetro trasparente e ne vediamo il contenuto, ma il calice della prostituta è di migliore fattura, è d’oro, e non si vede quel che c’è dentro. Questo è quanto ci viene rivelato dall’apocalista – nel caso non sapessimo che nell’anima non sempre tutto è a posto.

Questo abominio, quest’impurità, è quel che vi avevo promesso di introdurre in un modo un po’ più sistematico. Voglio arrivare ancora al verso 7 e poi lo faccio.

17,5 «e sulla sua fronte c’era un nome, un mistero: la grande Babilonia, la madre delle prostitute e di tutti gli abomini della Terra»

E sulla sua fronte era scritto un nome, un segreto, quindi sulla fronte, questo è il pensare. La fronte sta per i pensieri, per il pensare, diciamo per la coscienza; il cuore sta per il sentimento, le emozioni; e le membra stanno per le azioni. Quindi, fronte vuol dire: cos’è il contenuto di pensiero? Qual è il concetto? E noi ora arriviamo al concetto della prostituta Babilonia. Sulla fronte c’è il concetto, perché lì c’è il pensare, ci sono le forze di pensiero.

17,5 E sulla sua fronte era scritto un nome: il nome è l’essere. Io ho parlato di concetti, e il concetto è l’essenza di una cosa. Sulla fronte c’è il suo nome e il nome è l’essenza. Qual è il nome, qual è l’essenza che è scritta lì? Babilonia. In francese e in italiano una babilonia è un patatrac, è uno scombussolamento senza pari, e si usa dire: «Basta con questa babilonia!».

Babilonia la grande, quindi non una piccola Babilonia, bensì la grande, grande quanto la Terra. Quindi, questa Babilonia, questo nome, questo concetto, dobbiamo capirlo non come qualcosa di piccolo o di limitato, ma come qualcosa di grande. Il concetto di grande l’abbiamo visto molte volte. Che differenza c’è fra piccolo e grande? Piccolo vuol dire che vale solo per certe persone, per certi popoli, quindi non è un fattore universalmente umano; grande significa che vale per tutti gli uomini, ovunque. Questo è il concetto di grande.

Babilonia la grande significa: è ovunque, vale per tutti gli uomini in ogni tempo, perciò Babilonia è ognuno. Ecco perché ho detto che è l’anima umana, l’anima dell’uomo. Dapprima viene inteso in modo molto generale, ma in quanto anima di ogni uomo, perché è grande. È talmente grande che nessuno può dire: «Non mi riguarda, comprende gli altri!». Questo è il concetto di meg£lh, veramente potente.

Babilonia la grande babulën ¹ meg£lh e, alla lettera, ¹ m»thr tîn pornîn, la madre del pornîn, cioè del prostituirsi in senso maschile e femminile: della prostituta e del… non c’è il termine per il maschile, quindi diciamo dell’essere umano che si prostituisce.

Anima di “ogni” uomo

“Babylon”

tîn pornîn (ton pornòn)

Fig. 7,VIII

La traduzione ha reso con il termine prostituzione l’espressione: esseri umani che praticano prostituzione – e questo vale sia per i maschi che per le femmine, non c’entra la differenza sessuale –, ed è completamente astratto. In greco c’è: Babilonia la grande, il nome è un mistero, un segreto. Significa: caro uomo, nel corso di tutta la tua evoluzione tu avrai ancora altro da scoprire. Mistero vuol dire: il cercare non ha mai fine. Il mistero è questo, ed è il concetto dell’esoterico. La ricerca di questo mistero non è mai finita, sarai sempre occupato in questa ricerca.

Il nome è un mistero – alcuni manoscritti hanno eliminato la parola must»rion e questo è molto interessante. Quindi, il nome misterioso è Babilonia, la grande, la madre degli esseri umani che si prostituiscono, delle anime umane che si prostituiscono. Se traduciamo con madre della prostituzione diventa astratta la cosa. Quindi: madre degli esseri umani, di ogni essere umano che ha in sé la forza della tentazione – la controforza, e deve averla – di diventare uno che si prostituisce, un infedele allo spirito.

17,5 La madre degli esseri umani prostituiti e degli abomini sulla Terra. Sapreste dirmi cos’è un abominio, qualcosa di abominevole? Se qualcosa non mi va o mi è particolarmente antipatica, per me è un abominio. Questi, ovviamente, sono tutti tentativi per comprendere la traduzione. Quindi, con abominio viene detto tutto e niente. Devo risalire all’origine.

Intervento:

Archiati: No, no, l’immagine primigenia, l’archetipo, non causa niente. È la madre che genera. Quel che lei vuol dire è che madre è sia un lui che una lei. Se la disturba che sia madre, dica madre-padre. È inteso così, e vuol dire che genera, causa qualcosa, è l’origine. Madre significa origine. Non immagine archetipica, bensì origine, radice, causa.

Causa

Madre significa causa. È naturale e ovvio. Chi è la causa del bambino? La madre – senza il padre? Anche lui. Quando saremo andati avanti abbastanza con la fecondazione in vitro, il padre sarà la ruota di scorta… vedremo come sarà. Duemila anni fa non c’era nessuna fecondazione in vitro.

Intervento:

Archiati: Mi dia il tempo di arrivare alla fine del versetto 7 e poi svilupperò alla lavagna qualcosa che non è in contraddizione con quanto lei ha detto, ma è molto più complesso.

Al verso 5 c’è il nome, il segreto, la grande Babilonia, la madre, la causa prima, la coppia madre-padre. Ora mettiamoci d’accordo sul fatto che le parole che leggiamo sono tentativi di traduzione dal greco, e il presupposto è che con questa terminologia ce la caviamo se abbiamo il filo conduttore di una scienza dello spirito. Farò subito un tentativo.

17,5 … e tutti gli abominii della TerratÁj gÁj– non sulla Terra, ma della Terra, ed è tutt’altro.

17,6 «E vidi la donna ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei testimoni di Gesù. E mi meravigliai molto quando la vidi»

Ed io vidi la donna, ora c’è quest’immaginazione della fenomenologia dell’anima umana che diventa infedele allo spirito. Cosa succede, cosa diventa l’anima? Ed io vidi la donna ubriaca: l’ebrezza, l’ubriachezza, è l’impurità complessiva dell’anima, perché nella misura in cui l’anima si apre allo spirito consegue entusiasmo, non ebrezza. Ebrezza è annebbiamento dello spirito, e il bene dell’anima è rischiaramento, illuminazione, grazie allo spirito. Si tratta di nuovo di un pervertimento: ebrezza, ubriacarsi, vuol dire spirito annebbiato. La legge evolutiva dell’anima è che l’anima diventi sempre più chiara, sempre più colma di saggezza attraverso l’illuminazione grazie allo spirito.

Cosa rende l’anima ubriaca? … perché si è ubriacata del sangue dei santi e del sangue dei testimoni di Gesù. Significa che ha sfruttato le forze di amore degli altri uomini; ha usato per sè l’anelito all’amore e l’aspirazione al bene degli altri uomini. Quest’anima è diventata impura, si è adagiata nell’impulso dell’egoismo al punto da usare gli altri esseri umani come strumenti per sé – questo lo esprime l’immagine del sangue, del succhiar sangue, dell’ubriacarsi di sangue. E gli altri muoiono – abbiamo già incontrato quest’immagine: il sangue viene versato –, ma il sangue viene versato o viene bevuto? Fisicamente viene versato, perché essi, questi martiri, muoiono; animicamente viene bevuto, perché il sangue viene succhiato e sfruttato dalle brame dell’anima.

17,6 E mi stupii molto quando io la vidi. Quest’immaginazione è tra le più possenti, e perciò l’apocalista sottolinea: il mio stupore era enorme quando la vidi!

Cosa stupisce, cosa meraviglia in modo così possente? Stupisce il modo tanto saggio in cui il Creatore ha creato la struttura dell’umano. Riempie di stupore, di ammirazione, di venerazione che l’anima possa essere sana e felice solo nel suo anelito allo spirito. È stupefacente come l’anima non possa essere felice e piena quando va verso il basso. Riempie di stupore come tutto sia pertinente, come tutto il mondo della natura abbia dovuto essere creato, come tutto il mondo dell’anima e dello spirito siano stati creati perché ci fosse questa relazione e l’uomo possa esperirlo in modo oggettivo.

L’apocalista è pieno di meraviglia, trova stupefacente come la struttura trinitaria del mondo e dell’uomo sia stata creata secondo corpo, anima e spirito, e lo sottolinea ripetendo: Mi stupii molto come la vidi.

17,7 «E l’Angelo mi parlò e mi disse: perché ti meravigli? Io ti dirò il segreto della donna e della bestia, che la porta, le sette teste e le dieci corna che ha»

E l’Angelo mi parlò dicendo: perché ti meraviglidi¦ t… ™qaÚmasaj? Qual è il contenuto di questo stupore? Perché non basta che tu ti stupisca, non basta che tu ti meravigli nel vederlo: ora elevati dal grado dell’immaginazione a quello dell’ispirazione e articola concettualmente qual è il contenuto del tuo stupore. Perché, come mai, cosa c’è dentro a ciò che ti meraviglia? Non basta questo gettare lo sguardo e trovare che è meraviglioso. Cos’è? Caro apocalista, prendi coscienza: che cos’è?

E questo ora deve venire detto in parole, deve venire reso con l’articolazione della parola al livello ispirativo.

17,7 Io ti dirò ™gë ™rî soi, quindi, non io ti mostrerò quel che tu vedi, ma: io te lo dirò. Ora siamo al livello dell’interpretazione del contenuto grazie alla parola. Io ti dirò, ti tradurrò in parole, in concetti, le immagini che tu hai visto, il mistero della donna tÕ must»rion tÁj gunaikÕj il mistero dell’anima umana e l’evoluzione dell’anima, e della bestia che la portakaˆ toà qhr…ou toà bast£zontoj aÙt»n. Mistero dell’anima e mistero della natura, del corporeo che regge l’anima.

Ti dirò il segreto della donna e della bestia che la porta, che ha sette teste e dieci corna. La bestia, che porta la prostituta Babilonia su cui lei siede, ha sette teste e dieci corna – l’avevamo già visto l’ultima volta.

La prostituta Babilonia, questo è il nome. È una prostituta: pornea, la prostituzione. Cosa si intende per prostituzione? Questo è il concetto generale, perché viene chiamata prostituta, pÒrnh. E poi vengono parole come: bdelugm£ abominio; bestemmie, blasfhm…a; e altre parole come: impurità, ¢kaqars…a.

Ora faccio lo schizzo che vi avevo promesso, e possiamo andare avanti da lì.

Se ora portiamo il tutto in una struttura scientifico-spirituale, la mia proposta è questa (Fig. 8,VIII): il piano dello spirito, quello dell’anima e quello del corpo – e questo è un filo conduttore inequivocabile.

La prostituzione è il pervertimento dell’anima, perché prostituirsi vuol dire degenerazione delle forze dell’anima – ma non solo nella sfera sessuale, deve essere a tutti i livelli. Se la prostituta Babilonia è un’immagine complessiva della perversione delle forze dell’anima, allora dobbiamo avere:

• la perversione della relazione con lo spirito; poi

• la perversione delle forze animiche stesse; e infine

• la perversione della relazione col corporeo.

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Fig. 8,VIII

E quando abbiamo questa grande differenziazione vi è contenuto tutto. Non si può dire che manchi qualcosa, e tutto quello che vogliamo metterci vi trova spazio.

Ora, in greco c’è qualcosa come una quarta parola che le abbraccia tutte e tre, perché nel testo greco ci sono tre termini tecnici, tre aspetti fondamentali della porne…a, della prostituzione. E precisamente, per il livello corporeo c’è bdelugm£ che viene tradotto con abominio. Viene tradotto così, solo che bdelugm£ è un temine tecnico. Sono proposte che faccio io, non le trovate in Steiner, perciò vi dico, vedete se potete farci qualcosa, perché finora proposte non ne sono state fatte.

E cosa ci sarebbe nell’anima? Impurità, ¢k£qars…a, questa è la parola che compare. E per quanto riguarda lo spirito, la saggezza? Blasfhme…a, la bestemmia.

Bene, ora abbiamo messo in ordine la terminologia che viene adottata, altrimenti non ci si può orientare: abominio, impurità, bestemmia.

Impurità possiamo anche capirlo, ma per quanto riguarda abominio e bestemmia, forse abbiamo poche idee in merito.

Ora provo a fare un prospetto sulla base delle famose virtù platoniche: saggezza, fortezza, temperanza, e giustizia. La giustizia è la giusta misura, né troppo né troppo poco, quindi la quarta virtù è la virtù di tutte le virtù. Tra l’altro, fino a oggi non solo Platone costituisce il fondamento – anche Rudolf Steiner si riferisce spesso a Platone –, ma perfino nelle grotte di Qumran si sono rinvenuti pezzi dei dialoghi platonici in ebraico, provenienti chiaramente dai suoi Dialoghi. Naturalmente, tradotti in ebraico sembrano tutt’altro, ma se lo si traduce nella nostra lingua ci si dice: un momento, ma questo c’è pari pari in Platone, è la stessa cosa, sono le stesse immagini. Quindi, non pensiamo che Platone fosse diffuso solo in greco.

Se colleghiamo le tre virtù con la quarta, abbiamo sul piano dello spirito la saggezza, su quello dell’anima il coraggio. La relazione con le forze del corpo, cari amici, si chiama temperanza, o senso della misura. Con la percezione sensoria, tramite il corpo, l’uomo diventa temperante. Temperanza o moderazione, per esempio, quando bevendo vino ci si modera. Queste sono le tre virtù dell’anima, e si tratta della triplice modalità con cui l’anima non diventa prostituta.

E ora, in cosa consiste la prostituzione? In cosa consistono la bestemmia, l’impurità, l’abominio?

C’è una duplice bestemmia: nello schema è l’estremo a sinistra e a destra; c’è una duplice impurità, a destra e a sinistra; e c’è un duplice abominio.

Abominio ha a che fare col corpo, si compie in rapporto alle forze di natura.

Bestemmia riguarda i contenuti spirituali.

Impurità riguarda le forze dell’anima.

Come diventa prostituta l’anima?

Come vengono pervertite le forze dell’anima rispetto alla saggezza? Da un lato con l’ottusità, con la stupidità, con la mancanza di interesse, l’anima non progredisce nel suo anelito allo spirito; e dall’altro lato col fanatismo e l’impetuosità.

Saggezza significa ricerca della conoscenza ed evoluzione della coscienza; la perversione della ricerca della conoscenza e dell’anelito dell’anima allo spirito è quando l’anima diventa ottusa e quando diventa irruente. Ecco la doppia bestemmia, la doppia perversione con cui lo spirito viene bestemmiato e l’anima diventa un peso per lo spirito.

Vediamo ora il coraggio, o fortezza. Josep Pieper, morto un paio d’anni fa, era un bravo studioso inserito nella corrente tomistico-aristotelica. Egli ha scritto un bel volume sulle virtù platoniche. Il libro si intitola Sulle virtù e merita di essere letto.[32] L’anima viene presentata come conduttrice del carro della vita le cui quattro ruote sono le virtù. Certo, questi sono uomini di vecchio stampo che ora non esistono più.

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La saggezza ha a che fare con lo spirito; coraggio o fortezza è la virtù mediana. Nel caso del coraggio, della fortezza, in cosa consiste l’impurità?

A sinistra (Fig. 9,VIII) c’è l’uomo che diventa troppo audace; a destra l’uomo che lo diventa troppo poco. Quando è troppo? Quando diventa aggressività, violenza. E quando è troppo poco? Quando è vigliaccheria, codardia.

Coraggio o fortezza è la forza dell’anima nel mantenere l’equilibrio tra l’aggredire e il darsela a gambe. Questa è una qualità animica, un’eminente qualità dell’anima. Quindi, l’anima diventa impura – ¢-k£qars…a – quando si fa aggressiva, violenta, quando vuol costringere, prevaricare; oppure quando diventa vigliacca, pavida, si ritrae e fa marcia indietro.

In rapporto al corpo, alle forze del corporeo, temperanza o moderazione vuol dire: non bere né troppo né troppo poco; non mangiare né troppo né troppo poco; non fare né troppo sport né troppo poco; quindi, con tutto quel che ha a che fare col corpo: né troppo, né troppo poco. E cos’è troppo e cos’è troppo poco? Cosa vuol dire troppo in rapporto al corpo? Quand’è che si fa violenza al corpo?

Con la macerazione, con la mortificazione. Questo è il primo lato dell’abominio. Pensiamo alle pratiche di magia nera latino-americane presso gli Inca, di mille, duemila ani fa, che addirittura investivano tutto l’essere umano. Per esempio, l’individuo veniva posto entro un sarcofago, e sono state scoperte immagini che rappresentano il processo. La persona veniva incurvata su una pietra in un modo tale da estrarne con un taglio lo stomaco. Si trattava di suscitare certe forze magiche, che ovviamente avevano a che fare col corpo.

Dall’altro lato, cos’è l’opposto dell’infliggere violenza al corpo? Il lasciarsi andare, la dissolutezza. Lasciarsi andare, abbandonarsi, ecco l’altro lato dell’abominio; anche in questo caso il rapporto con le forze corporee viene pervertito: anziché fare del corpo lo strumento migliore per servire l’evoluzione dell’anima in direzione dello spirito, l’anima si perde, si asserve completamente al corpo. Con la macerazione tutte le forze coinvolte nel corporeo restano senza esito; e col lasciarsi andare anche l’anima se ne va, e alla fine non resta nulla.

Questa che vi ho fatto è una proposta, ma non prendetela come un dogma, e anche lo schema vale solo per quel che ne fate. Per quanto mi riguarda, quel che deriva dallo studio di Platone frutta, ma è soprattutto quel che ne fa la scienza dello spirito!

Se studiate l’opera omnia 155, Cristo e l’anima umana, vi trovate l’argomento secondo tutte le prospettive.[33] È uno studio molto valido e secondo me può impegnare anche un anno. Nel mio caso lo studio dura già da trent’anni e ci ho perso quasi tutti i capelli – e non me ne pento. Intendo soltanto dire che vi trovate tutte le offerte conoscitive. C’è tutto. Per me è stato di grande aiuto lo studio di Platone, ma in particolare grazie ai contributi della scienza dello spirito di Rudolf Steiner. Voglio dire che con questi strumenti si viene a capo dell’Apocalisse in un modo completamente diverso. Si è fuori dall’arbitrario, e anche dalle interpretazioni spesso inesatte o riduttive.

Cos’è allora la prostituzione, cosa vuol dire porneia?

• Nella ricerca della saggezza è fanatismo, oppure è ottusità, eccone due aspetti.

Nelle forze dell’anima è irruenza e volontà di estorcere, il diventare aggressivi, l’esercitare violenza, oppure il diventare vigliacchi.

E con questo sono quattro aspetti della prostituzione, del pervertimento delle forze animiche.

• Nel rapporto col corpo è macerazione oppure dissolutezza.

La violenza della macerazione, per esempio, è il digiuno esagerato attraverso cui avere esperienze spirituali – e siccome sono presenti le brame si digiuna smodatamente; era così nei primi tempi nei chiostri. E cos’è questo? Goduria animica: voglio costringere il corpo ad avere più esperienze. Oppure, prendete la realtà odierna delle droghe. Le droghe sono una violenza nei confronti del corpo. Per cosa? Per godersi un viaggio. Quindi macerazione e dissolutezza.

A questo punto il termine prostituzione – la prostituta Babilonia – non è più un’astrazione incomprensibile, diventa concreto.

Ora abbiamo l’evoluzione complessiva dell’anima nel senso del bene:

anelito alla saggezza, allo spirito;

coraggio quale giusto mezzo tra aggressività e timidezza; e

temperanza o moderazione, il giusto mezzo nel rapporto con le forze del corpo.

Ora facciamo una pausa e poi vediamo cosa avete da dire voi.

*******

Cari amici, qualcuno ha posto una domanda sulla quarta virtù. Abbiamo la saggezza, il coraggio, la temperanza e la quarta virtù è la giustizia. La giustizia è la giusta misura, vale a dire, di tutte e tre le virtù non averne né troppo, né troppo poco. Questa è la giustizia, e significa che la saggezza è la giusta misura nel rapporto con lo spirito; il coraggio è la giusta centralità per il rapporto con le forze dell’anima; e la temperanza è la giusta centralità, il centro a misura d’uomo, nel rapporto con le forze del corpo.

Giustizia è quanto è a misura dell’umano.

La giustizia è ciò che è a misura d’uomo, e questo è sempre al centro, è una centralità; la virtù è nel mezzo: in medio stat virtus, è una centralità fra il troppo e il troppo poco. Significa altresì che l’uomo può diventare disumano sia nel troppo che nel troppo poco, sia sbandando a destra che a sinistra. (v. schema precedente).

Perché c’è sempre questa triplicità? Per ogni livello c’è: sinistra, destra e centro; sinistra, destra e centro; sempre una trinità.

Intervento: (affermazione sul luciferico e l’arimanico)

Archiati: Per come lei conosce la scienza dello spirito di Steiner, nello schema metterebbe il luciferico a destra o a sinistra? Arimane è il signore del potere e Lucifero è il signore del godimento interiore, dell’interiorità non purificata, dell’egoismo. Qui (a destra nello schema), il godimento interiore, l’autogodimento: ottusità è autogodimento; codardia è autogodimento; dissolutezza è autogodimento. Qui (a sinistra nello schema) bisogna usare forza, potere: potere in merito allo spirito è irruenza; potere in merito all’anima è aggressività; e potere nei merito al corpo è macerazione, mortificazione. Tutto questo è esercizio di potere, dunque dovrei attribuirlo alla sfera arimanica.

Nel volume 155 (V. nota 35) Rudolf Steiner parla di due formulazioni ancora presenti nelle scuole iniziatiche prima di Cristo, e che nel Vangelo vengono chiamate ladro e brigante (Gv 10,8). L’autore di questo Vangelo è lo stesso che ha scritto l’Apocalisse. Prima dell’Io, prima della forza dell’Io, l’uomo non aveva ancora la forza del centro: Cristo è la forza del centro, e prima della forza-Cristo, prima della forza dell’Io, nell’uomo c’erano o le forze del ladro o le forze del brigante.

Qui (Fig. 10,VIII) c’è il ladro, e qui il brigante. Il ladro prende, ruba qualcosa per sé; e il brigante picchia, vuole ottenere con la forza: il brigante fa violenza e il ladro ruba. Lucifero è il ladro per eccellenza e Arimane è il brigante per eccellenza, e nelle scuole di iniziazione questo veniva trasmesso con una formula: senza la forza dell’Io o il mondo perde me, oppure io mi perdo nel mondo. Il mondo perde me perché io, invece di lasciar fluire le mie forze migliori verso il bene degli altri, trattengo tutto per me, pretendo che tutto il mondo sia per me, e questo è il ladro che vuol godersi tutto – l’egoismo, l’impulso dell’egoismo. E l’altro è l’impulso del potere per cui si vuole ottenere qualcosa con la forza.

1. Il mondo perde me. Io divento egoista, prendo, prendo, prendo e non do mai: Il mondo perde me.

2. Io mi perdo nel mondo. Nella misura in cui voglio ottenere qualcosa con la forza, ricevo così tanti contraccolpi che mi logoro: Io mi perdo nel mondo.

Intervento: (affermazione sulla polarità bene-male)

Archiati: esattamente. Questo è il punto dove volevo arrivare. Un enorme ostacolo nel cristianesimo tradizionale è sorto quando la tricotomia, la struttura trinitaria dell’essere umano in corpo, anima e spirito, è stata persa di vista; lo spirito è stato rimosso perché dello spirito non si capiva più niente, e così si è compreso il mondo dualisticamente. Quindi, qui il bene e lì il male. (Fig. 10,VIII)

Il bene e il male sono stati capiti come polarità, e questo è un assurdo! Perché il bene non è contro qualcosa, il bene non è mai polare rispetto a qualcos’altro. Infatti, vedendo il male come opposto al bene se ne è fatta una contrapposizione e l’equilibrio è andato perduto. Per Platone, per la scienza dello spirito, questo estremo (indica il lato destro e sinistro Fig. 10,VIII) è male, e quest’altro estremo è male – ne consegue che l’estremo in sé è male! – e nel mezzo c’è il bene. Questo vuol dire che il bene è sempre l’equilibrio.

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Fig. 10,VIII

Con la perdita della visione trinitaria, e la visione di bene e male come polarità, cosa è successo? Si è cominciato a dire che il male è il mondo della materia. Quindi, materialismo è male e spiritualismo è bene. Significa che quanto più un uomo diventa materiale e tanto peggio è; e quanto più diventa spirituale e tanto meglio è. Ma quando l’uomo prende il volo è ugualmente peggio! perché perde il mondo, va via dal mondo, non può continuare a evolversi. È sorta così una spiritualità che è contro l’umano, perché porta l’individuo a un atteggiamento di antipatia nei confronti del mondo terreno. Il cristianesimo tradizionale, infatti, è più una forma di buddismo che di cristianesimo.

Il Cristo è la forza del centro – l’equilibrio tra i due estremi (Fig. 10,VIII) –, e il diventare unilateralmente spirituale è altrettanto male per l’uomo, perché egli non può più portare a compimento il suo compito sulla Terra. La forza-Cristo è il giusto equilibrio tra spirito e materia, e nel momento in cui si dice che la materia è cattiva e lo spirito è buono, sparisce l’essere umano, non c’è più, perché l’uomo è l’equilibrio. L’equilibrio tra spirito e materia è il bene.

Il desiderio di fuggire dal mondo, tipico del Medioevo, il pensiero secondo il quale l’uomo vive una volta soltanto sulla Terra, che tipo di pensiero è? È disprezzo della Terra, desiderio di fuggire dal mondo, e questo non ha niente a che fare con lo spirito del cristianesimo. È piuttosto uno spirito di stampo buddista, è paura dello spirito nei confronti della materia. Il cuore del cristianesimo, invece, è l’amore dello spirito per la materia e l’amore della materia per lo spirito nell’uomo mediante l’uomo. Questo è una dei punti da rivedere del cristianesimo tradizionale.

Nel volume 194 dell’opera omnia, La missione di Michele, si dice molto a proposito di quel che è successo con questa insensatezza del dualismo e di come sia subentrato. E vien detto veramente che è un assurdo.

Di fatto, e parlo in base a un’esperienza fondamentale nel cattolicesimo, è mostruoso quel che c’è in quanto a fuga dal mondo. Cosa sono i grandi santi, i monaci, e così via? Persone che si sono semplicemente involate. Ma questo non è cristianesimo, perché l’affermazione fondamentale del cristianesimo è l’incarnazione, il diventare uomini, il diventare carne del Logos, non la fuga dalla carne.

Perciò potremmo dire – ora torno indietro – che questo platonicismo, queste virtù platoniche che anche Aristotele e Tommaso d’Aquino hanno assunto, questa struttura sia molto più cristica del dualismo che vi ho presentato prima. È cristico perché sta a dire che l’umano, il bene per l’uomo, non è il diventare sempre più spirituale, oppure preferire una parte o l’altra, ma cercare il centro, tendere sempre di nuovo all’equilibrio; e per avere questa possibilità di riportarsi sempre in equilibrio l’uomo deve avere la possibilità di diventare unilaterale da ambo le parti. Un equilibrio deve essere labile. Il concetto di equilibrio è che è labile! Quando diventa stabile, cosa diventa? Morto, e lì non c’è più nessun movimento.

L’esercizio della libertà, della forza-Cristo, della forza della mediazione, della conciliazione, dell’equilibrio, consiste sempre nel portare a coscienza nel modo più rapido possibile l’unilateralità e ristabilire di nuovo l’equilibrio.

Qui abbiamo i sei modi essenziali dell’unilateralità: tre da un lato, più di natura arimanica e tre dall’altro lato, più di natura luciferica. Nella misura in cui l’uomo li riconosce sempre meglio nota subito se è diventato o un po’ troppo codardo, oppure poltrone e così via. E si accorge che in quello stato non prova gioia. Oppure, semplicemente, volevo godermela un po’ e ho barato. Per esempio, mi son detto: «Prendo quel tipo di tè, me lo faccio prescrivere dal medico, perché è la medicina migliore per la mia salute, e una volta che sono bello sano posso mettere a disposizione dello spirito le mie forze corporee e animiche». La verità, però, è che quel tè mi piace! Un frammento di godimento corporeo, niente di male – c’è di peggio. Godimento corporeo è godimento corporeo, scusate, solo che l’uomo non ha bisogno di barare.

Intervento: ogni assunzione di cibo è un godimento corporeo e deve esserci come fondamento.

Archiati: bene, lei dice che deve essere gustoso per far bene al corpo. D’accordo. Ma il concetto del gustare non è lo stesso del godimento corporeo.

Intervento: c’è comunque un godimento nel gustare.

Archiati: sì, ma la domanda resta sempre: cosa voglio io? Voglio il godimento del corpo fine a se stesso, oppure voglio il godimento corporeo ai fini della salute e con ciò intraprendere l’evoluzione dell’anima e l’evoluzione dello spirito? La domanda è sempre: cosa voglio io?

Intervento: e dove la classificherebbe lei la gioia?

Archiati: la gioia è proprio qui: nella saggezza, nel coraggio e nella temperanza. Tre chili di gioia per ogni virtù – nove chili di gioia al giorno! E quando l’uomo non ne trae gioia, allora vuol dire che non c’è niente: né saggezza, né coraggio né temperanza.

Intervento: (affermazioni sulla gioia e sulla felicità).

Archiati: l’avevo già detto, e l’avevo fatto in modo ancora più energico perché avevo parlato di felicità. Lei vuole assolutamente essere un po’ più modesto, e allora parla di gioia. Quindi diciamo che la gioia è il primo gradino della felicità. Cosa c’era in effetti sulla lavagna? Avevo detto: qui (Fig. 11,VIII) in mezzo, abbiamo l’anima, e l’anima può evolversi sia in direzione dello spirito – e questo è fattore di libertà, che non deve necessariamente esserci; oppure, l’anima può lasciarsi andare dal lato della realtà corporea.

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Fig. 11,VIII

La mia affermazione era – perché l’ho anche detto in modo esplicito – che quando l’anima va in questa direzione [indica verso il corporeo] diventa infelice. E quando va nella direzione opposta diventa felice, sempre più felice. Però, se per lei la felicità è un po’ troppo e ne ha abbastanza con la gioia, parli pure di gioia. Va bene, diciamo che è gioia.

Gioia è quando l’anima sperimenta lo spirito. Questo io l’ho chiamato felicità, ma è questione di gusti. L’uomo può essere felice, gioioso, soltanto quando nella sua anima vive lo spirito. È stato fatto così – mi dispiace, anzi, non mi dispiace affatto!

Intervento:

Archiati: Splendido, grazie mille. Questo è meraviglioso. Da dove viene aggressivo? Mi son lasciato sfuggire che aggressivo è brutto…, eppure in Germania ogni persona ragionevole è aggressiva – male! No, non bisogna essere aggressivi…

Il latino ad gredior vuol dire alzarsi, incominciare ad alzarsi. Gredior significa andare: io comincio ad andare. Molte parole della nostra lingua derivano dal latino o dal greco.[34]

Aggredior in sé ha un significato pulito e semplice, vuol dire: mi avvicino a qualcosa. Come mai, allora, aggressivo è diventato qualcosa di brutto? Perché i poteri di questo mondo – Chiesa o Stato che sia – non possono sopportare che il singolo sviluppi un po’ di iniziativa. È pericoloso, e perciò è stato messo sotto sospetto il fattore individuale, il fatto che emerga qualcosa dall’iniziativa del singolo – è male, non puoi farlo! –, e quindi, tutto il fattore attivo è aggressivo. Ciò che in latino, all’inizio, aveva ancora un significato propositivo, è stato messo sotto sospetto e se n’è fatto un moralismo. Lo vediamo com’è piena di moralismi la nostra cultura? L’evoluzione del singolo viene messa sotto sospetto, viene bollata come cattiva, come male, perché è scomoda per i poteri di questo mondo.

Un altro esempio è dato dalla parola bravo, l’ho menzionato altre volte, ma vale la pena ripetere queste cose sempre di nuovo. Cosa vuol dire bravo? Si è bravi quando si abbassa la cresta, ci si sottomette. Il borghese addomesticato è bravo, si attiene alle leggi e paga le tasse – perciò è bravo.

In greco prae‹j è la stessa parola; ed è quanto si trova nella terza beatitudine (Mt 5,5): «Beati i mansueti – mak£rioi oƒ prae‹j; prae‹j vuol dire forza dell’anima, quindi il valore, il coraggio, una delle forze di equilibrio dell’anima: «Beati coloro che raggiungono nel corpo astrale – perché è la beatitudine del corpo astrale – l’equilibrio delle forze dell’anima». Quindi praeis è equilibrio delle forze dell’anima, e implica attività, non avviene automaticamente. In inglese brave significa valoroso. E in latino? Bravus è un poco di buono, un cattivo. Aprite il dizionario!

Uno che con coraggio mette mano all’evoluzione della sua anima e anela all’equilibrio interiore, è una brava persona oppure un poco di buono? A seconda dei gusti dei poteri di questo mondo in fatto di sociale. Se a loro piace, va bene; ma se non gradiscono che i loro cittadini mettano mano alla propria evoluzione, allora è male. È bellissimo vedere come questa parola greca venga impiegata nelle lingue moderne. In francese, per esempio, sois brave vuol dire: chiudi il becco! Noi, invece, ascoltiamo una cantante all’Opera, e gridiamo: «Brava! Brava!», quando ha chiuso la bocca! Ha cantato così bene tenendo la bocca spalancata tutto il tempo… Etimologicamente, alla radice, è sempre la stessa parola. Fenomenale! Quindi, in base all’evoluzione della lingua vediamo l’evoluzione storica, sociale, sociologica e psicologica dell’intera umanità. È interessantissimo.

Ecco perché stamattina ho detto che dell’Apocalisse abbiamo una traduzione di Lutero, una traduzione nella nostra lingua, ma la domanda è: quanto è stato capito di questo testo, che è così difficile? Questo è il problema, perché fino a oggi l’Apocalisse è un libro sigillato con sette sigilli. Le traduzioni moderne sono l’ottavo sigillo! E a quel punto diventa ancora più difficile dissigillarlo.

Intervento: (domanda sul ferro).

Archiati: Il ferro… adesso compare sempre più spesso. Magari rifaccio il disegno. Vedrete che questa volta riusciremo a fare solo tre capitoli, se non corriamo, e perdonerete che io debba dare di nuovo chiavi e orientamenti. Poi torno alla sua domanda, solo che la contestualizzo un po’, perché una risposta troppo specifica aiuta poco. E lei dopo può continuare a studiare il volume 346.[35] Lì Steiner dice che l’Apocalisse si svolge su tre livelli fondamentali…

Questo (Fig. 12,VIII) naturalmente è il piano dello Zodiaco, il piano dell’eternità, della quiete: Dio Padre. Tutto quello che avviene nel tempo fluisce, sfocia di nuovo nell’eternità. Qui ci sono le stelle fisse, le stelle in quiete, le quali rendono visibile la quiete eterna. E la quiete eterna è la polarità rispetto alla furia del tempo, alla sua corsa.

C’è corsa nel tempo, perché le cose succedono una dopo l’altra e io non posso perdere niente: le cose non sono né troppo veloci né troppo lente, ma io devo seguirle. Il succedersi nel tempo è lo scorrere temporale. Quiete eterna, invece, significa che tutto è spiritualmente presente, è contemporaneamente lì. Nel disegno, qui c’è il tempo – inizio e fine del tempo (I-F), ma qui, a livello dello Zodiaco, tutto è contemporaneamente presente – la coscienza divina è contemporaneità. Ecco perché questo altissimo mondo divino non ha bisogno di agitarsi – è quieto. È un trono dove il buon Dio è in pace. A quel livello non c’è un correre, niente va perduto, perché tutto è presente.

La coscienza divina è la forza della visione d’insieme: tutto il tempo viene signoreggiato. E questa visione d’insieme abbraccia il tempo dall’inizio alla fine: ha già presente in sé la fine, l’obiettivo è già presente. Quando nell’Apocalisse si parla della sfera delle stelle fisse, si tratta della Trinità divina (sia chiaro che l’Apocalisse conosce Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo; chi ha scritto l’Apocalisse è lo stesso uomo che ha scritto il Vangelo di Giovanni).

E questo che ho indicato, è un livello.

Un altro livello è quello del Sistema solare, qui (Fig. 12,VIII) con la Terra al centro, con i pianeti, che si chiamano così perché sono in movimento. È l’evoluzione nel tempo, nel succedersi del tempo: una posizione, poi un’altra, e così via, non è mai la stessa posizione, è una rotazione. E là abbiamo la Trinità divina, e qui le Gerarchie angeliche.

Quante apparizioni angeliche ci sono nell’Apocalisse? Tantissime, innumerevoli. Le apparizioni angeliche sono sempre impulsi spirituali che reggono i diversi livelli dell’evoluzione nel tempo. Compare un Angelo per la prima coppa dell’ira; un altro Angelo per la seconda coppa dell’ira; un terzo Angelo… e sono sette Angeli. Questo è un aspetto fondamentale della struttura dell’Apocalisse.

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Fig. 12,VIII

Adesso arriva quel che ha chiesto lei. Le due cose che più spesso ricorrono nell’Apocalisse quali esseri spirituali, sono gli Angeli e gli animali. Quando si parla di Angeli ci si riferisce al movimento regolare dei pianeti quali rune del tempo. Quando si parla di animali ci si riferisce all’irregolare, al caotico, a ciò che porta tutto nel caos – e queste sono le comete. Quindi, qui (Fig. 12,VIII) ci sono i pianeti, e qui le comete. Gli animali sono sempre forze delle comete o forze meteoriche.

Stelle fisse, pianeti, comete queste sono le tre realtà fondamentali che circondano la Terra. Al livello più alto ci sono le stelle fisse; al livello di mezzo ci sono i pianeti; e al livello più misterioso, segreto, ci sono le comete.

Cosa sono le comete? Ne parlo brevemente, perché ne riparleremo oggi pomeriggio. Una cometa sorge così: il ferro si raduna da tutto il cosmo, la cometa va lungo un certo percorso e poi viene distrutta. Le comete sorgono e muoiono.

Quando una cometa si avvicina alla Terra, alla sua orbita, proprio per il fatto che viene distrutta, delle forze spirituali cadono sulla Terra. Per l’evoluzione sulla Terra queste forze delle comete sono determinanti.

Che tipo di forze cadono dalle comete sulla Terra? Vengono chiamate animali, perché queste forze meteoriche si infilano nella Terra, impregnano le componenti di calore, dell’aria, dei fluidi e del solido della Terra, imbevendole con le loro forze, e poi salgono su. L’animale sorge dal profondo ed esercita un influsso sull’uomo soprattutto attraverso l’alimentazione. Nell’alimentazione, infatti, dal profondo delle forze della Terra saltano fuori nell’uomo quelle forze che si trovano nelle comete. E che tipo di forze sono?

Sono le forze morali della passata evoluzione umana, dell’evoluzione morale. Questo vuol dire che tutti i defunti cooperano. Intorno alla Terra ci sono milioni di anime di defunti e nella misura in cui essi portano moralmente in sé il bene o il male, cedono queste forze alle comete. Le comete si distruggono materialmente e le forze delle comete fluiscono entro la Terra; poi, dalle profondità terrestri queste forze animali, queste forze di natura, salgono entro l’uomo.

L’apocalista usa questo linguaggio tecnico. Qui parla di Trinità; quando il discorso verte sugli Angeli s’intendono sempre i normali pianeti; e con animali si tratta sempre dell’evoluzione morale dell’uomo, che può diventare anche irregolare, caotica, e si esprime nel mistero del ferro delle comete e delle meteoriti.

Le forze delle comete vengono rappresentate con due immagini: quando sono leggere e non distruttive vengono rappresentate come neve; quando agiscono distruttivamente vengono rappresentate come grandine, perché la grandine distrugge.

Quando l’evoluzione morale dell’uomo va in direzione del bene, c’è la formazione di neve e ferro, importanti per le forze formanti sulla Terra; quando l’evoluzione morale dell’uomo va eccessivamente in direzione del male, ci sono le forze distruttive della grandine. E alla fine, quando tutta la Terra è pregna delle forze cattive dell’uomo (attraverso ciò che abbiamo rappresentato come fenomenologia della prostituta Babilonia) queste forze della grandine aumentano sempre più finché, alla fine, distruggono il fondamento corporeo della Terra. In questo modo tutto quanto era cattivo e moralmente ripugnante precipita nell’abisso, e ciò che risorge dalla Terra sono le forze del bene – naturalmente nella misura in cui gli esseri umani si sono aperti all’impulso del Cristo.

Grazie per la pazienza. Proseguiremo nel pomeriggio.

Nona Conferenza
sabato 20 novembre 2004, pomeriggio
vv. 17,8-11

Cari amici,

aggiungo ancora qualcosa a quanto detto stamattina sul modo in cui l’anima si rapporta al corpo e allo spirito.

Quando l’anima usa tutto il corporeo, tutto il fattore di natura, come strumento per la ricerca dello spirito, ha tutt’altra relazione col corpo rispetto a quando vuole sperimentare autogodimento o egoismo lasciandosi andare in modo arbitrario. Quindi avevo proposto che per bdelugm£ venisse usato quanto si traduce con abominio, con cose abominevoli.

bdelugm£ (Bdelygmà)

L’anima può volgersi allo spirito oppure può consumarsi nella corporeità. Può godersi la vita, i desideri, le passioni, ma la domanda è: perché mai non si potrebbe cercare la conoscenza spirituale in modo altrettanto appassionato? La passionalità è stata messa sotto sospetto – un altro moralismo –, perché le cose sono state rese così che l’anima può avere passioni solo per quanto concerne il corporeo. Perché, è forse proibito cercare lo spirito con passione? È anche questa una passione che dà gioia, ancora più gioia! Quindi, avevo pensato di offrire un aiuto da parte mia – perché i miei pensieri sono solo aiuti, spunti, che hanno valore solo per quel che ne fa ognuno.

Quando l’anima cerca lo spirito in tedesco parliamo di Suche, di ricerca dello spirito. Come alternativa, quando l’anima ha brame nei confronti del corporeo, il Genio della lingua tedesca ci dà un’altra bella parola, una parola indovinata per dire che l’anima è sempre in cerca: Sehn-sucht. L’anima è sempre un vedere – sehen – e un cercare – suchen – qualcosa. Questa è l’esperienza dell’anima.

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Fig. 1,IX

Simpatia è Sehensucht, vale a dire, ricerca nei confronti di qualcosa che si vuole avere; antipatia è Sehensucht, è desiderio di sbarazzarsi di qualcosa. È sempre Sehnsucht, movimento, simpatia e antipatia. Quando questa Sehensucht, questo anelito, questa nostalgia, si rivolge allo spirito è una vera e propria ricerca – Suche –, e quando si rivolge al corporeo, cos’ha inventato il Genio della lingua tedesca? La parola Sucht (brama, bramosia, in italiano), che è pure un cercare (suchen in tedesco) in cui è andato perso il fattore di libertà. Nell’una (Suche) è decisivo che il vivere in termini di libertà comporti un ricercare libero; nell’altra (Sucht) la libertà è andata perduta. E perché è andata perduta? Perché la legge del corporeo, del mondo materiale è la necessità di natura, è ciò che è inesorabile e che va verso il basso.

A fianco della fenomenologia della cosiddetta prostituta Babilonia l’Apocalisse sviluppa anche la fenomenologia della brama, e tra l’altro in modo molto scientifico sul piano spirituale, animico e corporeo; ancora più scientificamente di quel che abbiamo oggi. Quindi, quando l’umanità avrà fatto passi avanti nella ricerca dell’Apocalisse ne capirà sempre meglio gli aspetti naturali e scientifico-spirituali.

Se questo principio del bramare, dell’elemento della brama – che è quanto, in pratica, non lascia più libera una persona perché, per esempio, non può fare a meno di fumare almeno trenta sigarette al giorno – è dominante, allora arriva la dipendenza, il finimondo. Ma a quel punto è la libertà che se n’è andata.

Io avevo pensato, come piccola aggiunta a questo elemento del corporeo, se prendiamo il riassunto della natura entro il corpo umano, che l’uomo può servirsi della corporeità per dare sempre più corpo allo spirito nell’anima – perché spirito è conoscenza e amore; ma può anche succedere che l’anima vada sempre più giù e si compenetri di cogenti brame corporee. La legge del corpo comporta una crescita fino ai trentacinque anni, e poi un deperimento del corporeo.

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Fig. 2,IX

Questo morire può avvenire in due modi fondamentali: il primo è quello in cui l’anima e lo spirito distruggono, consumano il corporeo: il corpo viene consumato, vale a dire invecchia, diventa più debole, fino a morire per il fatto che è sorto altrettanto spirituale. Qui (Fig. 2,IX) cosa c’è? Il corpo muore, viene consumato, distrutto.

L’altro modo è quando viene omessa l’evoluzione spirituale e si presentano due fenomeni: putrefazione – che non deve esserci – e cattivo odore. Questo è l’abominio, l’orrore; è quanto s’intende con questa parola, con questo mistero, perché quando il corpo imputridisce puzza.

La putrefazione è il pervertimento del senso del gusto. Per esempio, quando una pera marcisce, è andata in putrefazione, cos’è successo? Che la pera non è stata mangiata! Quando lo è, infatti, viene assunta entro l’uomo, le sue forze vengono usate per l’anima e per lo spirito, e quel che è inutile sparisce. La pera, però, non ha bisogno di imputridire, e la pera che marcisce comincia a puzzare, quindi mi son detto: questa puzza è la degenerazione, il pervertimento, del senso dell’olfatto. A volte qualcuno pensa che un profumo sappia di buono, ma per un altro puzza, e questo è un fatto di gusti.

Lo vedete cos’è contenuto in questo testo, e l’Apocalisse non fa spiritualismi. L’Apocalisse tratta i fenomeni del mondo su tutti e tre i piani, si occupa dell’evoluzione dello spirito, dell’evoluzione dell’anima e dell’evoluzione del corporeo (del fattore di natura), e con questa partitura ci si può davvero muovere in ogni ambito su tutti e tre i livelli. Perciò, quando la traduzione parla di abominio diventa difficile, se non si ha nessuna idea del fatto che si tratta di questo mistero del corporeo, e di queste due possibilità di rapporto col corpo.

Facciamo l’ipotesi che l’uomo sia stato creato in modo che, fondamentalmente, tutto il corporeo sia strumento e, quindi, con lo sprigionarsi dello spirito venga consumato; in tal caso da nessuna parte ci sarebbe putredine e puzza, non sarebbero necessarie.

Faccio un piccolo esempio, perché dobbiamo anche diventare concreti: cammino sul prato e vedo meravigliosi alberi di mele; forse i proprietari dei campi vivono lontani, le mele maturano, cascano e poi marciscono. Questo non è normale, non deve essere così. Perché marciscono? Perché le mele non sono state raccolte né mangiate dagli esseri umani. E come mai? Perché le persone preferiscono mangiare robaccia invece di cose sane, ma non sarebbe normale. Oppure pensate che io pretenda troppo dagli uomini? Dico davvero, sul serio. E se abbiamo portato a coscienza queste cose ci rendiamo conto di cosa parla l’Apocalisse: stai attento, perché tutto il fattore terrestre è fatto apposta per essere consumato, per venire usato nella risurrezione del corpo! Vuole risorgere, non marcire e puzzare.

Ecco perché in alcune traduzioni trovate termini diversi. Qui c’è abominio, altrove c’è ripugnanza. Cosa vuol dire ripugnante? Cos’è qualcosa che si aborre? Cos’è aberrante, e che deve esserlo? Aberrante sono la putrefazione e il puzzare come segno del fatto che l’anima si perde, si lascia andare nel corporeo invece di elevarsi allo spirito. Questo è aberrante perché è anti-umano. A quel punto l’uomo viene distrutto nella sua umanità, nella sua parte migliore. Solo che la vera origine di questa sciagura consiste nell’omettere: l’individuo omette di coltivare lo spirito. Questo è quanto volevo dire come piccola aggiunta.

Intervento: (domanda sulla consumazione del corpo).

Archiati: e cosa è successo col corpo di Gesù in cui ha abitato il Cristo? È diventato cadavere, ma talmente consumato, polverizzato dallo spirito del Cristo, che non poteva esserci neppure la più piccola traccia di qualcosa di putrefatto. E quel che è risorto è il corpo del fantoma (Phantom-Leib). Il corpo-fantoma viene chiamato corpo di risurrezione, ed è puramente spirituale.

La Terra mai avrebbe potuto finire in putrefazione e in puzzo! Perché putrefazione e puzza sono la prova che l’anima ha omesso la sua evoluzione: non ha consumato, non ha digerito abbastanza e trasformato in spirito.

Intervento: con quali forze, allora, i rifiuti che invece vanno in putrefazione vengono trasformati nei contenitori per il compost? Dopo sei mesi la terra che ne esce ha un buon profumo. Quali forze sono attive lì?

Archiati: bene, fra l’altro si potrebbe dire che grazie all’operare del Cristo – perché la Terra è il corpo del Cristo – ci sono ancora abbastanza gnomi, ondine, silfidi e salamandre che operano in accordo col Cristo e compiono questa trasformazione. Ma se l’uomo non offre a questi Spiriti elementari alcun cibo – come si dice meravigliosamente nei Drammi mistero –, cioè non porta mai a coscienza che essi lo fanno per gli uomini, questi Esseri vengono costretti ad allontanarsi dalla Terra. L’uomo non può dar per scontato che tutto sia sempre automaticamente così.

Intervento: ci sono ancora oggi uomini che sono defunti e i cui cadaveri non…?

Archiati: questo viene affermato da sempre. Diciamo pure che è molto complicato stabilire nel dettaglio cosa succede al cadavere; il cadavere è un rimasuglio molto complesso dell’uomo, bisognerebbe conoscere tutta l’evoluzione del suo corpo eterico, tutta l’evoluzione del suo corpo astrale (dell’anima) e tutta l’evoluzione del suo spirito.

L’affermazione di fondo è che alla morte l’uomo lascia il corpo fisico con cui non ha più nulla a che fare. Che poi nel suo corpo fisico siano presenti gli effetti di quel che ha fatto o non ha fatto durante la vita, senz’altro, però l’evoluzione di ognuno è assolutamente individuale e lì ognuno deve guardarsi dal fare generalizzazioni. O nella visione spirituale si ha una percezione di quel che c’è qui, oppure non serve a niente fare speculazioni. Perché vogliamo speculare sui casi individuali, se come orientamento non abbiamo ancora i fondamenti scientifico-spirituali generali? C’è già abbastanza da fare.

Come ho detto si possono dare solo spunti. Ora, però, è colpa vostra se quest’anno mi trovo nella situazione di riuscire a fare soltanto tre degli otto capitoli programmati. Che devo fare? Mi interrompete continuamente e volete pure che vi descriva tutta la scienza naturale dell’Apocalisse! (Risate)

Qui al verso 6 viene detto: 17,6 E io vidi una donna, ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei testimoni di Gesù. E mi stupii molto quando la vidi„dën aÙt¾n qaàma mšga. Tra l’altro – qui l’apocalista riceve una lavata di capo – viene detto: perché ti stupisci? Ti dico io che mistero è questo. Ho spiegato lo stupore da un altro aspetto, ma, altrimenti, lo stupirsi – io mi meravigliai! –, il meravigliarsi è l’immaginazione pura. E l’Angelo dice: perché ti stupisci? Perché resti sul piano del vedere, tu devi capire. Il versetto 17,7 dice: E l’Angelo mi disse: perché resti lì a guardare con stupore? Io voglio dirti il segreto. Ora subentra la parola. Noi parliamo di spiegare, ma un’altra cosa è guardare con stupore; chiarire, spiegare, è l’ispirazione.

Stupirsi = immaginazione

Spiegare = ispirazione

Con la parola articolerò il senso, il contenuto, questa è la spiegazione. Non c’è bisogno che tu ti stupisca soltanto, ora viene la spiegazione, io ti offro il significato.

È così, come quando noi meditiamo sull’Apocalisse e ci meravigliamo per tutto quello che c’è, ma dopo lo stupore dovrebbe arrivare la spiegazione. Il meravigliarsi, infatti, ha già un po’ il senso di una spiegazione: «Questo lo trovo sorprendente!». Cosa intendiamo con questo? Pensiamo che questa sommessa componente di meraviglia sia qualcosa di non ancora chiaro, o di non spiegato, non capito. Allora deve subentrare il livello ispirativo e con ciò il chiarimento.

17,7 Perché ti meravigli? Voglio dirti il segreto della donna e della bestia che porta sette teste e ha dieci corna. Dunque, sette teste e dieci corna, questo l’abbiamo già spiegato dicendo che sono tutti settenari dell’evoluzione.[36] L’evoluzione procede per piccoli settenari, per medi settenari e per grandi settenari. (Fig. 3,IX) Fino alla metà non c’è ancora libertà, perché il centro, la svolta, indica sempre che l’1, il 2 e il 3 si ripetono a un livello più alto grazie al subentrare della libertà. Quindi, se il 5, il 6 e il 7 vengono vissuti in chiave di libertà, a quel livello ci deve essere una duplice possibilità. Il 5 nel senso del bene è una possibilità, e il 5 nel senso del male è un’altra possibilità. E lo stesso dicasi per il 6 nel senso del bene e del male, e per il 7.

Col 5 possono esserci due strade, e così al 6, e di nuovo al 7: quante vie ci sono in tutto? Dieci. Da sette ne saltano fuori dieci. Questi sette, se si vuole, sono il settenario dell’eterico, le sette teste; e il corneo è un indurimento di un elemento eterico. Nel linguaggio tecnico dell’esoterismo tutto il corneo è stato preso per la formazione fisica – lo potete anche leggere nell’opera omnia 104 e 104a, due cicli di conferenze sull’Apocalisse che Steiner ha tenuto a Norimberga. Meravigliose conferenze fondative, tenute già all’inizio del suo percorso scientifico-spirituale, se possiamo dire così.

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Fig. 3,IX

Dunque testa significa una formazione eterica, non ancora sensorialmente fisica; e corno significa una formazione fisica. Perciò abbiamo un settenario. La creazione, se vogliamo, rimane spirituale fino alla metà, e poi sulla Terra, comincia a diventare fisica, e poi di volta in volta eterica e fisica, eterica e fisica, eterica e fisica. Quindi, da un lato abbiamo un settenario di teste e dieci corna. Ora direte che le corna sono tre e non dieci. Sì, l’intera evoluzione da questo punto di vista mostra che sono sette teste, diciamo così, che con le tre corna fanno dieci formazioni. I numeri vanno maneggiati con un po’ di agilità.

Ora viene il versetto 8.

17,8 «La bestia che hai visto è stata e ora non è più e salirà dall’abisso e andrà in perdizione. Si meraviglieranno quelli che abitano sulla Terra, i cui nomi non sono scritti sul libro della vita fin dalla fondazione del mondo, quando vedranno la bestia che è stata e ora non è e di nuovo sarà»

La bestia che tu hai visto, ora l’apocalista riceve un insegnamento, quindi con la parola viene interpretato quel che ha visto. In questo senso si tratta di un aiuto per noi che ci stiamo lottando. Egli ha presentato delle immaginazioni, ha detto tutto quel che ha visto (per esempio nelle sette coppe dell’ira), e ora arriva la spiegazione grazie a un Angelo, e noi guardiamo fino a che punto questo sia un aiuto per noi.

17,8 La bestia che tu hai visto, è stata e ora non è e salirà di nuovo dall’abisso e verrà condotta a dannazione. Ora abbiamo la spiegazione, molto semplice, la più comprensibile possibile – la spiegazione, però, è ancora più enigmatica delle immagini. La bestia, il fattore animale, ciò che c’è e a cui dobbiamo prestare attenzione al massimo, sono le forze che operano nell’ambito delle comete.

Qui (Fig. 4,IX) abbiamo la nostra cara Terra, sulla quale siamo tutti noi. Nella sfera delle comete c’è disordine, caos.

C’è un’evoluzione ordinata, articolata in settenari che si succedono uno dopo l’altro, ed è l’evoluzione nel senso del bene dove tutto succede al tempo giusto; e poi, come necessaria controforza, ci sono le orbite delle comete, delle meteoriti, che sono totalmente caotiche. Tutto il mondo delle comete è lì per mescolare le cose sconvolgendone i tempi: o rallentando i tempi in modo che sia troppo presto – e perciò le cose non succedono –, o accelerandoli, e quindi è troppo tardi. Questa controforza all’ordinato corso dell’evoluzione deve esserci, altrimenti non ci sarebbe libertà; essa agisce come necessaria controforza per darci la possibilità di compiere i passi che facciamo in modo libero, e non forzatamente. Deve esserci la possibilità di sbagliare.

Quindi, l’uomo deve distinguere: ci sono Esseri spirituali che governano le orbite planetarie e ci aiutano a fare i passi giusti uno dopo l’altro, sempre al momento giusto, perché momento giusto vuol dire a misura d’uomo; e c’è il caotico, l’irregolare, ciò che va troppo veloce o troppo lento, e questo sono le comete. Il fenomeno primigenio di una cometa l’ho spiegato una volta nel Faust. Dal verso 7900 questo fenomeno viene rappresentato in un modo sconvolgente: la Luna viene fatta scendere dalla sua orbita e scagliata verso la Terra, e queste forze della Terra operano in modo sovrasensibile. Anassagora ha vissuto tutto questo, Talete invece non si è accorto di niente e dice: «Ma che storie si inventa quello!». Anassagora, il filosofo del fuoco e della terra, l’aveva visto, mentre Talete, il filosofo dell’acqua e dell’aria già non lo percepiva più. Ora non abbiamo il tempo di trattare questi spunti in modo approfondito.

Il fenomeno primigenio delle comete è che sono il sistema del ricambio del cosmo. Steiner descrive il fenomeno delle comete in una conferenza per gli operai del Goetheanum. Le comete sorgono, così come sulla Terra si formano i nostri alimenti, e poi vengono consumate. Significa che vediamo giungere una cometa, magari con la coda – arriva, arriva…, e a volte si è anche calcolato che precipita sulla Terra – e poi scompare.

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Fig. 4,IX

La materia delle comete viene consumata, interamente mangiata, dalle forze, dagli Esseri spirituali del cosmo. La materia scompare. Naturalmente, quando si dice che la materia scompare per gli scienziati di oggi è un abominio – bdelugm£. Eppure, quando mangiamo facciamo sparire la materia. Il dogma della costanza della materia e dell’energia è una delle più grandi stupidaggini che gli uomini abbiano inventato – detto per inciso. La materia, il ferro materiale per esempio, sparisce, e si tratta di masse enormi; le forze si abbattono entro la Terra – sono forze soprasensibili! –, e queste forze spirituali si imprimono nel magnetismo della Terra, nel fattore calorico della Terra, nel fattore di luce terrestre, nella qualità dell’aria, dell’acqua e in modo particolare nella qualità del solido terrestre. Entro queste forze – l’ho già detto – vi è anche la moralità di tutti gli uomini, di tutti i defunti dei tempi passati. Essi operano entro di esse. Queste forze sovrasensibili s’impiantano nella Terra e poi, naturalmente, salgono nel cibo e nell’aria, e l’uomo ne viene pervaso. (Fig. 4,IX)

Se l’uomo si assume la sua evoluzione in direzione del bene, se si dà da fare in tal senso, può usare queste forze anche come strumenti per continuare a evolversi; se, omette la sua evoluzione spirituale, invece, quelle forze sono particolarmente mortali, perché hanno una certa ferrea inesorabilità.

La bestia è esistita per un periodo, non c’è più, è sparita, e sorge dall’abisso – a quel punto c’è! Un fatto naturale e scientifico-spirituale molto preciso nell’Apocalisse. Ma, cari amici, diciamocelo in tutta onestà, senza i fondamenti di una scienza dello spirito che dice queste cose, chi può capirci qualcosa?

17,8 La bestia che hai visto, che eraÃn – e non è più kaˆ oÙk œstin e sorgerà kaˆ mšlleidall’abisso». Nell’umanità di oggi, oltre alla scienza dello spirito di Rudolf Steiner, dove si trova una chiave per capire quel che significa? Questo ve lo dice uno che per molti semestri ha studiato non solo greco, non solo l’esegesi, ma tutta la teologia. È assolutamente impossibile. Qui sono indispensabili i fondamenti scientifico-spirituali che, davvero, l’umanità odierna può trovare soltanto col fenomeno Rudolf Steiner. Non è una fissazione il mio entusiasmo per Steiner, spero ve ne rendiate conto. È mia convinzione, scientificamente fondata, che questo Rudolf Steiner sia stato il più grande dono che il Cristo ha lasciato in eredità all’umanità. Io non sono nato in una culla antroposofica, mi sono guardato in giro dappertutto e ho colto quel che c’era da prendere; in Laos mi sono entusiasmato per il buddismo e ho partecipato a tutte le feste buddiste, ho preso tutto quanto ci fosse in fatto di saggezza e Steiner non l’avevo mai sentito nominare. Non è che io abbia sperimentato solo Steiner. Ma quando ci si guarda in giro nell’umanità di oggi, e con gratitudine si viene a sapere tutto quel che c’è di buono, ci si deve dire che da nessuna parte c’è qualcosa di paragonabile a questo fenomeno. Ecco perché la scienza dello spirito è il ritorno del Cristo – che cosa, altrimenti? –, perché il Cristo ritorna spiritualmente, non più in modo sensibile.

Lo dimostra il fatto che con la scienza dello spirito il testo dell’Apocalisse diventa scientificamente eloquente – tanto per fare un esempio fra i mille possibili –, e con questo devo dire che c’è ancora una quantità di cose per cui l’Angelo mi fa dire: perché ti stupisci ora? Tu non capisci ancora!

17,8 La bestia che tu hai visto, è stata e ora non è più e di nuovo salirà dall’abisso – e condurrà a dannazione: queste sono controforze particolarmente forti che salgono, e l’uomo si sente col suo corpo sempre più pesante. Perché le controforze devono diventare sempre più forti? Perché l’evoluzione in direzione del bene è fatta così che con le controforze più forti anche il bene diventa sempre più forte; e quando l’uomo vi si consegna, invece di lottare per ottenere un bene più grande, allora operano tanto più funestamente. Fa parte del senso dell’evoluzione che il bene possa diventare sempre più forte e le controforze siano corrispondenti in termini di forza.

17,8 E si meraviglieranno quelli che abitano sulla Terra, il cui nome non sta scritto sul libro della vita. Vedete che si stupiscono. In questo caso si intende che essi vedranno, guarderanno e si stupiranno, perché avranno le percezioni: avranno la percezione che la corporeità diventa sempre più pesante e opprimente, che rende gli uomini sempre più malinconici o depressi; lo vedranno, lo percepiranno, ma si stupiranno perché non ne conoscono la spiegazione. Quindi, avranno l’immaginazione, dove viene veduto, ma non avranno l’ispirazione, perché hanno omesso l’evoluzione grazie a cui avrebbero capito. Si meraviglieranno coloro che abitano sulla Terra: coloro che abitano sulla Terra significa coloro che sono quasi solo anima e corpo – i cui nomi non sono scritti nel libro della vita. Il loro nome, la loro essenza, il loro nocciolo essenziale, l’Io, non è stato sufficientemente conformato per permanere in eterno.

E qui c’è qualcosa, naturalmente un’affermazione, che ha dato molto filo da torcere a un Agostino, a un Lutero, perché riguarda la predestinazione: 17,8 E si meraviglieranno coloro che abitano sulla Terra, i cui nomi non sono scritti nel libro della vita dall’inizio del mondo. Ma come, ci sono uomini i cui nomi non sono scritti nel libro della vita fin dall’inizio del mondo? Ma allora non ci sarebbe libertà. Ci sarebbe solo inesorabile predestinazione e nessuna libertà. Non è un discorso sugli individui, perché l’individuo decide da sé in libertà dove andare. Il discorso riguarda le tipologie.

Semplifico ancora. (Fig. 10,IX) Il libro della vita è il piano divino dell’evoluzione, e in questo libro della vita c’è scritto: se l’uomo va in questa direzione farà sorgere in sé l’eterno. L’altra evoluzione, invece, si trova scritta nel libro della morte.

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Fig. 5,IX

In altre parole, la prima è il modo in cui l’essere umano diventa vivente in eterno. L’altra è il modo in cui l’essere umano va alla morte. Quale individuo percorra questa via o quell’altra non sta scritto in nessun libro, sta alla libertà di ognuno. Viene solo detto che quando un uomo va per questa via, si trova scritto nel libro della morte; oppure, si trova scritto nel libro della vita. (Fig. 10,IX)

Intervento:

Archiati: no, l’astralità è passeggera. Proviamo ancora una volta, perché questa è la domanda dell’immortalità dell’anima; corpo, anima e spirito. (Fig. 11,IX)

Sono esercizi che si possono fare sempre di nuovo, perché sono fondamentali.

Da alcuni secoli viene detto che l’uomo consiste di anima e corpo. Cos’è l’anima? Anima è tutto quanto dipende dal corpo. Lo spirito non è subordinato al corpo, l’anima lo è.

Il cristianesimo è diventato così abissalmente materialista da supporre che finché non è presente il corpo, non può esserci l’anima – l’anima sorge solo quando compare il corpo.

Le due chiese, evangelica e cattolica, concederebbero al buon Dio il diritto, la possibilità, di creare un’anima anche se non c’è il corpo? No, non può farlo. Può creare un’anima soltanto quando c’è il corpo. Deve aspettare che un uomo e una donna si mettano assieme e decidano loro quando il buon Dio deve crearne una. Quanto sono diventate grottesche le pensate dell’uomo!

Il tutto rimanda ad Aristotele che ha rivolto l’attenzione solo agli aspetti dell’anima condizionati dal corpo. E naturalmente questi aspetti ci sono e in quantità. Il fatto è che Aristotele ha lasciato da parte quel che nell’anima non è condizionato dal corporeo, l’ha soltanto lasciato da parte, ma non si è sognato di negarlo! Egli ha parlato solo di ciò che di animico sorge attraverso la reciproca interazione col corpo.

L’uomo contemporaneo, lo psicologo moderno, ma anche lo scienziato di oggi, conoscono solo il corpo e l’anima – perché la chiesa lo insegna loro da molto tempo. Lo spirito è stato cancellato, e dell’anima l’uomo moderno vive davvero solo ciò che accade in reciproco scambio col corpo.

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Fig. 6,IX

Quando ci addormentiamo cosa sperimentiamo della nostra anima? Assolutamente niente, perché ci allontaniamo dal corpo. E quando l’uomo muore? In tutta onestà va detto che non resta niente. Di questo animico che è condizionato dal corpo non resta proprio niente – quando il corpo se n’è andato, anche quest’altra componente se ne va.

L’argomentazione che l’anima dell’uomo è immortale, è pura teoria, ma senza fondamento nella realtà, anche sul piano dell’autoesperienza; e la teologia è diventata ancora più materialista con l’affermazione che un’anima può sorgere nella misura in cui compare un corpo. Con ciò l’anima è essenzialmente dipendente dal corpo; e se può sorgere solo grazie al corpo, come può continuare a esistere una volta che il corpo sparisce? Questo è un non senso assoluto.

Ora arriva uno Steiner che dice: o recuperiamo almeno la preesistenza – se non subito la reincarnazione, almeno la preesistenza in modo che quest’anima, o lo spirito o il sovrasensibile dell’uomo, esista prima del suo corpo, e allora dell’uomo salviamo quel che non è dipendente dal corpo –, oppure bariamo su tutta la linea. Se non è salvezza del cristianesimo, questo! Nel cristianesimo tradizionale, però, la preesistenza, cioè l’esistenza dell’anima indipendentemente dal corpo, è andata perduta.

Come possiamo sciogliere le grandi questioni, per esempio quella dell’aborto, quando non ci ha mai sfiorato nemmeno una volta l’idea che l’anima sia già presente prima che sorga il corpo, e lo spirito, poi, abbia dietro di sé millenni di evoluzione! Se il buon Dio fabbricasse l’anima – la rappresentazione, infatti, è che Egli crea l’anima quando sorge il corpo – potremmo dirgli: aspetta un paio di settimane a creare l’anima, così stabiliamo se il corpo è a posto o meno. Perché non potrebbe aspettare un paio di settimane? E poi, Egli crea l’anima improvvisamente o gradualmente? Le nostre rappresentazioni sono diventate così materialiste che è abissale la cosa, ma è così! Per esempio, se una donna abortisce dopo una settimana, l’anima c’è già, oppure ce n’è un quarto, oppure non c’è del tutto? Il buon Dio ha già cominciato a fabbricarla? In quel caso viene ucciso un uomo? Mancano completamente i fondamenti scientifico-spirituali, etici e scientifico-naturali per sapere davvero cosa sia presente. È così perché l’uomo di oggi conosce solo la materia.

Oppure si presenta qualcuno, solo perché ha più diritto grazie a un partito o a una chiesa, e dice: «No, fin dal primissimo inizio si tratta di uccisione di una vita, di uccisione di un essere umano». Ma dov’è l’uomo? Grande come la punta di un chiodo? Dov’è l’uomo? Con questo non ritengo affatto che si debba abortire, sto solo indicando l’abissale ignoranza della nostra cultura. Una cultura molto arrogante quando si tratta di queste questioni, sia dal lato della scienza che da quello della religione.

Nell’Apocalisse ci sono due cammini fondamentali: uomini che percorrono un cammino, i cui nomi sono scritti nel libro della vita e uomini che scelgono volontariamente l’altro, e il cui nome sta scritto nel libro della morte; essi scompaiono perché si disfano in ciò che si dissolve. Perciò si tratta di uomini in quanto anima e spirito.

L’uomo prende parte a tutta l’evoluzione, diventa sempre più capace di decidere da sé, e noi abbiamo sottolineato che dalla metà in poi non ci sono solo innumerevoli passi, ma una pluralità di percorsi di vita prima che giunga la definitività, perché il mondo è stato organizzato in un modo pieno d’amore: il buon Dio ha creato il mondo in modo che a ogni uomo venissero date delle possibilità, e poi ancora possibilità e poi altre possibilità ancora, e che l’uomo potesse omettere ancora così tanto perché avrebbe ricevuto di nuovo altre opportunità, e fino alla fine ancora una possibilità! Prima o poi, però, la libertà va presa sul serio, oppure la si ignora.

Che l’uomo non pensi che il buon Dio sia tirchio con le chances, con le possibilità, che gli offre. Non ci sono uomini che in quanto individui siano predestinati dal principio ad andare di sotto o di sopra. Se fosse così non saremmo liberi. Vi sono ruoli, per così dire, diverse posizioni già stabilite, ma quale uomo entri in una certa posizione, questo sta alla libertà del singolo.

Prendiamo un altro fenomeno: qui al centro (Fig. 7,IX) è previsto che il Cristo, l’Essere dell’Io, possa andare a morte solo se l’uomo lo tradisce, quindi il traditore deve esserci. Che il traditore debba esserci è scritto, è fissato per iscritto nel libro dell’evoluzione. Il traditore deve esserci, è necessario. Con questo cosa viene detto? Non viene detto chi, quale uomo, assumerà questa posizione. Che il Giuda dica «lo faccio io» è libertà sua – e qualcuno doveva farlo.

Qui (Fig. 7,IX) c’è stato il traditore, scriviamoci Giuda. Se adesso volete approfondire la questione leggete Giuda ritorna.[37] Il fatto che il Giuda rivesta questo ruolo ha a che fare con una lunga evoluzione di Giuda, perché l’individualizzazione non comincia solo alla svolta dei tempi. Dalla svolta in poi l’individualizzazione comincia a diventare sempre più radicale, ma non è che l’essere umano in quel momento non abbia nessuna individualizzazione, tant’è che ha diverse vite dietro di sé.

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Fig. 7,IX

Un Giuda è un uomo che di vita in vita, attraverso un modo che per quanto incipiente è reale, ha usato la sua libertà, e in base al suo passato imbocca liberalmente l’evoluzione in questo ruolo; egli non viene costretto. Non viene detto che Giuda ha rubato dalla cassa perché vi fosse costretto. Era attaccato al denaro. E un uomo com’è che diventa attaccato ai soldi? Liberalmente, attraverso la sua evoluzione. Gli altri undici erano meno attaccati al denaro, come mai? Perché hanno fatto un altro percorso evolutivo.

È male che uno sia attaccato al denaro più di un altro? È nella natura della libertà. Come potremmo avere libertà, se uno non avesse la possibilità di essere più attaccato ai soldi – se lo vuole –, e un altro meno – se lo vuole?! Mi guardate talmente sbalorditi, ma la conclusione è che ognuno di noi è ciò che nella sua libertà è diventato. Io sono il risultato della mia passata libertà, e va bene così. Ognuno è il risultato della sua passata libertà, perché quel che la natura fa in tutti noi in modo uguale, agisce anche in modo uguale, e allora, da dove vengono le differenziazioni se non dalla libertà di ognuno? Oppure dovremmo dire che il buon Dio è ingiusto e fa dei privilegi: a uno dà di più, a un altro di meno.

I Greci hanno miti meravigliosi – sono stati così ingegnosi! – e ce n’è uno che dice: si presentano gli uomini e Zeus deve riversare loro la saggezza; Zeus vuole essere giusto, vuole trattare gli uomini equamente, solo che noi constatiamo che alcuni sono più saggi di altri. Com’è che gli uomini sono così diversi in fatto di saggezza, se Zeus li tratta in modo uguale, con giustizia? I Greci hanno risolto la questione senza problemi con un mito meraviglioso: gli uomini si presentano e uno è diventato piccolissimo, un altro un pochino più grande, il terzo ancora di più, e un altro è enorme. E cosa fa Zeus? Li riempie di saggezza fino all’orlo. Li tratta tutti allo stesso modo: li riempie tutti fino all’orlo.

Solo che uno è piccolo e ne ha poca – però è pieno; l’altro ne ha di più, ma è altrettanto pieno; il terzo ne ha ancora di più, ma non è più colmo degli altri. Zeus li ha trattati tutti nello stesso modo. Quindi, uno arriva con un’enormità, piena, e l’altro con un calicino, pieno. Pieno vuol dire pieno! La mitologia greca studiata con le chiavi scientifico-spirituali è qualcosa di fantastico, ricolma di così tanta saggezza – basta vedere come ha risolto il problema di uguaglianza e diseguaglianza. Gli uomini, infatti, sono molto uguali nella diseguaglianza, volevo dire, sono molto diseguali nell’uguaglianza!

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Fig. 8,IX

Torniamo a questa frase: … i cui nomi non sono scritti nel libro della vita dall’inizio del mondo, e poi verrà: stai attento, qui c’è saggezza, questo devi capirlo nel modo giusto!

17,8 … i cui nomi non sono scritti nel libro della vita dall’inizio del mondo, quando vedono la bestia che era stata e ora non è più e di nuovo sarà. Ancora una volta viene illustrata questa triplicià: la bestia che è stata, che ora non è, e che di nuovo salirà dall’abisso.

17,9 «Qui è il senso che appartiene alla saggezza! Le sette teste sono i sette monti sui quali siede la donna, e sono sette re».

Questo è il sensoïde Ð noàj –, un significato che ha saggezza. Ecco perché mi è venuto in mente il mito della saggezza. Nus e Sophia.

noàj (nus)

sof…a (sophia)

Nus è l’intelligenza cosmica e Sophia è la saggezza. Spirito del mondo e anima del mondo, spirito cosmico e anima cosmica. Presta attenzione – viene detto – qui c’è un’affermazione centrale sul progetto divino, sul progetto spirituale dell’evoluzione e sul modo pieno di saggezza con cui gli Esseri stanno in relazione gli uni con gli altri.

Il piano della saggezza – Sophia – è quello delle relazioni, del modo in cui tutti gli Esseri stanno in relazione gli uni con gli altri. Nus è lo spirito singolo, e Sophia è l’intreccio pieno di saggezza di tutti gli Esseri. Attento – dice l’Angelo all’apocalista –, attento, qui hai a che fare con l’essenziale del progetto spirituale e con la saggezza, con il modo in cui l’evoluzione procede attraverso il reciproco rapporto nel senso del bene e nel senso del male.

17,9 «Qui c’è l’intelligenza che possiede (che ha in sé) saggezza!». il greco ïde qui è Nus, intelligenza universale che ha saggezza in sé – Ð œcwn sof…an; la cosa viene rappresentata in modo essenziale, si parla di Esseri spirituali. Nella traduzione c’è: l’intelligenza che ha in sé saggezza che è un po’ personificata, come se si trattasse di un intelletto cui appartiene la saggezza. Ma sono tutti Esseri spirituali perché ora la spiegazione va avanti, l’Angelo è lì per spiegare la visione. Perché ti meravigli? Ora ti dico io cosa significa la visione.

17,9 Le sette teste sono i sette monti, sette monti significa sette sagomature sulla Terra, sette formazioni terrestri. E cosa vuol dire sette formazioni terrestri? Vuol dire sette periodi di cultura sulla Terra. Non sette periodi sul piano eterico, ma sette periodi sul piano terrestre, sul piano solido. Per esempio, la cultura indiana, la cultura persiana, quella egizio-caldaica e così via. Nel linguaggio tecnico dell’esoterismo vengono chiamate montagne. Lo abbiamo già visto ieri, quando si parlava del monte che si getta nel mare e sparisce e non viene più trovato.

Le sette teste sono le sette montagne – sette gradini, sette passi culturali dell’evoluzione sulla Terra – sui quali siede la donna – l’anima vi è seduta sopra perché l’anima è unita con l’evoluzione corporea. Le sette montagne sono l’evoluzione sulla Terra, e l’anima vi è seduta sopra, per cui è l’evoluzione dell’anima. Solo che l’evoluzione dell’anima è dipendente, è legata all’evoluzione del corporeo, s’intende che ci si siede sopra. L’abbiamo visto poco fa con l’affermazione delle chiese: l’anima viene creata solo quando c’è il corpo, perché deve sedervi sopra. La donna è l’anima umana – vi avevo proposto.

17,9 Le sette teste sono le sette montagne sui quali siede la donna, e sono i sette re. Se vogliamo (Fig. 14,IX) abbiamo sette montagne, un settenario di montagne: l’evoluzione della corporeità; poi, la donna ci si siede sopra: un settenario dell’evoluzione dell’anima; e i sette re? I re sono l’evoluzione in termini di Io, quindi lo spirito – prendetela come una proposta, naturalmente, non come un dogma.

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Fig. 9,IX

Quindi, abbiamo

• qualcosa di montuoso, e questo è il terrestre, il corporeo;

• la donna che vi siede sopra, ed è l’anima umana, l’evoluzione dell’anima; e

• i re, che pure sono seduti sopra, per così dire, e questo è la chiamata all’evoluzione dell’Io, perché l’Io è il re, è il Kyrios delle forze dell’anima e delle forze del corpo.

Quel che sta sotto è necessario, quel che sta sopra è libero – non deve esserci –, e quel che sta in mezzo ondeggia. La parte centrale può venire usata dal corporeo per l’evoluzione spirituale, oppure, omettendo lo spirituale, può votarsi sempre più al corporeo.

17,9 Le sette teste sono sette monti, sui quali siede la donna, e sono sette re.

17,10 «Cinque sono caduti, uno c’è ancora, e l’ultimo non è ancora giunto; quando verrà dovrà rimanere per poco»

Cinque sono caduti, uno è presente, un altro non è ancora venuto. Caduti significa che l’uno viene seguito da un altro; essi non sussistono, ma ce n’è uno dopo l’altro, sorgono e scompaiono, perché evoluzione nel tempo vuol dire sorgere e sparire. Quando l’evoluzione persiana è alla fine il re cade, perché essa non continua a esistere, e ora giunge un altro re, quello egizio-caldaico; e lo stesso è stato valido per il re indiano, egli è caduto quando è subentrato quello persiano. I re si danno il cambio. L’evoluzione nel tempo è un darsi il cambio: sorgere e scomparire.

Ora direte: cosa significa che cinque sono stati, uno c’è e il settimo verrà fra poco? In greco è detto molto esattamente: i cinque, pšnte, sono caduti, l’uno è, Ð eŒj œstin, l’altro non è ancora venuto, Ð ¥lloj oÜpw Ãlqen e quando verrà – dunque il settimo – egli deve restare poco tempo Ñl…gon aÙtÕn de‹ me‹naiÑl…gon: poco tempo.

Prendiamo la prospettiva dei periodi di cultura, perché ci sono diversi settenari e bisogna rimettere in sesto le cose in modo che queste parole vengano disigillate ai diversi livelli. Le parole, infatti, sono cifrate e non si può sapere se l’una voglia dire questo e non l’altro – senza diventare arbitrari.

Al tempo in cui l’apocalista ha scritto l’Apocalisse c’era il quarto periodo di cultura. È una prospettiva fra le altre, solo che quanto egli scrive è una profezia ed egli la coglie in anticipo. L’Apocalisse è una profezia, oggi molto più attuale di allora, perché contiene i misteri del futuro. Noi siamo ora al quinto periodo e tra il punto 5 e il punto 6, possiamo dire, avviene molto di quel che viene descritto nell’Apocalisse.

L’Angelo spiega a Giovanni l’apocalista, a Giovanni Lazzaro: fai attenzione, la prospettiva temporale (queste visioni che hai avuto) è così che cinque ci sono state e poi c’è la prospettiva temporale del sei dove si va alla definitività. Cinque sono cadute – si sono già concluse – una è presente e l’altra non è ancora venuta – la settima – e quando verrà resterà poco tempo.

Come l’avevo rappresentato? Al 7 non c’è più nessuna contrapposizione, bensì un trarre il bilancio. Al punto 7 il tempo passa più in fretta, perché la contrapposizione finisce al punto 6.

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Fig. 10,IX

Se la contrapposizione tra bene e male finisce essenzialmente al 6, e viene detto: «Fai attenzione, 6, 6, 6, questo è il numero importante!», che significa quando ci vien detto che 5 è il numero del male? Ne ho parlato molte volte. Per il male uso il blu scuro (Fig. 10,IX): al punto 6 c’è l’ultima contrapposizione, e al 7 non c’è nessuna contrapposizione. Anche al momento 1 non c’era contrapposizione, perché lì tutto deve ancora cominciare, quindi il primo contrasto col male è al momento 2; diventa più forte al momento 3; la controforza diventa massimamente forte al 4, e poi di nuovo minore, e qui c’è l’ultima controforza.

Dunque, prima controforza I; seconda controforza II; terza controforza III; quarta controforza IV; e quinta controforza V. Ecco che abbiamo il 5 come numero del male. Al 6 c’è l’ultima contrapposizione e quando mettiamo insieme sette più cinque, abbiamo il dodici.

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Fig. 11,IX

Se qui (Fig. 11,IX) abbiamo la Terra e lo Zodiaco con i Segni zodiacali, sette sono sopra e cinque sono i Segni sotto, oscuri, che attraverso la Terra, passando per tutte le forze zodiacali, influenzano l’uomo. Qui c’è l’uomo: sette sono direttamente dal Cielo, i sette luminosi Segni dello Zodiaco; e cinque operano da sotto e sono controforze, le cinque controforze. «Impara a considerare in modo esatto i numeri!», perché qui si tratta di segreti numerici: cinque sono caduti, uno è lì presente e l’altro non è ancora venuto, e quando viene deve restare poco tempo.

17,11 «E la bestia che è stata e ora non è, è l’ottava, ed è una delle sette e conduce alla perdizione»

E la bestia che era stata e ora non è più – sparita nel grembo della Terra, nell’abisso – è l’ottava, ed è uno dei sette e va in perdizione. Ora la questione diventa davvero intricata, diventa interessante. La bestia, che sono queste controforze che vi ho appena descritto, che è stata e ora non è più e che sale dall’abisso, è l’ottava.

Se il settenario dell’evoluzione, diciamo il grande settenario, è arrivato alla fine – e a quel punto la cosa diventa critica –, questa somma del settenario in direzione del male genera un’ottava sfera. Torniamo al disegno: qui ci sono le forze di risurrezione, e qui l’abisso, l’abisso della bestia; questo ottavo viene dai sette, è il risultato complessivo dell’evoluzione.

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Fig. 12,IX

Perciò, il cosiddetto male, questo anti-umano, alla fine non può sparire, perché l’evoluzione va avanti e qui sulla Terra, diciamo al momento 7, avremo un settenario. Sorge poi la Terra nuova o la Nuova Gerusalemme e questo ottavo (Fig. 12,IX) diventa come una scoria morta, come una luna che gira attorno alla Terra nuova – Steiner ne parla in termini scientifico-spirituali esatti. Si tratta dell’ottava sfera, quale risultato di ciò che è sprofondato nell’abisso, di ciò che è stato separato dall’evoluzione terrestre – e i due si guarderanno reciprocamente.

La contrapposizione tra uomini che hanno realizzato l’umano e uomini che l’hanno omesso (che hanno fatto marcia indietro, che sono ricaduti al livello del male) non è ancora alla fine, va avanti. È sconvolgente quel che si legge qui: E la bestia che è stata e ora non è più, è l’ottava ed è uno dei sette e va in perdizione. Questa scoria morta va nell’abisso effettivamente in tutt’altre condizioni. Secondo me è sconvolgente.

Ci sono alcune conferenze di Steiner sull’ottava sfera del male, e quando si son lette e qui si rivede questo mistero dell’ottavo, su questo punto è veramente impossibile raccapezzarsi senza una scienza dello spirito, soprattutto in considerazione dell’acrobazia numerica. E la bestia che è stata e ora non è più, è l’ottava ed è uno dei sette. Se è una dei sette come può essere l’ottava?

Intervento: (domanda sull’ottava sfera).

Archiati: Ora giunge in termini quantitativi, ora come insieme. Quantitativamente per un verso è un settenario e per l’altro è un’unità. Significa che nel male un’articolazione non è possibile: il male è uniformità, solo quantità ma nessuna qualità. Viene dai sette, è uno dei sette, è un’unità che è sorta dai sette quale risultato complessivo di tutti e sette, ma il concetto dell’ottava sfera serve come concetto dell’abisso del male; questo lo si trova descritto in dettaglio nella scienza dello spirito di Rudolf Steiner. Non solo lo si trova in Rudolf Steiner, ma è anche scientificamente fondato.

*******

Qualcuno ha chiesto nuovamente come si arrivi dal sette al dieci. Ci sono sette teste, ed è chiaro; poi ho aggiunto tre corna e ora devono esserci dieci corna. Come vi pare?

Coi numeri bisogna essere un po’ versatili senza fare speculazioni. Facciamo così: 1, 2, 3, 4 (Fig. 18,IX), fino alla metà l’evoluzione è semplice, e poi diventa duplice, per esempio tramite la separazione dei sessi.[38] Quindi, al punto 5, una volta come donna e una volta come uomo. Quante posizioni ci sono complessivamente?

Intervento: dieci

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Fig. 13,IX

Supponiamo che di volta in volta ci siano periodi di 2160 anni. Questi 2160 anni hanno un’unica impronta, anche se l’uomo vi si incarna due o tre volte si tratta di una unità spirituale. Il periodo successivo è anch’esso di 2160 anni, e ha una sola caratterizzazione. Dopo la svolta dei tempi, però, ce ne sono di volta in volta due.

Intervento: ma la separazione dei sessi c’è già prima.

Archiati: Bene. Ma qui, (Fig. 18,IX, al punto 5), essa diventa evolutivamente decisiva per l’individuo. Nel periodo di cultura indiano, quanto ha attraversato il maschio è più o meno lo stesso che ha attraversato la femmina: la cultura era forgiante, la cultura caratterizzava l’essere umano; invece nel quinto periodo diventa decisivo per l’evoluzione se questi sceglie l’incarnazione come donna o come uomo, perché l’essere umano diventa sempre più individuale. Quindi, tutto si esprime in favore di una crescente individualizzazione. L’affermazione di fondo è: dopo la metà c’è libertà, c’è una duplice possibilità di scelta: o in un modo, o nell’altro. Questa è l’affermazione fondamentale.

I numeri sono numeri, non hanno contenuti univoci. Dobbiamo prenderli come un avvio al pensare, e poi col pensare scoprirvi tutte le diverse possibilità. Voglio dire, si tratta di un settenario, solo che dopo la svolta acquisisce una qualità duplice. Questa è l’affermazione. Prima l’evoluzione è a senso unico, dopo la svolta, con l’inizio della libertà, l’evoluzione diventa duplice.

Se leggete questa spiegazione sul sette e sul dieci nell’O. O. 104[39] – e lì il processo di pensiero viene sviluppato un po’ meglio –, dopo che l’avrete letta vi ritroverete con le stesse domande, e ognuno deve arrivarci da sé. Allo stesso Steiner si potrebbe ribattere: ma è contraddittoria la cosa, perché hai appena detto che c’è un settenario di teste e ora, se aggiungiamo tre corna, abbiamo tre corna e non dieci corna!

Ci sono altre domande prima che io prosegua?

Intervento: può dirci ancora qualcosa sul nome Babilonia? Viene da Babele?

Archiati: Babilonia è la città di Babilonia in Caldea, una città della Mesopotamia il cui nome compare anche nell’Antico Testamento. Babele è una variazione di questo nome. L’Apocalisse è scritta in modo da non fare astratte teorie, ma affermazioni di volta in volta rivestite di immagini, concrete anche a livello di fenomeni culturali.

L’intera fenomenologia di quel che abbiamo chiamato prostituzione – stamattina ne ho parlato in modo abbastanza complesso – si è svolta archetipicamente in questa città. Era noto che cultura ci fosse laggiù, e quando l’apocalista scriveva Babilonia, le persone di allora che ne conoscevano gli eventi, lo sapevano. Di questa città si sapeva la qualità del culto, del sociale, la qualità dell’agricoltura, per esempio. Così come l’apocalista ha denominato le sette lettere in base a Efeso, Smirne, Pergamo, e così via, era risaputo come fossero le diverse città. Non ogni uomo, ma i saggi avevano consapevolezza di quale spiritualità ci fosse a Pergamo, a Smirne, e via dicendo.

Cosa rappresenta Babilonia? Noi parliamo anche di cattività babilonese degli Ebrei. Babilonia è un’immagine per queste realtà, il che dimostra la scientificità spirituale dell’Apocalisse. Il primo periodo di cultura è quello indiano, il secondo è quello persiano, il terzo è l’egizio-caldaico al quale appartiene anche Babilonia. Al tempo della cultura egizio-caldaica Babilonia era spiritualmente elevata, solida e con un ruolo conduttivo.

Per quale motivo è diventata un’immagine archetipica della sciagura, del male? Per il fatto che si è rimasti fermi lì dove si era; questa cultura era così bella che non si è più voluto altro. Il conservatorismo vuole mantenere il vecchio, e così non si è fatto spazio al nuovo.

E a quei tempi, qual era un fenomeno centrale di quel momento evolutivo? Moralmente buono per quei tempi era il fenomeno del medianismo, perché conforme al tempo. Medium, cioè i sacerdoti o gli iniziati studiavano quel che succede nell’uomo quando Io e corpo astrale vengono tratti fuori. Essi osservavano il processo perfino durante il sonno nel tempio: procuravano negli uomini uno stato medianico, ipnotico, per studiare il comportamento dell’anima e dello spirito – per sapere, anche in termini medici, da dove provenissero certe malattie e quali sostanze, piante e via dicendo, fossero efficaci. Questo “medianismo” tra virgolette era allora possibile per via dell’antica, atavica chiaroveggenza.

I tempi vanno avanti e giunge il quarto periodo di cultura – così scrive l’apocalista. Qui (Fig. 14,IX) eravamo al 3 e poi c’è il 5, il periodo attuale. Il nostro compito è ripetere il terzo periodo ma a un livello più alto, cioè coscientemente, a livello dell’Io.

Come opera questo medianismo se oggi si ripresenta come un tempo? Basta osservare cosa succede quando una persona viene ipnotizzata. Fenomeni di medianismo ce ne sono anche oggi, forse eccezionalmente, ma ci sono. Ognuno è libero di analizzare il medianismo domandandosi che tipo di fenomeno sia, e a quel punto si pone la domanda: perché l’apocalista prende per il nostro tempo, per il futuro, questo fenomeno culturale babilonese come immagine primigenia della sciagura, del male, dell’antiumano? Questa è la domanda.

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Fig. 14,IX

Cosa succede quando un uomo viene ipnotizzato? Facciamo chiarezza: corpo fisico e corpo eterico restano uniti (disegniamoli in verde); anima e spirito sono fuori. Qui (Fig. 15,IX): Io e corpo astrale, spirito e corpo astrale – il corpo astrale è l’anima – e qui corpo eterico e corpo fisico.

Quando l’uomo dorme, il dormire non è sotto coercizione, perché è la decisione del suo spirito e della sua anima di trarsi fuori dal corpo fisico e dal corpo eterico. Con l’ipnosi Io e corpo astrale vengono spinti fuori. Venendo spinti fuori, è un altro che si serve del corpo fisico e del corpo eterico: l’ipnotizzatore, oppure, attraverso la possessione, altri spiriti. Quando l’uomo col suo Io e col suo corpo astrale torna indietro, cosa trova? Si trova davanti a un corpo fisico e a un corpo eterico che si sono distorti in qualcosa, perché sono stati usati come strumento da un altro spirito. Questo significa che sorgono sempre più discrepanze tra Io e corpo astrale da una parte, e corpo fisico e corpo eterico dall’altra, e con ciò diminuisce la possibilità di signoreggiare la fisicità, quel che abbiamo chiamato il sostrato materiale. Il corpo diventa sempre meno governabile.

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Fig. 15,IX

Il fatto che sia sempre più arduo governare il corpo è la sventura dell’evoluzione, perché ci sono due false strade dell’uomo. L’antiumano è duplice: Lucifero tende a spiritualizzare sempre più tutto l’animico-spirituale, perché vorrebbe convincere l’uomo che la materia è talmente ostile allo spirito che per lui sarebbe meglio se nemmeno la toccasse. Questa nostalgia d’essere belli salvi distogliendosi dalla materia e fuggendo dal fango della materia nell’umanità sta aumentando, ed è una tentazione potente. Arimane, invece, vorrebbe prendersi tutto ciò che è materiale e disporne. Questo è Arimane.

Uomini che propendono al luciferico cercano un’unità confusa, una unitarietà astratta, vaga; mentre nell’ambito dell’arimanico sorge molteplicità atomizzante, frantumazione atomizzante, non c’è più nessuna connessione. (Fig. 15,IX) Questa spaccatura dell’uomo è la divisione dell’uomo, perché l’essere umano vive la sua libertà proprio nella misura in cui li gestisce assieme nell’azione reciproca fra anima e spirito, e fra corpo eterico e corpo fisico. In quest’azione reciproca l’uomo va avanti in termini di coscienza, e anche moralmente.

La grande tentazione è non avere più compiti morali nella purificazione del proprio essere e nella missione di portare a risurrezione la natura. Il risultato è che l’uomo si dissolve oppure non afferra più nessun compito, perché s’immerge e si identifica con la natura. Entrambe le cose sono comodità della poltroneria, perché nella misura in cui ci si disfa non si ha più nulla da fare.

Questo disfarsi viene descritto nell’Apocalisse attraverso l’esultare dell’Angelo luciferico per il fatto che, finalmente, quanto è rimasto indietro sprofonda nell’abisso. E Rudolf Steiner mette in guardia: che questo esultare non venga visto come l’esultare dell’essere umano buono oppure dell’Angelo buono. È una grande tentazione quella di provare gioia per il dolore degli uomini che vanno verso il basso. Questo può essere solo Lucifero, il quale dice: «Finalmente non ho più niente a che fare col mondo della materia, adesso posso godermi lo spirito».

Il fenomeno Babilonia era consono al tempo in cui l’uomo non aveva ancora la forza di gestire da sé quest’interazione fra Io e corpo astrale da una parte, e corpo eterico e corpo fisico dall’altra. La loro unione o separazione veniva, per così dire, condotta dalle autorità spirituali, e a quel tempo era giusto così. Oggi, se l’individuo non maneggia da sé il giusto rapporto fra corporeo e animico-spirituale vive lo spirituale da medium, perché viene indotto in ipnosi da altri e quando ritorna nel corpo c’è sempre più discrepanza fra quel che crede di sapere attraverso l’attività medianica e quel che è davvero diventato, la sua corporeità, infatti, va continuamente indietro.

Quindi, al tempo dell’apocalista, Babilonia significa: corruzione morale. E corruzione morale significa che l’uomo perde sempre più la possibilità e la capacità di padroneggiare il suo corpo.

L’uomo padroneggia sempre meno il suo corpo: lo rappresento con un disegno in modo ancora più semplice: c’è il corpo da cui salgono naturalmente vampe, impulsi, istinti, passioni in quantità. (Fig. 16,IX)

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Fig. 16,IX

Pensiamo, per esempio, alla condizione in cui ci troviamo dopo un lauto pranzo, oppure pensiamo a tutta la sessualità – un fenomeno di natura –, che la persona prova interiormente in modo molto più forte. Nella misura in cui l’anima, o addirittura lo spirito, è debole, il corporeo s’impone con forza entro l’anima e l’uomo diventa sempre più un essere di natura, diventa sempre meno libero. A quel punto la persona dice: «Sarebbe bello, ma non posso, non ce la faccio», il corpo, infatti, porta la sua forza entro l’anima in modo sempre più potente.

Prendete la conferenza Come trovo il Cristo? [40] È una conferenza meravigliosa. Steiner vi riassume la questione del peccato originale dicendo che l’anima si è imparentata troppo col corpo. L’abbiamo visto anche prima: si è talmente imparentata, che la chiesa afferma che l’anima non può esistere senza il corpo. Cosa vuol dire che l’anima si è imparentata col corpo? Che il corpo diventa sempre più cogente e decide cosa succede nell’anima. Questa è la condizione in cui si trova. E perché? L’anima dovette unirsi enormemente al corpo per diventare individuale, perché altrimenti, senza questo ancoraggio, si sarebbe espansa nel cosmo. Il che vuol dire che l’uomo dovette diventare esageratamente egoista.

In cosa consiste la redenzione? Più l’anima si è imparentata al corpo – un bene per l’uomo –, e più il Cristo la rende affine allo spirito. Il Cristo rende l’anima affine allo spirito, questa è la redenzione. Grazie al Cristo l’anima vive nostalgia, gioia, aspirazione per lo spirito. Solo che il Cristo non lo impone con forza, lo rende possibile.

Il peccato originale ha reso l’anima affine al corpo, e la redenzione rende l’anima affine allo spirito. E l’uomo deve scegliere se vuole rafforzare ulteriormente la sua parentela col corpo, oppure se vuole rafforzare la parentela con lo spirito.

Attraverso il fenomeno del medianismo l’uomo diventa sempre più dipendente dal suo corpo, perché la sua anima e il suo spirito diventano sempre più deboli. Anima e spirito, infatti, non diventano più forti separandosi dal corpo, bensì signoreggiando il corpo. Padroneggiare il corpo significa che se sono abituato a fumare 20 sigarette e ora ne ho fumate 19, decido di fermarmi lì. Cosa è successo? Una piccola libera decisione dell’anima e dello spirito rispetto al corpo. È possibile. Nessuno diventa capace di padroneggiare il suo corpo tutto d’un colpo. Va esercitato!

Questa fenomenologia di Babilonia viene trattata in lungo e in largo nell’O.O. 346[41] – ci sono pagine su cui ho davvero passato parecchie ore. In particolare nell’undicesima conferenza, quella del 15 settembre 1924, Steiner parla della «tentazione di Babilonia» mettendola in relazione col fenomeno delle illusioni ingovernabili.

Prendendo spunto dalla condizione corporea può succedere, per esempio, che un uomo sia stanco, molto stanco, e diventi sgarbato, odioso. Perché? Perché non governa le emozioni che sorgono dal corpo. Se ci si esercita è possibile essere gentili anche in una condizione di stanchezza, basta solo esercitarlo, volerlo. Se non si esercita questa libertà, quando si è stanchi, molto stanchi, si diventa di malumore e impossibili, e questo essere impossibile è assoluta mancanza di autogoverno.

Se l’individuo si domina può dirsi: «Il fatto che sia stanco non mi obbliga a diventare sgarbato, posso anche essere gentile; posso anche dire: senti, starei volentieri con te, ma ora avrei bisogno di un’ora di riposo». Perché, allora, uno diventa sgarbato? Perché non si domina. La scortesia non è mai necessaria, compare quando sorge questo tipo di necessità dal basso e io non la governo. Ma il dominarsi è una questione di coscienza e di esercizio, naturalmente, ed è sempre possibile.

Sulla scorta di queste emozioni incontrollate Steiner spiega come in molti casi il medium, dopo un certo tempo, non possa più distinguere quel che è morale da quel che è immorale. Nel mondo spirituale, infatti, nel sovrasensibile, vigono altre leggi. Nel caso del medium, siccome non è libero e si è recato nel mondo spirituale senza la necessaria preparazione, torna indietro nel mondo fisico portandosi le leggi che valgono nel mondo spirituale e non è più in grado di distinguere ciò che è morale da ciò che è immorale. Un medium, infatti, è una persona che entra forzatamente nel mondo spirituale, senza avere compiuto la necessaria evoluzione morale.

Per esempio, Mefistofele è buono o cattivo? È veritiero o bugiardo? Nel mondo spirituale è assolutamente veritiero, perché Mefisto è Mefisto, cioè è così com’è e dice la verità. Se però porto questa prospettiva sulla Terra e dico: «Ah! Ma allora tutte le ispirazioni di Mefistofele sono vere, perché l’ho visto, lui è vero, è un autentico Mefisto, non si smentisce», allora non si può più distinguere il bene dal male.

Quindi, queste emozioni ingovernate fanno sorgere corruzione morale sulla Terra. Un tempo, tutta questa complessità è stata espressa con Babilonia, e quelli che lo sapevano capivano. Fondamentalmente, ciò che era conforme al tempo nel terzo periodo di cultura e che operava in direzione del bene – anche per il fatto che i sacerdoti lo impiegavano per il bene degli uomini – ripetuto nel quarto e nel quinto periodo di cultura, non agisce più nel senso del bene, ma agisce ritardando, agisce in modo tragico.

Vi leggo solo un paio di righe di ciò che scrive Steiner sul medium; mettete in relazione tutto questo, naturalmente, coi fatti apocalittici che stiamo esaminando, e cioè il fenomeno Babilonia, la prostituta Babilonia. Per questo io ho detto che la solita rappresentazione della prostituta, che porta alla ribalta solo l’aspetto sessuale, non basta per capire questo complessissimo fenomeno in cui è decisivo il medianismo.

Leggo dall’undicesima conferenza, 15 settembre 1924:

… Miei cari amici, dovete rendervi conto di come questo porti allo stato del medium. Non è forse vero che un uomo diventa un medium – ed era così anche per i sacerdoti babilonesi – per il fatto che Io e corpo astrale vengono staccati mediante forze esterne dal corpo fisico e dal corpo eterico?

Attenzione, qui si tratta di forze esterne, non del normale addormentarsi.

… Ma nel momento in cui nel medium Io e corpo astrale vengono tratti fuori da fisico ed eterico, subito un’altra forza si instaura nel corpo astrale e nell’io»

perché l’individuo non va fuori liberamente, quindi viene immediatamente influenzato, e ci sono forze, potenze, spirituali che si manifestano mediante questo io e questo corpo astrale; l’ipnotizzato ha modo di raccontarlo, e non lo fa col suo corpo fisico e col suo corpo eterico, ma con l’astrale e con l’Io.

… subito un’altra forza si instaura nel corpo astrale e nell’Io. A seconda che l’iniziatore…

l’ipnotizzatore, quindi colui che ha compiuto questa fuoriuscita –

… che così opera, abbia intenzioni buone o cattive

per esempio, se vuole ottenere informazioni per consolidare il suo potere, sono intenzioni cattive; oppure vuole il bene, vuole imparare come curare le malattie degli uomini,

… a seconda che egli appartenga alla direzione giusta o a quella sbagliata, può essere una potenza buona o cattiva.

a seconda di chi ha il potere, è stato detto che gli uni appartengono alla sinistra, e gli altri che hanno buone intenzioni appartengono alla destra.

… Nell’antico periodo babilonese venivano in tal modo alla luce conoscenze davvero speciali e rivelazioni. Nei periodi seguenti, però, e anche oggi, si mostra lo svantaggio: quando il medium torna a quella sbaglia-

ta, può essere una potenza buona o cattiva indietro nel

corpo fisico, cosa entra? Vedete, con la logica che si ha nel mondo fisico per distinguere verità e menzogna non se ne viene a capo nel mondo spirituale. È completamente sbagliato credere che i concetti di menzogna e verità che a buon diritto vengono usati nel mondo fisico si possano applicare anche nel mondo spirituale.

E poi spiega ulteriormente:

… Per questo motivo il vero iniziato deve avere una determinata disposizione d’animo per guardare entro il mondo spirituale. Deve sentirsi pienamente responsabile del fatto che nel momento in cui ritorna nel mondo fisico ha da lavorare con concetti fisici. Questo il medium non lo può fare, perché non è penetrato nel mondo soprasensibile con la coscienza

è ben un essere umano il medium

… quando egli torna indietro, Io e corpo astrale riempiono il corpo fisico e il corpo eterico di un indirizzo di pensiero a quella sbagliata, può essere una potenza buona o cattiva

egli porta entro corpo fisico e corpo eterico l’indirizzo di pensiero che era valido per il mondo spirituale, senza esserne consapevole, e lo porta giù nel mondo fisico.

… di un indirizzo di pensiero che sarà anche giusto per il mondo spirituale, ma che corrompe tutto quanto nel sentire e nel provare dell’animo è moralmente valido nel mondo fisico. Per questo motivo il medium diventa corrotto nei confronti della verità e della menzogna, e questo poi agisce in tutto il resto. In effetti si può dire che Babilonia abbia attraversato quest’evoluzione, dalla più alta e significativa manifestazione del mondo spirituale fino a una tremenda corruzione.

Ed è spesso così.

che un uomo, dopo essere penetrato nello spirituale, diventi più immorale di quanto lo fosse prima nella sua ordinaria umanità. Ecco perché Babilonia è stata presa come rappresentante della corruzione morale.

E quanto c’era in Babilonia, da allora, si è espanso in tutta l’umanità,

… la quale [umanità] ha portato avanti quel che ha vissuto nel fattore babilonico.

tutto il mondo, però, è diventato una città di Babilonia.

… Questo intende l’apocalista.

La città di Babilonia è da rinvenire ovunque entro l’umanità terrestre.

E poi parla della debolezza. Questa ingovernabilità, questa crescente difficoltà di padroneggiare il fisico, è proprio un fenomeno della debolezza. L’uomo si sente troppo debole. Questa debolezza io l’ho presentata dal lato dell’omettere – in questi giorni l’ho ribadito per evitare ogni moralismo: nella misura in cui l’uomo omette, e omette nelle piccole cose, di esercitare il governo del fisico e delle forze eteriche, diventa sempre più debole nei confronti delle forze di natura; e sempre più debole anche nelle sue forze di volontà. Ma questa debolezza è una somma di omissioni. L’essere umano può fare retromarcia finché è in grado di farlo, e prima che diventi completamente impotente nei confronti del fisico ce ne vuole!

Ho già fatto questo esempio: hai sempre bevuto cinque bicchieri di vino e adesso ne bevi quattro e mezzo. Lasciare lì questo mezzo bicchiere ti è possibile, eccome! perché le cose non sono fatte in modo che tu non possa farlo. Puoi farlo, solo che hai paura, perché funziona la cosa, è possibile! L’uomo ha più paura del possibile che dell’impossibile. In ciò che è impossibile, infatti, non c’è bisogno di avere paura – perché è impossibile! Se invece è possibile, quella sì che è una scalogna perché non ci sono più scuse!

Poi vedremo il primo gradino del male. Quindi, il primo scivolone è la caduta di Babilonia – pensavo che saremmo arrivati ai capitoli 18 e 19 ma manca il tempo. Come risultato di questo indebolimento, di questa babilonia, per quel che riguarda l’uomo questo male (questo antiumano) non è più qualcosa di umano: nella misura in cui egli padroneggia sempre meno il fisico diventa un posseduto.

• Dunque Babilonia è debolezza umana. Questa è la prima caduta.

• Seconda caduta: la bestia col falso profeta. Qui si tratta di spiriti, demoni, che fanno dell’uomo un posseduto.

Tanto meno l’uomo padroneggia le forze complessive del suo corpo – e con questo s’intende una realtà molto vasta, tra cui anche i quattro eteri; l’etere di vita, l’etere del suono o chimico, l’etere di luce e l’etere di calore, e si tratta di mondi – fino a non controllarle più, viene posseduto. Quindi la possessione non è più qualcosa a misura dell’umano, sono spiriti extra umani che fanno dell’uomo un posseduto. Questo è il secondo livello del male.

• E il terzo livello è Satana. Per il fatto che gli uomini omettono – guardate, (Fig. 17,IX) qui c’è la Terra, e qui l’uomo sulla Terra.

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Fig. 17,IX

L’uomo omette sempre più e diventa sempre più debole perché omette il bene, ragion per cui i corpi degli esseri umani – e sono già sei miliardi quelli incarnati adesso – vengono sempre più posseduti da altre potenze; ci troviamo perciò con una ragnatela di possessione intorno alla Terra – cosa può fare ora Satana in modo sempre crescente? Le forze delle comete che si abbattono nella Terra incideranno in modo sempre più potente sugli uomini: le forze delle comete agiscono in modo sempre più forte, questa grandine di comete diventa sempre più energica, la Terra viene sempre più portata a frantumazione, e Satana spera di portare le regolari orbite dei pianeti in un caos via via crescente. Questa possibilità, però, questo potere lo riceve nella misura in cui sulla Terra c’è possessione, e la possessione sorge nella misura in cui l’individuo omette il bene e diventa sempre più debole. Questi, che ora ho descritto in termini molto riassuntivi, sono i tre gradini della caduta nell’abisso:

• la caduta di Babilonia – descritta a lungo dall’Apocalisse e in tutti i particolari;

• la caduta della bestia col falso profeta;

• e la caduta di Satana.

Vi auguro una buona cena.

Decima Conferenza
sabato 20 novembre 2004, sera
vv. 17,12-15

Cari amici,

per questa sera e domani ho preparato un piano di battaglia – il che non significa che io sia sul piede di guerra nei vostri confronti, bensì riguarda me –, e perciò desidero vedere se domani possiamo portare a compimento un riassunto dei capitoli 18 e 19 sulla caduta di Babilonia. Questo significa che dovremmo concludere stasera il capitolo 17. Poiché domani sarà difficile dare spazio ai vostri contributi e alle vostre domande, possiamo prevedere per tutto questo uno spazio di tre quarti d’ora questa sera. Prendete nota di tutte le domande che avete, e non solo in relazione a questa sera ma anche ai giorni passati insieme. Sicuramente ci saranno ancora domande, anche di tipo più generale, ma domani vorrei dedicare più tempo ai capitoli 18 e 19, così almeno spero.

Quindi abbiamo fatto i capitoli 15, 16 e 17, e ci manca il 18 e il 19, se ci riesce di farli. Avremmo così completato cinque capitoli e altri cinque rimarrebbero per la prossima volta, che sarà quella conclusiva. Ora dovremmo fare il 18 e il 19, anche perché questi due capitoli vanno insieme. Se non ci riusciremo, vorrà dire che questa volta abbiamo fatto tre capitoli e ce ne restano cinque per la prossima.

Abbiamo visto che l’Angelo commenta quest’immaginazione con le parole: cosa ti meraviglia? 17,6 E vidi la donna, ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei testimoni di Gesù. E mi meravigliai molto quando la vidi. 17,7 E l’Angelo mi disse: perché ti meravigli? Voglio dirti il segreto della donna e della bestia che la porta, e che ha sette teste e dieci corna. Ora viene la spiegazione, l’interpretazione lessicale, il significato di quello che si vede.

Abbiamo già visto che la conoscenza inizia con la percezione, ma con la sola percezione non è stato fatto ancora nulla; infatti, anche un bambino piccolo ha la percezione, ma non è ancora capace di formare concetti. E la formazione del concetto è la parola interiore che dice: «Che cos’è? Come si rapporta al tutto? Cosa ha a che fare con questo?».

Quindi, la formazione del concetto è un parlare interiore che attraverso la parola viene portato all’esterno: Io voglio dirti, voglio spiegarti il mistero. Poi abbiamo visto al verso 17,8 La bestia che tu hai vista è stata, e ora non è più e di nuovo salirà dall’abisso. Con l’abisso s’intendono sempre le forze di natura. Forze di natura quali controforze al fattore di libertà, allo spirito; esse devono esserci quali necessarie controforze. Abisso nel senso che lì dentro l’uomo può perdersi; nell’abisso l’uomo scompare: invece di portare l’evoluzione in alto, scompare in basso; l’abisso ingoia l’uomo, lo divora.

Si cammina, e poi si cade nell’abisso – scomparsi. Alcune di queste immagini sono davvero facili da tradurre in concetti.

17,8 … e sorgerà di nuovo dall’abisso e verrà condotta a dannazione, sono le forze che sorgono dalla natura, dalla corporeità, e forzano sempre di più l’anima. Le abbiamo già viste. 17,8 E si meraviglieranno coloro che abitano sulla Terra, i cui nomi non sono scritti sul libro della vita. Quindi, c’è un libro in cui stanno scritte le leggi evolutive grazie alle quali l’uomo alla fine dell’evoluzione è vivente nello spirito e nell’anima; e parimenti, devono esistere controforze per mezzo delle quali l’uomo, in libertà, se vi si lascia andare, alla fine ha possibilità di venire iscritto nel libro della morte, e non nel libro della vita.

Dunque ci sono due libri, due possibilità di uscita, e queste due possibilità non sono arbitrarie, ma precise. Come il singolo vada in alto o in basso e come, sempre e di nuovo, decida di porsi tra le due possibilità, è lasciato alla sua libertà – abbiamo già detto che ora ci troviamo in un momento evolutivo in cui il bene e il male corrono ancora in parallelo.

Noi viviamo continuamente questo ondeggiare di qua e di là, e solo nel corso del tempo i due cammini si biforcano sempre più. Ma ora siamo qui (Fig. 1,X), e al livello attuale ogni uomo ha migliaia di possibilità di sperimentare piccole vittorie – nel dominio delle forze di natura sono possibili migliaia di esperienze di libertà. Ognuno di noi ha migliaia di possibilità di lasciarsi semplicemente andare o di assumersi il compito. Così vive l’uomo, ma nel complesso ognuno o va sempre più su, oppure sempre più giù.

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Fig. 1,X

Il pensiero che ho detto molte volte, se lo si vuole pensare conformemente all’armonia della creazione e al modo in cui l’uomo sperimenta la sua natura, e al modo in cui si esprime questa contrapposizione, è che l’andata nella definitività, in basso o in alto, è assolutamente impossibile in una vita sola.

Perché questo pensiero è così importante? Perché – e lo ripeto di nuovo – il pensiero che l’uomo viva una volta sola sulla Terra, e soltanto per un brevissimo tratto e poi vada all’inferno o in paradiso, significa definitività. Nessun uomo che muoia adesso, però, ha compiuto definitivamente la sua evoluzione. Abbiamo appena cominciato a usare la libertà, e ognuno ha dietro di sé tutto il bene possibile e tutto il non così bene possibile. Nessun uomo è capace di paradiso e nessun uomo è capace di inferno. Significherebbe che l’uomo viene imbrigliato del tutto irrazionalmente – e qui termina davvero il buon senso anche della teologia tradizionale. Un uomo che nella sua libertà ha appena cominciato a dare un’impronta al suo essere con un po’ di bene, o con un po’ di male, la divinità vorrebbe spedirlo arbitrariamente nella definitività del bene o nella definitività del male, senza nemmeno valutare cos’ha fatto da sé nella sua libertà! È del tutto irrazionale, manca anche solo di quel briciolo di razionalità che si basa sulla realtà.

Ogni uomo che muoia oggi è un principiante nell’uso della libertà, ha appena cominciato a caratterizzare il suo essere. Non importa niente quel che ha combinato, perché ogni uomo che è andato un po’ giù ha ancora un sacco di possibilità, di capacità, di tornare su. E il fondamentalismo dalle tinte in bianco e nero, per esempio, è fortemente non cristico. Come se ci fossero uomini che sono cattivi e uomini che sono buoni! Questo è moralismo. Ogni uomo è una somma di bene e di male, e ha tempo per scegliere.

È primitivo quanto decide il potere di questo mondo dividendo perfino i popoli in buoni e cattivi. È davvero primitivo, scusate, e non possiamo farci abbindolare da questo genere di stupidaggini. Ogni uomo porta veramente in sé la totalità delle forze del bene, perché il Cristo abita in ogni uomo, e ogni uomo deve avere in sé le controforze. Ma siamo soltanto all’inizio di questa contrapposizione, di questo vaglio. In un certo senso noi siamo ancora pressoché tutti uguali dal punto di vista morale – senza contare un paio di eccezioni che noi, però, non consideriamo. Esse stanno dietro le quinte e sono coloro che vanno nella direzione della magia nera, ma per tutti gli altri… chi può affermare di essere migliore degli altri? E chi, possiamo dire noi che nella sua essenza sia peggiore degli altri? L’umanità è all’inizio dell’impiego della libertà, è all’inizio. Ma è ragionevole attenersi oggettivamente alla realtà.

E l’apocalista è lì per dirci: ora, ogni uomo ha veramente una gran quantità di possibilità di andare in su o in giù; ma attenzione, questa possibilità di movimento che hai ora e avrai ancora per un certo tempo, non durerà all’infinito! Poi avviene la separazione, e come questa avvenga lo decidiamo noi ogni giorno. Non è qualcosa che succede tutto d’un colpo, perché o Dio è un dio dell’amore, e allora ci dà tutto il tempo di cui abbiamo bisogno per raggiungere la definitività del bene, oppure la natura umana va nella definitività del male su tutta la linea, va nella definitività dell’abisso dove la facoltà della libertà è andata perduta – ci concediamo un paio di millenni, come minimo. Questo, detto come aggiunta.

17,8 … i cui nomi non sono scritti nel libro della vita dall’inizio del mondo quando vedono la bestia che è stata, e ora non è, e sarà di nuovo

17,9 Qui è il senso a cui appartiene la saggezza!

17,10 Le sette teste sono le sette montagne sulle quali siede la donna, e sono sette re

17,11 Cinque sono caduti, uno è lì presente e un altro non è ancora venuto; e quando viene deve restare poco tempo. Dunque il settimo livello diventa sempre più rapido, perché la contrapposizione è già alla fine.

17,12 «E le dieci corna che hai visto sono dieci re, che non hanno ancora cominciato il loro regno, ma diverranno re e riceveranno potere insieme alla bestia per un’ora»

E le dieci corna che hai visto sono i dieci re – si potrebbe pensare che la spiegazione sia ancora più enigmatica delle immagini – che non hanno ancora ricevuto il loro regno; ma come diverranno re riceveranno potere per un’ora insieme con la bestia. Dunque, dieci è sette più tre – ora faccio un tentativo, offro una prospettiva, ma non è l’unica che ci sia. L’epoca di cultura postatlantica è la quinta. Quella atlantica era la quarta, e quindi Atlantide era il punto geologico centrale della Terra (se disegniamo la Terra così, in crescendo e in calando). Questa sarebbe l’evoluzione della coscienza, se volete; la coscienza poi sale di nuovo. La coscienza viene giù, si congiunge con la Terra e sale di nuovo: 4 e 5. Al punto 3 abbiamo la Lemuria, al 2 l’epoca iperborea e all’1 l’epoca polare.

Fino al 6, abbiamo già detto, c’è il momento definitivo della contrapposizione col male: a quel punto finisce la contrapposizione.

Quanto ci rimane? Perché l’apocalista parla di dieci re che non sono ancora stati. Quindi ce ne sono sette nel sesto momento (li scrivo qui: 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7). Tutto questo è al punto 6. (Fig. 2,X) Sette re sorgeranno nella sesta grande epoca di cultura.

Se torniamo indietro nell’epoca postatlantica, troviamo i nostri cinque piccoli periodi: 1, 2, 3, 4 sono rispettivamente la cultura paleo-indiana, quella persiana, quella egizio-caldaica e quella greco-latina, poi c’è il quinto che è l’attuale.

Cominciamo con noi, perché l’apocalista ha scritto nel quarto periodo, e dice: dieci verranno ancora, quindi, 5, 6, 7, sono tre entro la fine del periodo postatlantico. E poi viene il sette. E sette più tre fanno dieci (Fig. 2,X).

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Fig. 2,X

Questa sarebbe la prospettiva dei dieci re che ancora arrivano – se partiamo dal tempo del ritorno, in cui cominciamo in termini coscienti ad accogliere in noi l’Apocalisse. Il testo parlava dapprima di un re presente e poi di dieci re che sarebbero venuti. Perché al punto 6, nella sesta grande epoca di cultura, la contrapposizione è finita; al 7 viene attribuito un tempo breve. 7 è sempre un tempo breve, lì non c’è più contrapposizione.

Leggiamo ancora il versetto:

17,12 Le dieci corna che hai visto sono dieci re che non hanno ancora ricevuto il loro regno; ma quando diverranno re riceveranno potere per un’ora assieme alla bestia.

Nel conflitto con la bestia, vale a dire nella contrapposizione tra forza e controforza – che sarebbe la bestia, ogni volta la bestia –, l’uomo ha sempre la scelta tra il regno nel mondo spirituale o il regno nell’ambito del potere: o regno dello spirito, o regno del potere. Se aspira al regno del potere si vota alla bestia. E questa contrapposizione tra re – la chiamata al regno dello spirito – e il votarsi al potere della bestia ha ancora dieci possibilità a partire dal nostro tempo, esattamente dieci chances. E ognuna di esse ha un’ora. Un’ora significa un tempo determinato, con un inizio e una fine.

Un’ora, non un giorno o un anno. Quindi, anno è un lungo periodo di tempo; giorno è un periodo di tempo medio; e ora è un piccolo periodo.

“Anno”

“Giorno”

“Ora”

Queste parole vengono usate così, per indicare rispettivamente un periodo lungo, uno medio e uno breve. Ora prendiamo Saturno, che è pure una unità di tempo con un inizio e una fine; poi il Sole e la Luna, ognuno di essi è un’unità di tempo con inizio e fine. Solo che queste sono grandi unità di tempo – potremmo chiamarle anno. Poi, sulla Terra abbiamo più piccole unità di tempo: epoca polare, iperborea, lemurica, atlantica e così via. Quali unità di tempo rappresentano? I giorni. Le ore qui, nel periodo postatlantico, sono i sette periodi di cultura, e ogni ora dura 2160 anni. Nel linguaggio dell’Apocalisse questa è un’ora:

• le ore (i periodi di cultura) sono le più piccole unità di tempo;

• le epoche sono quelle medie;

• le incarnazioni planetarie della Terra sono le più grandi unità di tempo.

Dunque abbiamo: la più grande unità di tempo con le incarnazioni planetarie; la mediana con le sette grandi ripartizioni; e la più piccola unità è la settima parte di ogni sette del sette.

Questo è il settenario dei sette stati di coscienza, sette stati di vita e sette stati di forma (Fig. 3,X), perché le culture sono forme, fanno sorgere forme sulla Terra. L’arte greca, per esempio, non è soltanto qualcosa di puramente spirituale, è una realtà di forma sulla Terra. Quindi, le ore sono unità di tempo della forma; i giorni sono unità di tempo della vita; e le incarnazioni planetarie sono grandi unità di tempo della coscienza.

E qui sulla Terra abbiamo la coscienza dell’Io – il regno, – perché mediante l’Io l’uomo diventa re: nel pensare e nel volere diventa signore delle necessità di natura.

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Fig. 3,X

Anche da questo lato vediamo che l’Apocalisse è veramente un libro scientifico-spirituale. Va dissigillato in termini scientifico-spirituali e bisogna conoscerne il linguaggio. Per quanto noi siamo appena agli inizi, si mostra sempre di nuovo che grazie alla scienza dello spirito di Rudolf Steiner ci si può inoltrare sempre di più. Io stesso, quando cominciai timidamente, non immaginavo che le cose si aprissero sempre di più, se non ci si arrende.

Intervento:

Archiati: come ho detto i punti di vista e le prospettive sono molteplici ed è molto importante non scivolare nell’arbitrio oppure arrampicarsi sui vetri. Quando si presenta una prospettiva si tratta ogni volta di mostrarne i fondamenti, in modo da dirsi: «Ah, questo ha capo e coda, posso farci qualcosa!». È un fatto che noi siamo al punto 5, e se calcoliamo 5, 6 e 7, e poi aggiungiamo i sette successivi siamo a dieci. Nessuno può affermare: è impossibile che l’Apocalisse abbia inteso questo – se abbiamo sufficiente modestia per dire che anche questo è condivisibile. E certamente ci sono molti altri aspetti che si possono aggiungere, perché una cosa non esclude l’altra. La realtà è straordinariamente complessa e qui abbiamo a che fare con la totalità della realtà.

17,13 «Questi hanno solo uno scopo e danno la loro forza e il loro potere alla bestia»

Questi sono di un unico intendimento, e danno la loro forza e potenza alla bestia. Qui sono intesi i re, perché l’uomo può cimentarsi nella sua regalità da ambo i lati: dal lato dello spirito e dal lato terreno – ma ora vengono intesi i re che dominano sulla Terra, cioè i re che aspirano al potere terreno. Ho già sottolineato che ogni uomo deve avere in sé la tendenza, l’impulso, l’anelito nei confronti del potere terreno, altrimenti non avrebbe nessuna forza con cui essere alle prese. In un rapporto di coppia, per esempio fra uomo e donna, quando uno dei due cerca di gestire l’altro si tratta di potere terreno. Naturalmente non si può vivere senza esprimere una qualche forma di potere, ma un conto è se ci si lavora sopra, se ci si rapporta in modo cosciente, e un altro è intenderlo come un fatto ovvio, senza portarlo a coscienza. Per esempio, il modo in cui una persona mette sotto pressione un’altra o la ricatta, è sempre questo tipo di regnanza qui: regno del potere, del potere terreno.

Chi può dire di non aver mai esercitato nessun potere terreno, e che ha talmente pienezza nel suo essere da non aver più bisogno di venire sulla Terra per superare qualsivoglia pressione dettata dal potere terreno? È il Cristo.

Solo Cristo non ha mai cercato potere sulla Terra, è morto nell’impotenza, inchiodato a una croce; nella sua impotenza terrena ha ricevuto la piena potenza nello spirituale per riscattare tutta l’umanità, cioè tirarla verso l’alto mettendole a disposizione tutte le forze necessarie. Queste forze sono a disposizione di tutti gli esseri umani. Solo che io vado su, vado con il Cristo, nella misura in cui rinuncio, rifiuto, non voglio gestire nessun potere terreno. L’amore è possibile solo nell’impotenza.

Questa (Fig. 4,X) è la regalità dell’amore, dello spirito, e questa è la repugnanza del potere. E si deve scegliere, perché nessuno può servire due padroni. Questa è sempre la scelta della libertà. Ci sono, naturalmente, molte cose in cui non si deve scegliere. Le polarità non sono qualcosa dove si deve scegliere. Vita e coscienza sono una polarità, lì non possiamo scegliere, le sperimentiamo alternativamente: una volta di più la coscienza – e meno il vitale; una volta di più il vitale, quando dormiamo – e meno la coscienza; ma non possiamo sceglierne una e abbandonare l’altra, altrimenti l’evoluzione sarebbe alla fine.

Si sceglie solo tra bene e male. Bene e male non sono polarità, si escludono a vicenda: o è bene, o è male.

Bisogna distinguere fra polarità e contrapposizioni: nelle polarità si tratta sempre di trovare un equilibrio; le contrapposizioni si escludono a vicenda. Coscienza e vita non si escludono a vicenda: l’una consuma l’altra, ma la presuppone anche. Non c’è coscienza senza vita! Bisogna edificare la vita, altrimenti la coscienza non può venire esperita attraverso la distruzione del vitale.

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Fig. 4,X

Tra bene e male, invece, bisogna scegliere. Bene, però, è una categoria astratta, e anche male è una categoria astratta. Posso diventare più concreto, cercare qualcosa in cui bisogna scegliere? Faccio una proposta che arriva dall’esperienza esistenziale. Trent’anni fa non avrei potuto farla. Io direi: bene è l’amore, e male è il potere.

Questa proposta, fra tutte le categorie possibili di bene e male, mi sembra la più feconda. Feconda vuol dire che l’essere umano impara al meglio cosa sia bene e cosa sia male. Potere significa: nessun amore; e amore significa: nessun potere. Si escludono a vicenda, perché amore è sempre amore per la libertà dell’amato, e questo vuol dire rinuncia al potere. Amare significa rinunciare al potere; volere il potere significa rinunciare all’amore.

Questa è una proposta. Ho detto, una proposta. Non è facile individuare il concetto di bene e male in modo da dirsi di primo acchito: «Ah, devo scegliere, non posso averli entrambi!»; quanto più lo si afferra nella pulizia del pensare, tanto più si riceve un orientamento morale. Le persone chiedono e discutono sempre su cosa sia il bene, e cosa sia il male. Oggi, la maggior parte degli uomini pensa che bene e male sia ciò che piace – perché viviamo in tempi di filisteismo in fatto di idee: «Non c’è nessun bene e male oggettivo. Tu sei dogmatico, fanatico, intollerante se pensi che ci sia un bene e un male oggettivo!».

La serietà dell’Apocalisse consiste, naturalmente, in questa separazione degli spiriti, buoni e cattivi, perché alla fine tutto sfocia nel bene o nel male. Possiamo, allora, esercitarci per qualche minuto – ma che ognuno si faccia sentire – col quesito: cosa è bene e cosa è male? È qualcosa di oggettivo? Oppure è totalmente relativo, e ognuno ha la sua concezione di bene e di male? Perché oggi ci sono tante persone che rimbottano: «Sei fanatico, sei intollerante se ritieni che ci sia qualcosa di oggettivamente buono o di oggettivamente cattivo. Sei un Papa che vuol procedere per decreti!».

D’altro canto, se nulla è oggettivamente buono o cattivo, allora va tutto bene. Di fronte a un attentatore suicida che dice placidamente: «Ma sì dai, ammazzare gente, di quella impossibile che rovina l’umanità, è bene, perché se quelli continuano a vivere mandano in rovina l’umanità!» – cosa abbiamo da dire? Di fronte a questa tranquillità ci rendiamo conto che nell’evoluzione della coscienza, dove si tratta di distinguere il bene e il male, siamo all’inizio. Qui abbiamo una piccola prova di quel che ho detto prima, perché se noi partiamo dal presupposto di almeno due migliaia di anni di evoluzione della coscienza, e se siamo così bravi da non sperperare il tempo, pensate voi che ce ne staremmo come degli stupidi davanti a una domanda così? No, ci potremmo porre in modo molto più circostanziato, più dettagliato, più consapevole e concreto. Ma ora siamo all’inizio. In tutta onestà, noi siamo all’inizio. Noi non siamo avanti come un Tommaso d’Aquino che ancora attingeva dall’antica saggezza e diceva un sacco di cose a questo proposito – pagine e pagine, a centinaia. È tutto sparito, noi dobbiamo riconquistarcelo, ma siamo all’inizio.

È comprensibile quel che dico? L’abbiamo sempre detto, balbettando cerco di usare i fondamenti della scienza dello spirito per decifrare qualcosa di questo testo. Ma, dopo tutto quello che è stato detto e fatto in questi giorni, domani torneremo a casa, e qual è il bilancio? Che noi, e lo stesso relatore qui davanti che si salva gesticolando, siamo tutti all’inizio. Siamo davvero all’inizio. E il fondamento della tolleranza è questo, che siamo tutti all’inizio. Non che la verità è relativa, perché questa è una cretinata!

La verità è qualcosa di oggettivo, oppure non è verità. Questo vuol dire che i poteri di questo mondo vorrebbero proibire agli esseri umani di continuare a cercare la verità – perché avrebbero da perderci.

Col versetto 13 arriva qualcosa di fantastico. Ritroviamo tutta la gerarchia angelica di Dionigi Aeropagita, tutta la gerarchia angelica di Dante e di Tommaso d’Aquino, e tutta l’angeologia di Rudolf Steiner, che è sempre la stessa, proprio la stessa. Basterebbe questo come prova della forza della scienza dello spirituale di Rudolf Steiner, basterebbe quel che dice sui nove gradini angelici: Serafini, Cherubini, Troni… – già ne parla nell’O.O. 136,[42] un libro che sarebbe tutto da studiare.

Qui (Fig. 5,X) c’è la prima trinità.[43] Nel versetto che stiamo leggendo si tratta della trinità intermedia. In basso nel disegno ci sono gli Angeli, gli Arcangeli e i Principati. Al centro abbiamo le Potestà o Spiriti della forma, poi le Virtù o Spiriti del movimento (della metamorfosi, che mettono in movimento le forme) e infine abbiamo le Dominazioni, gli Spiriti della saggezza.

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fig. 5,X

In questo versetto l’apocalista parla – altrimenti non mi credete quando dico che qui c’è tutta l’angelologia scientifico spirituale – dei re del potere, del potere terrestre. Ve li ricordate, li avevamo disegnati prima (Fig. 3,X). Ma ora vengono espresse tre qualità che vi sono collegate – perché l’uomo che compie la sua evoluzione nel senso del bene, per quel che riguarda il sistema solare, si unisce con gli spiriti buoni.

[Spiegazione del disegno] Qui ci sono i tre spiriti dello Zodiaco; qui ci sono i tre spiriti del Sistema solare; e in basso i tre collegati alla Terra – quindi, c’è sempre una trinità. E da questi [indica gli Spiriti della forma, del movimento, della saggezza], quindi da dove opera il Cristo, l’Essere solare, nella misura in cui l’uomo si cristifica e diventa re dello spirito, riceve le ispirazioni. Le riceve dagli Spiriti buoni della forma, dagli Spiriti buoni del movimento e dagli Spiriti buoni della saggezza.

Per quanto riguarda i re del potere: nella misura in cui l’uomo si vota al potere terreno, e viene tentato, viene attirato dal potere terreno, devono esserci naturalmente contro-spiriti della forma, contro-spiriti del movimento e contro-spiriti della saggezza; questo significa che al Genio della forma corrisponde il demone della forma; al Genio del movimento corrisponde il demone del movimento, e via dicendo: c’è sempre forza e controforza.

Il greco – e per questo parliamo di re da sotto, che si lasciano ispirare dalle controforze, e quali sono queste controforze? –, dice: oátoi m…an gnèmhn œcousin kaˆ t¾n dÚnamin kaˆ ™xous…an aÙtîn tù qhr…J didÒasin. Essi hanno una saggezza, gnèmhn, comune, la stessa saggezza degli animali, e gli danno ™xous…a e dÚnamij. La domanda è: perché invece che Spiriti della saggezza, invece di sof…a qui, c’è gnèmh? La differenza tra sophia e gnome è che la Sophia è la saggezza divina, mentre ghnome è la furbizia terrestre del fattore arimanico.

La lingua greca ha questa ricchezza di termini. Ma gli altri due sono dynamis e exousiai.

Nella sfera di mezzo (Fig. 5,X) abbiamo gli Spiriti della forma (Exousiai): spiriti e contro-spiriti; al livello degli Spiriti del movimento (Dynamis) abbiamo spiriti e contro-spiriti; e al livello degli Spiriti della saggezza (Kyriotetes) abbiamo sempre spiriti e contro-spiriti. La saggezza buona, la saggezza divina, viene chiamata Sophia, e siccome questo la distingue dagli altri due, qui, nel nome, viene addirittura dato rilievo alla differenziazione della saggezza divina e della furbizia terrena. Significa che l’intero testo presuppone questi differenti livelli.

Exousia è la pienezza nel regno della forma; Dynamis è mobilità, è capacità di sformare le forme per trasformarle facendole mutare in forme successive. Saggezza, Sophia o Kyriotetes – il Kyrios è il re, l’Io, la forza dell’Io –, è la saggezza che pianifica quali forme e quali metamorfosi debbano sorgere, quanto debba durare una forma e la trasformazione.

Da questo progetto della saggezza sorge tutto; gli Spiriti della saggezza nella loro saggezza pianificano tutto quel che deve sorgere e che deve trasformarsi. E per ogni bene deve esserci la controforza, cioè per ogni Genio deve esserci un demone.

Qui (Fig. 5,X) abbiamo la Genialità solare e qui il demone solare – perché c’è anche un demone solare, c’è un demone lunare, un demone della Terra, e così via.

Le parole presuppongono ovviamente un’angelologia, perché nell’Apocalisse si parla continuamente di Angeli ai diversi livelli. E dove vivono questi Angeli? Vivono naturalmente nell’elemento di forma, nelle forze della forma al livello quattro; vivono nell’elemento del movimento, della metamorfosi (del mutamento e della trasformazione) al quinto livello; e vivono nell’elemento della saggezza, della pianificazione, del progetto (del porsi obiettivi) al sesto livello.

E poi ci sono Troni, Cherubini e Serafini, la triade più vicina alla trinità divina. Essi ricevono dalla Trinità gli obiettivi e i piani della creazione e li trasmettono alle Gerarchie del sistema solare: le Gerarchie del Sistema solare ricevono le ispirazioni da Troni, Cherubini e Serafini, e sulle ali degli Angeli le portano da basso sulla Terra.

L’Angelo, spirito individuale dell’uomo; l’Arcangelo, spirito di comunità di uomini, di popoli e così via; e le Archai, spiriti dei periodi di cultura che si succedono l’un l’altro.

Anche qui ho già detto che la controforza essenziale dell’Angelo buono è l’egoismo; l’ispirazione essenziale del contro-arcangelo è il nazionalismo; e cos’è la controforza dello Spirito guida del nostro tempo? L'ispirazione dello Spirito del nostro tempo è che l’umanità intraprenda una scienza dello spirito, e la controforza è il materialismo.

Quindi essenzialmente abbiamo tre controforze nel nostro tempo:

• per l’individuo – l’egoismo;

• per i gruppi di uomini – il nazionalismo, l’identità di gruppo, l’essere gli uni contro gli altri;

• e come controforza dello spirito del tempo – il materialismo.

Questi re del potere terreno hanno la stessa anti-saggezza; consegnano, rimettono, i loro movimenti al contro-genio del movimento e quel che formano è formato per avere potere, perché ricevono l’ispirazione della loro forma dai contro-spiriti della forma.

Quel che in greco è scientificamente così preciso, nella traduzione diventa: Questi hanno un intendimento comune e danno la loro forza e potere alla bestia. E nessuno ci capisce nulla. Ovvio, come fa a capire?

Intervento:

Archiati: naturalmente, ma istintivo significa non-libero. Non-libero vale per tutto. E come appare il non-libero nell’ambito della forma? Come appare il non-libero nell’ambito del movimento? Forma vuol dire formare, e il suo contrario è distruggere.

Intervento:.. .

Archiati: no. Prenda la libertà come criterio: imprimere forme nella libertà, e imprimere forme senza libertà. Un esempio sono le forme delle lettere dell’alfabeto: quando le scrivo a mano do loro una forma libera, non illimitatamente libera, ma coi miei movimenti; quando batto a macchina, le forme delle lettere nascono in modo altrettanto libero? Posso decidere liberamente la forma delle lettere?

Le forme delle lettere, le abbiamo, certo. La pura e semplice differenza su come le forme vengano coniate, in cui la mia libertà gioca un ruolo, chi la decide? Quando scrivo a mano posso farlo velocemente, per esempio, e chi decide come devono saltare fuori le forme delle lettere? Lo decido io. Se si batte a macchina, le forme sono predeterminate, la libertà non ha niente a che fare. E non c’è libertà al punto che nessuno può sapere chi abbia battuto il testo a macchina. Questo vuol dire che l’impronta libera, individuale del re, dell’Io, se n’è andata. Questo è solo un esempio. E in base a questo esempio bisogna esercitarsi, perché il criterio del bene e del male non è quello del formare o del deformare, ma è la libertà. E io avevo fatto questa proposta: bene è la libertà e male è la non-libertà.

Cos’era la mia proposta? L’amore è sempre liberante, altrimenti non è amore, e il potere è sempre distruttivo della libertà, altrimenti non è potere. Il potere deve schiacciare la libertà altrui almeno un pochino, altrimenti non è potere.

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Fig. 6,X

Il potere è per natura lesivo della libertà e rende non liberi. E l’amore è per natura aperto e favorente la libertà. Solo questo è amore, quel che rende l’uomo più libero, sempre più libero. Il criterio, visto ancora più a fondo, è la libertà, solo che per molti libertà o non-libertà è molto astratto, perché chiedono: «Sì, ma cos’è la libertà?». Niente paura, stiamo per studiare La Filosofia della libertà riga per riga![44]

17,14 «Combatteranno contro l’Agnello e questi li vincerà, perché è il Signore dei Signori, e il re dei re, e quelli che sono con Lui sono i chiamati, gli eletti e i credenti»

Combatteranno contro l’Agnello, e l’Agnello li sconfiggerà. Bestia e Agnello, potere e amore. Qui queste due categorie si applicano molto bene. La bestia sta per tutti gli esercizi di potere, e l’Agnello sta per l’amore. Combatteranno contro l’Agnello e l’Agnello li sconfiggerà, perché è il Signore dei signori, il Re dei re. I signori della Terra, ma Lui è il Signore dei signori, diventa Signore sopra ogni potere ed è Re di tutti i re. Significa che vince sui poteri terreni perché Egli redime l’umanità nell’impotenza dell’amore.

L’amore come diventa vincente sul potere? Con l’impotenza. Contro che cosa il potere non può nulla? Contro l’impotenza. Il miracolo del Natale – Steiner lo ha descritto una volta – è che noi siamo così estasiati davanti al Bambino appena nato perché il neonato non può esercitare potere – è del tutto impotente e nessuno ha paura davanti a lui. Per questo lo amiamo. Nei confronti di questa impotenza nessuno può avere qualcosa contro. Quindi, per rendere impotente il potere bisogna diventare impotenti liberamente e in virtù dell’amore. Allora il potere diventa impotente. Il potere viene vinto nell’impotenza della morte in croce, dove quest’uomo, quest’immagine archetipica dell’uomo, era completamente impotente. Egli non poteva neppure muovere le braccia e le mani.

17,14 Combatteranno contro l’Agnello e l’Agnello li vincerà perché è il re dei re, mediante l’amore. Con l’impotenza terrena, perché l’amore non è impotente nello spirituale, è impotente sulla Terra, per agire tanto più potentemente, con maggiore forza nello spirituale. Dunque è il Signore di tutti i signori terrestri, di tutti i poteri terreni, ed è Re di tutti i re potenti sulla Terra.

17,14 …e coloro che sono con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli. Sapreste dirmi che tipi di persone sono i chiamati, gli eletti e i fedeli?

In greco ci sono tre parole magiche:

klhtoˆ, i chiamati – si può dire così? Poi

™k-lektoˆ, i chiamati fuori; e

pisto… – questa parola non ha a che vedere con la fede – sono quelli che aspettano, p…stij è la forza di resistere, di perseverare.

I chiamati, i chiamati fuori e quelli che perseverano. È una traduzione brutta, ma letterale del greco. Cosa abbiamo ora?

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Fig. 7,X

È molto semplice la cosa, e qui vedete cosa succede: questa è la mia vasca da bagno dell’evoluzione che già conoscete: qui siamo nel Paradiso, quando l’umanità era nel grembo della divinità; poi c’è la cacciata dal Paradiso, e si comincia a discendere. Qui sotto, proprio in fondo, avviene la svolta e l’uomo può andare su o scendere in basso.

Tutti sono chiamati all’evoluzione, tutti, perché altrimenti non potrebbero diventare uomini. Chiamati sono tutti. Qual è il passo successivo? Ora si è tutti entro la massa fangosa, dentro il peccato originale – chi viene chiamato fuori? Chi riceve la possibilità, la capacità di venirne fuori? Tutti sono i chiamati “fuori” – fuori tra virgolette. Tutti, proprio tutti!

Il Padre manda tutti gli uomini nella corrente dell’evoluzione. Questo è necessario, qui non c’è libertà. Il Figlio conferisce a tutti gli uomini la capacità di libertà, per cui ogni uomo è capace di staccarsi dalla necessità, dalla natura, dall’inesorabilità del peccato originale. E per quanto riguarda i perseveranti, coloro che perseverano nel bene, è una faccenda della libertà, questo lo decide l’essere umano, perché altrimenti non ci sarebbe libertà.

In queste tre parole si è chiarita, se la si capisce, la struttura trinitaria dell’evoluzione.

Di nuovo: 17,14 … perché è il Signore di tutti i signori e il Re di tutti i re e coloro che sono con lui, coloro che sono con lui e con lui percorrono tutto il gradino sono i chiamati, sono i chiamati fuori e sono coloro che hanno perseverato nel bene – i quali non devono necessariamente esserci, altrimenti non ci sarebbe libertà – klhtoˆ kaˆ ™klektoˆ kaˆ pisto…, questo rimanere saldi, questa fermezza nel bene: pisto…. È meraviglioso avere un testo di questo tipo che rimanda continuamente all’intera evoluzione, e qui lo fa con tre parole.

17,15 «E mi disse: le acque che hai visto e sulle quali siede la prostituta sono i popoli e le schiere e le nazioni e le lingue»

E mi disse. Ora l’Angelo ha fornito tutte le spiegazioni e suppone che l’apocalista abbia capito tutto – a differenza di noi, naturalmente. E mi disse: l’acqua che tu hai visto e sulla quale siede la prostituta, lo conosciamo già, questo versetto l’avevo già spiegato, sono i popoli, le folle, le nazioni e le lingue.

Ora ditemi che differenza c’è fra popoli e folle, fra nazioni e lingue? Viene detto quattro volte circa la stessa cosa – bene, ora avrei bisogno di un altro quarto d’ora. Ma in greco c’è: laoˆ, Ôcloi, œqnh, glîssai, quindi, di volta in volta un gruppo. È l’uomo che resta a livello di gruppo nel suo Io, cioè è senza Io, non edifica nessun Io; l’uomo che resta a livello di gruppo nel suo corpo astrale – c’è un fenomeno primigenio dell’essere di gruppo, dell’essere confusi a livello di gruppo nel corpo astrale? Il fenomeno archetipico del fattore di gruppo nel corpo astrale si chiama psicosi di massa, perché la psiche è il corpo astrale. Confuso nel gruppo è l’uomo che nella passionalità del suo corpo astrale va in visibilio per un gruppo – e più della psicosi di massa non c’è niente.

Psicosi di massa

Questa quaterna – popolo, folla, nazione, lingua – è una quadruplicità del gruppo. Dice come l’uomo possa essere di gruppo nel fisico; come sia di gruppo, confuso nel gruppo, a livello eterico; come sia di gruppo nell’anima; e come, per questo triplice modo di essere a livello di gruppo nel fisico, nell’eterico e nell’astrale, non si realizza nessun Io, non viene formato nessun Io.

Ora volevo riprendere le immagini del male, perché domani, forse, non c’è tempo. Paul Riceur un filosofo francese del nostro tempo, che mi aveva entusiasmato quand’ero studente, ha scritto La symbolique du mal,[45] il simbolismo del male.

Quali sono le immagini del male? Il male è mancanza di bene, il male è impurità, il male è errore e menzogna. Quali sono le immagini? Cos’è l’immagine della mancanza? Il buco.

In tutta la tradizione occidentale, a partire da Socrate, Platone Aristotele, e poi in Tommaso d’Aquino e Steiner, c’è sempre stata la più profonda interpretazione del male: il male è un niente. Il male è carenza di bene, perché se il male fosse qualcosa, sarebbe bene. Tutto ciò che esiste, infatti, è bene per il fatto stesso di esserci. Quindi il male è un buco nel bene.

Conoscete la definizione migliore di buco? L’ha data una ragazzina di sette, otto anni: «Un buco è un niente con qualcosa intorno». Infatti, senza qualcosa intorno non c’è nessun buco. Dunque, perché ci sia il male è necessario il bene; per avere la carenza, dobbiamo avere qualcosa. Se non è positività questa! Per avere una carenza, deve esserci qualcosa.

Il nulla è il male sul piano dell’Io, è l’immagine del male. Sviluppare fino in fondo questo pensiero è una grossa sfida per il pensare. Sul piano dell’anima – stiamo cercando immagini – è la sporcizia, la macchia. Cosa si fa quando c’è sporcizia? Pulizia. Pulizia nell’anima: l’evoluzione dell’anima è purificazione.

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Fig. 8,X

L’evoluzione dell’Io è creazione dal nulla. Dove prima non c’era nulla va creato qualcosa, perché l’Io vive nel precipizio fra essere e non essere.

L’anima è piena di impurità, di sporcizie – quindi, l’immagine è quella di una lastra di vetro, una meravigliosa e lucida lastra di vetro, solo che per due anni gli uccelli vi hanno lasciato sopra i loro bisogni e ora non si vede più nulla. Che fare? C’è qualcosa che non va nella lastra? No, la lastra è meravigliosa, va solo pulita.

Quindi, la natura dell’anima è puro amore. Qui (indica Fig. 8,X), abbiamo a che fare col pensare, con la conoscenza, e là con l’amore.

Ogni uomo ha le forze dell’amore nella sua anima. Oppure, detto in termini cristiani, Cristo abita nell’anima di ogni uomo. Perché allora questo o quel tizio è così sgradevole? Perché c’è sopra una patina, si è aggiunto qualcosa e il problema non è che la sua anima sia cattiva, sgradevole; basterebbe soltanto togliere la patina, pulire, e allora salterebbe fuori che lui è in grado di amare. Ogni uomo può amare, perché l’anima consiste di forze d’amore.

Quindi (Fig. 8,X) 1, 2, e 3, il corpo eterico. Il corpo eterico sono le forze di pensiero. Qui c’è lo spirito, le creazioni (indica il punto 1), ma qui ci sono le forze del pensare, cioè movimento, vita. Il corpo eterico è puro movimento vitale, come l’acqua, un movimento di vita. E in cosa consiste il male del movimento? Che ci si muove erroneamente. L’errore, la falsa strada: si erra.

Cerchiamo allora le immagini del male:

1. l’immagine del buco

2. l’immagine della macchia

3. l’errore; si è a metà dell’evoluzione e se tutto va bene si dovrebbe andare verso l’alto, e invece si va verso il basso. Per esempio, si percorre un sentiero e s’imbocca una falsa pista, anche questa è un’immagine dell’errore, dell’errare.

Perché, cosa intendiamo noi quando diciamo: «Mi sono sbagliato»? Che mi ero fatto un’idea dei vari percorsi, ma ho scelto la direzione sbagliata. Cosa si fa quando ci si accorge di aver sbagliato strada durante il tragitto? Bisogna tornare indietro e imboccare la strada giusta – un’altra immagine.

Dunque, buco, macchia, errore – e nel corpo fisico? Cos’è il male nel corpo fisico?

4. La distruzione. Nel fisico, dove dovrebbe venire edificato, e invece c’è distruzione. Una casa, per esempio, viene costruita e serve soltanto quando è fatta. Quel che ci sta antipatico è che vada in rovina.

Intervento: malattia

Archiati: anche la malattia, certo. Solo che è un’immagine difficile da prendere – anche la distruzione, però. Proprio perché nell’ambito fisico tutto è immagine, tutto è percezione, abbiamo difficoltà a trovare qualcosa che sia archetipico in fatto di immagine, perché qui tutto è immagine. Ma va bene anche malattia, oppure anche morte, quella che non si trasforma in risurrezione.

Il testo dell’Apocalisse, ovviamente, presuppone queste cose, parla in immagini, e come nel caso di un violino, può essere suonato su queste quattro corde. Le quattro corde sono: Io, corpo astrale, corpo eterico e corpo fisico, le quattro corde del violino cosmico. Perché senza questi orientamenti non arriveremo mai al dunque col nostro testo. E la scienza dello spirito di Rudolf Steiner è proprio la grammatica, la prima grammatica di questi contenuti.

Questo è stato rappresentato dal lato delle immagini: le immagini dell’antiumano.

17,15 «E mi disse: le acque che tu hai visto, sulle quali siede la prostituta, sono i popoli e le folle, le nazioni e le lingue»

I popoli, le folle, le nazioni e le lingue: le dimensioni di gruppo a livello di io, corpo astrale, corpo eterico e corpo fisico.

E il testo prosegue:

17,16 «E le dieci corna che hai visto, e la bestia, odieranno la prostituta, la renderanno desolata e nuda, e mangeranno la sua carne e la bruceranno col fuoco»

17,17 «Perché Dio ha messo nel loro cuore di operare secondo il suo intendimento e con un solo intendimento, e di affidare il loro regno alla bestia, fino a che si compirà la parola di Dio».

Potete partire dal fatto che nel testo greco, naturalmente, le cose non sono ripetute nello stesso modo, ma con precisione rappresentano di volta in volta l’animico e lo spirituale.

17,18 «E la donna che hai visto è la grande città, che esercita il potere sui re della terra»

18,1 «Dopo di ciò vidi un altro Angelo scendere giù che aveva una grande potenza, e la Terra fu illuminata dal suo splendore»

Vidi un altro Angelo scendere giù: vedete che le Gerarchie angeliche giocano un ruolo importantissimo: scendere giù dal cielo, che aveva grande potenza™xous…an meg£lhn – quindi un Angelo della Gerarchia degli Spiriti della forma. Perché ora si tratta di rescindere definitivamente le forme sulla Terra.

18,2 «E gridò con voce possente: è caduta, è caduta Babilonia la grande, è diventata abitazione del demonio, e prigione di tutti gli spiriti impuri e di ogni animale immondo».

Domani cercherò di dire qualcosa sul capitolo 18 e forse anche sul capitolo 19.

Avete pensato alle domande che volete porre? Prego.

Intervento:

Archiati: sulla quadruplicità in greco, perché da lì dobbiamo partire. Tra l’altro, se avessimo qui qualche euritmista che padroneggi i movimenti legati ai suoni, sarebbe un esercizio molto valido cominciare a elaborare a partire dai suoni. La lingua greca è ancora ricca di sfumature musicali, c’è davvero poco si arbitrario. Quando ci si può muovere coi suoni non in modo arbitrario, ma artisticamente, anche senza la conoscenza lessicale del greco, partendo dalla stessa esperienza dei suoni si può ricavare se abbiamo più a che fare col corpo astrale, o col corpo eterico o col corpo fisico oppure con l’Io.

Le quattro parole, al plurale naturalmente, sono: laoˆ, Ôcloi (quindi 1, 2). Nel Vangelo compare sempre di nuovo Ôcloj quando Cristo parla alla folla. In latino viene tradotto con turba, da cui viene turbare: sono turbato. Abbiamo qui l’idea della macchia, dell’offuscamento? Nella parola Ôcloj c’è davvero uno scompiglio nell’anima.

Cos’è l’opposto del turbamento? La chiarificazione. Cosa significa chiarificazione? L’acqua fangosa diventa chiara. Quando il fango ritorna su c’è torbido.

Questo vuol dire che quando il Cristo parla alle masse, davanti a sé ha sempre psicosi di massa, turbamenti animici che solidarizzano fra loro.

Poiché voi avete chiesto se potevamo osservare più precisamente questo versetto, c’è una terza parola: œqnh. Ci sono euritmisti che sanno dirci che tipo di suoni ci sono in questa parola? œqnoj viene posto al plurale. E la quarta parola è glîssai, le lingue.

Laos è il popolo, ochlos è la folla – cosa è una folla? Un affollarsi. Si da dove viene la parola. Se guardiamo l’inglese mingle, da to mix, è il miscuglio, il turbamento. E cosa vive in un affollamento? Turbamento dell’animo.

Il terzo termine viene tradotto con ethne; laos e ethne è all’incirca la stessa realtà, e riguarda i popoli pagani. E glossai, le lingue.

1. laoˆ,

laoi

Omissione

Popolo

2. Ôcloi,

ochloi

Turbamento

Folle

3. œqnh,

ethne

Popoli pagani

4. glîssai,

glossai

Lingue

Fig. 9,X

Cosa significa questo? Significa che nella grecità dovevano ancora esserci uomini che sulla base di queste parole vivevano una quadruplicità di significati – con le lingue moderne, invece, qui ci troviamo veramente in difficoltà.

Perciò ho proposto:

• il carattere di gruppo a livello dell’Io quando viene omessa l’individualità; il buco è una omissione – omissione dell’Io, omissione della forza dell’Io;

• turbamento del corpo astrale, dell’anima, tendenza a fare gruppo; questa tendenza al gruppo nell’anima turba l’Io;

tendenza al gruppo nell’eterico, il fattore di gruppo nell’eterico rende l’Io non cristico, cioè pagano: rende l’uomo solo un essere di natura. Perché i pagani sono popoli che si fondano soltanto sulla natura; i cristiani hanno aggiunto il fattore di libertà alla natura: l’individualità cristica. Quindi, il concetto di pagano è il concetto di avanti Cristo, cioè mero fattore di natura. E questo significa soltanto corpo fisico e corpo eterico, questa è la natura. Questa parola – il mistero dei pagani – si riferisce all’essere umano che resta a prima di Cristo, o che anche dopo Cristo resta come prima dell’arrivo di Cristo. Un pagano è colui che vive come se Cristo non ci fosse.

• E glossai – è una proposta quella che faccio, e voi potete trovarne di migliori – ho pensato di prenderla come rappresentante del fisico, perché la lingua, la voce, è udibile nel fisico.

Queste (indicando le precedenti) sono qualità sovrasensibili: qualità eteriche, qualità dell’anima, qualità spirituali. Qui (Fig. 9,X al punto 4) diventa udibile nel fisico, perché quando l’uomo parla, deve farlo in tedesco, in francese, o in greco, e si tratta di lingue.

Al terzo livello c’è la tendenza al gruppo nella lingua, omissione dell’Io nella lingua sul piano fisico. L’uomo come diventa di gruppo nel linguaggio? Quando esprime solo automatismi del linguaggio, e questo è possibile. In tal caso non parla l’essere umano, bensì il linguaggio perché la lingua materna viene maneggiata per frasi fatte.

Rudolf Steiner ha detto molte cose rispetto agli automatismi del linguaggio. Non omettere l’evoluzione dell’Io sul piano del linguaggio vuol dire ricevere la lingua dal popolo, – dal Genio di popolo – quale strumento per la comprensione, però col compito che ognuno la maneggi a modo proprio, come nessun un altro. Nell’ambito della lingua condivisa ogni uomo è chiamato da un lato ad attenersi alle regole comuni, ma dall’altro c’è spazio sufficiente perché il conio del linguaggio sia del tutto individuale.

Io ho sempre detto: trovatemi due persone che in una frase mettano venti parole in fila nello stesso ordine. Impossibile! Eppure sono venti parole precise della stessa lingua. E quest’evoluzione dell’Io nella lingua, questo realizzare uno stile del tutto individuale all’interno della lingua comune, viene omesso, non viene fatto!

lo rinnovo continuamente l’esperienza che quando si cerca di scrivere e si pensa di aver trovato l’espressione giusta in base al proprio stile personale – perché, ahimè, anch’io un pochino scrivo, e sono anche intimidito perché il tedesco non è la mia lingua madre quindi devo prestare attenzione –, arriva il lettore che dice: «No, no, così non si dice, così non va!». Cioè, la lingua è buona solo quando tutto è fissato e la persona non può metterci niente di individuale. Ma questa è la morte della lingua! La lingua è vivente solo nell’equilibrio fra il Genio di popolo che l’ha ispirata, cioè nei suoi aspetti condivisi, e il tratto individuale di ognuno e che non può mancare.

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Fig. 10,X

Pensiamoci su: quando due, tre, quattro cinque persone usano il linguaggio nello stesso identico modo – sia che parlino, sia che scrivano –, è l’inizio del cimitero, e la lingua che è massimamente morta – scusatemi quest’aggiunta – è il francese. Non si può fare la minima variazione che subito non salti su qualcuno a dire: «Non, non, monsieur, ça ne va pas!». Tutto è rigido, tutto è rigorosamente fissato. Nella lingua tedesca c’è maggiore concessione, perché il tedesco, se davvero resta fedele al Genio del suo linguaggio, dice: «Sì, si può dire anche così. Non è proprio del tutto sbagliato». Io invento delle parole che non esistono – lasciatemelo dire –, e arrivano persone a dirmi: «Se questa parola non c’è, ci deve essere stato, però, un tempo lontanissimo in cui c’era».

Stavo commentando la quarta parola che c’è nell’Apocalisse. Dobbiamo custodire questa mobilità del linguaggio, altrimenti l’individuo non può evolversi nella sua individualità.

Quando leggete trenta parole in sequenza, potete riconoscere subito chi le ha scritte? Avete il coraggio di dire senza tentennamenti se si tratta di Schiller o di Goethe? Se mi fate leggere tre versi, dico tre versi, di una poesia qualunque, io posso dirvi subito se è di Schiller o di Goethe. E se sbaglio, avete diritto a un bonus. (risate)

Una volta un francese ha detto: «Lo stile è l’uomo» – proprio perché in Francia mancava.

Posso augurarvi in modo del tutto individuale la buona notte? A patto che passiate una notte del tutto individualizzata. A domani.

Undicesima conferenza
domenica 21 novembre 2004, mattina
vv. 17,6-18,3

Cari amici,

stamattina pensavo che potremmo procedere in un modo non così dettagliato, e sulla scorta del diciottesimo capitolo vorrei piuttosto dare uno sguardo d’insieme. È domenica mattina e anche la conclusione di questi giorni molto impegnativi durante i quali ci siamo fatti i denti sull’Apocalisse, un testo che, per come lo intendo io, è sigillato con otto sigilli: i sette sigilli tradizionali più il sigillo della traduzione.

Forse possiamo ripartire dal verso 16 del diciassettesimo capitolo, dal momento che avete voluto sapere cosa significa questo e quest’altro e quindi abbiamo tralasciato alcuni aspetti.

Il versetto dice:

17,16 «E le dieci corna che tu hai visto e la bestia odieranno la prostituta, e la spoglieranno, e la lasceranno nuda, e mangeranno la sua carne, e la bruceranno col fuoco»

Caspita! Odiare e spogliare sono parole moderne che traducono valenze greche, noi dobbiamo sempre cercare di risalire a quel che veniva inteso. E non viene mai inteso un processo psicologico, ma processi spirituali.

Odiare è una qualità dell’Io, non dell’anima, non del corpo astrale, se volete. È una qualità dell’Io. L’odio implica un nemico, e dove c’è un nemico è guerra. O vinco io e tu perisci, oppure vinci tu e perisco io. Con l’odio si tratta di vita e di morte.

«Odio»

Bene / Male

La odieranno significa che quest’anima umana che ha omesso l’evoluzione (e ogni essere umano che si congiunge con quest’anima prostituita che si è consegnata al corporeo e ha omesso l’evoluzione spirituale), poi odierà questo. Omettere l’evoluzione verso lo spirituale è il grosso peccato dell’anima. Abbiamo visto nei dettagli di cosa si tratti. Ora non è più possibile recuperare, ora siamo al punto della scelta, o l’uno o l’altro.

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Fig. 1,XI

Ho disegnato alla lavagna migliaia di volte che l’evoluzione si dirige verso il basso, si congiunge sempre più col mondo fisico, e poi va o su o giù. E qui abbiamo la qualità dell’odiare: l’alternativa radicale. Quindi l’evoluzione ha anche questa qualità. La tolleranza, in base alla quale tutto viene in qualche modo sistemato, ha un limite.

Abbiamo visto che quando si tratta di polarità, si tratta anche di trovare l’equilibrio e di dare a entrambe le posizioni uguale legittimità. A questo livello, se si vuole, la categoria psicologica della tolleranza va bene. Il maschile deve tollerare il femminile, e il femminile deve tollerare il maschile, perché questa è una polarità. E ogni essere umano si muove in questa polarità.

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Fig. 2,XI

Quando si tratta del bene e del male, invece, non c’è tolleranza, c’è antagonismo e bisogna scegliere. L’arte della vita consiste nello scegliere sempre meglio. Quando si tratta di mediare, bisogna trovare sempre di nuovo l’equilibrio. E quando si tratta di fare chiarezza e di scegliere? Vedete che questi sono concetti che usa anche l’Apocalisse: qui la tolleranza e qui l’odio.

tolleranza

odio

Odio: questa categoria significa che tu devi scegliere, devi sapere da quale parte stare. Dove uno schieramento si contrappone all’altro, un antagonista si contrappone all’antagonista, non è possibile nessuna mediazione.

È fondamentalmente un’ingenuità se nell’arte del vivere non s’impara dove si tratta di esercitare tolleranza, mediazione, conciliazione, e dove invece è il caso di sapere da che parte stare. Ogni uomo è davvero migliore se come prima cosa impara sempre meglio che nella vita ci sono situazioni in cui si tratta di mediare, e ce ne sono altre in cui è questione di principi. Avere principi vuol dire: io sto da questa parte e non altrove. E devo dirvi che quel che io rinvengo nell’umanità di oggi è che poche persone hanno principi. Questa intolleranza – il terrorismo della “tolleranza” – è una forma di terrorismo, perché ci vorrebbe costringere a essere tolleranti in tutte le cose. Questo terrorismo vuole costringere gli esseri umani a non avere più principi.

Intervento: (domanda sui principi)

Archiati: il difensore dei principi è colui che crea delle barriere quando si vorrebbe mediare. Questo è il difensore dei principi. Solo che il problema è stabilire quando è il caso di regolarsi così. Questo è il problema. Può diventare anche molto complesso, perché in una situazione generale, a lungo termine, può darsi che questa prospettiva sia decisiva, mentre sul breve termine bisogna trovare accomodamenti se non si vogliono tagliar teste dall’oggi al domani. E questo viene lasciato al singolo. Un’umanità in cui non c’è nessuno con dei principi, però, diventa difficile, perché noi semplicemente proibiamo o rendiamo impossibile l’evoluzione morale. Questo è quanto volevo dire sulla categoria dell’odio: la odieranno.

Questo è un testo scientifico-spirituale in cui non si tratta di buscarsi una sfuriata, ma veramente di scegliere: o stai a destra, oppure stai a sinistra.

Mi viene in mente che ci sono un paio di conferenze di Steiner in cui il discorso è continuamente su popoli, razze, lingue e linguaggi, in quanto è un capitolo della psicologia dei popoli. Prendete questi pensieri per quel tanto che possono aiutarvi per cominciare.

Dunque, c’è il popolo dell’Io, poi c’è un popolo dell’anima cosciente, e ce n’è uno dell’anima razionale. E poi c’è il popolo dell’anima senziente – questo è il popolo italiano. Quello francese è il popolo dell’anima razionale. L’anima cosciente è la forza centrale del popolo inglese. La forza dell’Io è la forza decisiva dell’Europa centrale – io posso dire queste cose perché sono nato nel popolo dell’anima senziente – e per questo, quando sono arrivato sulla scena dell’antroposofia, è stato detto: costui viene dall’anima senziente, come può capire la scienza dello spirito? Non può.

Quindi, quando la forza dell’Io sta al centro, l’altro, l’altro pensatore, è l’avversario. L’anima cosciente sente l’altro come concorrente – la vita economica in Inghilterra, lo vedete? L’altro è il concorrente, quindi sorge la concorrenza. Qual è la differenza tra guerra e concorrenza? Una questione straordinariamente appassionante, interessante! Nella guerra si tratta di vita e di morte, mentre nella concorrenza è in gioco il successo: non si vuole sgominare l’antagonista, altrimenti non ci sarebbe più concorrenza, non ci sarebbe competizione.

Nel caso dell’anima razionale, come viene chiamato l’altro pensatore? Il barbaro, che non capisce niente. Il francese è la persona del ragionamento, della razionalità.

E nel caso dell’anima senziente? Lo straniero. O si è compatrioti o si è stranieri. L’anima senziente percepisce il diverso come straniero, come estraniato. Si ha nostalgia della patria perché si è fra stranieri.

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Fig. 3,XI

L’anima razionale – questa forza della ragione – gioisce perché l’altro è un barbaro, un ignorante. L’anima cosciente – vita economica. Quindi, qui (Fig. 3,XI) vedete la vita economica, la vita giuridica e la vita animico-spirituale – concorrenza, competizione.

Centro Europa: il nemico. Sono cose molto importanti. Due guerre mondiali in un secolo… chi le ha ordite, perlomeno esteriormente? Dove c’è la lotta fra nemico e nemico, c’è la forza dell’Io.[46]

Si tratta di esercitarsi in questo, di rendersi coscienti, perché ogni uomo naturalmente è un Io e questo Io suona come un Apollo la lira. La lira di Apollo aveva tre corde – non come il nostro violino che ne ha quattro; la lira di Apollo è la lira dell’anima a tre corde, e quando l’uomo può suonare bene sulle tre corde e raggiunge un’armonia delle forze animiche mediante la signoria dell’Io, allora va bene. L’Io è il Kyrios nell’Apocalisse, lo abbiamo già visto.

Poi, però, bisogna sapere dove l’Io individua l’avversario – anche questo deve esserci; oppure dove si tratta di onorare lo straniero, di farlo proprio; e quando si tratta di considerare l’altro non un barbaro, ma di scambiare idee; e poi quando la concorrenza può essere fatta in modo che tutti siano vincenti. Quindi:

Si può dar forma alla concorrenza in modo che tutti siano vincenti.

• Si può articolare la comprensione in modo che ognuno faccia passi avanti.

• È possibile superare il senso di estraniamento nella misura in cui lo straniero è talmente il benvenuto, si integra a tal punto che lui stesso non si vive più come straniero.[47]

• E solo qui, al livello della forza dell’Io, deve esserci anche la forza di fare scelte, di creare barriere, perché non c’è evoluzione senza scelta. E di questo i contemporanei hanno paura, si tirano indietro, perché scegliere significa che prendo questo e dico di no a quest’altro.

E ora, ancor più concretamente, cos’ha a che fare col bene e male che ieri avevo scritto alla lavagna? Io ho il diritto di rifiutare qualcosa solo quando sono in grado di dire: questo sfavorisce l’umano, limita l’uomo nella sua evoluzione. Questo posso non volerlo, questo devo rifiutarlo. La legittimità e anche la necessità di tale rifiuto sta nel fatto che quando l’uomo compie quanto sfavorisce l’umano, retrocede nella sua evoluzione. Questa è la forza dell’Io, la capacità di vedere – ed è una forza morale – che non tutto è buono per l’essere umano, altrimenti non ci sarebbe libertà. Se tutto fosse buono per l’uomo, o potesse diventarlo, non ci sarebbe libertà.

Ieri abbiamo fatto un piccolo esercizio su cosa sia bene e cosa sia male, con la domanda: è una questione di gusti? Non c’è nessun bene oggettivo? Non c’è nessun male oggettivo? È intolleranza, è dogmatismo, dire che una cosa è bene e un’altra è male? Perché salta subito fuori la falsa tolleranza a dire: «La verità è relativa, niente è oggettivamente buono o oggettivamente cattivo». Questo volevo dirlo in merito alla categoria dell’odio.

Ora, questo odio, questo rifiuto, questa scelta vuol dire: io sto qui e non lo prendo, lo rifiuto. Questo viene svolto in quattro modi, e sono tutte categorie scientifico-spirituali con le quali nel frattempo abbiamo familiarizzato.

Odiare: come viene tirata fuori questa categoria, questa categoria dell’Io?

17,16 … essi odieranno la prostituta, la spoglieranno. In greco c’è ºrhmwsei, essi faranno dell’anima un’eremita – ºrhmwmšnhn, eremita, solitaria. Si tratta della solitudine animica. Diciamo, molto semplicemente, che la solitudine animica è la carenza dello spirito. Ora non abbiamo più tempo per scendere nei dettagli.

Il secondo elemento è gumn»n, senza vestiti, e viene tradotto con nuda. Eremita è la prima categoria, nuda è la seconda. Quindi, eremita: in solitudine, perché non ha lo spirito; e nuda – qual è il rivestimento dell’anima? Il rivestimento dell’anima è l’amore, e la nudità è la mancanza di amore: senza amore.

Questi sono tutti spunti per continuare a lavorare col testo, per non girarci intorno o non averne idea, perché le traduzioni sono piuttosto arbitrarie.

Dunque, qui il punto 1 e 2, in senso scientifico-spirituale sarebbero l’Io e il corpo astrale. Ora viene il 3 e il 4, le parti costitutive inferiori: 4 è il livello del corpo fisico, e 3 è il livello del corpo eterico; 2 è il corpo astrale, la nudità, e 1 è l’Io.

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Fig. 4,XI

Vedete che a livello di Io si tratta di essere o non essere. Ieri abbiamo fatto l’esercizio col buco. Non essere=mancanza. Eremita qui significa: manca la compagnia dello spirito, non è presente nessuno spirito; senza-Io, ºrhmwmšnhn, quindi essere diventata senza Io, un buco. La scelta tra essere e non essere.

Qui (Fig. 4,XI al punto 2) è senza amore – e si vede come fin nei minimi dettagli l’Apocalisse sia un testo scientifico-spirituale. Ma ora c’è: mangeranno la sua carne, s£rkaj aÙtÁj f£gontai; s£rkaj fage‹n, mangiare carne – essa diventa senza vita.

Quindi, senza Io, senza amore, e ora senza vita, perché la carne sorge per il fatto che è presente la vita. Bene, adesso possiamo portarci a casa fiduciosi questo bello schema, nero su bianco, poi però dipende da quel che ne fa ognuno: senza Io, senza amore – e la sottolineatura è sul senza –, senza vita, e il corpo fisico è senza forma.

senza forma – livello fisico

senza vita – livello eterico, il vivente del corpo eterico

senza amore – corpo astrale

• e senza Io, lo spirito.

Il piano dello spirito, dell’anima, del vivente e del fisico. E il testo greco lo dice così, semplicemente, ma in modo esatto, e la terminologia è precisa.

E come viene rappresentata la scomparsa della forma? Con l’ardere del fuoco. La terra fisica scompare per morte termica – dice la scienza. Ardere col fuoco, e tutto diventa informe. Tutte le forme fisiche, visibili, scompaiono – «Cielo e Terra passeranno».

Nella misura in cui l’uomo non ha portato a realtà lo spirito facendo risorgere lo spirituale come un corpo di risurrezione da questa tomba del mondo – così che lo spirito risorga, «Cielo e Terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» –, nella misura in cui l’uomo ha omesso l’evoluzione dello spirito, vede inabissarsi questa quadruplicità:

mancanza di Io,

mancanza di amore,

mancanza di vita,

mancanza di forma.

Egli deve odiarlo, perché ciò che era da amare, ciò che era da costruire non c’è. Significa che egli odia il suo proprio annientamento, odia il nulla, odia ciò che egli ha fatto di se stesso.

È molto bello, e si possono usare queste piccole meditazioni ogni sera chiedendosi: cos’ho costruito oggi in direzione delle forze dell’Io? Oppure, quando e fino a che punto sono diventato carente di individualità? In che misura e dove sono stato in una condizione di carenza d’amore? Oppure, là sono stato senza vitalità – per esempio avrei potuto avere maggior cura della mia salute, avrei potuto avere maggiore responsabilità nella gestione della mia vita e non ho mangiato in modo corretto, non ho comprato gli alimenti giusti, e via dicendo. Sono senza vitalità, ho contribuito a una fetta di mancanza di vitalità.

Queste cose possono veramente essere rese concrete, perché per vivere sulla Terra dobbiamo provvedere al mantenimento vitale del nostro corpo eterico. Abbiamo già fatto il paragone con la candela: questa duplice candela del corpo fisico e del corpo eterico è come la cera, ma noi possiamo consumarla, possiamo far sorgere tanta luce e calore, solo nella misura in cui ricostruiamo le nostre forze di vita. Devono perciò venire in continuazione ragionevolmente ricostruite, perché amore e coscienza rappresentano proprio la consumazione di queste forze. E nessuno può consumare più di quanto abbia edificato.

Qual è il rapporto fra vita e coscienza? I primi due elementi dello schema (Fig. 4,XI) sono vita e gli altri due sono coscienza. È un rapporto in termini di alternativa – o l’uno o l’altro – o di equilibrio? È un rapporto di equilibrio. Si avvicendano naturalmente: di giorno prevale la coscienza e di notte la ricostruzione delle forze vitali, ma complessivamente c’è sempre il giusto bilanciamento. Sarebbe totalmente stupido mettersi in testa di scegliere sempre e soltanto la coscienza – voglio coscienza, coscienza, coscienza –, mandare in rovina il corpo e non avere più la possibilità di godere la coscienza. Oppure, al contrario, siccome la vita è così importante, allora mangio, bevo e stravizio e non arrivo mai alla coscienza. Anche così non c’è gusto. Alcuni pensano che non ci sia niente di meglio che godersi il corpo. Nell’Apocalisse l’abbiamo chiamato godimento del corporeo.

Va bene che qualcuno dica che non c’è niente di meglio? È un tizio che segue le leggi di natura, e allora, che si fa? Dire: «Devi coltivare lo spirito altrimenti vai all’Inferno» è terrorismo clericale e non funziona. Per molto tempo, per secoli, le persone si sono fatte intimorire dall’inferno, ma adesso non funziona più, e per fortuna, perché nel frattempo un inferno lo è diventata la vita sulla Terra – l’unico inferno che c’è. Quindi va bene che il terrorismo moraleggiante non faccia più effetto, questo è un bene.

Se un uomo è rimesso solo alla natura bisogna aspettare finché questo non gli basta più, e ne abbiamo parlato molto spesso in questi giorni. Se molti – voglio portare avanti il processo di pensiero con coraggio – per tutta una vita non se ne accorgono e si accontentano, che c’è da dire? Se il buon Dio è ragionevole e non completamente irragionevole – e da quel che sembra, la faccenda deve essere molto sensata –, cosa deve fare? Deve dar loro una seconda, una terza, una quarta chance, altrimenti sarebbe irragionevole. Oppure, avrebbe dovuto creare una natura umana che nel corso di una vita soltanto si accorgesse che questo non le basta, che diventa infelice. Paura dell’inferno non ne ha più, per fortuna, e cosa significa costringere l’individuo? A che serve costringerlo a coltivare lo spirito, a diventare antroposofo? Quello ti dice: «No, grazie».

Qui vale la tolleranza. Io non posso costringere l’altro perché non vive come dovrebbe, e tolleranza significa: «Bene, in questa vita vuoi questo? prego! Ci vedremo la prossima volta e ne riparleremo». Questa è tolleranza.

Ancora una volta poniamoci la domanda: cosa si dovrebbe fare con una persona così? Se nel suo godersi la vita interferisce con la libertà altrui, allora sì che dobbiamo intervenire – e questo vale anche per l’uomo altamente spirituale, perché ci sono anche esseri umani spiritualmente elevati che qualche volta non si accorgono di interferire nella libertà altrui. Il nostro intervenire, però, non è dovuto al fatto che lui sia un uomo tutto dedito alle forze di natura, ma al fatto che lede la libertà altrui, e questo è l’unico motivo legittimo. Solo per questo, perché come gestisce la sua vita e cosa lo renda felice o infelice, è affar suo, e questo va detto.

Qui l’Apocalisse afferma che però giunge un tempo – più tardi, non in una vita, perché una vita sola non basta – in cui vien detto: Mangeranno la sua carne e la bruceranno col fuoco, cioè salta fuori, prima o poi, che tutto quello che questo individuo ha goduto è sparito – perché è diventato privo di individualità, privo di amore, e tutto il vivente il quale dà forma è sparito. A questo punto l’individuo ha ancora un colpo in canna per difendersi? Naturalmente, ed è la legge della conservazione di materia ed energia (forza). Ed egli dice: «Tu affermi che tutta la realtà fisica è passeggera, ma è una tua asserzione. La materia è costante, e l’energia, la forza, è costante. Ci sono solo trasformazioni, materia ed energia restano costanti».

A questo proposito Rudolf Steiner afferma che questa è una grande scemenza. Per gli altri no, ma per Steiner è una stupidaggine. E allora? L’affermazione fondamentale dell’amore è: vivere e lasciar vivere. Ci stiamo arrivando con La Filosofia della libertà, nella seconda parte. Del tutto letteralmente, la massima dell’uomo libero è: «Vivere nell’amore per l’azione», e questo in relazione a se stessi, cioè vivere nell’amore per l’azione amando ciò che si fa, questa è libertà, e «lasciar vivere gli altri nella comprensione del volere altrui», perché il volere dell’altro non è il mio, mi è estraneo, e devo lasciarlo stare.

L’unica cosa che non ci è lecito tollerare è l’intolleranza. Significa che se uno non tollera l’essere dell’altro e interviene invadendolo, dobbiamo intervenire per garantire che ognuno possa vivere secondo la propria volontà, perché nessun volere deve ledere la volontà altrui. Questo non deve succedere mai. C’è posto abbastanza per tutti. Il problema sorge solo quando io interferisco nell’ambito altrui, nel suo volere o voglio ledere la sua libertà. Non è mai necessario ledere la volontà altrui. E questo non è mai necessario.

Bene, questo era il versetto 16 che viene tradotto:

17,16 e le dieci corna che tu hai visto – ne abbiamo parlato ieri – e la bestia, odieranno la prostituta, questa è l’anima che ha omesso l’evoluzione spirituale. Dunque io metterei due punti dopo la parola odieranno: e le dieci corna che tu hai visto e la bestia odieranno: – e si può odiare in quattro modi. Bisogna leggere il testo come una partitura, e poi ci si può anche orientare. Quindi … la odieranno in quattro modi:

1. la spoglieranno, in greco è: la rendono eremita – io vi ho proposto senza Io;

2. la lasceranno nuda, in greco è la nudità, la mancanza di amore dell’anima;

3. mangeranno la sua carne: la mancanza di vitalità, perché la carne è presente dove c’è vitalità. La carne non è lo scheletro; lo scheletro è solo la parte morta; e

4. la bruceranno col fuoco, la Terra perisce nell’elemento del fuoco. Cosa può distruggere la realtà terrestre? La forza atomica è fondamentalmente forza di fuoco, è come un ardere accelerato.

Abbiamo i quattro elementi: terra, acqua, luce e fuoco; fuoco o calore è la stessa cosa.

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Fig. 5,XI

Quale di queste tre realtà – fuoco, aria, acqua – può distruggere la Terra? Il fuoco. Terra e fuoco stanno in rapporto tra loro molto profondamente e nel modo più vario. Altrettanto aria e acqua, queste due realtà intermedie stanno strettamente in relazione.

Fondamentalmente la crescita di una pianta è uno scambio che si svolge tra gli elementi centrali – aria e acqua, e la terra è il fondamento. Col fuoco la crescita sfocia nel frutto, nel seme, o nel germe per la nuova pianta, ma la vita vera e propria si svolge fra acqua e aria, e naturalmente il terreno deve esserci.

La vita della pianta si svolge lì, tra aria e acqua, poi col calore la pianta muore e allora sorge una nuova pianta: quando in estate e in autunno sorge l’elemento del fuoco, nel momento in cui questo fattore di calore si concentra, la vecchia pianta muore e nasce quella nuova. Anche in termini scientifico-naturali è possibile seguire molto bene che la Terra, quando è il momento in cui deve perire, perisce con le forze del fuoco. Non si può mai mandare a morte la Terra con le forze dell’acqua; si può avere un’inondazione, ma non una distruzione dell’essere terrestre. Ecco perché anche la scienza parla di morte termica della Terra.

Ora, che vi siamo ormai prossimi, apocalitticamente prossimi, ci si preoccupa di porre la questione del regime calorico della Terra. Il riscaldamento climatico sta diventando un grande problema perché ci si rende conto che per ogni variazione decimale cambiano tutte le condizioni dell’aria, dell’acqua e perfino della terra, dello stato minerale. Il riscaldamento cresce complessivamente e l’uomo contribuirà sempre più a che la Terra diventi una pentola a pressione.

17,17 «perché Dio ha messo nel loro cuore di comportarsi secondo i suoi intendimenti, e di accordarsi per affidare a loro il regno della bestia, fino a che sia compiuta la parola del Signore»

17,18 «E la donna che hai visto è la grande città, che ha il dominio sui re della Terra»

18,1 «Poi vidi un altro Angelo discendere dal cielo, con grande potenza, e la Terra fu illuminata dal suo splendore»

18,2 «E gridò a gran voce: è caduta, è caduta Babilonia, la grande, ed è diventata la casa del demonio, e la prigione di tutti gli spiriti impuri»

Il discorso sulla caduta di Babilonia nel capitolo 18 diventa abbastanza lungo in termini quantitativi. Poi nel capitolo 19 c’è la caduta della bestia col falso profeta, e poi la caduta di Satana. Forse faremo tutto questo nel prossimo appuntamento, a gennaio 2006. Faremo tutti i capitoli fino alla fine, per chi ha ancora fiato.

Su questo capitolo 18, su questa caduta, ora vorrei offrire solo alcuni cenni, perché avremmo bisogno di una settimana per entrare in tutti i dettagli.

[Spiegazioni della Fig. 6,XI]. Ancora una volta, la situazione finale – giusto un orientamento scientifico-spirituale – sarà: qui sotto l’arimanico; per coloro che non sanno cosa sia questo andare sotto, questo è il fattore materiale; e qui (indica in alto) il luciferico. Quindi, sopra non c’è il bene, sopra non c’è il divino, bensì c’è un’altra unilateralità, perché l’uomo è sempre l’unione.

E alla fine dell’evoluzione l’essere umano non è un uomo, che si è allontanato sempre più dalla Terra. Quindi, qui c’è il mondo della materia (detto in sintesi) e qui il mondo dello spirito. L’essere umano definitivo non è un uomo che si è allontanato sempre più dalla materia, ma è un uomo il cui cuore porta la totalità, porta la risurrezione del corpo, la materia spiritualizzata; e la cui testa porta lo spirito umanizzato – disegno il cuore in rosso, come il fuoco dell’amore, e la saggezza; il cuore e la mente.

Anche l’essere umano definitivo non è un uomo che è andato sempre più lontano dal mondo della materia; tutte le creature vengono umanizzate, e per far risorgere nel cuore e nella mente dell’uomo tutte le creature – tutti i minerali, tutte le piante, tutti gli animali –, l’uomo deve amarle nel modo più intimo, per accoglierle ed esservi unito, e restare unito.

Qui c’è spirito e materia, questa è l’immagine primigenia della polarità, non della contrapposizione; spirito e materia. (Fig. 6,XI) Questo non si può sottolineare abbastanza, altrimenti non viene capita la duplice tentazione. La tentazione luciferica è il disprezzo della materia, come se per l’uomo fosse bene staccarsi sempre più dal mondo materiale; questa è la prima grande tentazione. L’altra grande unilateralità è il materialismo che afferma: lo spirito non c’è. Entrambe sono unilateralità.

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Fig. 6,XI

Nel cristianesimo tradizionale è sorta questa sciagurata unilateralità, questo errore di pensiero di una dualità al posto di una triplicità: spirito da un lato e materia dall’altro. L’uomo però è la mediazione, l’unione tra spirito e materia. (Fig. 6,XI)

È sorto l’incredibile errore di coscienza per cui quanto più spirituale diventa l’uomo, e tanto meglio è. Grave! E bisogna portare a coscienza nel concreto quel che ha combinato la religione, perché il contraccolpo poi è la scienza naturale che ha affermato: lo spirito non esiste!

E ora abbiamo il divergere di spirito e materia – lo descrive Rudolf Steiner in molte conferenze – che è la più grande tentazione. Faccio così: qui disegno due mondi che corrono paralleli e non si incontrano mai (prosecuzione Fig. 6,XI). Dove ci sono gli ideali belli, scrivo vita privata; e qui, c’è la vita pubblica, diciamo politica, economia. Ci capiamo. La politica e l’economia dicono: lo spirito è una faccenda privata; la religione è una faccenda privata e, quando si tratta di politica o di economia, nella vita borghese benpensante non ha niente a che vedere.

Questa è la tolleranza del sedersi sul binario morto. Si tollera la religione nella misura in cui sta sul binario morto, e il contraccolpo è che questa religione, questa vita privata, ha ideali meravigliosi, è profondamente cristiana, macina conferenze di Steiner, solo che resta là, per aria. Questa vita è mediocre e siccome è così brutta e non la si può cambiare perché è impossibile, allora ci si butta di nuovo nella fuga per riprendere fiato. La religione è diventata una pausa per riprendere fiato. C’è la mezzoretta per riprendere fiato – magari con la meditazione trascendentale –, si fanno 15 minuti di meditazione. Alla fin fine anche cinque minuti bastano per tirarsi fuori da questa brutalità della vita. E adesso arriva qualcuno che pretende che questi 15 minuti abbiano a che fare con la vita reale… Io me ne sono andato, e non certo perché in chiesa si parli della vita. In chiesa si va per sottrarsi perlomeno una mezzora dalla vita.

Naturalmente ora esagero un pochino – o forse no, è davvero così. E l’Apocalisse mostra come operi la tentazione luciferica, se si vuole, la tentazione di gioire con questi Angeli luciferici quando finalmente la materia scompare, il mondo della materia scompare e l’uomo vive come spirito disincarnato – essi dicono Alleluja nell’Apocalisse; e l’essere umano è un non-uomo che ha disprezzato il mondo della materia. È un uomo che non è diventato un Io, perché il diventare individuali è possibile solo nel mondo della materia, nel confronto col mondo della materia.

L’uomo diventa capace di individualità attraverso la scienza naturale quando riesce a penetrare in tutta la legittimità delle leggi della materia. Perché, cos’è la legittimità della materia? Pensieri divini, pensieri divini per il diventare-Io dell’uomo. Se l’uomo galleggia soltanto sulle nuvole non diventerà mai capace di individualità; non imparerà mai l’amore, perché l’amore si impara solo nell’amore alla Terra.

E alla fine dell’evoluzione ci sarà fondamentalmente una triplice possibilità. Ci sarà un tipo di uomo che essenzialmente è buddista – per così dire –, una negazione, una reale negazione nei confronti di questo difficile e sporco mondo della materia; egli ha la struttura di quello che afferma: «Più divento spirituale e tanto meglio è». E vi aspira continuamente.

Poi ci sarà un tipo di uomo che nella sua essenza è diventato materialista, unilaterale sull’altro fronte, e che precipiterà con la materia. È un tipo di uomo che fondamentalmente diventa sempre meno capace di esperire lo spirito, perché per lui perfino nella sua anima c’è solo quel che proviene dal corpo. Qui il corpo e qui lo spirito. (Fig. 6,XI) Abbiamo sempre più persone che nell’anima – cioè nel sentire, nel pensare e negli impulsi di volontà – hanno solo quel che proviene dal corpo, dal mondo del corporeo, e che affermano: «I pensieri vengono naturalmente prodotti dal cervello».

Se tu stesso non generi alcun pensiero, allora resta solo il cervello, perché il cervello è un apparato riflettente tramite il quale vengono rispecchiati pensieri e rappresentazioni. Solo che questo tizio non sospetta neppure che sia possibile afferrare così attivamente i pensieri – perché è questione di esercizio –, diventare così attivi nei nessi di pensiero, nel processo pensante, che questo diventa sempre più libero dal cervello. È possibile, ma non deve necessariamente essere così perché viene lasciato alla libertà dell’uomo.

La strada del materialismo è che l’uomo nella sua anima e nel suo spirito diventa sempre più dipendente dal corpo. E vale sempre di più che l’uomo è quel che mangia. Il che è possibile se l’uomo omette, ma se non dipende solo da quel che viene da sotto, l’uomo può trasformare quel che consuma, quel che assimila in qualcosa che genera pensieri liberi, creatori, pieni d’amore. Può omettere di farlo e allora ribolle – perché la digestione è uno stare nel brodo, è come un cucinare –, sta nel suo brodo e vive solo le forze che vengono dalla digestione, che sorgono da quel che ha mangiato. Entrambe le possibilità esistono.

Quindi, il primo tipo di uomini dice: Alleluja, finalmente è scomparso questo mondo materiale. Alleluja¡llhlouŽ£ – è la parola che troviamo in greco nell’Apocalisse, ma è un termine ebraico. Gli altri dicono: oÙaˆ, oÙaˆ, oÙaˆ, guai, guai, guai. Gridano lamenti senza fine, lì sotto patiscono, perché si disfano nelle leggi di natura. La vita senza libertà, infatti, nel determinismo di natura, diventa prima o poi un tormento per l’uomo. Per un essere creato per la libertà, lo sciogliersi nelle leggi di natura prima o poi viene avvertito come tormento. Presto o tardi, e alcuni hanno bisogno di molto tempo per accorgersene: «Mi fa male, non è secondo la mia natura. Non sono stato creato per ridurmi a determinismi di natura, perché i determinismi bastano nelle pietre, nelle piante, negli animali». All’uomo fa male quando si accorge di aver omesso il meglio, di aver trascurato il meglio. E il monito dell’Apocalisse è: guarda che viene un momento in cui è troppo tardi, perché se non fosse mai troppo tardi non ci sarebbe evoluzione, il tempo sarebbe sempre uguale perché si può sempre, sempre, sempre recuperare. C’è libertà solo se prima o poi viene il momento in cui diventa troppo tardi. Questa è l’affermazione.

• Il primo tipo di persone: unilateralità dello spiritualismo

• Il secondo tipo di persone: unilateralità del materialismo

• Il terzo tipo di persone: l’uomo quale amore al mondo della materia per lo spirito – tutta la materia anela allo spirito –, e amore dello spirito per il mondo della materia. Questo è l’uomo, altrimenti sarebbe un Angelo.

L’uomo non è un Angelo, non è un puro spirito. L’uomo è spirito incarnato e può vivere l’amore solo nell’amore per le creature: le pietre, le piante, gli animali. Essi sono gli esseri che hanno offerto questo sacrificio cosmico di rendersi fondamento per la sua evoluzione, nella speranza di potersi muovere grazie all’uomo per le pietre; di poter provare sentimenti grazie all’uomo per le piante; di poter diventare parlanti grazie all’uomo per gli animali. Ogni essere, infatti, anela al livello successivo. La pianta, rispetto alla pietra, ha il vantaggio della crescita, della vita, quindi le pietre vorrebbero diventare viventi. L’animale, rispetto alla pianta, ha il vantaggio di avere sensazioni, di avere un’anima, quindi tutte le piante anelano ad avere sensazioni, ad avere un’anima. E l’animale rispetto all’uomo è muto, non può parlare, quindi tutto il mondo animale anela alla parola, alla lingua, all’esprimersi individuale, al comunicare, al farsi capire.

Eravamo al versetto 18,2

18,2 «E chiamò a gran voce: è caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata la casa del demonio, e la prigione di tutti gli spiriti impuri»

Abbiamo visto che la caduta di Babilonia, della prostituta Babilonia, è la totalità dell’omettere umano, dell’uomo che diventa sempre più debole nei confronti del suo corpo, perché non si cura della sua anima e del suo spirito. Il passo successivo è la possessione. Quindi, spiriti extra-umani fanno dell’uomo un posseduto. Questo è il secondo livello del male.

• Primo livello del male: l’omissione del bene

• Secondo livello del male: quando l’uomo genera un vuoto, perché non coltiva il bene, non si occupa dello spirito; degli spiriti sfondano e s’infilano in questo vuoto – c’è una quantità di spiriti che avidamente vogliono servirsi del corpo umano per mostrarsi, diventare attivi e promuovere se stessi. Questo è il mistero della bestia e del falso profeta: la possessione. E comincia nel nostro tempo. L’omettere ha già da lungo tempo fatto la sua avanzata, ma nel nostro tempo il fenomeno della possessione comincia a diventare sempre più forte.

• Terzo livello della caduta o del male: gli uomini hanno omesso un’immensità in fatto di bene e quindi la possessione è diventata via via più presente nell’umanità, perciò spiriti elevati che si riassumono in Satana hanno l’opportunità di agire. Sono spiriti elevati, non solo del livello di Angeli o Arcangeli, ma del livello di Principati o Spiriti del tempo, e ricevono la possibilità di agire mediante l’interazione con le forze delle comete – ne abbiamo parlato più volte. Queste forze delle comete apportano quel che in immagine è mostrato nella grandine terribile che precipita in basso e frantuma tutto ciò che vi è sulla Terra. Questi spiriti elevati, alte controforze, agiscono in modo ancor peggiore rispetto a un uomo che sia posseduto da loro, e maneggiando le forze delle comete hanno la possibilità di sconvolgere le orbite mettendo a rischio le leggi del Sistema solare.

Questo è davvero l’inizio della fine del Sistema solare: «Cieli e Terra passeranno». Terra, Sole e pianeti, infatti, sono destinati a diventare nuovamente un’unità – spiritualmente però, perché la Terra non può andare nel Sole se resta fisico-minerale.

Come va la Terra nel Sole? Come si unisce la Terra col Sole? Per il fatto che viene arsa dal fuoco. Qui abbiamo di nuovo quest’immagine, per cui devono esserci forze di fuoco.

Questo terzo livello è naturalmente mostruoso, perché, a causa dell’omissione degli uomini e del fenomeno della possessione, Satana è in agguato già da un certo tempo – e ai nostri giorni in modo crescente – per acquisire la possibilità di connettersi con un numero sufficientemente grande di spiriti in modo da mettere in discussione e sconvolgere le leggi naturali del Sistema solare da cui sulla Terra dipende tutto.

È inquietante quando nelle conferenze di Rudolf Steiner sull’Apocalisse, alla fine della sua vita, egli mostra chiaramente che verrà il momento in cui l’astronomo punterà il suo telescopio là dove, secondo i suoi calcoli, dovrebbe esserci un pianeta e non lo troverà. È inquietante.

Lo abbiamo visto con l’immagine del mare di cristallo che le stagioni cominciano a sparire, che non sono più presenti con le loro specifiche caratteristiche. Ci sono anche leggi naturali valide da secoli e millenni che ora cominciano a vacillare, cominciano a venir messe in discussione. Lo sperimentiamo naturalmente negli ambiti più diversi. Oppure, si potrebbe dire che se paragoniamo il nostro corpo, la nostra costituzione fisica – quella dell’umanità nel suo complesso –, col modo in cui erano conformati i corpi dei Greci, constatiamo che nella nostra corporeità le leggi naturali non sono più quelle di millenni fa. Le corporeità diventano sempre più fragili. Penso che addirittura di anno in anno si possa osservare che gli uomini hanno sempre meno forza. E non hanno bisogno del fine settimana per andare a un corso spiritualmente stimolante, no, sono contenti se possono ricostruire un pochino le loro forze dormendo di più e via dicendo. Lo si può vedere.

Presso i Greci il vero uomo era il ginnasta, quindi solo in un corpo sano ci poteva essere un’anima sana. Il ginnasta è l’uomo che tratta tutto il corpo come abitazione dell’anima. E ci si ungeva con l’olio, si facevano esercizi ginnici e così via.

Poi viene il periodo romano e l’uomo si è già ridotto – perché il ginnasta è tutti e tre: testa, tronco e membra. (Fig. 7.XI) Presso i Romani qual è l’uomo perfetto? Il retore. Colui che parla, il buon parlatore.

Da tre sono diventati due, perché il parlatore usa due cose: usa la testa, se ha qualcosa da dire, e il tronco. Voi direte che, siccome qui al nord non siamo più come i romani, ma un passo più avanti, per parlare serve soltanto la testa e la bocca. È diventato così adesso, ma presso i Romani un buon oratore non parlava se non poteva usare anche le mani, anche i gesti.

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Fig. 7,XI

Sapete già la barzelletta del prigioniero italiano: il tizio era stato tutto legato e quando arriva all’interrogatorio non risponde alle domande, non ha niente da dire – strano che un italiano non abbia nulla da dire! Disperati lo slegano e quello dice: «Come potevo parlare senza mani, senza braccia»?

Quindi, retore: testa e tronco.

Qual è l’uomo perfetto nel nostro tempo? Il dottore – quello è un tipo di valore. Cos’è rimasto? Solo la testa. (Fig. 7,XI) Quando sale in cattedra tiene lezione. E voi potete pensare a tutt’altro, perché la sua lezione è lì bella scritta e non viene perso nulla: Kant ha detto… e poi ha detto… e poi viene Hegel… eccetera. Forse non ho reso bene la cosa, ma mi avete capito. Tutta la nostra cultura è solo di testa, è veramente così. E a questo livello di evoluzione della corporeità ci rendiamo conto di quel che dice l’Apocalisse: fai attenzione, caro uomo, perché ciò che è sano dell’essere umano è la giusta relazione tra spirito e corpo.

Lo stesso uomo, infatti, quindi questo dottore – dottore in cosa poi? –, nella cosiddetta vita culturale, nella scienza, è un dottore, è uno scienziato e ha fatto la sua lezione, poi va in birreria ed è il crapulone gaudente. Vedete, ecco la dualità!

Siamo al secondo versetto del capitolo 18.

18,2 … ed è diventata la casa del demonio, e la prigione di tutti gli spiriti impuri, è diventata una prigione di ogni uccello, Ñrnšou immondo ¢kaq£rtou – sono i pensieri – e una prigione di tutte le bestie impure e abominevoli – questo è più l’ambito del volere. Quindi, gli uccelli sarebbero più i pensieri; le impurità è più la sfera del sentimento, il cuore; e le bestie hanno più a che fare con l’istintuale, l’istintivo, con gli impulsi di volontà. Troviamo sempre questa concreta triplicità, oppure una quadruplicità, o una dualità, l’Apocalisse ne è ricca.

18,3 «Perché del vino d’ira della sua prostituzione si sono abbeverati tutti gli uomini, e i re della terra si sono prostituiti con lei e i commercianti sulla Terra si sono arricchiti dal suo lusso sfrenato»

Che dire su questo? Faccio di nuovo una proposta, perché non si tratta di affermare che questo sia il significato. C’è un ternario in questo terzo versetto: i popoli, poi i re e quindi i mercanti. Bene, quando lo si legge (e il diciottesimo capitolo è molto lungo) si può dire che più o meno sia sempre la stessa cosa, ma non è così.

Dapprima c’è l’evoluzione dello spirito, mettiamo qui: vita spirituale. (Inizio Fig. 8,XI)

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Fig. 8,XI

Ora creo una relazione con i tre ambiti della vita sociale. Se la vita non viene divisa in vita privata per la sfera dello spirito e dell’anima, e in vita pubblica per la sfera materiale, ma al contrario viene triarticolata, allora abbiamo:

1. la vita spirituale;

2. i re per la vita giuridica – è un’ipotesi –

3. e i commercianti hanno a che fare con la vita economica. Questa è una possibile prospettiva.

Ora è interessante quel che viene detto. Cosa significa popoli sul piano spirituale? Che si è omessa l’individualizzazione, che si è rimasti a livello di anima di gruppo. Perché la legge della vita spirituale dovrebbe essere la libertà individuale, l’individualizzazione, il diventare Io. Significa che viviamo in una umanità – ed è anche così – in cui la libera, individuale e individualizzante vita spirituale non viene neanche vista, e figuriamoci se ce ne prendiamo cura. Gli uomini restano a livello di gruppo, vengono tenuti a freno dalle autorità; restano appendici della ditta, della chiesa, delle autorità, della vita statale e così via. Popoli è un’immagine del gruppo.

I re sono la vita giuridica. Noi abbiamo a che fare con la prostituta Babilonia, e cioè con l’evoluzione negativa. Caduta di Babilonia significa l’evoluzione in senso negativo. Qual è l’evoluzione negativa della vita giuridica? Il re, cioè la legge: il venir soffocati dalle leggi. La vita giuridica fondamentalmente non dovrebbe aver niente a che fare con le leggi, perché la vita giuridica è l’esperienza della pari dignità – questo sarebbe la vita giuridica. Cosa potremmo fare, per esempio anche nella legislazione, perché tutti gli uomini si vivano assolutamente uguali a livello di dignità personale? Perché uomo è uomo, non c’è nessuno che sia un pochino più uomo di un altro, o un pochino meno.

C’è solo una legge valida: la legge della assoluta uguaglianza. Noi, invece, abbiamo una legislazione che rappresenta il re, cioè il potere, che è fatta apposta per terrorizzare gli esseri umani. Solo le leggi fiscali sono un’angheria senza pari che vessa i cittadini. Solo perché qualcuno ha il potere, il cittadino deve farselo piacere. Ma specifico della vita giuridica è favorire l’uguale dignità di ognuno. E uguaglianza nella dignità significa che ogni uomo ha il medesimo diritto al libero sviluppo dei suoi talenti – vita spirituale –, e ogni uomo ha il medesimo diritto al soddisfacimento dei suoi bisogni – vita economica.

Vi mancano i doveri? Eccoveli subito: se ogni uomo ha gli stessi diritti, allora ogni uomo ha anche gli stessi doveri. Quali sono gli uguali doveri che tutti abbiamo? Ogni uomo ha lo stesso dovere di rendere possibile la libera vita spirituale altrui, e ha lo stesso dovere di soddisfare i bisogni altrui. Quindi, ognuno ha il diritto di venire soddisfatto nei suoi bisogni, e ha il dovere, lo stesso dovere, di soddisfare i bisogni degli altri.

Diritti e doveri devono corrispondersi, questa è la legge della pari dignità. Pensi tu di avere nei miei confronti un diritto? Allora hai anche un dovere, perché io ho il tuo stesso diritto nei tuoi confronti. C’è sempre corrispondenza. Per ogni diritto che accampo io, ho il dovere di riconoscerlo allo stesso modo agli altri. Solo che le cose non vengono ponderate da entrambi i lati. Quando si vede un diritto non si pensa al corrispondente dovere. Quando si sottolinea un dovere altrui non si pensa che lui abbia altrettanto diritto, che io ho un dovere nei confronti dell’altro.

Un grandioso esempio è l’affermazione che in modo terroristico imperversa già da un secolo: il diritto di tutti i popoli all’autodeterminazione. Avete qualcosa in contrario? È una cosa meravigliosa, no? Non ha forse ogni popolo il diritto ad autodeterminarsi?

È un’affermazione unilaterale, dice solo una metà, perché ogni popolo ha il diritto ad autodeterminarsi nella misura in cui si assume il dovere di rendere possibile lo stesso diritto agli altri popoli. Allora sì che la frase è completa. Detta a metà è solo un totale non senso! Perché le più grandi sventure dell’evoluzione sono le unilateralità. E cos’è una unilateralità? Un buco dall’altro lato. Si omette di considerare l’altro lato. Quindi, i grandi peccati sono i peccati di omissione, del tralasciare, non i peccati di commissione.

Il diritto all’autodeterminazione dei popoli sarebbe come se si dicesse che la legge di una famiglia, o di una coppia, è che tutti – bambini e adulti – hanno il diritto di autodeterminarsi. Va bene, ma è solo un lato della faccenda, è solo la metà. Se i membri di una famiglia insistono, ribadiscono soltanto che ognuno ha il diritto all’autodeterminazione, nel giro di una settimana ognuno va per conto proprio, se va bene, altrimenti bastano due giorni. E questa enorme sciocchezza, questa enorme unilateralità, viene venduta all’umanità, e gli uomini non si svegliano! La cosiddetta triarticolazione di Rudolf Steiner, la triarticolazione dell’organismo sociale, è molto importante per uscir fuori dagli scompigli sociali, e l’Apocalisse è colma di tutte le sventure che sorgono quando non si presta attenzione a tutto questo.

Qui i popoli significa che l’Io, l’Io individuale, la libertà della vita spirituale, non c’è.

I re esercitano potere sui popoli, cioè, le leggi diventano terroristiche e l’uomo viene reso non libero. Le leggi sono piene di privilegi, e questa è la non-eguaglianza della vita giuridica. Inoltre, la nostra società è piena di privilegi. Non pensiate che esista l’uguaglianza fra gli uomini – al contrario! E nella vita economica domina soltanto il potere del denaro, solo il potere di ciò che uno ha, e così via. Nell’Apocalisse sono contenute tutte queste realtà. Si tratta solo di affrontare il testo in termini scientifico-naturali e scientifico-spirituali, e non semplicemente in modo pietistico facendone arzigogoli dove tutto resta tra le nuvole e non ha nessuna conseguenza per la vita.

Molto si svolge fra questa duplicità di re e commercianti, ma non abbiamo tempo di metter mano a tutto quel che c’è nel capitolo 18. La libera vita spirituale è sparita con la prostituta Babilonia, e ora c’è solo vita giuridica – i re – e vita economica.

Ieri sera e stamattina ho pensato di fare un pochino di pubblicità ai volumi di Steiner appena pubblicati dalla Archiati Verlag. Se mi chiedete da dove mi giungano le idee più importanti (forse non le migliori, ma per me le più importanti) per spiegare questo testo, rispondo che vengono dalle conferenze di Rudolf Steiner, grazie al lavoro con queste conferenze. Grazie all’attività continua con una conferenza di Steiner si ricevono le ispirazioni per capire il testo dell’Apocalisse. E vale anche per altre cose. Non pensiate che uno sieda in una torre d’avorio a leggere l’Apocalisse e riceva ispirazioni. No, un’interpretazione adeguata è possibile solo con un lavoro scientifico-spirituale, perché l’Apocalisse è un testo scientifico-spirituale.

Volevo farvi un esempio prima della pausa: nel libro L’uomo tra potere e libertà,[48] per esempio, si dice che nei tempi moderni tutto è diventato luogo comune; la vita spirituale è diventata una serie di parole vuote e la vita giuridica son frasi fatte – altro che uguaglianza dei cittadini, altro che diritti e doveri, ci sono solo privilegi. Cos’è che ha la possibilità di non diventare frase vuota, cos’è che deve restare realtà? La pancia! La vita economica! Ecco perché abbiamo solo potere economico, questa è la realtà. Tutto il resto nell’umanità moderna, nella vita pubblica, è diventato frase vuota – che tradotto vuol dire: imbroglio, anzi, ancora meglio, ipocrisia.

Ma la botta arriva quando Steiner prosegue dicendo: è una fortuna che tutto sia diventato luogo comune, altrimenti dovremmo continuare ad aspettarci dallo Stato la giusta vita giuridica, o dalla Chiesa la giusta vita culturale. È una fortuna che tutto sia diventato frase vuota, perché solo questo dà all’individuo la possibilità di trovare lo spirito in base a frammenti di libertà – e non incarnato nel capo di governo –, traendo veramente da sé lo spirito, traendo la realtà dello spirito a partire dal proprio spirito.

Quando leggo questi pensieri, e magari me ne occupo per tutto il giorno, mi dico: ma è meraviglioso! È meravigliosa una simile prospettiva evolutiva. Forse è per questo che gli esseri umani hanno paura di fronte a questo Steiner, di fronte alla scienza dello spirito: perché è un’offerta senza pari. E tutti gli stadi vengono affermati, ha il suo senso anche che tutto sia diventato una frase fatta, vuota. Altrimenti dovremmo continuare ad aspettarci lo spirito sul piatto di portata presentato dalla Chiesa.

Caro essere umano, continueresti a poltrire, e questo non può essere. Lo spirito è sparito dal mondo perché tu divenga spirito. Questo io lo chiamo cristianesimo, cari amici, questo è cristianesimo.

Facciamo venti minuti di pausa e poi vediamo come portare a termine l’Apocalisse.

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Forse da parte vostra sono sorte domande che vogliono approfondire qualche aspetto. Oppure, volete lasciare a me questa mezzora?

La caduta di Babilonia, come abbiamo visto, è tutto ciò che, per così dire, cade nel nulla. Diciamo che qui (Fig. 9,XI) c’è il mondo della materia, e l’uomo vive in questo mondo (quindi questo è il mondo umano).

E ora ci sono due possibilità. L’uomo può riconoscere lo spirito – perché la materia, tutto quel che è materiale, è diventato spirito vivente, spirito visibile, e lì dentro ci sono i pensieri divini. Cos’è una rosa – una rosa visibile? Pensieri divini diventati percettibili: ciò che Goethe chiama Urpflanze, pianta primigenia, rosa primigenia diventata visibile. La rosa primigenia, archetipica, è sovrasensibile, e quando quest’immagine eterica e vivente s’intride della materia minerale del terreno, diventa visibile – sono forze viventi che si tingono di materialità.

Quella che vediamo è la rosa? No, perché ciò che è diventato visibile, oggi è così e domani sarà in un altro modo; un anno fa non c’era e fra un anno non ci sarà più. E la rosa non può essere qualcosa che sorge e muore. La rosa è la realtà invisibile.

Il visibile, ciò che chiamiamo materia, cade nell’abisso. Il concetto di materia è uno dei più difficili che ci siano, perché la materia non è una realtà – e io ho affermato che è spirito diventato visibile. Cade nell’abisso è un’immagine per dire che sparisce, passa, perché quando la rosa visibile appassisce e muore, cosa è successo? Che è sparita. E questo viene indicato col concetto di abisso: è sparita.

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Fig. 9,XI

La parte in arancione è l’anima dell’uomo, e ora faccio lo spirito in rosso (Fig. 9,XI), quindi, anima e spirito dell’uomo hanno vissuto per millenni nel mondo della materia, e la grande domanda è: lo spirito umano, l’intera spiritualità (lo spirito che è diventato carne nella materia) viene portato nella risurrezione della carne?

Cosa significa «risurrezione della carne»? Cosa vuol dire? Nel Prologo del Vangelo di Giovanni viene detto che il Logos, la Parola divina è diventata carne. Il Logos è la logica universale, i pensieri divini. Significa che tutto quel che è divino, spirituale, invisibile, è diventato carne, è diventato sensorialmente percettibile, è diventato materiale. Per quale motivo? Per dare all’essere umano la possibilità – millennio dopo millennio, anno dopo anno, giorno dopo giorno – di portare la parola diventata carne nella risurrezione della carne: trasformare ogni percezione in un concetto.

La percezione è materiale – per esempio, la percezione della rosa. Quando trasformo una percezione in concetto, questa è una piccola risurrezione della carne. Quando l’uomo porta a compimento questa spiritualizzazione, questa risurrezione della carne è l’opera dell’amore. Quando si afferma questo, alcune persone sentono la mancanza dell’amore, ma spiritualizzare la creazione è il livello più alto dell’amore, perché nella misura in cui afferro il nocciolo spirituale della materia, divento uno con le cose stesse. Questo significa che il pensare, il concetto, è il livello più alto di comunione. E il più alto livello della comunione è il più alto livello dell’amore.

Com’è possibile amare di più la creazione, se non diventando spiritualmente un’unità con lei? Come si può amare di più il mondo della materia, le pietre, le piante, gli animali, se non diventando spiritualmente uno con loro, e quindi essi si sentono riconosciuti nella loro essenza, nel loro nucleo eterno, spirituale?

L’uomo può compiere questa creazione dell’amore grazie all’evoluzione del suo pensare, del diventare uno nella comunione. Questa è la comunione al più alto livello: mediante la trasformazione della materia nello spirito l’uomo sperimenta comunione spirituale.

Oggi è domenica, e la comunione del culto è solo per ricordare che è questa la comunione da portare a compimento. L’evoluzione della libertà è che l’uomo compie questo nella sua libertà, oppure lo omette. E quando l’individuo omette nel suo spirito questa risurrezione della carne (cosa che non avviene in una volta, per farlo ci vogliono millenni, molte vite, giorno dopo giorno), la materia precipita nell’abisso, e il dolore cosmico è dato dal fatto che le creature – le pietre, le piante, gli animali e tutti gli spiriti della natura che erano uniti a essa – vivono un’incredibile delusione nei confronti dell’uomo, perché questi non li ha salvati, non li ha portati con sé nella risurrezione.

Questa è la tragicità di cui parla l’Apocalisse: il mondo della materia finisce nell’abisso – perché deve sparire, è per natura passeggero – e non avviene nessuna risurrezione della carne. E questo deve essere possibile, perché la legge evolutiva dello spirito umano è la libertà. Se deve esserci libertà, l’uomo deve avere la libertà di compierla o di ometterla, altrimenti non sarebbe libero.

Gli uomini vivono assieme. Prima ho portato l’esempio della rosa, ma lo si può svolgere da tutti i lati. Allora, una cosa è vivere con gli altri, e un’altra è viverci assieme arrabbiandosi continuamente perché ci sono problemi. E questo è possibile, perché abbiamo a che fare col mondo della materia per esempio: se abbiamo un piatto solo di spaghetti e sei tu che lo mangi, non posso mangiarlo io. Nel mondo della materia c’è questo lottare, naturalmente, ma è tutt’altro quando io porto spiritualmente a risurrezione l’altro essere umano con cui vivo, unendomi sempre e di nuovo con la sua essenza eterna, col suo spirito eterno. Questo è un esercizio di risurrezione della carne. Ciò che sperimento in termini fisici, esteriori, posso vederlo nel mio spirito e nel mio amore nella sua realtà eterna spirituale. E allora posso dirne: «Adesso tra noi, o per lui, le cose stanno così», e si va avanti. Le difficoltà, quel che c’è da fare, o i problemi da sciogliere vengono visti come un frammento di un lottare spirituale, come risurrezione della carne di questo spirito eterno. E le cose appaiono diverse. E si gioisce di farne parte.

Questa difficoltà è una sfida, una risurrezione dello spirito da festeggiare. Solo che non è necessario che ci sia, perché l’omissione dell’amore è la mancanza di amore.

Cos’è l’omissione dello spirito, del pensare? Il dormire. Mancanza d’amore e mancanza di coscienza: l’omissione nell’anima è l’omissione dell’amore e l’omissione nello spirito è l’omissione dell’evoluzione della coscienza, dell’evoluzione del pensare.

Cos’è il materialismo? Noi moraleggiamo quando diciamo che il materialismo è mancanza di amore. No, no. Non è questo il punto, perché la mancanza di amore del materialismo è soltanto una conseguenza. Il materialismo è un omettere a livello spirituale, sul piano della coscienza, sul piano della conoscenza. Il materialismo è pigrizia spirituale. Il brutto del materialismo è in quello che manca. A cosa serve predicare che il materialismo è brutto? Cosa c’è di male nel fatto che gli uomini si godono la materia? Il problema del materialismo è che manca il piacere dello spirito: mancanza di coscienza, mancanza di spirito, mancanza di conoscenza! E siamo al punto in cui dobbiamo predicare all’essere umano di coltivare lo spirito. E se a lui non interessa? E ti risponde: «Tu sei infatuato del tuo Steiner, della tua scienza dello spirito, grazie, a me non va!».

L’Apocalisse dice: caro uomo, presto o tardi l’omissione non ti andrà a genio.

Ma se accade troppo tardi, allora è troppo tardi per recuperare. È come con i bambini: un bambino diventa sventato o omette le cose, e i genitori provvedono con regole, minacce, ma la cosa continua a non funzionare. E allora? Diventa sempre più difficile.

La grande impazienza deriva dal fatto che la maggior parte delle persone si è messa in testa di avere a disposizione una vita sola. Questa è forse una delle più grandi stupidaggini della mancanza di coscienza del nostro tempo. Se riteniamo di avere solo una vita pensiamo che ognuno debba ottenere e acchiappare tutto: per esempio, vorrebbe vivere come maschio e come femmina contemporaneamente, perché non può accettare di essere solo maschio e non femmina. E così abbiamo i transessuali, un totale non senso. Ma da dove viene? Dal fatto che non c’è coscienza dell’evoluzione nel tempo e delle possibilità evolutive a disposizione di ogni essere umano.

Nelle conferenze contenute in Capire il Karma[49] Rudolf Steiner afferma: se non omettiamo l’evoluzione della coscienza e non vogliamo restare inconsapevoli nelle cose più importanti, decisivo del prossimo gradino di coscienza è il passo che l’uomo moderno non può vivere conformemente al tempo senza aver portato a coscienza che ogni essere umano ha a disposizione più vite.

Se si crede alla reincarnazione e basta, non si è ancora fatto niente, perché fede è fede. Finché la fede resta una credenza teorica della testa, non è successo ancora niente. Il cammino, dalla convinzione delle ripetute vite terrene a che diventi vita, è lungo. Perciò è così urgente e necessario cominciare, perché anche con le migliori intenzioni è una strada lunga. Molte persone, infatti, credono nella reincarnazione, ma vivono esattamente come se non ci fosse – perché le conseguenze per la vita sono enormi. Già solo in queste tre conferenze, Steiner afferma: lo specifico della scienza dello spirito non è il cristianesimo, perché il cristianesimo ce l’abbiamo già da duemila anni; la novità nella coscienza è come l’operare del Cristo, l’agire di questo Essere che chiamiamo Cristo, si manifesta con la coscienza della reincarnazione. Questo è il nuovo: la comprensione dell’operare del Cristo, e come l’uomo (che sia cristificato) viva il punto di vista che è impossibile che l’amore del Cristo abbia messo a disposizione di ognuno una vita soltanto. Com’è possibile che il Cristo, che è pieno di amore, sia così tirchio? Non ci sono solo uomini che arrivano agli ottanta o novanta anni! Abbiamo detto in questi giorni che l’aspettativa di vita cresce, ma non per tutti. E se una persona muore a cinque anni? Com’è la sua evoluzione sulla Terra nel rapporto col mondo della materia? La scienza parla di milioni di anni alle nostre spalle e di milioni di anni prima della morte termica della Terra, e quest’uomo, quale spirito incarnato, ha ricevuto dall’infinito amore di Dio solo cinque anni per vivere sulla Terra! Anni in cui non ha neppure potuto pensare o volere autonomamente perché era un bambino!

Come mai gli esseri umani non si accorgono di queste enormi, stridenti, contraddizioni? Perché viene omessa l’evoluzione della coscienza. Tutto è più importante: le nostre scarpe sono più importanti, le auto, la casa è più importante, tutto è più importante dell’evoluzione della coscienza. Questo è il materialismo. Il materialismo fa dell’uomo un poveraccio che beve, beve solo quel che è materiale, e dello spirito non ha la più pallida idea.

Vi leggo qualcosa tratto dalle tre conferenze Introduzione alla Scienza dello spirito[50] che conoscete. Soprattutto nella seconda conferenza Steiner tratta il rapporto tra l’ordine naturale e l’ordine morale, quindi l’evoluzione del mondo della natura e l’evoluzione di moralità e religione – perciò, anima e spirito dell’uomo. Morale e religione.

Il pensiero centrale è eminentemente apocalittico, perché compare continuamente nell’Apocalisse: tutto il mondo della natura (e in particolare le nostre corporeità attuali) vennero fatti così che pietre, mondo vegetale e animale, quindi flora e fauna, di oggi corrispondono alla moralità degli esseri umani edificata nel passato. Ne ho già parlato.

Quindi, nel corso del tempo ciò che è morale si imprime nel sostrato materiale così tanto che alla fine è l’evoluzione morale dell’uomo a decidere se la creazione precipita nel nulla – perché la materia scompare e dello spirito non resta niente –, oppure se la creazione vive una risurrezione della carne. Questo lo decide l’evoluzione morale dell’uomo.

Quando un uomo muore il corpo scompare. Qui abbiamo davvero un’immagine della relazione reciproca fra spirito e materia. Nella prima metà della vita si edifica la materia, le forze vitali hanno un ruolo conduttivo; poi la cosa si inverte. Ne abbiamo parlato spesso. Quest’inversione dà all’essere umano la possibilità di consumare sempre più la corporeità facendo emergere in modo crescente anima e spirito, sempre più amore e coscienza – e questo è libero, non deve esserci per forza.

Qui, in piccolo, abbiamo veramente un’immagine di come il corpo scompaia – perché anche il cadavere prima o poi scompare –, e di come lo spirito risorga. Questo succede ogni volta che moriamo. Quando tutta la Terra muore il fenomeno è analogo. Va pensato così. La domanda è: cosa risorge? Questa è la grande domanda.

Di fronte all’affermazione che la natura, le leggi naturali, le forme e le metamorfosi della natura, vengono determinate dall’evoluzione morale dell’uomo, sorge il quesito: dove stanno le cause primigenie delle leggi naturali? Chi causa le leggi di natura?

L’evoluzione morale dell’uomo. E la domanda successiva è: perché c’è uno slittamento e la nostra moralità, il nostro amore, il nostro odio, la nostra invidia, quanto è morale e immorale, non impronta subito la natura?

Perché il concetto di divinità è che lo spirito è immediatamente creatore della natura. Dio vuol dire questo. Dio disse: «La luce sia» e luce fu. Dio disse: «Sia un maggiolino», e quello fu. Allora, la differenza essenziale fra Dio e l’uomo – e sono generalizzazioni, ma come orientamenti possono essere molto importanti – è che i pensieri divini, l’interiorità divina agisce subito e direttamente creando natura.

Perché, invece, nel caso dell’uomo le conseguenze della moralità sulla natura si mostrano solo più tardi? Per rendere possibile la libertà. Quel che portiamo in noi non è sempre la più vivace assennatezza e neppure il più elevato amore, e se quanto portiamo in noi come intima moralità imprimesse immediatamente la natura o avesse conseguenze immediate sul nostro corpo, noi non potremmo affatto vivere. Vorrebbe dire che se interiormente auguriamo del male a qualcuno, questo dovrebbe effettivamente succedere. A quel punto sarebbe impossibile vivere. Per rendere possibile la libertà dovette venir generata l’illusione che la nostra moralità non abbia conseguenze. Questa è un’illusione, ma solo perché le conseguenze arrivano più tardi.

Di cosa ho parlato? Della legge della reincarnazione. Quel che un uomo è in termini morali in un’incarnazione, nella natura aspetta a rivelarsi, altrimenti l’uomo non sarebbe affatto libero. Se per ogni menzogna il nostro naso si accorciasse di un millimetro ce ne andremmo in giro tutti senza naso. Ma tutto quello che l’uomo è diventato moralmente in una vita decide di come sarà il suo corpo in quella successiva. Diventa, infatti, natura.

Adesso saltano su le persone intelligenti e dicono: «Ma questo lo dice soltanto Steiner, perché è uno svitato». Ora sta a ognuno di prendere posizione, con la sua testa. Cosa pensate, che sia più intelligente affermare che l’evoluzione morale dell’uomo – cioè il suo spirito, l’anima, il sovrasensibile –, non abbia alcuna conseguenza nel mondo? Oppure vi sembra più intelligente sostenere che se il sovrasensibile ha una realtà ben maggiore di tutto quel che è materiale – perché è lo spirito che ha fatto la materia, non il contrario – allora ne consegue che l’evoluzione dello spirito e dell’anima ovviamente debbano avere conseguenze enormi?

Che razza di scienza naturale è quella che in prima istanza ignora l’evoluzione morale, e poi ritiene che non abbia conseguenze, che gli ideali umani siano una bolla di sapone? Una stupidaggine enorme. Alla fine di quelle conferenze, che Steiner fece rivolgendosi soprattutto a degli inglesi presenti a Dornach, prima di rientrare in patria, egli ripete nel contesto di un discorso sul materialismo, che la vita culturale è diventata frasi fatte, ed esprime un concetto: l’umanità moderna aspetta che venga vissuto il grande senso di vergogna. Caspita, già solo per questa affermazione, Steiner è come un tuono: la grande vergogna.

La grande “vergogna”

Guardiamo questa vergogna. Significa: come abbiamo potuto essere così stupidi da portare il mondo della materia alla sua perfezione e poi distruggere la nostra anima, il nostro spirito?

La grande vergogna – questo viene detto della prostituta Babilonia nel diciottesimo capitolo. Se avessimo tempo potremmo vedere parola per parola, riga per riga. Perché, l’umanità come potrebbe rinsavire altrimenti?

Oppure pensiamo a un’altra frase evangelica: cosa resta all’uomo se conquista il mondo intero, se domina tutta la materia, e poi perde la sua anima? E Steiner dice: senza il coraggio, anche culturale, di questa grande vergogna e senza apportare cambiamenti, l’umanità precipita nell’abisso – ma niente da fare, non ha luogo nessun ripensamento, perché il potere del mondo materiale in cui viviamo oggi, il potere dell’accecamento che considera lo spirito come insulsaggine e illusorio, diventa sempre più un rullo compressore che ci schiaccia. Parliamoci chiaro, si vive questo – per questo mi sto scalmanando.

Vedete, adesso in Germania si dice: tutto quel che avevamo come fondamento, come infrastrutture per avere anche un pochino di arte e di vita spirituale ora non è più possibile, non è più possibile… Sì, ora pare che improvvisamente ci siano meno talenti, meno forze e meno denaro per tutti. Ma deve essere così, perché per quanto poco ci sia nelle tasche, tuttavia è sempre troppo! Un paio di settimane fa alla radio ho sentito che i Tedeschi per bene, amanti del risparmio – ottanta milioni di Tedeschi – hanno 4 bilioni di euro ben accantonati, e se dovessi scrivere questo numero per intero non basterebbe la lavagna per tutti gli zero che dovrei usare. Non si tratta di miliardi, ma di bilioni che sono stati messi da parte… e noi non abbiamo denaro – ma proprio per questo non abbiamo denaro, per questo manca il denaro. Questo è quanto aspetta di venire capito, e questo lo può fare ciascuno. Con ciò nell’umanità sorge la grande vergogna.

In tal modo l’evoluzione morale, l’evoluzione spirituale, animica dell’uomo si dispiega in future creazioni naturali – così come il seme nella pianta. Guardiamo alla pianta: cresce sempre di più e poi produce un piccolissimo seme; poi tutto appassisce, il seme cade nella Terra e da questo seme, da questo germe, sorge la nuova pianta.

Il mondo materiale è l’antica creazione, appassisce, muore, scompare, e qual è il germe di un nuovo mondo – poco appariscente, invisibile? L’evoluzione morale dell’uomo. Detto in termini cristiani, che è lo stesso: il mondo del Padre, della natura, è cogente al punto che l’essere umano pensa che sia l’unico mondo possibile. Lo spirito del Cristo è come un seme di risurrezione di una nuova Terra – invisibile. Significa che Egli ritorna spiritualmente – nessuno lo ha notato, come noi non notiamo il seme nella pianta, eppure esso cade in Terra e spunta una nuova pianta.

La teologia non ha nemmeno il coraggio di stare dalla parte dello spirito e dire: lo spirituale, ciò che gli uomini sviluppano sul piano morale, è il seme di una nuova Terra, di un mondo nuovo. Cosa che la scienza naturale mette sotto sospetto, disdegna, come se non avesse nessuna realtà. Dove sono i cristiani che hanno il coraggio di stare dalla parte dello spirito?

Abbiamo parlato della triplice caduta. Si deve precipitare nel nulla: dapprima il mondo minerale – prima caduta; poi il vegetale – seconda caduta; e il mondo animale – terza caduta. E dopo bisogna guardare cosa resta dell’uomo.

Ora vi leggo senza commentare alcune affermazioni di Rudolf Steiner, a pagina 93 di Introduzione alla scienza dello spirito.[51] Egli descrive con esattezza scientifico-naturale e scientifico-spirituale quel che ho detto, solo che bisogna studiare un po’ le cose:

Dapprima si estinguerà il regno minerale, poi quello vegetale e infine quello animale. Allora resterà quella parte dell’uomo che avremo conosciuto osservando ciò che è sorto dalla morte dell’elemento minerale, dalla morte dell’elemento vegetale e dalla morte dell’elemento animale, quando questi tre regni saranno svaniti.

Che cosa sorgerà allora dalla nostra Terra, dall’esistenza della nostra Terra?

Devo saltare alcune parti.

… E possiamo capire che ciò che oggi formiamo come ideali morali nei nostri pensieri è come il seme da cui si forma un nuovo mondo, quando tutto ciò che è presente nei tre regni attuali – minerale, vegetale e animale – sarà scomparso.

D’ora in poi ci rapportiamo al mondo come ci è dato di fare quando ci raffiguriamo l’evoluzione della pianta: essa cresce, foglia dopo foglia, ma è già predi-

sposto in essa il piccolo seme che si trasformerà nella nuova pianta. Il fogliame vecchio cade dalla pianta non meno dei petali: tutto ciò non conta più per l’evoluzione ulteriore.

Noi siamo al mondo in quanto uomini. Vediamo come dentro di noi già oggi accade ciò che un giorno avverrà nell’evoluzione della Terra.

E poi Steiner dice che il cristianesimo tradizionale non ha più questo coraggio spirituale. Il cristianesimo tradizionale non ha più la capacità di testimoniare la realtà, la realtà germinale e creativamente cosmica dello spirito.

La teologia cerca disperatamente la giustificazione della risurrezione rivolgendosi alla scienza naturale. Abbiamo dei teologi evangelici che sono arrivati al punto di dire: la tomba vuota è una impertinenza, una sciocchezza, perché la materia non può scomparire. Anche perché i vangeli dicono che il corpo non era stato rubato, perché c’erano le guardie alla tomba – ma la tomba era vuota.

La risurrezione pone ogni uomo di fronte alla domanda: la materia è costante o viene il momento in cui si annienta? E cosa resta, allora, quando la materia si annienta?

Rudolf Steiner dice che la scienza dello spirito serve non solo alla salvezza dell’umanità ma anche alla salvezza del cristianesimo, e pagina 99 per i teologi dice:

Questa scienza verrà sentita come una necessità anche dalle persone religiose del nostro tempo, dalle persone veramente religiose.

Questa scienza dello spirito che indirizza verso questo germe spirituale, al Cristo quale germe spirituale della Terra, al suo corpo così che possiamo dire: da questo germe sorge una Terra nuova.

La nostra epoca ha bisogno di riuscire a capire in che modo una realtà spirituale si inserisce nel mondo fisico. Si veda un po’ cos’ha da dire sull’evento del Golgota l’uomo d’oggi, intriso dell’attuale formazione culturale. Non può dire altro che questo: orbene, le cause di questo evento del Golgota devono essersi formate in tutto il periodo che l’ha preceduto.

Questo è un evento storico, e ogni evento storico è conseguenza di ciò che lo ha preceduto, e se di fronte all’evento del Cristo trovo le cause sociali, economiche, allora spiego questo evento. Tutto il terrestre viene spiegato secondo la sequenza di cause ed effetto tipica del mondo materiale. La scienza attuale non conosce altro oggi. Gesù di Nazareth, questo rabbino, ha predicato così perché si rimette al passato.

… Non può dire altro che questo: orbene, le cause di questo evento del Golgota devono essersi formate in tutto il periodo che l’ha preceduto, dopo di che si è verificato e ha avuto i suoi effetti, come ogni processo di natura. Deve porsi come tutto il resto nella catena delle cause e degli effetti.

Cosa manca qui? Viene visto solo l’aspetto terrestre, la causalità materiale – che c’è, ovviamente. Ma cosa non viene visto oggi? L’irrompere di una causalità spirituale, che giunge dal mondo spirituale come un germe. Come se da lì non potesse venire nulla.

Anche il Mistero del Golgota viene spiegato in questo modo, e i teologi lo spiegano in base alla causalità che vale per il mondo materiale. C’è anche questa, ma basta forse a spiegare l’evento del Cristo?

Come potrebbe infatti l’uomo cresciuto nella cultura odierna, basata esclusivamente sulle scienze naturali, intravvedere la possibilità che con l’evento del Golgota abbia fatto il suo ingresso sulla Terra una realtà assolutamente nuova.

che non può venire dalla causalità del basso

… qualcosa che avrebbe continuato a operare in seno all’evoluzione ulteriore del pianeta? Lo potrebbe solo e soltanto se si rende dapprima conto che nel più profondo della vita umana, nel mondo dei pensieri, è racchiuso qualcosa che continuerà ad esistere anche dopo la scomparsa della Terra e di tutti i regni visibili!

Significa che solo se afferriamo che presso gli uomini la moralità, lo spirituale, scende dal mondo spirituale come un germe, e non è un operare della natura –, solo se afferriamo concettualmente il fatto che è dal mondo spirituale che discende il germe di quel che poi opera nell’agire naturale, soltanto a questo patto possiamo salvare il Mistero del Golgota!

Solo comprendendo che sulla Terra c’è qualcosa che non si esaurisce nell’esteriorità razionale e sensibile, qualcosa che trionfa su questa Terra, che nella propria essenza trascende l’elemento terreno.

Solo quando l’uomo fa quotidianamente l’esperienza della risurrezione della carne entro la moralità, entro lo spirituale, può capire che il Cristo ha portato nella Terra un germe spirituale per rendere possibile il formarsi di una Terra nuova.

«Solo comprendendo che sulla Terra c’è qualcosa che non si esaurisce nell’esteriorità razionale e sensibile, qualcosa che trionfa su questa Terra, che nella propria essenza trascende l’elemento terreno.

Solo comprendendo che sulla Terra c’è qualcosa che non si esaurisce nell’esteriorità razionale e sensibile, qualcosa che trionfa su questa Terra, che nella propria essenza trascende l’elemento terreno, si diventa capaci di levare lo sguardo verso quella Entità spirituale che è entrata nella Terra attraverso il Mistero del Golgota, e che come Cristo Gesù conferisce alla Terra un significato duraturo.

Oggi è necessario accostarsi al Mistero del Golgota, ai misteri del cristianesimo con ciò che la Scienza dello spirito accende nell’uomo.

L’Apocalisse è questo, l’Apocalisse parla del mondo materiale che precipita e dello spirito del Cristo, lo spirito dell’Io, che risorge nell’esperienza di ogni essere umano di essere individualmente creatore – perché il Cristo nell’uomo è l’esperienza di essere un Io creatore. E questo è il germe di una nuova creazione, di una Terra nuova, che naturalmente avrà le sue leggi naturali quale fondamento per una ulteriore evoluzione.

«Perché oggi il cristianesimo attende di venir compreso spiritualmente»

Molte grazie per la vostra pazienza e arrivederci alla prossima volta.

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[1]V. P. Archiati, L’Apocalisse di Giovanni, voll. 1 e 2 – Ed. Archiati

[2]R. Steiner, Teosofia. Una introduzione alla conoscenza soprasensibile del mondo e dell’uomo – Ed Antroposofica

[3]In italiano non si pone la questione perché traduciamo con corpo entrambi i termini Körper e Leib.

[4]V. P.Archiati, L’Apocalisse di Giovanni, vol 2 – Ed. Archiati

[5]Cfr. GA 346 Steiner, Ein Grundkurs in Apokalyptik, Band 2A&2B – Archiati Verlag

[6]V. P. Archiati, L’Apocalisse di Giovanni, voll. 1 – Ed. Archiati

[7]R. Steiner, O.O. 12, La scienza occulta nelle sue linee generali – Ed. Antroposofica

[8]J.W Goethe, Faust, vv. 12104-5

[9]Cfr anche P. Archiati, L’apocalisse di Giovanni, voll 1, pagg 308-309 – Ed. Archiati

[10]V. P. Archiati, Nel principio era il Logos, vol. 1 del Seminario sul Vangelo di Giovanni – Ed. Archiati

[11]In tedesco Furcht (timore) e Ehrfurcht (venerazione) presentano una somiglianza che non si riscontra nelle rispettive parole in lingua italiana..

[12]In tedesco sano e santo sono molto simili: heil (sano), heilig (santo).

[13]J.W. Goethe, Faust (ultima scena)

[14] J.W. Goethe, Faust (v. 450)

[15]R. Steiner, La scienza occulta nelle sue linee generali – Ed. Antroposofica

[16]P. Archiati, Der Kampf um die eigene Seele – Archiati Verlag

[17] Goethe, Faust, Parte prima, Studio (verso 1700)

[18]Il relatore allude alla condizione socio-politica in Germania, dove, all’epoca del seminario, si prospettava una sensibile diminuzione dei diritti dei lavoratori dipendenti.

[19] R. Steiner, L’Iniziazione. Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori, O.O. 10 – Ed. Antroposofica

[20]R. Steiner, Gli uni per gli altri – Ed. Archiati

[21]V. P. Archiati, Nel principio era il Logos, vol. 1 del seminario sul Vangelo di Giovanni – Ed. Archiati

[22]Giornalista del Frankfurter Allgemeine Zeitung, autore del libro citato ed editore.

[23]L’autore citato è un vignettista molto noto in Germania, paragonabile all’autore di Charly Brown

[24]R. Steiner, L’iniziazione, come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori – Ed. Antroposofica

[25]Teologia negativa o apofatica

[26] P. Archiati, Giuda ritorna – Ed. Archiati

[27]J.W. Goethe, Faust (v. 1335)

[28]R. Steiner, Il ritorno del Cristo oggi – Ed. Archiati

[29] V. R. Steiner, L’uomo tra potere e libertà – Ed. Archiati

[30]V. R. Steiner, Il coraggio della libertà nella vita sociale – Ed. Archiati

[31] Cfr Mt. 21,21

[32]J. Pieper, Das Viergespann – Kösel-Verlag

[33]R. Steiner, Cristo e l’anima umana – Ed. Archiati

[34] Il relatore porta qui l’esempio del termine tedesco aggressivo per mostrare come indichi l’avvicinarsi a una cosa [NdT].

[35]Cfr. R. Steiner Ga 346, Ein Grundkurs in Apokalyptik, Band 2A&2B, Archiati Verlag

[36]V. P. Archiati, L’Apocalisse di Giovanni, voll 1 e 2 – Ed. Archiati

[37]P. Archiati, Giuda ritorna – Ed. Archiati

[38]P. Archiati, Apocalisse voll. 1 e 2 – Ed. Archiati
R. Steiner, L’Apocalisse – Ed. Antroposofica

[39]R. Steiner, L’Apocalisse – Ed. Antroposofica

[40]V. R.Steiner, Chi è il Figlio dell’Uomo? – Ed. Archiati

[41]V. R. Steiner, Ein Grundkurs in Apokalyptik, Band 2A&2B – Archiati Verlag

[42]R. Steiner, Vivere con gli Angeli e gli spiriti della natura, Ed. Archiati

[43]Cfr schema sulle Gerarchie angeliche di p. 21

[44]V. P. Archiati, seminario su La filosofia della libertà, voll 1-6 –Ed. Archiati

[45]P. Riceur La symbolique du mal, Aubier, Paris, 1960. Tradotto, Finitudine e colpa, Il Mulino, Bologna 1970

[46]Sulle cause della Prima Guerra Mondiale, V. R. Steiner, Riscatto dai poteri – Ed. Archiati

[47]Il relatore aggiunge qui che in Germania Schröder ha appena detto che lo straniero deve perlomeno appropriarsi della lingua del Paese ospitante.

[48]P. Archiati, L’uomo tra potere e Libertà – Ed. Archiati

[49]R. Steiner, Capire il karma, amare la provvidenza Ed. Archiati (prossima pubblicazione)

[50]R. Steiner, Introduzione alla scienza dello spirito – Ed. Archiati

[51] R. Steiner, Introduzione alla scienza dello spirito – Ed. Archiati

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