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Il testo a stampa dell’edizione tedesca si basa sull’originale trascrizione in chiaro degli appunti stenografici e sulla prima edizione a stampa, ma tiene anche conto delle edizioni successive.

Testo originale tedesco:

Von der Erotik zur Liebe

(Archiati Verlag e. K., Bad Liebenzell)

Traduzione di Raffaella Brussato

Testo NON rivisto da Pietro Archiati

PD

L’editore e il redattore non esercitano diritti

sui testi di Rudolf Steiner qui stampati.

www.liberaconoscenza.it

Rudolf Steiner

Dall’erotismo
all’amore

Una sfida della libertà per gli uomini
che hanno il coraggio della verità

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Indice

dallerotismo allamore

Prima conferenza

tenuta a Dornach il 15 settembre 1915

Seconda conferenza

tenuta a Dornach il 16 settembre 1915

Appendice

Prima conferenza

Dall’erotismo all’amore

Una sfida della libertà per gli uomini
che hanno il coraggio della verità

Dornach, 15 settembre 1915

Miei cari amici![1]

Vorrei fornirvi ancora qualche nozione sull’argomento che ho trattato in questi giorni. Oggi vorrei partire dalla domanda: «Quanti anni ha di fatto l’amore?»

Non ho dubbi che la maggior parte delle persone, partendo da un’osservazione superficiale della realtà, risponderebbe: «L’amore è vecchio come il mondo!». Chi è invece abituato a prendere seriamente la realtà, valendosi di una conoscenza scientifico-spirituale, darebbe un’altra risposta concreta.

L’amore, miei cari amici, ha al massimo 700 anni! Leggete, miei cari amici, tutta la letteratura e la poesia romana e greca, e non troverete mai qualcosa che si possa collegare con il concetto di amore dell’epoca contemporanea. In Plutarco troverete i concetti di Venere e Amore chiaramente distinti uno dall’altro. E il modo in cui si parla di amore nella poesia lirica risale a non più di sei-sette secoli fa.

Ciò significa che il concetto di amore degli uomini di oggi affiora negli animi umani solo sei-sette secoli fa. Prima non se n’è parlato nemmeno approssimativamente.

Sì miei cari amici, dal punto di vista gnoseologico non si può fare alcuna obiezione in merito. Non è valida l’obiezione che gli uomini hanno sempre praticato l’amore. Perché se la teoria copernicana, secondo la quale la Terra gira intorno al sole, è giusta, la Terra si è mossa così anche durante l’epoca latina, greca ed egizia, da quando esiste l’umanità. Ma gli uomini non hanno parlato della teoria copernicana. Così è anche per l’amore: le manifestazioni, i fatti dell’amore costituivano un complesso di fenomeni della vita, ma non se ne parlava.

Ma in questi sei-sette secoli si è andati oltre miei cari amici! Non solo si è arrivati al punto che l’amore è considerato il centro dell’esistenza di ogni individuo, si è giunti ormai anche nella teoria psicanalitica, che sguazza nelle forze d’amore più basse e ordinarie.

Questo è il corso dell’evoluzione che dobbiamo contrastare e trasformare in qualcosa di diverso, dal momento che coltiviamo la scienza dello spirito. A dire il vero mi stupirei se tutti si sorprendessero quando dico che l’amore ha solo sei-settecento anni, perché l’ho già affermato in conferenze precedenti.

Vedete, miei cari amici, quell’accostamento dell’idea di amore ai più svariati concetti teorici sul mondo, che si presenta così ripugnante nella teoria psicanalitica, si è realizzato nel corso degli ultimi anni in modo lento e graduale. Ora ci vorrebbe molto tempo per andare a fondo di tali questioni, ma vorrei indicarvi la strada che va in tale direzione.

Prendete, miei cari amici, uno spirito del nostro tempo, tanto radicato nella cultura contemporanea da essere completamente imbevuto di tali concetti, che, in altre parole, non riesca ad abbandonare l’idea che la realtà esteriore sia l’unica cosa di cui si possa parlare in modo intelligente. Vi ho già presentato questo tipo di persona per bene in Fritz Mauthner, il critico del linguaggio.

Vedete, un uomo come lui si trova in una strana posizione. Fritz Mauthner è un critico del linguaggio, dunque sa che nella storia dell’umanità non è sempre esistito il termine mistica, e in quanto critico del linguaggio vuole avere una risposta alla domanda: che cosa c’è di fatto dietro questa parola mistica?

Ora pensate, miei cari amici, quanto dovremmo darci da fare per riuscire a delineare quel rapporto dell’anima umana con i mondi superiori, che merita di essere indicato con il termine mistica, cosa deve caratterizzarlo affinché si possa dire: l’anima di tale persona è quella di un mistico. Dovremmo innanzitutto familiarizzare con l’argomento, e solo chi ha studiato a fondo un libro come ad esempio L’iniziazione[2] può sapere veramente cosa sia la mistica in senso contemporaneo.

Ovviamente, se una persona come Fritz Mauthner si trova tra le mani un libro del genere, per lui si tratta di una pura e semplice assurdità, perché in esso riesce a vedere solo parole. E avrebbe ragione se, avendo letto Swedenborg[3], dicesse: «Forse i marziani possono capire questo libro, io no».

In quanto uomo onesto dovrebbe emettere tale giudizio, perché il concetto di mistica gli manca nel modo più assoluto. Per lui ci sono solo «parole, parole», ma col suo modo di porsi non vuole penetrare in esse.

È così onesto che dice a se stesso: è possibile che gli uomini non abbiano mai avuto nell’anima qualcosa di simile alla mistica? Cosa c’è nell’anima delle persone che le ha portate a parlare di mistica?

Un teologo una volta disse: dietro ad ogni errore c’è anche qualcosa di condivisibile e nessuno spleen (pazzia) è così grande che non si debba cercare ciò che vi è di reale dietro ad esso. E così Fritz Mauthner cerca il reale dietro alla mistica. Deve dire a se stesso: «se oggi ci sono ancora dei tipi così contorti che scrivono libri contorti come L’iniziazione, allora nella natura umana deve esserci qualcosa che da origine a ciò che essi definiscono la loro “mistica”».

Se però si vuole capire dove Fritz Mauthner trova qualcosa che dà origine alla mistica, non emerge in realtà un granché. Allora ho tentato un’altra strada. Volevo scoprire dove Fritz Mauthner cerca il reale che lui riesce a concepire come unica cosa dietro alla mistica. Perciò non ho aperto il dizionario alla voce “mistica”, bensì alla voce “amore”. E questo articolo è proprio uno dei migliori del dizionario.

L’autore riporta dapprima la definizione di amore in Spinoza e Schopenhauer, poi afferma che si deve distinguere tra l’amore vero che nasce tra due anime ed il semplice erotismo insito nella sessualità. A questo punto s’innalza meravigliosamente verso ciò che segue:

«Credo che gli unilaterali geni del pensiero non abbiano mai o raramente capito il sentimento d’amore patologico, il grado più alto dell’amore, che non abbiano acquisito esperienze personali e si siano preoccupati solamente di classificare astrattamente le descrizioni dei poeti. Credo che il grado più elevato del sentimento di amore sia stato vissuto e descritto solo dai poeti (a partire pressappoco dal Petrarca). Esso passò quindi nell’immaginario comune grazie al potere dell’imitazione o della moda, dominò per sei secoli la fantasia dei lettori di testi poetici e sta per essere sostituito ora da un’altra moda. Il grado più alto del sentimento d’amore è una rarità tale quale una grande opera d’arte o l’unione con Dio che può aver vissuto Francesco; tuttavia il mondo intero blatera di religione, arte e amore. Ciò che viene così chiamato è solamente il surrogato di un sentimento che su un milione di parolai forse uno solo ha vissuto. Il grado più elevato dell’amore, di cui non nego l’esistenza, ha veramente qualcosa di miracoloso in sé; anche i miracoli sono stati interpretati come fenomeni patologici. Se si verifica il caso del tutto straordinario, che entrambi i partner provino il grado più elevato di amore, allora contro tutte le leggi naturali si compie il miracolo che uno eleva l’altro, che entrambi si librano sopra la Terra. Il doς moi pou stω [dos moi pou sto] di Archimede è o sembra annullato. Che sia nella felicità o nella morte, il struggente desiderio della mistica si è realizzato…».[4]

Ecco qui! Quando ci si imbatte nella nostra concezione del mondo c’è una sola possibilità: andare a vedere dove gli uomini attingono sentimenti come quelli che il contorto mistico nutre nei confronti dello spirito.

«In questa breve ricerca ho appositamente tralasciato gli altri numerosi significati del termine amore. Devo però sottolineare che anche la mistica vive la sua unione con Dio come il piacere dell’amore più ardente e spirituale, e che in particolar modo Spinoza usa la sua prima definizione di amore (nel terzo e poi nel quinto volume dell’etica) per proclamare l’amor dei, l’amor erga deum quale somma gioia dell’uomo. L’essenza della mistica, il desiderio profondo di potere esprimere l’ineffabile, ha condotto a un abuso del concetto di amore; non solo nella stravaganza panteistica di Spinoza, persino nel cinismo metafisico di Schopenhauer si cela qualcosa di questa mistica immaginifica, che anche Cousin intendeva esprimere con le seguenti parole: ‹Amiamo l’infinito e ci immaginiamo di amare le cose finite›.

Il ben noto sentimento che ci accompagna quando ci rivolgiamo al nostro partner con l’appellativo amore attraversa tutti i gradi del cosiddetto amore; il sentimento così soggettivo che proviamo in quel momento è stato definito ovunque con il verbo amare erroneamente coniato; il tentativo di coniare un sostantivo oggettivo per questo sentimento, la parola amore, ha avuto una tale fortuna, che gli uomini si sono convinti che il sentimento sia presente ogni volta che la parola viene pronunciata» (p. 67 f).

Perciò vedete, miei cari amici, quando la scienza moderna cerca, partendo dai suoi impulsi fondamentali, di farsi un’idea della mistica è costretta a dirsi: ciò che i mistici sognano si trova in realtà semplicemente nel sentimento amoroso. Questo significa che tutta la spiritualità viene ricondotta ad un erotismo raffinato. È emblematico che anche il genere particolare di vita spirituale nietschiana sia stato definito da Fritz Mauthner come un tipo di erotismo raffinato.

È interessante il modo in cui Fritz Mauthner si pone a tale riguardo:

«Negli ultimi tempi, dopo tanti uomini, anche una donna ha cercato di comprendere la filosofia dell’amore, Lou Andreas Salomé, l’amica di Nietsche tanto detestata dalla ditta Nietsche per il suo eccellente libro su Nietsche.

La signora Lou è molto sottile nelle sue argomentazioni; ella osa disconoscere la fedeltà come peculiarità dell’amore, e getta un ponte tra la fantasia dell’artista e quella degli amanti (L’erotismo. L’umano come donna p. 59). Ma anche la signora Lou spiritualizza l’atto a tal punto che non c’è una separazione concettuale tra piacere sensuale e fenomeno spirituale concomitante» (p. 66).

Uomini e donne si esprimono come se oggi si fosse costretti perfino nel pensiero a sostituire il rapporto con il mondo spirituale con l’attitudine a misurare l’anima umana come un erotismo più o meno grossolano o più o meno raffinato.

Tutte queste cose, miei cari amici, sono una conseguenza del materialismo di fondo del nostro tempo. Da questo materialismo deriva necessariamente il fatto che dove non si operi in modo onesto emerga qualcosa che non corrisponde al vero, che si dica: conosciamo della mistica solo ciò che gli è simile nell’erotismo. Si falsifica la realtà quando si pone il velo della mistica sull’erotismo. Da una parte il raccordo teorico tra concetto di mistica e concetto di erotismo, dall’altra la tendenza del nostro tempo a sprofondare in un greve erotismo trascinandovi dentro tutta la mistica possibile confusa e non compresa.

Miei cari amici, da un po’ di tempo vi sto esortando a comprendere che nella società antroposofica si dovrebbero diffondere concetti chiari su tali argomenti: che si lavori ad estirpare ogni stramberia mistica che scaturisce dal miscuglio ora descritto, che in un certo modo, miei cari amici, proprio coloro che conoscono bene il carattere della pura spiritualità osino di nuovo parlare dello spirito dove lo spirito c’è veramente, e non rivestano le emozioni soggettive con formule spirituali.

E poiché sono consapevole che non prevalgono ovunque concetti chiari a tal riguardo, ho indirizzato questo appello alla società. Ma il tempo ci dirà se siamo all’altezza del compito.

Miei cari amici, ho accennato ieri al fatto che in tempi passati si è scelto un altro mezzo, molto più radicale, per realizzare le condizioni di una società antroposofica. Si è semplicemente esclusa una parte dell’umanità, un genere, per evitare che l’altro (genere) potesse confondere i concetti più elevati con altri troppo umani.

Il pensiero spirituale appartiene al mondo spirituale e con il buon senso dobbiamo elevarci al punto da capire, miei cari amici, che è molto molto peggio parlare di certe cose usando formule mistiche, piuttosto che nominare quell’ambito col nome giusto ed ammettere quanto esso appartenga al mondo fisico.

Per un vero mistico è terribile che l’istinto di cui parla Schopenhauer, con quel suo modo rozzo, quando scrive:

«Le relazioni amorose dell’attuale generazione considerate nel loro insieme costituiscono dunque, per l’intero genere umano, una seria meditatio compositionis generationis futurae, e qua iterum pendent innumerae generationes»[5] (p. 65).

È terribile che un istinto del genere non venga innanzitutto visto nella sua vera luce, ma che ci si ricami sopra asserendo: «devo dare la possibilità ad un’individualità molto importante di venire al mondo», questa cosa è aberrante per un mistico.

E bisogna anche fare attenzione che la mistica non diventi un’oziosa culla per l’umanità. Qui nel mondo fisico, miei cari amici, l’uomo deve valere per ciò che fa grazie alla propria buona volontà. Se non vuole lavorare e cerca di acquisire valore con l’inganno, cullandosi nella mistica, allora si vuole ottenere un riconoscimento senza fare nulla per meritarlo.

E se ai nostri giorni dobbiamo trattare la Scienza dello spirito in modo schietto nei confronti di entrambi i generi, allora il baluardo che in passato venne posto escludendo un genere oggi deve consistere nel fatto che la conoscenza dei mondi superiori venga cercata nella serietà del modo di concepire la vita e non nella fantasticheria.

Allora, miei cari amici, non sarà più possibile che si diffondano errori su errori, a partire da ciò che scaturisce in questa o quell’altra anima fantasticante mentre si culla nel misticismo.

La mistica non ci chiede, miei cari amici, di poltrire mentre gli altri uomini, che non vogliono saperne di mistica, stanno nella vita, ma ci chiede di diventare più diligenti!

Seconda conferenza

dall’erotismo all’amore

Una sfida della libertà per gli uomini

che hanno il coraggio della verità

Dornach, 16 settembre 1915

Cari amici!

Oggi voglio aggiungere ancora qualcosa alle argomentazioni esposte e domani, se possibile, vorrei iniziare con un nuovo argomento.

Ho sottolineato il fatto che per comprendere il mondo in senso lato – cioè il mondo in generale, il mondo delle relazioni umane ecc. – che per comprendere una serie di fatti e come essi sono fra loro connessi, è fondamentale trovare il giusto punto di vista, individuare ovunque il giusto punto di vista.

La causa di molti, molti errori risiede nel fatto che si crede di arrivare alla verità da un qualsivoglia punto di partenza, semplicemente per mezzo di deduzioni logiche. Quando si vuol comprendere qualcosa ci si deve innanzitutto conquistare con fatica il giusto punto di vista.

Questa strenua ricerca del giusto punto di vista dovrebbe proprio essere intesa come la vera essenza dello studio. Tanti errori vengono commessi in quanto per acquisire nuove conoscenze ci si accosta all’oggetto studiato con leggerezza e, come ho detto, lo si osserva da un punto di vista qualsiasi.

In questi giorni abbiamo preso in considerazione il caso di una concezione del mondo – si può ora usare questa espressione senza scadere in un metodo di osservazione soggettivo – particolarmente ripugnante, quella psicanalitica.

Tale visione del mondo, lo abbiamo constatato, non è ripugnante per il suo punto di vista, perché esso, applicato nel modo corretto potrebbe condurre a risultati del tutto certi. È ripugnante per il modo in cui gli uomini che la coltivano riversano in essa i loro sentimenti e le loro emozioni particolari. Questa teoria psicanalitica sguazza, come dicevo ieri, nel sessualismo, per il fatto che la soggettività delle persone che se ne occupano viene trasferita nella teoria.

Se chi ha dimestichezza con tali principi si apprestasse sempre a trovare il giusto punto di vista, se un individuo del genere familiarizzasse con i punti di partenza della teoria psicanalitica e volesse quindi procedere oltre, egli giungerebbe a delle conclusioni del tutto diverse.

Forse indagherebbe, proprio a partire dalla teoria psicanalitica, in modo tale da eliminare subito certe attitudini materialiste da quell’ambito. E allora scoprirebbe che distinguendo il conscio dall’inconscio si è implicitamente spinti ad intraprendere delle vie conoscitive più pure e nobili, in quanto l’introduzione dei punti di vista di cui abbiamo parlato fa apparire le emozioni arbitrarie di natura soggettiva come qualcosa di oggettivo.

Ciò che conta massimamente nel vero studio è di riuscire a procedere in modo più fedele possibile al punto di partenza, di trattare l’argomento evitando di trasferirvi dentro i propri impulsi soggettivi.

Vedete, miei cari amici, questo principio si delinea un po’ alla volta al vero studioso come base necessaria per realizzare oggi una Scienza dello spirito antroposofica. Esso è indispensabile anche per l’impalcatura, per la strutturazione stessa di tale scienza.

Si deve arrivare a prendere con serietà e dignità, in modo veramente serio e dignitoso i contenuti della Scienza dello spirito. Bisogna evitare di introdurvi dentro in continuazione ciò che si possedeva già prima come proprie abitudini soggettive, ma lasciarsi piuttosto condurre dai suoi principi.

Nella vita di tutti i giorni un uomo può avere l’abitudine di arrivare sempre in ritardo. Nella vita esteriore piccolo-borghese l’abitudine di arrivare in ritardo non favorisce sempre la realizzazione di ciò che si ha da fare. In ambito antroposofico, per il modo in cui si accolgono le verità della Scienza dello spirito, dovrebbe risultare impossibile all’anima di occuparsi di qualcosa in tale maniera, se non per necessità urgenti.[6]

Miei cari amici, in questi giorni abbiamo parlato per mezzo di vari aforismi del modo in cui si osservano certe cose. Ma se ci sforziamo di trovare il giusto punto di vista dobbiamo sempre considerare che nel mondo nel suo complesso, nell’intera compagine del mondo abbiamo a che fare con il manifestarsi, l’estrinsecarsi di entità vere nascoste dietro alla realtà visibile.

Queste entità, miei cari amici, lo vedrete spesso, si trovano in un continuo movimento interiore, proprio in un incessante movimento interiore. Ora non sto pensando ad un movimento in particolare, ma ad un movimento interiore in generale. Dobbiamo prendere confidenza con l’idea di una certa complessità del movimento interiore, se vogliamo capire come va inteso il rapporto tra le entità che si trovano dietro i fenomeni sensibili e i fenomeni esteriori stessi.

Prendiamo un esempio. Sappiamo che nell’epoca saturnia l’uomo si trovava all’inizio del suo sviluppo fisico, che poi nell’epoca solare tale sviluppo è continuato e ad esso si è aggiunto quello del corpo eterico ecc. Quindi ci si dovrebbe chiedere: come deve essere considerato lo sviluppo fisico dell’uomo all’interno dell’evoluzione saturnia, come deve essere considerato rispetto all’intera costituzione del mondo?

Cadrebbe in errore, miei cari amici, chi prendesse l’uomo di oggi in quanto uomo fisico e credesse, nel pensare questa natura fisica dell’uomo odierno soltanto più primitiva e semplice, di avere un’immagine dell’antica fisicità saturnia dell’uomo.

Mi capirete meglio se dico: chi credesse di trovare sul piano fisico attuale, nel mondo fisico di oggi, qualcosa che sia lontanamente simile alla natura umana dell’evoluzione saturnia si sbaglierebbe di grosso. Ciò che l’uomo era in quanto essere fisico durante l’evoluzione saturnia oggi non si trova in nessuna immagine, in nessuna realtà del mondo fisico. Dobbiamo sforzarci con la nostra parte animico-spirituale liberata da quella fisico-eterica, di riconoscere quella che è stata la natura umana durante l’antica epoca saturnia.

Caratterizziamo innanzitutto quel mondo grazie al quale si può capire come fosse costituito ciò che nell’epoca saturnia era in primo luogo condizione fisica, definiamolo schematicamente come dimensione conoscitiva della natura fisica umana su Saturno.

Dimensione conoscitiva della natura fisica umana su Saturno.

Con ciò voglio soltanto dire, per il momento, che l’uomo deve fuoriuscire dal suo corpo fisico e che, dopo esserne uscito, deve compiere un ulteriore passo per poter approdare all’osservazione di quelle immagini che corrispondono alla natura fisica dell’uomo nell’antico mondo saturnio.

Prendiamo ora invece la natura fisica dell’uomo durante l’epoca solare, che è un’evoluzione della natura fisica umana dell’epoca saturnia.

Anche questa natura fisica dell’uomo in epoca solare non può essere afferrata con gli organi conoscitivi dell’uomo fisico odierno. Ci si deve addentrare anche in questo caso nel mondo spirituale. Non è però necessario aver raggiunto il livello conoscitivo indispensabile per comprendere la natura fisica dell’uomo saturnio; per riconoscere la natura fisica dell’uomo nell’epoca solare è sufficiente raggiungere un livello conoscitivo inferiore, in modo che si possa dire: un livello leggermente inferiore della facoltà conoscitiva umana fa vedere di gettare uno sguardo nella struttura fisica dell’uomo dell’epoca solare. E possiamo dire:

• dimensione conoscitiva della natura fisica dell’uomo su Saturno.

• dimensione conoscitiva della natura fisica dell’uomo sull’antico Sole.

Se vogliamo invece occuparci della natura fisica umana dell’epoca lunare, necessitiamo di un livello conoscitivo ancora un po’ più basso. Nell’istante in cui ci troviamo nella condizione di discernere le cose completamente liberi dal corpo fisico, possiamo subito vedere anche ciò che corrisponde alla natura fisica dell’uomo nell’epoca lunare. Così da poter dire:

• dimensione conoscitiva della natura fisica dell’uomo sull’antica Luna.

Proseguendo in questo modo si giunge alla natura fisica dell’uomo nella fase terrestre. Qui non c’è bisogno di uscire dal corpo fisico, essa può essere riconosciuta con gli organi che possediamo nel mondo fisico. Questo è il livello conoscitivo che l’uomo possiede naturalmente durante la vita sulla Terra. Quindi possiamo dire:

• dimensione conoscitiva della natura fisica dell’uomo sulla Terra – il mondo abituale.

e così abbiamo preso in considerazione contemporaneamente quattro stati di dimensioni conoscitive, cari amici, che si definiscono anche nel modo seguente dicendo:

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Proseguendo con questa esposizione ci si può dire: ebbene, allora dobbiamo portare l’uomo dell’epoca saturnia qui, l’uomo dell’epoca solare qua, l’uomo dell’epoca lunare quaggiù (cerchietti dall’alto verso il basso). Così facendo non si entra in contraddizione, miei cari amici, con i concetti usuali. Ho già tracciato in modo inequivocabile nella Scienza occulta che ciò che sulla Luna si chiama natura fisica dell’uomo non può essere osservato nel mondo fisico, ma su un piano un po’ più elevato.

A questo punto però possiamo dire che l’uomo è disceso durante la sua evoluzione (freccia), come uomo fisico è proprio disceso.

E questo è anche un antico assioma di ogni scienza dello spirito: l’uomo è un essere spirituale disceso giù. Lo si può dire nella misura in cui si parla della natura fisica umana al punto in cui si trova oggi, al quale è arrivata scendendo giù, proprio scendendo giù.

Ciò significa che nell’osservare il nostro corpo fisico, miei cari amici, dobbiamo dirci: ciò che vediamo nell’epoca terrestre è tutto quello che c’è da vedere oggi, quello che del corpo fisico è disceso maggiormente. Ma in esso c’è anche qualcosa di nascosto, di natura lunare, e poi qualcos’altro di natura solare, e qualcos’altro ancora di natura saturnia.

Nel corpo fisico si cela tutta l’essenza interiore. Si può dire che è possibile conoscere solo un quarto del corpo fisico, perché i restanti tre quarti si celano dietro ad esso e sono più nobili di ciò che ci appare dell’uomo nel mondo fisico. Essi sono di natura spirituale.

Quindi miei cari amici, se osserviamo l’uomo, così come ci viene in contro oggi nel mondo fisico in quanto essere fisico, dobbiamo dirci: questi organi fisici soggiacciono ad un movimento interiore, ad un movimento discendente, ad un processo di trasformazione dalla natura spirituale a quella materiale.

Qualsiasi organo dell’uomo deve essere osservato sempre pensando che mentre cresce e si sviluppa è sulla via discendente, nel ricevere la conformazione che gli spetta nel mondo fisico è sulla via discendente. Scende da una dimensione più spirituale ad una più materiale.

Perciò, miei cari amici, quando dobbiamo giudicare qualcosa che appartiene all’essere umano in base alla sua natura, dobbiamo sforzarci di trovare il giusto punto di vista usando i concetti di quell’ambito. E al giusto punto di vista si giunge diventando consapevoli del fatto che la natura fisica umana è in un certo qual modo una natura discendente. Che obbligo ci pone però tale constatazione?

Essa ci obbliga, per esempio, a concepire lo sviluppo del bambino rispetto a quello dell’adulto in modo che il primo risulti più spirituale e il secondo più materiale. E lo sviluppo fisico dell’uomo viene compreso soltanto adottando il punto di vista secondo cui durante la crescita e lo sviluppo del corpo fisico si compie una discesa.

Questo processo osservabile nell’uomo si presenta anche nel mondo esterno, miei cari amici. Si parla infatti di un’evoluzione del mondo esterno, quando si dice che c’è stato un periodo culturale antico indiano, che si è sviluppato fino a dar luogo ad un periodo culturale antico persiano, a cui è seguito uno egizio-caldaico, poi quello greco-latino e poi il nostro. Ma sappiamo anche che gli stadi culturali più antichi proseguono accanto ai successivi. Lo abbiamo evidenziato persino nel linguaggio.

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Trasferendo questa dinamica al corpo fisico umano si palesa, miei cari amici, che gli organi da esso posseduti devono essere considerati in modo che nel processo di discesa quelli più progrediti e quelli che in tale processo (nel disegno striscia verticale grossa) lo sono di meno mostrino dei livelli antecedenti, esattamente dei livelli antecedenti.

Vedremo un po’ alla volta – posso solo fare un accenno aforistico in merito – che i sistemi di organi possono essere considerati in base al principio appena illustrato.

Prendiamo per cominciare la sfera sensoriale dell’uomo, tutto ciò che l’uomo possiede a livello di organi per avere delle percezioni sensoriali: a tal riguardo possiamo dire che il mondo degli organi di senso si trova su un determinato livello. Questo però significa: ciò che è spirituale qui è sceso, fluito giù fino ad un determinato livello.

Se riteniamo che la natura umana sia un fluire verso il basso, possiamo indicare il livello di questo fluire sul quale si trovano gli organi di senso tracciando questo segno (striscia orizzontale a). Tutto ciò che rientra negli organi della percezione sensoriale lo collochiamo con questo segno sul livello a del processo di discesa.

Se prendiamo in considerazione un altro sistema di organi, allora abbiamo ad esempio il sistema respiratorio, l’intero sistema respiratorio. Anche questo lo osserveremo ora dal giusto punto di vista, solo se lo identificheremo sul livello raggiunto dall’uomo nel suo slittamento verso il basso. E qui ci accorgeremo che il sistema della respirazione è scivolato giù fino al punto b.

Ora potete immaginare che lo slittamento verso il basso continui. Possiamo perciò dire: può esserci un sistema di organi che è scivolato ancora più in basso, il sistema c. E questo sarà il sistema di organi che serve alla «sessualità».

Se ora consideriamo l’uomo sotto l’aspetto fisico, miei cari amici, troviamo un periodo in cui la discesa raggiunse un determinato punto culminante e da lì iniziò una risalita – ne dovremo parlare ancora. In quel periodo il processo di discesa era arrivato fino a questo punto c. La discesa sulla terrà non potè andare oltre.

Da ciò si evince che gli organi di senso rispetto a quelli della respirazione ecc. sono organi più spirituali. E poiché una conoscenza chiara e netta ci insegna che il sistema sessuale in un certo qual modo rappresenti la posizione più bassa, possiamo dedurre che tutto il resto che l’uomo ha in sé è più spirituale di questo sistema, per ciò che concerne la natura umana è più spirituale.

Voi potreste dire che ciò è facilmente comprensibile. Può darsi, ma è importante che ci rendiamo conto del fatto che l’abominevole concezione psicanalitica del mondo non è potuta rendersi conto del dato di fatto appena espresso.

Perché cosa fa la psicanalisi? Essa dice: supponiamo un’attività qualsiasi dell’uomo. Tutto ciò che l’uomo fa, comprese le esperienze del mistico, sono forze sessuali trasformate.

Questo significa che lo psicanalista – o il materialista in genere possiamo dire – parte dalla sessualità ed interpreta tutto ciò che si esplica nell’essere umano come sessualità trasformata. Ho già accennato come, nella teoria freudiana, tutto quello che accade nell’uomo venga spiegato come sessualità trasformata, persino quando un bambino succhia il ciuccio. Ma qual è la verità, miei cari amici?

La verità è che ogni attività umana è più spirituale della vita sessuale e quindi la via giusta è quella opposta, in cui si dice: ogni volta che si associa la sessualità, l’erotismo a un’attività umana qualsiasi per interpretarla si è su una strada completamente sbagliata. Perché la via giusta è quella per cui si interpreta ogni cosa a partire dal versante opposto e si considera infine la sessualità come ultimo livello inferiore. Il giusto punto di vista consiste nell’interpretare la sessualità partendo dal versante opposto.

Prendiamo una delle affermazioni più terribili dello psicanalista, e cioè quella secondo cui il rapporto del figlio con la madre o della figlia con il padre, che si presenta durante l’infanzia come amore materno e paterno, sarebbe in realtà un rapporto di tipo sessuale. Perché lo psicanalista dice: ciò che la figlia prova nei confronti del padre oppure il figlio verso la madre è un desiderio sessuale, di fatto il padre viene considerato dal figlio un rivale e lo stesso la madre dalla figlia, che è gelosa di lei ecc. Questa è una delle storture più terribili della psicanalisi. Sappiamo ad esempio che la leggenda di Edipo viene così interpretata.

Ora il giusto punto di vista è quello in cui ci si pone la domanda: da cosa nasce la sessualità della vita adulta? Essa nasce dalla caduta di un’istanza spirituale. La sessualità dell’adulto è quindi un elemento spirituale-infantile caduto.

E il giusto punto di vista, miei cari amici, è quello in cui innanzitutto non si confonde in nessun modo, sia sul piano conscio che inconscio, ciò che non è sessuale con l’ambito della sessualità, in cui si ha ben presente che la sessualità non può comparire nel bambino.

E questo è anche un momento straordinariamente importante nella pedagogia, perché emergono le più grandi assurdità quando certi comportamenti impertinenti dei bambini vengono interpretati come una sessualità precoce. Affermare che la natura del bambino avrebbe già qualcosa di sessuale sarebbe come dire che il giorno attuale ha già in sé la pioggia di un giorno successivo.

In tutto questo potete vedere più chiaramente che mai cosa c’è alla base di tali affermazioni: l’adozione di un punto di vista completamente sbagliato scaturito dall’arbitrio. Un punto di vista erroneo come questo può essere tirato in ballo solo arbitrariamente dagli istinti più bassi dell’uomo.

L’intera psicanalisi è velata, colorata dagli istinti più bassi dell’uomo. Il mondo ne risulta capovolto. L’interpretazione psicanalitica del rapporto della figlia con il padre o del figlio con la madre può sorgere solo mischiando la sfera degli istinti soggettivi di chi studia nell’osservazione oggettiva di tale fenomeno.

Perciò a questo punto si possono usare anche espressioni come quelle che si adoperano in ambito soggettivo, nell’ambito non oggettivo delle attività umane. Utilizzare espressioni soggettive nella scienza che è totalmente oggettiva è una “stoltezza”.

Supponiamo che secondo qualcuno le lancette dell’orologio venissero mosse da dei diavoletti, sarebbe certo una stoltezza. Ma qui ci muoviamo ancora nell’ambito di ciò che è oggettivo, perciò non potremmo mai dire: colui che attribuisce dei diavoletti all’orologio lo offende.

Se però lo psicanalista interpreta la natura umana ascrivendo una tale sessualità alla natura infantile, allora la soggettività umana si intromette nella teoria. Allora si possono usare espressioni soggettive per caratterizzarla, e si può dire: la teoria psicanalitica è una teoria che offende la natura umana.

Solo quando un numero sufficientemente ampio di persone si renderà conto che ci sono uomini che si sono dati il compito di offendere la natura umana, solo allora la gente considererà la teoria psicanalitica nel modo giusto. E questo sarà il modo per fare chiarezza proprio in tale ambito. Questo sarà il presupposto, miei cari amici, per fare chiarezza in tale ambito.

Solo che il vilipendio non deve a sua volta scaturire da istinti soggettivi, bensì dalla conoscenza. Solo quando si è compreso tutto ciò che ora è riunito, lo si può sintetizzare nell’ingiuria. Perché se s’ingiuria la teoria psicanalitica, questa è un’ingiuria, ma essa scaturisce dalla conoscenza e non dagli istinti soggettivi. È tramite la conoscenza che si deve giungere ai giusti sentimenti e alle giuste sensazioni.

E allora i sentimenti e le sensazioni ci autorizzano a definire questa teoria psicanalitica una «teoria dei porci». Questo è soltanto un terminus tecnicus, un terminus tecnicus ricavato dall’intera natura umana, formatosi dalla conoscenza di ciò che è reale.

Approfondire le cose, non solo i concetti ma tutta la nostra natura, questo è il compito dell’antroposofia. E ora pensate che una società è qui con il compito di diffondere tale scienza: allora bisogna riconoscere in essa il fatto che i sentimenti che la animano sono un’espressione della visione antroposofica del mondo, tanto che persino locuzioni come «teoria dei porci» hanno fondamento nell’antroposofia, se in tale espressione non confluiscono i propri istinti.

*Segue nota da p. 20

… : «In questi giorni si è tanto parlato di serietà e dignità non solo dell’essere antroposofi, ma anche della nostra vita sociale, e si è visto quanto sia necessario isolarci come società. Naturalmente è una questione di formalità il fatto di avere almeno la piccola accortezza di non arrivare in ritardo. Tuttavia anche in questi giorni, nonostante la conferenza sia cominciata alle sei e venti minuti, alcuni sono arrivati per l’ennesima volta in ritardo. In questo modo, miei cari amici, non riusciremo mai a metter sufficientemente in pratica l’idea della società che noi, detto in parole povere, possiamo iniziare intelligentemente. Perché se non abbiamo la certezza che una volta iniziati i lavori non arriva più nessuno di noi, allora in condizioni abbastanza più allargate della nostra società non potremo evitare che ci siano qua e là degli estranei tra noi, che non dovrebbero esserci. Riflettete sul fatto che è una mancanza di rispetto arrivare tardi in una società che, da parte sua, s’impegna a controllare che tutti coloro che arrivano appartengano veramente ad essa. Certi membri devono a tal scopo sacrificarsi e controllare l’entrata delle persone finché tutti i soci non siano arrivati. Quando i sorveglianti stessi sono entrati la porta deve essere chiusa e tutti dovrebbero essere presenti.

Vedete, miei cari amici, non dovrebbe certo essere necessario soffermarsi su particolari come questi; ma la scienza dello spirito antroposofica deve poggiare sul concetto di sintomaticità. Sintomaticità qui significa che ciò che qualcuno pratica nel piccolo, avrà la forte tendenza a praticarlo anche in grande. Chi non riesce ad arrivare puntuale nemmeno una volta agli incontri, anche in occasioni più importanti, in circostanze più significative, non riuscirà a sviluppare quell’impulso del dovere che è assolutamente necessario. Gran parte dei danni emersi in modo così evidente è intimamente connessa proprio con il fatto che non si colgono le cose in modo esatto, in modo sufficientemente chiaro. È veramente importante vivere anche l’attività antroposofica, se mi è consentito di usare questa espressione, con lo stesso stile di cui si è parlato. Perciò, quando osserviamo certi aspetti della vita quotidiana relativi alla convivenza in una società antroposofica, visualizziamo anche ciò che la scienza dello spirito esige da noi».

Appendice

Dal «Nachrichtenblatt» 1939

(sedicesima annata, n. 11-13)

Conferenza del dott. Rudolf Steiner,

tenuta a Dornach il 15 settembre 1915

Prima di trattare l’argomento odierno devo tediarvi con una sorta di comunicazione. Uno dei compiti di colui che prende sul serio la Scienza dello spirito antroposofica è quello di far proprie certe cognizioni sull’essere umano, di non percorrere la storia del mondo semplicemente facendosi le illusioni soggettive che più gli fanno comodo, ma di darsi veramente la pena di conoscere gli uomini. Questo deve essere sottolineato in continuazione: le peggiori crudeltà vengono commesse per il fatto che si copre ciò che si dovrebbe giustappunto sapere sugli uomini con sentimentalismi illusori di ogni genere. Per tale ragione oggi devo ritornare su un soggetto di cui sono stato già costretto a parlarvi di recente. Nelle mie conferenze ho fatto più di una volta il nome di Lutoslavski. Come sapete, sono dovuto ritornare su tale nome perché il prof. dott. Lutoslavski, dopo essere stato in questo edificio, mi ha scritto lamentandosi del fatto che non gli avrei consentito di vedermi. Lui ed il suo amico americano sarebbero invece stati subito accolti dal presidente di una società molto più grande e potente: precisamente dal generale dei gesuiti.

Allora ho sottolineato che do tanto meno importanza al fatto di non aver ricevuto il signor Lutoslavski, dal momento che si è recato da noi immediatamente dopo essere stato dal generale dei Gesuiti.

Questo signore va sostenendo la calunnia che io avrei inculcato ai membri della società solo i giudizi che mi sono formato sulla sua persona, e che i membri che ripetono come pappagalli ciò che dico di lui non saprebbero nulla di quello che ha scritto. Per questo oggi desidero leggervi alcune righe che il signor Lutoslavski ha scritto in occasione della visita che ha – si può dire soltanto – voluto rendere all’edificio. Posso farvi conoscere quest’opera del signor Lutoslavski con il permesso del nostro amico Ledeboer. La prima cosa da sottoporre alla vostra attenzione riguardo a tale opera del signor prof. Lutoslavski è la lettera che ha scritto il venti agosto al nostro amico, il signor Ledeboer, dopo esser stato da lui accompagnato in questo stabile per forse un paio di minuti. Il giorno stesso scrisse la seguente lettera. Avrete forse notato che nelle mie precedenti caratterizzazioni del signor professor dott. Lutoslavski (devo dire così perché mi risuona ancora nelle orecchie il modo in cui egli stesso lo diceva, il tono echeggia ancora nelle mie orecchie) mi sono limitato a raccontare solamente, senza cercare di inculcare la mia opinione ai membri della società. Anche ora voglio leggervi di nuovo i documenti affinché possiate formarvi un’opinione vostra in merito.

A suo tempo vi feci notare (ma questo è un dato oggettivo e non un giudizio) quanto sia strano che dopo essersi avvicinati a qualcuno per solo alcuni istanti, ci si rivolga a lui poco dopo scrivendo «caro amico»! Il signor Ledeboer non rispose a quella lettera. In seguito a questa sua «non risposta» egli ricevette l’11 settembre 1915 la seguente lettera:

«Mio caro amico» (ecc.)

Nemmeno oggi voglio inculcarvi alcun giudizio soggettivo sul conto del signor Lutoslavski. Desidero piuttosto ribadire ancora una volta quanto sia grave che persino in opere illustri – il prof. dott. Lutoslavski ha illustrato la filosofia polacca all’Europa occidentale –, in celebri opere di storia della filosofia, quindi in Europa occidentale, egli figuri come grande esperto di filosofia, specialmente di quella polacca. Ciò dimostra che i signori che scrivono libri di filosofia come quelli non conoscono proprio la lingua polacca e per di più non si curano molto del signor Lutoslavski (amici polacchi qui presenti hanno assicurato che il signor Lutoslavski viene visto come un caso del tutto patologico). Essi non cercano nemmeno di farsi delle opinioni proprie leggendo la letteratura polacca, cosa che servirebbe a mettere in luce quanto debba essere respinta l’opinione mitteleuropea che il professor Lutoslavski abbia qualcosa da dire di assolutamente scientifico. È veramente necessario comprendere di che natura siano i rapporti che si creano nella vita quotidiana sotto l’influsso dell’attuale fiducia cieca nell’autorità. La realtà apparirebbe essenzialmente diversa se le persone si decidessero a giudicare solo ciò che conoscono, dando valore al fatto di aver valutato qualcuno sulla base di un’opinione propria e fondata. Bisogna purtroppo accettare che tutto questo continuerà ancora per molto, che persone come il prof. Lutoslavski emetteranno i loro giudizi autorevoli in ambito filosofico sotto il motto: io sono l’unico filosofo competente a giudicare questi fatti. Dobbiamo accettare che ci saranno continuamente persone che prenderanno assolutamente sul serio esternazioni del genere. Tutto questo fa proprio parte del fatto che… fa parte del fatto che non riusciamo a raggiungere la precisione di cui abbiamo bisogno, riguardo alle vicende del piano fisico, quando siamo troppo pigri per informarci sul reale stato delle cose che ci vengono portate in contro dalla vita in quest’epoca così terribilmente materialistica.

Bene, oggi vorrei fornirvi ancora qualche nozione sull’argomento che ho trattato in questi giorni nelle mie riflessioni. Vorrei partire dalla domanda: quanti anni ha di fatto l’amore? Non ho dubbi che la maggior parte delle persone, partendo da un’osservazione superficiale della realtà, risponderebbe: l’amore è vecchio come il mondo. Chi è invece abituato a osservare il mondo in base alla storia delle civiltà e riconosce che essa è pervasa di impulsi spirituali, risponderà diversamente a questa domanda perché si sforza di considerare concretamente la realtà e non solo concetti vaghi in modo generico. L’amore ha al massimo 700 anni! Leggete tutta la letteratura e la poesia antica romana e greca, e non troverete mai qualcosa che si possa collegare con il concetto di amore dell’epoca contemporanea. In Plutarco troverete i concetti di Venere e Amore chiaramente distinti uno dall’altro. E il modo in cui viene raffigurato l’amore nella poesia, specialmente nella lirica, il modo in cui esso diviene il fulcro di così tanti sfoghi lirici, risale a non più di sei-sette secoli fa. Ciò significa che il concetto di amore che hanno gli uomini di oggi affiora negli animi umani solo sei-sette secoli fa. Prima non si è parlato nemmeno approssimativamente di tale concetto.

Sì, dal punto di vista gnoseologico ciò non può mai sorprendervi, poiché l’obiezione che gli uomini hanno sempre praticato l’amore non ha alcun valore. Perché se la teoria copernicana, secondo la quale la Terra gira intorno al sole, è giusta, la Terra si è mossa così anche durante l’epoca latina, greca ed egizia, sicuramente durante tutta la sua esistenza. Ma gli uomini non hanno parlato della teoria copernicana. Non si può quindi obiettare che ciò che viene espresso nel concetto di amore è esistito anche prima. Nelle epoche precedenti ciò che s’intende con il concetto di amore costituiva un complesso di fenomeni della vita. I fatti formavano un concetto di amore, un complesso di fenomeni, ma non se ne parlava. Invece in questi sei-sette secoli si è andati oltre! Non solo si è arrivati al punto che l’amore è diventato per molte persone il centro dell’intera esistenza – ora non intendo dire della visione del mondo… si è arrivati al punto che oggi esiste una teoria scientifica, quella psicanalitica, come vi ho illustrato, che sguazza completamente nel concetto di amore più basso. Questo è il corso dell’evoluzione che dobbiamo contrastare e trasformare in qualcosa di diverso, dal momento che coltiviamo la Scienza dello spirito. Mi stupirei alquanto se alcuni di voi o addirittura tutti si sorprendessero quando dico che l’amore ha solo sei-settecento anni, perché parecchi dovrebbero sapere che ho già fatto queste affermazioni in conferenze precedenti caratterizzando i fatti dal punto di vista storico. Quell’accostamento dell’idea di amore a tutti i possibili concetti teorici sul mondo, così ripugnante come si presenta nella teoria psicanalitica, si è realizzato nel corso degli ultimi anni in modo lento e graduale. Adesso ci vorrebbe molto tempo per andare a fondo di tali questioni. Tuttavia vorrei aiutarvi a trovare la strada che va in tale direzione attraverso una riflessione che intendo esporvi ora in modo episodico ed aforistico.

Prendete uno spirito del nostro tempo, tanto radicato nella cultura contemporanea da essere completamente imbevuto di tali concetti, che, in altre parole, non riesca ad abbandonare l’idea che la realtà esteriore, la realtà fisica normalmente percepibile sia l’unica cosa di cui si possa parlare in modo intelligente. Vi ho già presentato questo tipo di persona per bene in Fritz Mauthner, il critico del linguaggio, autore di un dizionario di filosofia.

Vedete, un uomo come lui si trova in una strana posizione. Fritz Mauthner è un critico del linguaggio, dunque sa per lo meno che nella storia dell’umanità il termine “mistico” non è sempre esistito. E in quanto critico del linguaggio vuole avere una risposta alla domanda: che cosa c’è di fatto dietro questa parola “mistico”, dietro a questo anelito mistico? Ora pensate quanto dovremmo darci da fare attraverso una vasta letteratura, per delineare quel rapporto elevato dell’anima umana con i mondi ultraterreni, che viene caratterizzato con il termine mistica. Immaginate con quale serietà e dignità si debbano accogliere descrizioni come quelle contenute nel libro L’iniziazione, per avere un’idea di come l’anima si debba disporre per stare di fronte ai mondi superiori, affinché si possa dire: l’anima di tale persona è quella di un mistico, di un essere che vive in unione con ciò che pervade spiritualmente il mondo superiore. Si deve innanzitutto acquisire questa facoltà, familiarizzare con l’argomento. Solo chi si è cimentato in riflessioni come quelle esposte nel libro L’iniziazione, ed ha studiato a fondo almeno una volta tale libro può sapere veramente cosa sia la mistica in senso contemporaneo.

Ovviamente, se una persona come Fritz Mauthner si trova tra le mani un libro del genere, per lui si tratta di una pura e semplice assurdità, perché potrebbe dire soltanto: in questo libro ci sono parole. E avrebbe ragione (sarebbe onesto). Avrebbe ragione se dopo aver letto Swedenborg dicesse: Swedenborg parla di marziani che possono celare i loro impulsi interiori. Io non posso capire assolutamente nulla dell’entità dei marziani… E potrebbe anche dire: veramente, se leggo un libro come L’iniziazione non vi trovo nulla dentro. Potrebbe essere che degli angeli lo capiscano, io però no. – Son convinto che Fritz Mauthner in quanto uomo onesto potrebbe emettere tale giudizio. Bisogna riconoscere che se egli vuole attenersi alla realtà, deve infine emettere un giudizio del genere perché il concetto di mistica gli viene a mancare nel modo più assoluto; per lui dietro al contenuto di un libro come Teosofia o L’iniziazione non c’è nulla. Essi sono per lui parole, parole, parole. E se ha un anelito faustiano, allora dice: vado a pescare tutte le forze agenti nel mondo fisico esterno e non cerco di penetrare nel significato delle parole. Per il suo modo di essere ciò è del tutto corretto.

Ma allo stesso tempo è talmente onesto e scrupoloso che dice a se stesso: gli uomini avranno mai avuto nell’anima qualcosa di mistico? Hanno pur coniato il termine «mistico». Cosa c’è nell’anima delle persone che le ha indotte a parlare di misticismo?

Vedete, un giorno ho conosciuto un teologo – ora già morto – era un illustre teologo ed anche una persona molto colta dal punto di vista filosofico… io ero allora molto giovane. Egli affermò molto giustamente: in realtà dietro ad ogni errore c’è anche qualcosa che merita di essere cercato, e nessuno spleen è così grande che non si debba cercare ciò che vi è di reale dietro ad esso. - E questo pensa anche Fritz Mauthner: nella natura umana deve celarsi qualcosa se oggi ci sono ancora dei tipi così contorti che parlano di un rapporto mistico dell’uomo con i mondi spirituali. (Questo deve dire Fritz Mauthner). Si tratta naturalmente di un’assurdità, - ma nella natura umana deve esserci qualcosa che da origine a sentimenti che questi pazzi mistici contorti definiscono come la loro mistica. Deve esserci qualcosa. -

Se però si vuole giungere dove Fritz Mauthner ritiene di trovare ciò da cui scaturisce la mistica, non compare altro che un articolo che gira a vuoto intorno all’argomento. Se si legge l’articolo mistica nel dizionario di Fritz Mauthner, ci si accorge che essenzialmente non contiene altro che un giro di parole e definizioni. Ho cercato di trovarvi alcunché, volevo capire dov’è che Fritz Mauthner cerca ciò che secondo lui si cela dietro alla mistica, qualcosa di reale. Ho sfogliato e letto il suo dizionario dove mi sembrava possibile trovare quello che cercavo, ad un certo punto è emerso il ragionamento seguente: nella natura umana ci sono in fin dei conti sentimenti tipo quelli che il mistico ritiene di avere, dai quali egli fa emergere in modo bizzarro qualcosa di spirituale. Dove si trovano sentimenti come questi nel mondo umano? - Anche nell’amore.

Perciò non ho aperto il dizionario alla voce mistica, bensì alla voce amore, e ritengo che questo articolo sia uno dei migliori, perché è proprio bello. L’autore riporta, anche con spiegazioni terminologiche, la definizione di amore in Spinoza e quella laconica e grossolana di Schopenhauer, quindi spiega che si deve distinguere tra l’amore vero, inteso a livello animico, ed il semplice erotismo, l’amore fisico racchiuso nella sessualità. Dunque Mauthner ammette tutto ciò e poi s’innalza meravigliosamente verso ciò che segue:

«Credo che gli unilaterali geni del pensiero non abbiano mai o raramente capito il sentimento d’amore patologico, il grado più alto dell’amore, che non abbiano acquisito esperienze personali e si siano preoccupati solamente di classificare astrattamente le descrizioni dei poeti».

Dunque dice: i filosofi non hanno saputo molto sull’amore, sono andati a vedere ciò che dicono i poeti.

«Credo che il grado più elevato del sentimento di amore sia stato vissuto e descritto solo dai poeti (a partire pressappoco dal Petrarca). Esso passò quindi nell’immaginario comune grazie al potere dell’imitazione o della moda, dominò per sei secoli la fantasia dei lettori di testi poetici e sta per essere sostituito ora da un’altra moda. Il grado più alto del sentimento d’amore è una rarità tale quale una grande opera d’arte o l’unione con Dio che deve aver vissuto Francesco; tuttavia il mondo intero blatera di religione, arte e amore. Ciò che viene così chiamato è solamente il surrogato di un sentimento che su un milione di parolai forse uno solo a vissuto».

Complimenti!

«Il grado più elevato dell’amore, di cui non nego l’esistenza, ha veramente qualcosa di miracoloso in sé; anche i miracoli sono stati interpretati come fenomeni patologici. Se si verifica il caso del tutto straordinario, che entrambi i partner provino il grado più elevato di amore, allora contro tutte le leggi naturali si compie il miracolo che uno eleva l’altro, che entrambi si librano sopra la Terra. Il doς moi pou stω [dos moi pou sto] di Archimede è o sembra annullato. Che sia nella felicità o nella morte, il struggente desiderio della mistica si è realizzato».

Ecco qui! Quando ci si imbatte nella nostra concezione del mondo c’è una sola possibilità: andare a vedere dove gli uomini attingono sentimenti come quelli che il noioso mistico nutre nei confronti dello spirito. Essi sono presenti soltanto nel sentimento amoroso. Questa è veramente l’affermazione schietta di una persona che ha perso ogni relazione con il mondo spirituale. «Che sia nella felicità o nella morte, il struggente desiderio della mistica si è realizzato».

Quindi Mauthner prosegue:

«In questa breve ricerca ho appositamente tralasciato gli altri numerosi significati del termine amore. Devo però sottolineare che anche la mistica vive la sua unione con Dio come il piacere dell’amore più intenso e spirituale, e che in particolar modo Spinoza usa la sua prima definizione di amore (nel terzo e poi nel quinto volume dell’etica) per proclamare l’Amor dei, l’amor erga Deum quale somma gioia dell’uomo. L’essenza della mistica, il desiderio profondo di potere esprimere l’ineffabile, ha condotto a un abuso del concetto di amore; non solo nella stravaganza panteistica di Spinoza, persino nel cinismo metafisico di Schopenhauer si cela qualcosa questa mistica immaginifica, che anche Cousin intendeva esprimere con le seguenti parole: ‹amiamo l’infinito e ci immaginiamo di amare le cose finite›.

Il ben noto sentimento che ci accompagna quando ci rivolgiamo al nostro partner con l’appellativo amore attraversa tutti i gradi del cosiddetto amore; il sentimento così soggettivo che proviamo in quel momento è stato definito ovunque con l’erroneo verbo amare; il tentativo di coniare un sostantivo oggettivo per questo sentimento, la parola amore, ha avuto una tale fortuna, che gli uomini si sono convinti che il sentimento sia presente ogni volta che la parola viene pronunciata».

Perciò vedete, quando il mondo moderno materialistico cerca, partendo dai suoi impulsi fondamentali, di farsi un’idea della mistica è costretto a dirsi: ciò che i mistici sognano si trova semplicemente nel sentimento amoroso. Questo significa che tutta la spiritualità viene ricondotta ad un erotismo raffinato.

È singolare che ad esempio il genere particolare di vita spirituale nietschiana, descritto da un’amica di Nietsche, la signora Lou Andreas Salome, in un libro che parla proprio di lui, venga caratterizzato come un tipo di erotismo raffinato. È interessante, ad esempio, il modo in cui Fritz Mauthner si pone a tal riguardo:

«Negli ultimi tempi, dopo tanti uomini, anche una donna ha cercato di comprendere la filosofia dell’amore, Lou Andreas Salomé, l’amica di Nietsche tanto detestata dalla ditta Nietsche per il suo eccellente libro su Nietsche. La signora Lou è molto sottile nelle sue argomentazioni; ella osa disconoscere la fedeltà come peculiarità dell’amore, e getta un ponte tra la fantasia dell’artista e quella degli amanti (L’erotismo. L’umano come donna. p. 25 f).

Ma anche la signora Lou spiritualizza l’atto a tal punto che non c’è una separazione concettuale tra piacere sensuale e fenomeno spirituale concomitante».

Uomini e donne si esprimono così per il fatto che oggi si è costretti fino nel pensiero a sostituire il rapporto con il mondo spirituale con l’attitudine a misurare l’anima umana come un erotismo più o meno grossolano o raffinato. Ciò dipende dalle persone.

Tutte queste cose sono una conseguenza del materialismo di fondo del nostro tempo. Da questo materialismo deriva necessariamente il fatto che dove non si operi in modo onesto emerga qualcosa che non corrisponde al vero, che si dica: della mistica conosciamo nient’altro che il lato concreto che è identico all’erotismo. Si falsifica la realtà quando si parla di erotismo ponendovi sopra il velo della mistica. È più verace un materialista che dice semplicemente: vedo in tutta la mistica soltanto erotismo, - di colui che partendo dall’erotismo cerchi di trasferire nelle più alte sfere tutto ciò che appartiene a quell’ambito, usando definizioni e vuote frasi mistiche di ogni tipo. Talvolta si può dunque vedere su quali percorsi si avventurino certe persone, fino a raggiungere i piani più elevati, per caratterizzare ciò che non è altro che erotismo. Da una parte il raccordo teorico tra concetto di mistica e concetto di erotismo, dall’altra la tendenza del nostro tempo a sprofondare in un greve erotismo trascinandovi dentro tutta la mistica possibile non compresa. Vi ho ripetutamente esortati a comprendere che nella società antroposofica si dovrebbero diffondere concetti chiari su tali argomenti; che si lavori ad estirpare ogni stramberia mistica che scaturisce dal miscuglio ora descritto; che in un certo modo, proprio coloro che conoscono bene il carattere della pura spiritualità osino di nuovo parlare dello spirito dove lo spirito c’è veramente, evitando di rivestire le emozioni soggettive con formule spirituali. E poiché sono consapevole che non prevalgono ovunque concetti chiari a tal riguardo, ho indirizzato questo appello alla società. Ma il tempo ci dirà se siamo all’altezza del compito.

Ho accennato ieri al fatto che in tempi passati, fino anche ai nostri giorni, si è scelto un altro mezzo, molto più radicale, per realizzare le condizioni di una società antroposofica – sebbene di una forma diversa. Si è semplicemente esclusa una parte dell’umanità, un genere, per evitare che l’altro (genere) potesse confondere i concetti più elevati con quelli più comuni. Il pensiero spirituale appartiene al mondo spirituale e nel sano pensare dobbiamo elevarci al punto da capire che è molto peggio parlare di ciò che rientra nella convivenza naturale tra gli uomini usando formule mistiche, non attinenti a quell’ambito, piuttosto che nominare tale ambito col nome giusto ed ammettere quanto esso appartenga al mondo fisico.

Per un vero mistico è terribile che qualcuno ricami sull’istinto che Schopenhauer definisce, nella sua particolarmente grossolana caratterizzazione dell’amore, con le seguenti parole (questa non è la mia opinione, bensì quella di Schopenhauer!):

«Le faccende amorose della generazione contemporanea prese tutte insieme costituiscono dunque per l’intera specie umana una seria meditatio compositionis generationis futurae, e qua iterum pendent innumerae generationes».

Nel suo articolo «Amore» Fritz Mauthner afferma:

«… Tra i filosofi ve ne furono due in particolare, Spinoza e Schopenhauer, che cercarono di introdurre una definizione scientifica dell’amore nel loro sistema. In Schopenhauer l’amore è uno dei punti focali della volontà metafisica; tutti i sentimenti amorosi sarebbero solo illusioni della natura, che inducono l’individuo umano al più grande sacrificio per la generazione del bambino futuro. ‹Le faccende amorose della generazione contemporanea prese tutte insieme costituiscono dunque, per l’intera specie umana, una seria meditatio compositionis generationis futurae, e qua iterum pendent innumerae generationes› ». (Il mondo come volontà e rappresentazione, tomo II, p. 611).

Dunque nella sua metafisica grossolana Schopenhauer dice: «Le faccende amorose della generazione contemporanea, prese tutte insieme, costituiscono dunque per l’intera specie umana una seria meditazione sulla composizione delle generazioni future…» ecc.

Se un istinto del genere non viene visto nella sua vera luce, ma ci si ricama sopra asserendo: ho il dovere di compiere questo o quell’atto, per dare la possibilità ad un’incarnazione così significativa di realizzarsi nel mondo… questa cosa è aberrante per chi coltiva con serietà e dignità la mistica.

Bisogna fare attenzione anche che la mistica non diventi un’oziosa culla per l’umanità. Essa lo diventa nella misura in cui concetti sani vengono sostituiti in modo mistico con concetti malsani. Qui nel mondo fisico l’uomo deve valere per ciò che fa grazie alla propria buona volontà, lavorando veramente. Se non vuole lavorare e pretende di essere valutato non per quanto vale il suo lavoro, ma dicendo: pretendo di essere considerato una persona speciale perché ho pubblicato questa o quell’opera… allora questo è un «cullarsi nel misticismo». Così si vuole ottenere un riconoscimento senza fare nulla. Questo è l’aspetto abituale e triviale della faccenda. E se ai nostri giorni dobbiamo sforzarci di coltivare la Scienza dello spirito in modo schietto nei confronti di entrambi i generi, allora il baluardo che in passato venne posto escludendo un genere oggi deve consistere nel fatto che la conoscenza dei mondi superiori venga cercata da entrambi i generi nella serietà e dignità del modo di concepire la vita, allontanando ogni fantasticheria proveniente dagli impulsi inferiori dell’umanità. Allora non sarà più possibile che si diffondano errori su errori, a partire da ciò che scaturisce in questa o quell’altra anima fantasticante mentre poltrisce nel misticismo. La mistica non ci chiede di poltrire mentre gli altri uomini, che non posseggono più nulla di mistico, stanno nella vita, ma ci chiede di diventare più diligenti di loro. La morale mistica non può consistere in uno sprofondare nella visione degli altri uomini, piuttosto in un elevarsi al di sopra di tali visioni. Se non ci sforziamo di eliminare ciò che… beh, rientra in quella sfera che ho definito …ismo… se non ci sforziamo di eliminare dalla nostra società tutto ciò che vi è di simile ad esso, non andiamo avanti!

[1] In una delle tre trascrizioni in chiaro disponibili e nella versione del «Nachrichtenblatt» (1939) la conferenza inizia parlando di una lettera. Riportiamo questo inizio nell’Appendice a p. 41, unitamente al testo integrale della conferenza riportato nel «Nachrichtenblatt» senza interventi redazionali

[2] R. Steiner, L’iniziazione. Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori? – Ed. Antroposofica

[3] Nei giorni precedenti Steiner aveva fatto più volte riferimento a Swedenborg

[4] Fritz Mauthner, Wörterbuch der Philosophie (Dizionario di filosofia), vol 2 – Diogenes 1980 (ristampa della prima edizione del 1910-11), p. 67

[5] «Meditazione sulla composizione della generazione futura, dalla quale dipendono a loro volta infinite generazioni».

[6]Nel GA253 (HDD2004, p. 110), a questo punto si trova anche la parte seguente (non contenuta nella trascrizione in chiaro da cui è tratto il testo qui pubblicato e nella versione dei “Comunicati” del 1939);… Questa nota segue a p. 30*

Dall'erotismo all'amore_cop.pdf